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Autore: Stella Dark Star    06/05/2020    2 recensioni
Atsushi è alle prese con un test di gravidanza.... Lui e Akutagawa saranno benedetti dall'arrivo di un altro pargolo? La loro figlioletta Hana ormai frequenta la scuola materna e, com'era prevedibile, comincia a farsi le prime domande sul fatto di avere "qualcosa" di diverso dai suoi genitori....e questo porta ad una serie di scene di pura comicità! :D E poi ci sono Dazai e Chuuya che vestono i panni di "nonni" amorevoli e buffi più che mai! Ma oltre questo, sono anche una coppia di coniugi affiatati, nonostante Chuuya nasconda un segreto doloroso che non sa come confessare...
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Atsushi Nakajima, Chuuya Nakahara, Osamu Dazai, Ryuunosuke Akutagawa
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: Mpreg
- Questa storia fa parte della serie 'SHIN+SOUKOKU SAGA'
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Akutagawa x Atsushi
Dazai x Chuuya:
Un desiderio celato nel cuore
 
Quando Atsushi entrò in casa, la prima cosa che notò fu l’atmosfera tranquilla che aleggiava. Solitamente considerava il silenzio come qualcosa di spiacevole, un segno che l’appartamento era vuoto, mentre quel giorno sembrava avere un suono diverso, rassicurante, lo stesso effetto che gli suggeriva la luce del sole che giungeva gentile dalla cucina e dal salotto e che illuminava il marmo rosa del corridoio d’ingresso. In qualche modo, per la prima volta gli parve di essere entrato in un contenitore per la cipria! Esattamente il tipo di atmosfera di cui aveva bisogno in quel momento.
Dopo aver richiuso la porta, tolse le scarpe appoggiandole con cura all’interno della piccola scarpiera lì accanto, poi si sfilò la tracolla nera dalla spalla e la posò sull’appendiabiti, quindi vi infilò una mano con cui estrasse una scatola rettangolare lunga il doppio della sua mano e dallo spessore grande come il suo palmo. Riabbassò il braccio. Un momento di esitazione e poi percorse il corridoio. Entrando nel salotto venne accolto dalla tonalità più fredda dell’azzurro, quello delle tende che decoravano due grandi finestre. Ebbe l’impressione di percepire un tremolio lungo il braccio. Svoltò per prendere un secondo corridoio, dalla pavimentazione bianco perla, e in pochi passi si ritrovò di fronte alla porta in legno rosso abbellita al centro da tre cuori in legno. Non avevano davvero un senso, era una cosa che aveva aggiunto così tanto per, al tempo in cui lui e Akutagawa avevano acquistato quell’appartamento nella zona centrale di Yokohama. Era semplicemente la porta della stanza dei servizi. All’interno, le pareti di un giallo non troppo carico rendevano il piccolo ambiente luminoso. Atsushi posò la scatola a terra, quindi si abbassò jeans e boxer e si sedette sulla tazza. Riprese la scatola, scorse velocemente le istruzioni che erano scritte sul retro, giusto per accertarsi di aver capito. Non che ci fosse molto da capire, in realtà… Dopo averla aperta ne estrasse il contenuto e di nuovo la posò sul pavimento. Questa volta il braccio gli tremò davvero, per via dell’agitazione. Rimase ad osservare quell’oggetto lungo e bianco che gli avrebbe dato una risposta alla domanda che ormai si faceva da vari giorni.
Sospirò.
“Prima lo faccio, prima lo saprò.”
Abbassò bene i jeans fino alle caviglie, giusto per non avere intralci, quindi aprì un po’ le gambe e v’insinuò lo stick tenendolo in orizzontale. Con l’altra mano, invece, prese delicatamente il suo xxx, rivolgendo la punta verso la striscia reattiva. Non era il massimo della comodità, per lui che era un uomo, ma l’importante era eseguire il test correttamente e senza bagnare ovunque, no? Per questo dovette anche controllare il flusso dell’urina.
