Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Apulia    04/05/2020    0 recensioni
Gilbert è innamorato di Feliciano, ma quando scopre che quest’ultimo è innamorato di suo fratello che ricambia i suoi sentimenti, decise di lasciar perdere. Fra tristezza immensa e tonnellate di birra, incontra per puro caso Lovino, un bizzarro fioraio con un linguaggio colorito, Gilbert si renderà conto che la birra e la pizza sono la coppia perfetta.
Contiene menzioni di PruHun e SpaMano passate, GerIta come coppia secondaria e PruMano come coppia primaria. Anche FrUk e SpaBel in quantità minore.
Scritta da me in inglese e postata su AO3, ho deciso di postare qui la versione originale scritta in italiano.
7 capitoli su 15
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Prussia/Gilbert Beilschmidt, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

“Lovi, sono a casa!” 

Lovino rispose con un cenno, immerso in un mondo di calcoli e fogli di carta che profumavano di nuovo. Lui amava l’odore della carta e dell’inchiostro fresco.

Avrebbe preferito però che quella carta e quell’inchiostro fossero utilizzati in modo migliore, ad esempio per costituire pagine dei migliori ricettari di cucina italiana o dei più strappalacrime romanzi d’amore.

Amava leggere, era una delle sue più grandi passioni. Andava letteralmente pazzo per le storie d’amore e i polpettoni rosa, nonostante tendesse a nascondere i suoi romanzi sotto il materasso per evitare che suo fratello li trovasse per caso in una delle sue maniacali sessioni di pulizia, che però erano destinate solo alla stanza del povero Lovino.

Feliciano non aveva mai pulito in vita sua, quindi non è che ci volesse molto a capire che l’unico suo scopo fosse quello di ficcanasare nella vita privata del fratello, tentando di scoprire qualche succulento segreto sul suo conto, dato che secondo lui Lovino si teneva troppo riservato sulla sua vita e avrebbe dovuto condividere con lui qualche aspetto più piccante o personale.

Dalla bocca di Lovino in questi casi, uscivano più insulti del solito e il giovane si chiedeva assiduamente da dove suo fratello avesse imparato a non farsi mai gli affari suoi. Poi si ricordò di suo nonno e capì da dove proveniva la sua infallibile dote. 

Pur se venuto a mancare più di un anno fa, Lovino ricorda ancora di quando il bastardo lesse il suo diario segreto delle medie, scoprendo tutto sull’appuntamento con una ragazzina della sua stessa classe. 

Ogni parola era una frecciatina, e ogni volta che si guardava allo specchio vedeva guance rosso fuoco, così rosse che pensava che se le avesse toccate anche con la sola punta del dito, si sarebbe bruciato. 

Glielo fece pesare per giorni, ma quei giorni diventarono settimane e poi mesi. 

E da lì, niente più diari o cazzate varie. Ma non perché si portasse dietro il trauma dell’infanzia, semplicemente perché non c’era più nulla di così interessante da raccontare.

Oh dio, Lovino in quel momento avrebbe voluto sostituire quell’ammasso di inutile carta in un bel libro da leggere, che lo allontanasse per un momento dall’incubo della realtà e gli facesse vivere una qualsiasi avventura a sua scelta.

Un libro storico? Che palle, troppo noioso. Un libro di fantascienza? No cazzo, troppo irrealistico.

Forse un bel libro d’orrore avrebbe stato perfetto. Uno di quelli che ti fa gelare tutto il sangue in corpo e ti fa accapponare la pelle.

Le carte che attestavano l’assenza di denaro, il mancato pagamento dell’affitto, i mancati contributi da versare, le bollette da pagare che ormai si trascinava dietro da mesi, potevano diventare al pari del più pauroso dei libri d’orrore che lui avesse mai letto e con lui come protagonista.

Il sudore che grondava dalla fronte e la disperazione che assaliva l’anima erano i suoi, non di un qualunque personaggio che si ritrovava in una casa infestata da fantasmi o spiriti ed entità del genere.

“Hai fame?” Domando innocentemente suo fratello, che pur senza aver ricevuto risposta, era già ai posti di partenza per correre a preparare una buona pasta al sugo.

Lovino scosse le spalle per poi spegnere la sigaretta sfregandola nel posacenere, dimenticando per un istante quanto lo avesse rilassato.

Si tolse gli occhiali, che gli avevano fatto venire già una forte emicrania, e posò le mani sudate sulle meningi, massaggiandosele delicatamente.

“No. Penso prenderò una aspirina e andrò a letto, sono stanco e ho un brutto mal di testa del cazzo. Oh, e non poggiare le mani sulla mia merda, stanne alla larga” avvertì, fulminando suo fratello con lo sguardo, che già guardava con curiosità a quel cumulo di carta bianca sparso sul tavolo da cucina. 

