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Autore: Ghostclimber    05/05/2020    2 recensioni
Hibari Kyoya ha sempre amato le regole.
Semplici, chiare, lineari.
Cosa succederebbe se ad un certo punto scoprisse che alcune regole sono più difficili di quelle della scuola?
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Genere: Comico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kyoya Hibari, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hibari sedeva con la solita compostezza sul divanetto nell'ufficio del Boss.

Ascoltava con attenzione i soliti aggiornamenti settimanali, che Sawada gli stava elencando con accuratezza, leggendo da un elenco numerato scritto a mano in una calligrafia disordinata.

Si permise di fare un paio di appunti, di cui Sawada prese nota su un foglio a parte, probabilmente per esaminarli con maggiore attenzione insieme a Reborn.

-Sawada.- disse Hibari di punto in bianco, interrompendolo durante la scocciata ricostruzione dell'ultima missione ricognitiva dei Varia nel Nord Italia.

-Sì? Hibari san?- chiese Sawada, alzando lo sguardo dal foglio. I suoi occhi castani incontrarono quelli neri di Hibari, che represse con astio un fremito di emozione: da quando conosceva quel discutibile elemento, si era sempre domandato come facesse ad essere sempre così sensibile e altruista, che cosa diavolo ne ricavasse, e ancora non aveva trovato una risposta.

-Ma tu fai un incontro a parte con ognuno dei guardiani? Non è una perdita di tempo?- Sawada raddrizzò la schiena ed emise una risatina nervosa, grattandosi la nuca: -Ah, no, in realtà incontro tutti gli altri insieme e poi aggiorno te.

-È per questo che mi chiami tutti i venerdì mattina?- chiese Hibari. Finalmente qualche tassello del puzzle cominciava ad incastrarsi.

-Sì, così posso riferire la tua parte agli altri senza disturbarti troppo!- Sawada si slacciò il bottone della giacca. Era chiaramente a disagio in abiti formali, ma dopo un litigio che era stato riferito come “esilarante” Reborn l'aveva costretto a vestirti in maniera consona al suo ruolo.

Hibari si era addirittura complimentato con Sawada: dopotutto, un Boss della mafia vestito in giacca e cravatta è ottemperante alle regole non scritte della situazione.

Hibari tornò con la mente al discorso principale, ignorando Sawada che si allentava un po' la cravatta: per chissà quale motivo, stava cominciando a sudare parecchio.

-Tu ti prendi questa incombenza per non disturbarmi?- chiese conferma. Sawada annuì convinto e Hibari rimase in silenzio, meditabondo, con lo sguardo blandamente posato sui fogli di appunti che Sawada aveva appoggiato sul tavolino da caffè che li divideva.

Era del tutto inconsapevole dell'aura di seducente minaccia che emanava, la sua mente era del tutto focalizzata sull'assurda cortesia che, aveva appena realizzato, Sawada gli stava accordando da tempo. Di certo, stare al telefono un'ora al mattino, fare una riunione con quei debosciati degli altri guardiani e poi riferire di nuovo a lui era una scocciatura: Sawada avrebbe semplicemente potuto fregarsene, comunicargli data e ora della riunione e al diavolo la scarsa propensione del Guardiano della Nuvola a socializzare con gli altri.

Sarebbe stato più corretto che lui sopportasse la presenza degli altri Guardiani, si disse, poi mise a fuoco una possibile situazione.

Gokudera che sbraitava ogni tre minuti la sua fedeltà al Boss e il proprio ruolo di braccio destro.

Yamamoto che scoppiava in quella sua risata da Topolino.

Sasagawa che riferiva la propria parte usando continuamente derivazioni della parola “estremo”.

Quell'imbecille di Lambo che cercava di sbrigarsela alla svelta per uscire con qualche ragazza.

Quella svampita di Chrome che si guardava intorno smarrita senza capire la metà delle cose, e ogni tanto quell'erbivoro di Mukuro che interveniva parlando dal corpo della ragazza.

Rabbrividì.