 
Quando Akutagawa entrò in casa, notò subito le scarpe di Atsushi e la sua tracolla. Non si aspettava di trovarlo a quell’ora del pomeriggio. Era successo qualcosa? Da diversi giorni non si sentiva bene, ma non aveva voluto sentire ragioni quando lui gli aveva proposto di farsi visitare dalla Dottoressa Yosano. Pff, era risaputo che fosse terrorizzato da quella donna!  Sfilò velocemente le bellissime e costose scarpe di pelle e andò a dare un primo sguardo in cucina. Magari lo avrebbe trovato seduto a bere un tè caldo. Si affacciò, ma niente. Allora andò in salotto, pensando che forse si era steso sul grande e morbido sofa per riposare. Ancora un buco nell’acqua. In compenso gli arrivò all’orecchio un rumore e pensò di seguirlo. Non appena svoltò l’angolo, finalmente vide Atsushi mentre era intento a…be’ lo sapete (!).
Si appoggiò allo stipite della porta: “Allora eri qui. Stai bene?”
Atsushi sollevò lo sguardo su di lui. Nell’arco di un secondo cronometrato il suo volto si fece paonazzo.
“NON GUARDARE!!!”
“Sei tu che hai lasciato la porta aperta! E comunque non è la prima volta che ti vedo così.” Si giustificò Akutagawa.
“ESCI!!!”
“Va bene, va bene.” Si sporse per afferrare la maniglia della porta e allora notò la scatola che era per terra. Impallidì.
“Ma quello è…”
“TI DECIDI AD USCIRE?”
Questa volta Akutagawa si affrettò ad ubbidire e chiuse la porta, ma rimase lì, con le spalle appoggiate contro. Si portò una mano alla bocca. Quello era…un test di gravidanza? L’immagine sulla confezione era inequivocabile come le scritte che indicavano i risultati. L’area a forma di ellisse più piccola indicava se il test aveva funzionato. L’ellisse più grande invece indicava se era stato rilevato l’ormone della gravidanza o no. Tutto dipendeva dalle linee rosse che sarebbero comparse.  Accidenti…era bastata un’occhiata per imparare a memoria i dettagli…
Se Atsushi stava facendo il test significava che aveva associato alcuni sintomi del suo malessere a quelli della gravidanza? Ora che ci pensava, anche lui poteva notarli. Ricordava molto bene il periodo antecedente alla scoperta che Atsushi, oltre al ‘Potere della Tigre’, aveva anche l’abilità di generare la vita. Era cominciato come un malessere leggero, stanchezza, sonno, piccoli sbalzi di pressione, per poi sfociare in brutti attacchi di nausea improvvisi. A quell’ultima parte non c’era ancora arrivato, quindi i casi erano due: o non era gravido o semplicemente la gravidanza era agli inizi.
“Io in quale spero dei due?”
Prima di potersi dare una risposta, la sua attenzione venne attirata dal rumore dello sciacquone. A seguire, quello di qualcosa di leggero gettato nel cestino ed infine l’acqua del rubinetto che scorreva.
Si voltò e diede due colpetti alla porta con le nocche della mano.
“Atsushi, posso entrare adesso?”
Nessuna risposta. Allora si autorizzò da solo.
Aprendo la porta, il suo sguardo andò dritto alla figura che se ne stava china sopra il mobile di tinta color miele in cui era infossato il lavandino. Dalla finestra larga e stretta, coperta da una tendina gialla semitrasparente, a quell’ora entrava molta luce e dava alla stanza un effetto caldo. E al centro di quel quadro, Atsushi sembrava un frutto al sole per via della maglia morbida color lampone e dei jeans color vinaccia.
“Il risultato…?”
“Bisogna aspettare qualche minuto.”
Akutagawa si avvicinò a lui e vide che sulla superficie del mobiletto c’era lo stick, però voltato sul retro.
“Atsushi?”
Lui si voltò rapidamente e si gettò su di lui, le braccia al collo come per aggrapparsi. Era spaventato? In un gesto naturale, Akutagawa lo avvolse in un abbraccio. Sentiva il suo corpo teso come la corda di un violino.
Gli sussurrò all’orecchio: “Qualunque sia il risultato, a me andrà bene.”
Attese una riposta che non arrivò, quindi tentò un nuovo approccio.
“Con Hana ce la siamo cavata bene. E’ una bambina meravigliosa e non avrei osato chiedere di più, ma…se dovesse arrivare un altro bambino, ne sarei felice. Potrebbe essere più facile, avendo già esperienza. E Hana sarebbe una brava sorella maggiore.”
Sentì il corpo di Atsushi tremare. Lo strinse più forte a sé. Era così terrorizzato all’idea?