“Va bene Lovi! Posso metterlo a posto in modo più ordinato almeno?”

“Fa come ti pare.” 

E in un baleno, Feliciano si avventò sulle scartoffie nel preciso istante in cui suo fratello sparì nel secondo piano della casa.

Resistette alla tentazione di cominciare a spulciare e leggere ogni singola parola stampata. Aveva promesso a suo fratello che non avrebbe guardato e quindi non lo avrebbe fatto. 

Neanche se la tentazione era forte e il diavolo gli diceva di prendere uno ad uno quei maledetti ammassi di carta e di cimentarsi nella migliore lettura che avesse fatto in tutta la sua vita.

Anche perché, l’unico libro che Feliciano avesse mai letto risaliva alle scuole elementari. 

Preferiva di gran lunga i film, perché gli sembrava potessero immergerlo a pieno in quanto stava succedendo, e poi non doveva stancarsi troppo a leggere e a perdere il segno delle pagine, o peggio ancora a cercare di tradurre quelle troppo difficili.

Prese delicatamente le scartoffie, formò una pila e la poggiò sul tavolo in modo sorprendentemente ordinato.

Sbuffò un po’, e addentò una forchetta di pasta. Suo fratello era sempre così impegnato ultimamente, che aveva cominciato a trascurare se stesso e quello che gli piaceva fare.

Era tempo che non lo vedevo spruzzarsi il suo profumo preferito, farsi un lungo bagno con dei sali che rendessero l’acqua profumata, arricciarsi i capelli, vestirti elegante.

Guardò il piatto di pasta in modo inespressivo, non tipico del suo modo di fare. Piegò leggermente la testa verso sinistra, e con un live broncio contrariato allontanato il piatto di spaghetti che era stato solo oggetto di qualche piccola forchettata.

Non gli andava più di mangiare. Gli sembrava di vivere sulle spalle di suo fratello. Aveva 18 anni e 0 autonomia, non aveva un lavoro ne un posto dove vivere.

Gli sarebbe piaciuto essere come Ludwig, Indipendente a una giovane età, e tutti erano orgogliosi di lui.

Sembrava che la Germania lo avesse cambiato, facendolo diventare sempre più simile al tipico stereotipo tedesco. Era diventato schiavo del suo lavoro, e Feliciano sapeva quanto suo fratello stesse faticando per permettere a quel piatto di pasta che stava mangiando, di essere lì in quel momento.

 

                                                                                               ///

 

“Dai amigo, non fare il depresso! Hai meglio a cui pensare, no?” Antonio esclamò, dando un pugno leggero e amichevole alla spalla di Gilbert, cercando di rallegrare il suo viso spento e segnato dalla tristezza.

Gilbert si rivolse verso Antonio, fulminandolo con lo sguardo e minacciandolo con i suoi occhi cremisi. 

“Tu...” lo guardò, abbassando lievemente il capo mentre si rivolgeva a lui “tu...sai come ci si sente ad essere rifiutati?” Lo stuzzicò fastidiosamente, toccandogli il petto con il dito, in modo quasi doloroso.

“E sai cosa è peggio? Essere rifiutati per tuo fratello, che ha una seria faccia da culo e che non sa nemmeno come scop-“ 

“Basta mon cher, penso tu stia esagerando” Francis schiaffeggiò la sua mano sulla bocca dell’amico, tappandola e impedendo che le peggiori volgarità venissero pronunciate dalle sue labbra.

“Non mi interessa, voglio solo bere adesso!” Strappò la mano di Francis dal suo volto, avventandosi su una altra birra posata sul bancone, stappandola velocemente e assaporando ogni singolo luppolo.

Stava bevendo tanta, troppa birra, così tanta che immediatamente si rese conto di come pian piano diventava sempre più disgustosa alle sue papille gustative e al suo stomaco, ma sempre più piacevole ai suoi occhi e alla sua anima.

Il suo stomaco stava bruciando letteralmente, così come il suo cuore. Non gli importava più nulla, voleva solo essere in grado di svenire, perdere i sensi o qualcosa del genere, almeno per non sentire più quel dolore lancinante penetrargli nelle ossa.
Si sentiva rilassato, anche ingurgitando quello che stava ormai per lui era puro veleno. La sensazione di spossatezza, la nausea che prendeva lentamente possesso del suo corpo, erano passate in secondo piano.

Era incredibile, ritrovarsi a odiare quella cosa che avevi amato terribilmente per anni, ma sapere di non riuscire a farne a meno.