-Vedi perché ti risparmio la sofferenza?- disse Sawada, poi ridacchiò; si bloccò di colpo quando lo sguardo di Hibari lo perforò, assumendo un'espressione che sarebbe stata più adatta al capezzale di un amico morente piuttosto che a una riunione con un sottoposto.

-Tu mi temi.- realizzò Hibari. Una gocciolina di sudore stillò dalla tempia di Sawada, che boccheggiò. Prese un respiro profondo, poi disse: -Sì, mi fai una paura tremenda. Ma capisco anche che per come sei non ami gli assembramenti e le situazioni caotiche. E credimi, dopo l'ultima riunione in videoconferenza con i Varia non posso assolutamente biasimarti.- lo sguardo di Sawada si fece lontano e cupo; Hibari ebbe uno scatto nervoso al pensiero di quello spadaccino capellone che urlava “VOOOIII” in momenti random della conversazione. Solo quello sarebbe stato sufficiente per fargli prendere il primo volo per l'Italia e punirlo a colpi di tonfa.

-Comunque.- proseguì Sawada, mentre il suo sguardo tornava su Hibari, -Io non capisco molto bene come funziona tutta questa faccenda della mafia, ma credo sia compito di un capo fare in modo che i suoi Guardiani si sentano a proprio agio. Se nel tuo caso questo vuol dire non partecipare alle riunioni, mi sta bene.

-Sawada, sono...- Hibari esitò. Era davvero toccato da quel piccolo gesto d'affetto: a sua memoria, nessuno gli aveva mai fatto cortesie per motivi che non fossero ascrivibili al sacro terrore che causava nel prossimo. -Lusingato.- concluse infine, trovando finalmente una parola abbastanza algida da non rivelare il suo turbamento.

-Non c'è di che.- rispose Sawada con un piccolo sorriso sollevato, poi sollevò il braccio con un movimento brusco, lo piegò e diede un'occhiata all'orologio da polso. -Possiamo proseguire?- chiese, -Sono d'accordo con Enma che lo chiamerò prima di cena, vorrei sbrigarmi in fretta.- per riflesso condizionato, anche Hibari guardò l'ora, scostando appena il polsino della camicia dal polso, con un movimento quasi impercettibile delle dita. Erano le sette meno un quarto, ed erano appena a metà degli appunti scritti da Sawada. Di quel passo, avrebbero finito non prima di un'ora, e a quel punto Sawada avrebbe dovuto rimandare la sua telefonata.

-Possiamo proseguire domani.- disse, senza aggiungere nessuna forma di cortesia: intuiva che un semplice “se preferisci” avrebbe fornito a Sawada un appiglio per rispondere di no, e non aveva intenzione di disturbarlo ulteriormente.

Era disposto ad accettare la cortesia dell'esonero dalle riunioni, che dovevano essere dei veri e propri freak show, ma non poteva tollerare che il capo si abbassasse a rimandare i propri impegni per andare incontro ad un sottoposto. Semplicemente, era contro le regole.

Si alzò, senza attendere una risposta, e chiese: -A che ora ti è comodo?- Sawada esitò e si guardò in giro freneticamente, come se nei muri avrebbe potuto trovare una risposta. Scattò poi in piedi e andò alla scrivania, dove consultò l'agenda: -Ho un buco alle dieci, se per te va...

-Domani alle dieci andrà benissimo. Buona serata, Sawada.- Hibari rivolse un lieve inchino al Boss, che ricambiò balbettando qualcosa, poi uscì.

 

-...cioè, è la prima volta che Hibari fa il gentile.- disse Tsuna al telefono. Si era tolto giacca e cravatta, aveva slacciato la camicia e l'aveva sfilata dai pantaloni, e se ne stava bello comodo a ondeggiare sulla sedia da ufficio, con i piedi coperti solo dalle calze incrociati l'uno sull'altro e appoggiati sul piano della scrivania. -Secondo te sta male?- Enma rise.

-Oh, Tsuna, devi averlo bruciato senza volerlo!- esclamò.

-Eh?!

-Secondo te le regole prevedono che un capo sprechi il suo tempo per stare dietro a un sottoposto che non ha voglia di assistere alle riunioni?