“Perdonami. Avrei dovuto usare delle precauzioni dopo la nascita di Hana. E’ colpa mia se…” Si colpevolizzò Akutagawa, credendo di aver commesso un errore imperdonabile.
Atsushi sollevò il viso, mostrando così gli occhi umidi e le gote arrossate.
“Ryuu, hai frainteso. Non sono triste. Io spero che il test sia positivo! Dal momento in cui ho pensato che potrei aver creato una nuova vita con te, ho cominciato a pregare affinché non fosse solo una vana speranza!”
“Ma il tuo corpo sta tremando…”
“Tremo per l’emozione, baka!” Lo riprese, con tono scherzoso.
Ad Akutagawa parve di essersi liberato di un macigno, che doveva essersi posizionato sopra il suo stomaco senza che lui se ne accorgesse! Dunque voleva un altro figlio? Guardandolo bene, in effetti i suoi bellissimi occhi viola e oro adesso stavano brillando. Certo che, anche se il tempo passava, quel ragazzo non cambiava mai! Lo stesso viso da bambino, la stessa frangetta storta…. Ahhh quanto lo amava!
“Fiuu! Temevo che non lo volessi e che mi avresti odiato.”
Le labbra di Atsushi s’incresparono in un sorriso: “Odiarti? Non ci sono riuscito al nostro primo incontro, quando mi hai fatto staccare una gamba da Rashomon, figurati se potrei farlo adesso!”
“Ti prego, non ricordarmi quanto ero mostruoso a quei tempi.” Disse, scuotendo il capo come per cancellare quel ricordo dalla testa. Non era quel genere di storia che avrebbero potuto raccontare alla loro figlia, una volta diventata grande, se avesse chiesto loro in che modo si erano conosciuti! Qualcosa del tipo “papa ha attirato mama in una trappola e ha ordinato a Rashomon si staccarle una gamba, ma poi il potere della tigre gliel’ha rigenerata, così ha risposto all’attacco di papa per vendicarsi.”
…DECISAMENTE NO!!!
Atsushi volse lo sguardo altrove: “Direi che possiamo controllare, adesso.”
“Lo prendo io?”
“Sì. Ma scopri prima la parte in cui dice se il test ha funzionato o no. Prima di rivolgermi a Yosano ho voluto fare a modo mio, ma è anche vero che sono un uomo e forse questo tipo di test non ha la stessa efficacia con me.”
“Mh.” Allungò il braccio per prendere lo stick e fece in modo che, voltandolo, la sua mano coprisse solo il risultato finale. La piccola striscia rossa confermò il loro primo quesito.
“Fin qua tutto bene.”
Atsushi fece un cenno col capo: “Ora vediamo l’altro.”
Non è che all’improvviso si fosse calmato, anzi, la tensione semmai era diventata ancora più forte di prima. Come avrebbe reagito se fosse risultato negativo? Lacrime lacrime e ancora lacrime. Ecco come. Più che pregare, era sul punto di minacciare mentalmente la sua pancia a non azzardarsi ad avergli dato dei falsi segnali. Non si scherza con un ragazzo dotato di ormoni in grado di condizionare il suo umore!!!
Akutagawa si schiarì la voce e cominciò a contare: “3…2…1…”
Aprì la mano di scatto.
Gli occhi di Atsushi divennero un lago colmo di lacrime, le quali traboccarono e gli rigarono le guance scendendo copiosamente, mentre dalla sua gola si levò un lamento soffocato. Affondò il viso sulla spalla di Akutagawa.
“Sono uno scemo. Sono uno scemo.”
Lui non mancò di manifestare la propria perplessità: “Perché?”
“Perché…hic…sto piangendo lo stesso! Buaaaaah!!!”
Akutagawa sollevò lo stick giusto all’altezza del viso. Non avrebbe mai creduto che due semplici linee rosse potessero renderlo così felice.
*
 
Già alla prima occhiata si poteva vedere che Hana era figlia loro. E guardandola bene era facile individuare ogni singola caratteristica che aveva ereditato dall’uno o dall’altro. Ad esempio, il colore limpido della pelle era senz’altro di Akutagawa, come anche i tratti gentili del viso, la forma del suo nasino e le sopracciglia sottilissime. Di Atsushi invece aveva gli occhi, due grandi sfere colorate di viola e oro che suscitavano tenerezza, e che dire dei suoi luminosi sorrisi o delle sue lacrime che scaldavano il cuore? Anche il modo un po’ impacciato con cui in quel momento si stava togliendo il vestitino era una caratteristica sua! Guardandola, le labbra di Atsushi s’incurvarono in un sorriso.