“Mom ami, dacci un taglio adesso,stai bevendo troppo” Francis lanciò uno sguardo ad Antonio, per cogliere in tempo le sue sopracciglia corrugate in uno sguardo di disapprovazione, per poi tornare a guardare il tedesco che con gli occhi semi chiusi, conservava l’alito amaro e il viso tinteggiato di un rosso focoso.

“Dai, non fare il noioso! Lasciami bere!” La sua voce fece rabbrividire i suoi amici. Riuscivano a cogliere la disperazione nel suo tono, benché fosse visibilmente penalizzato dalla disidratazione a cui l’alcol lo aveva portato.

Francis non aspettò sta volta. Prese Gilbert con forza dalla schiena, facendo cadere per terra il bicchiere di birra e rompendo le bottiglie in mille pezzi, attirando gli sguardi e gli insulti del locale.

“Tieni i tuoi soldi e non lamentarti!” Gettò una manciata di monete sul bancone, con fare meschino e sbrigativo, non guardando nemmeno in faccia il cameriere esasperato.

“Che posto di ubriaconi! Gilbert, veramente te la fai in questo posto così squallido e poco elegante? Sarete anche ubriachi fradici, ma non penso che l’alcol possa rendervi così poco lucidi da farvi sostare in un posto del genere!” Domandò, ma non si aspettava una vera risposta da Gilbert. 

Guardò come era conciato il suo amico. “Beh, forse tu saresti capace di scegliere un posto del genere anche da perfettamente lucido...”
Soffiò sul suo ciuffo scostandosi elegantemente i capelli dal viso con un lieve tocco, trascinando il tedesco fuori dal locale.

C’erano un tedesco ubriaco, uno spagnolo arrabbiato e un francese infastidito. Sembrava l’inizio di una barzelletta, che però non faceva così tanto ridere.
Gilbert si gettò sugli scalini, e Antonio e Francis presero posto accanto a lui cercando di confortarlo.

“Gil, sei forte. Troverai qualcuno di migliore e che ti sappia apprezzare.” Antonio sfregava la mano sulla spalla fredda del suo amico, donandogli un po’ del suo calore. 

“Dite tutti le stesse cose! Ma è così difficile per me, voi non potete capire quanto!” Si strinse i capelli fra le mani, per cercare di trattenere la rabbia che lo avrebbe portato a compiere qualche crimine nel giro di poche ore.

“Amigo, ma è la verità. Anche io pensavo non avrei mai trovato nessuno, ma poi invece ho trovato Belle e-“

“Non è la stessa cosa! Non sei stato rifiutato!”

“Mon ami, smettila di essere così tragico. Le cose devono andare male per poi migliorare. Non ti manca nulla, solo un po’ di...autocontrollo, ma del resto sei un bravo ragazzo.”

“Francis...tu...vorresti essere il mio ragazzo?” Gilbert disse con voce ovattata, guardando Francis in attesa di una risposta, che gli rivolse uno sguardo sconvolto e furioso.

“Ma che cosa stai dicendo, Gilbert!” Francis urlò, sgranò gli occhiCavolo! La birra gli aveva dato proprio alla testa più di quanto avesse pensato.

Non avrebbe mai voluto stare con Gilbert, a dire il vero. Preferiva qualcuno di più gestibile e non così ribelle.

“Ecco, lo sapevo, nemmeno il mio migliore amico vorre-“

“Chiudi quella cazzo di bocca! Sono le cinque del mattino, c’è chi dorme e lavora e tu vieni a romperci il cazzo urlando come una merda isterica! Non frega un cazzo a nessuno dei tuoi dannati affari!” Gilbert e la sua voce squillante, vennero interrotti dal tono aspro e maleducato dal fioraio che gestiva il negozio affianco al bar frequentato da Gilbert.

“Non osare parlarmi così tu! Io sono fottutamente fantastico, sono il migliore e-“ 

“Non frega un cazzo a nessuno! Mi hai sentito?”

“Lovino, per favore...”

“E tu osi ancora parlarmi?”

Ecco. Alla barzelletta, si era aggiunto anche uno scorbutico italiano che aveva cominciato una lotta verbale esplicita con Gilbert, che però zittì anche Antonio con delle parole accompagnate da una voce sibillina, degna delle peggiori vipere.

Antonio. Il suo primo grande amore, nonché la sua prima grande delusione. Pensava di essere l’unico nel suo cuore, pensava di essere l’unico a cui tenesse, e invece? Scopre di essere un passatempo per lui quando la sua ragazza, ormai ex, era via per lavoro.

“Lovino, ti prego...” 