-Non è che non ha voglia, è che me li ammazzerebbe tutti di botte! E poi, quali regole?

-Le regole! In generale!- Tsuna si immaginò l'amico che gesticolava e sorrise. In effetti, però, quel che stava dicendo aveva un senso. Poi, un'immagine agghiacciante gli invase la mente: -Oh diamine, e se domani torna armato e mi morde a morte perché ho infranto le regole?- Enma rise per un buon quarto d'ora.

 

Hibari si avviò con passo lento verso la base dei Vongola. Era in anticipo, quindi poteva concedersi di meditare sulla questione del giorno precedente.

Nella foga causata dall'insolito imbarazzo non se n'era reso conto, ma alla sera aveva finalmente realizzato di essersi nuovamente imposto sul Boss; la cosa gli aveva creato non pochi quesiti.

Da sempre ligio alle regole, per lui era sempre stato tutto semplice e lineare, tutto diviso in bianco e nero: questo si può fare, questo non si può fare.

Ma ora gli sembrava che le regole del gioco fossero molto più complicate di quelle a cui era abituato, e la questione necessitava di una presa di posizione.

La soluzione più logica sarebbe stata ovviamente dire a Sawada di non stare a perdere tempo e annunciare che avrebbe presenziato alle riunioni di massa, ma sarebbe poi stato in grado di attenersi alle proprie parole? Hibari non lo credeva. Probabilmente in poco tempo avrebbe brutalizzato gli altri Guardiani per la caciara, anche se questo era decisamente contro le regole.

D'altronde, rifiutare l'offerta di riunioni a due sarebbe stato come opporsi ad una decisione imposta dal boss: e disobbedire ad un ordine diretto era l'epitome del mancato rispetto delle regole. Tanto sarebbe valso strappare il quadro con le regole della scuola di Namimori, buttarlo a terra e calpestarlo.

-Aaah! Tanaka kun, ma non dovevi!- trillò un'irritante voce alla sinistra di Hibari, che si voltò per fulminare la scimmia urlatrice con un'occhiataccia assassina. Una ragazza stava prendendo una tazza monouso dalle mani di un ragazzo, che disse: -Con tutto quello che fai per me, Kumiko chan, è davvero il minimo. Per favore, accettalo.- la ragazza arrossì. Hibari rimase a guardarli, mentre un'idea gli sorgeva nella mente; solo che Sawada detestava il caffè, e Hibari non si era mai scomodato a scoprire altro sui suoi gusti.

-Beh, allora ti ringrazio, Tanaka kun.- disse la ragazza, poi si sporse in avanti e baciò il ragazzo. Hibari fischiò per attirare la loro attenzione e disse: -Niente effusioni in pubblico.

 

Hibari bussò alla porta dell'ufficio di Sawada alle dieci in punto.

-Avanti,- disse la voce di Sawada dall'interno, e Hibari entrò. Il Boss era al telefono, ma coprì la cornetta per dire a bassa voce: -Dammi un attimo, mi libero del Cedef e sono subito da te.- poi, diretto al proprio interlocutore, aggiunse: -No, papà, senti. È arrivato Hibari, abbiamo appuntamento. Dopo sento anche cosa ne pensa Xanxus, ma per me è ancora prematuro intervenire. Ci risentiamo nel pomeriggio, ciao.- riagganciò e si stiracchiò la schiena.

-Ahhh, e anche questa è sistemata. C'è la famiglia dei Santoro che preme per avere una posizione più di rilievo nell'organizzazione, ma...

-I Santoro sono una manica di deficienti. Fossi in te li caccerei.- lo interruppe Hibari, ancora in piedi davanti alla porta. Di solito, Sawada lo aspettava seduto su una poltrona, cosa che serviva a indicare a Hibari dove accomodarsi. Ora, con lui dietro la scrivania, non sapeva se sedersi sulla poltroncina di fronte ad essa o sul solito divano.

-Sì, sono d'accordo. Ma finora non c'è stato nessun attacco diretto. Finché se ne stanno buoni penso che basti lasciarli nel loro brodo.- disse Sawada. Hibari annuì.

Sawada aprì un cassetto e ne estrasse i fogli della sera precedente, poi si alzò e girò intorno alla scrivania. Hibari, a disagio in piedi a mani vuote, disse: -Avevo pensato di portarti del caffè.

-Ah, ti ringrazio ma non ne bevo. Grazie comunque per il pensiero.- rispose Sawada con un sorriso, poi gli si avvicinò e gli sfiorò un gomito per dirigerlo verso il divanetto.

Hibari si lasciò condurre, attonito; era la prima volta che Sawada si azzardava a sfiorarlo, prima di allora gli era sempre stato a debita distanza. Si chiese alla lontana cosa potesse essere cambiato, poi si dedicò ad ascoltare quel che restava del resoconto della riunione; naturalmente prestò la massima attenzione, contestò quando c'era da contestare e approvò quanto c'era da approvare.

Un'ora dopo, Sawada scrisse rapidamente un ultimo appunto poi si stiracchiò: -Oh, e anche questa è fatta. Grazie del tuo tempo, Hibari san.

-Sawada. Non mi devi ringraziare. Sei tu che mi concedi del tempo che non potrei pretendere.

-Oh, avanti, non dire stupidaggini. Te l'ho detto, mi importa che i miei amici siano a loro agio, incontrarti in separata sede non è un problema.- Hibari ripensò all'agenda di Sawada, che aveva intravisto la sera precedente: fitta di scritte, ognuna delle quali probabilmente si riferiva ad un impegno. Eppure, nel suo sciocco buon cuore, Sawada non riteneva che perdere tempo ad aggiornarlo separatamente fosse un peso, o quantomeno così voleva fargli credere. Sawada si portò il braccio davanti agli occhi, guardò l'orologio e sospirò pesantemente: -Uffa. Sono già le undici, mi tocca chiamare Xanxus e convincerlo a non squartare i Santoro.

-Lasciaglielo fare, un problema in meno.- Sawada fissò Hibari per un lungo istante, poi scoppiò a ridere: -Sai, devo ammettere che sono tentato! Ma no, non posso semplicemente far fuori tutti quelli che mi infastidiscono. Altrimenti, probabilmente rimarremmo in cinque, e dovrei girare armato di una pistola con dardi pieni di sonnifero per addormentare Gokudera quando parte in quinta.

-E Sasagawa ogni volta che comincia a blaterare.- Sawada rise di nuovo, un suono cristallino e sincero che per qualche motivo causò un fremito nel petto di Hibari. Gli occhi del boss si fissarono in quelli del suo guardiano, limpidi, luminosi: -Ah, mi ci voleva una bella risata. Grazie.- poi si alzò, e Hibari con lui. Sawada aggirò il tavolino per accompagnare Hibari alla porta e, sulla soglia, tese la mano. Disse: -Davvero, incontrarti da solo non è un problema. Mi fa piacere passare un'oretta alla settimana con qualcuno che non urla, non piange e non cerca di spararmi.

Hibari prese la mano che gli veniva tesa e la scosse; gli tornò alla mente la scena a cui aveva assistito quella stessa mattina, trattenne la mano di Sawada e lo trasse a sé. Con gesti rapidi ma impacciati si chinò sul boss e gli sfiorò le labbra con le proprie.

-Beh, allora ti ringrazio, Sawada.- disse, poi uscì, lasciando il Decimo Boss dei Vongola a domandarsi perché diavolo non potesse avere un Guardiano, uno solo, sano di mente.

 

 

 

 

 

Ehm...

Dopo aver allegramente ignorato il compleanno di Haru (scusa, Haru!) eccomi qui a festeggiare quello del nostro Guardiano della Nuvola!

Tanti auguri Hibari!

/Ryohei dalla regia: -Mi sa che ti conviene scappare all'estremo...

Cathy: -Mi sa che hai ragione all'estremo, Megafusto.

Ryohei: -Ehi, che fai, gli spoiler?/

Vado a cercare un posto dove nascondermi dai temibili tonfa del nostro Hibari, se avete gradito battete un colpo!

XOXO

 
   
 
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