“Francis, Bastardo francese, potresti dire ad entrambi i tuoi amici che devono stare zitti e chiudere quelle bocche infernali? Grazie.” lanciò uno sguardo pregno di odio freddo ad Antonio, e un espressione interrogativa a Gilbert.

Francis fece un cennò allo spagnolo, che annuì e chinò il capo.

“Francis, hai visto? Guardalo” indicò Lovino con un braccio tremante “assomiglia a quello che mi ha rifiutato”

“Oh no Gilbert, ti prego...” troppo tardi. Gilbert si era avventato su Lovino, ripetendo cose del tipo “perché non mi ami? Perché lui e non io? Perché, dimmi perché!”

L’italiano era inorridito. Pensava solo che fosse un pazzo maniaco, anche se avrebbe dovuto immaginarlo dai suoi occhi indemoniati e iniettati di sangue e dalla sua pelle candida, come se gli avessero dato fuoco. 

Una smorfia di disgusto prese possesso del suo viso, e spinse Gilbert lontano da lui, che venne preso per le spalle da Antonio.

“Lovino...potresti...potresti tenere Gilbert qui? Chiameremo suo fratello che lo verrà a prendere il prima possibile.”

“Sei forse pazzo? Non esiste! Portatelo con voi, io non lo voglio!” Lovino rifiutò in men che non si dica, la proposta di Francis. Perché lasciare lui ad occuparsi di quel depravato maniaco inferocito? Non esiste minimamente! Gli avrebbe distrutto il negozio, causandogli migliaia di euro di danni che proprio con poteva permettersi di usare in quel momento.

“Lovino, ti prego-“

“Dammi quel fottuto telefono! Chiamo suo fratello e lo faccio venire a prendere, ma voi non vi muoverete da qui e non mi lascerete badare a questo pazzo da manicomio!” Strappò il telefono dalle mani di Francis, in modo violento.

“Come si chiama il fratello del pazzo?”

“È memorizzato come Ludwig.”

Ludwig? Lo stesso Ludwig? No, non poteva essere vero. Questo malato psichiatrico era il fratello dell’orsacchiotto coccoloso e amorevole di cui suoi fratello era innamorato perso?

Cazzo. Sarebbe stato imparentato con un pazzo se quei due si fossero sposati. Scosse il capo, in quel momento era imperativo far portare a casa il tedesco e non pensare ad un eventuale nuovo albero genealogico.

“Pronto? Ciao, vieni a prendere tuo fratello Gilbert qui al fioraio dei Vargas, e fai in fretta, perché si sta mangiando i miei fiori!” Non attese per una riposta, buttando velocemente giù la cornetta, per poi strappare dalla bocca di Gilbert una delle sue rose più pregiate.

“Volevo ballare il tango con Antonio-“

Il tango con Antonio. Lovino si bloccò per un istante, ricordando quanto gli piaceva danzare assieme al suo amato nel salotto, stringendo forte la sua mano e coordinando i loro corpi in un ballo sensuale ed elegante. I loro petti che si sfregavano, pregni di sudore, i loro occhi che si incrociavano e le loro bocche che si avvicinavano sempre di più fino a schiudersi in teneri baci.

La rosa. La rosa che Antonio, dalla sua bocca, passava delicatamente a quella di Lovino proteggendo con le sue labbra qualsiasi danno della spina su quelle carnose e delicate dell’italiano.

“Lo balli a casa tua, e non con le mie rose in bocca!” Si riprese e agitò un pugno digrignando i denti, entrando nel suo negozio e lasciandosi alle spalle i tre uomini che urlavano e gli spaccavano i timpani in una fresca e tranquilla mattinata di inizio settembre. Era il primo giorno che tornava a lavorare dopo le ferie estive, e si sentiva ancora la brezza marina e la salsedine sulla pelle abbronzata e nei capelli.

E in breve volò un ora, forse anche due. E quando guardò fuori dalla porta, vide che la città aveva ripreso vita, e più il tempo passava, più il via vai di gente aumentava. 

Era così preso dal clima dell’ordinata confusione, che non si accorse che Gilbert e i suoi amici erano andati via da un bel po’.

Notò una sola cosa. La sua rosa, quella che Gilbert aveva in bocca, era stata gettata per terra davanti al suo negozio.
La raccolse delicatamente, guardando i petali guastati e schiacciati. Gilbert e non aveva avuto nemmeno la decenza di riporla al suo posto, ma proprio mentre pensava a come avrebbe potuto donarle una nuova vita, si punse con una spina.

“Dannazione! Rosa di merda!” 

A dimostrazione, che le cose più belle possono farti del male, e a volte era meglio lasciarle andare e gettarle nel pattume più totale.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Apulia