L’aiutò a sfilare il vestitino dalla testa e lo ripose dentro al cesto della biancheria, poi recuperò un elastico per capelli da un cassetto e tornò subito dalla figlioletta. Mentre le pettinava i capelli con le dita, non poté fare a meno di pensare a quanto fosse fortunata ad avere una chioma così bella, una cascata di onde nere che scendeva fino a metà schiena e che sembrava avere vita propria grazie alle ciocche rosa cipria che comparivano qua e là senza una logica. Per il momento era stato deciso di non tagliarle la frangia, visto che ad entrambi era stato detto di avere pessimo gusto al riguardo (uno con la frangia tremendamente storta e l’altro a metri e metri dalle sopracciglia!), quindi i capelli di Hana avevano tutti la stessa lunghezza. Atsushi li raccolse per bene e li legò sulla sommità del capo in un cipollotto, quindi afferrò la piccola sotto le braccia e la fece entrare nella vasca, dove l’attendevano le sue colorate paperelle di gomma. Stando seduta sui talloni, l’acqua le arrivava poco più giù della linea delle spalle.
Ora che aveva sistemato lei, anche Atsushi poté denudarsi e riporre la biancheria nel cesto. Mise piede nella vasca, si sistemò al capo opposto e piegò le gambe con le ginocchia rivolte verso l’alto per non sottrarre troppo spazio a sua figlia. Appoggiato di schiena, chiuse gli occhi per deliziarsi dell’acqua calda e del piacevole vapore che si innalzava e gli rilassava la mente. La sua mano scivolò fino a raggiungere la leggera rotondità del ventre e vi si posò con affetto, come per proteggere la preziosa vita che conteneva. Dopo la prima gioia del test casalingo positivo, aveva chiesto alla Dottoressa Yosano di visitarlo, non solo per avere un’ulteriore conferma, ma anche per accertarsi che fosse tutto a posto. Il feto aveva appena nove settimane, quindi il bambino sarebbe nato a gennaio dell’anno seguente. Col termine ‘bambino’, intendeva proprio un maschietto! Era presto per accertarsene ma, da quando Hana aveva detto che sperava si trattasse di un  fratellino, Atsushi aveva iniziato a pensare la stessa cosa. La prima volta ci aveva visto giusto, quindi… Dita incrociate!
Che pace… Fra il calore dell’acqua e il simpatico rumore degli schizzi che faceva Hana giocando con le paperelle, Atsushi fu tentato di lasciarsi cullare dal sonno. E invece…
Mama, che cos’è quello?”
Nel sentire la vocina della bimba, riaprì pigramente gli occhi e allungò lo sguardo sul suo ditino che stava puntando qualcosa. Stava indicando il ventre? No… Era qualcosa più in basso… OH!
Bastò un istante per rendersi conto che era giunto il momento che in cuor suo sperava non sarebbe mai arrivato. Ironia della sorte, di recente lui e Akutagawa avevano avuto una discussione al riguardo. In qualche modo le parole gli rimbombarono ancora nella mente…
“Dovresti smetterla di fare il bagno con lei.”
“Perché? L’ho partorita io, è una cosa del tutto innocente! E poi anche tu a volte hai fatto il bagno con lei!”
“Lo sai che ho smesso l’anno scorso. Ormai ha compiuto quattro anni, non va bene che ti veda nudo. Già è stato difficile sviare le sue domande quando si è resa conto che sua madre era diversa da quelle dei suoi compagni di scuola, se dovesse arrivare a chiederti perché tu hai fra le gambe qualcosa che lei non ha, che cosa le risponderesti?”
“Grrr!! Le direi la verità e basta! Ora chiudi il becco, razza di insensibile!!!”             
E ora quel momento era arrivato davvero. E lui non aveva idea di come comportarsi.
AKUTAGAWAAAAAA!!!! *grido interiore di disperazione*
“Eeeeeeeeehhhhhhmmmmm……”
Pensaadunaparolainnocuaperdirlopensaadunaparolainnocuaperdirlo…
“Quello è…il…pisellino…?”
Hana sgranò gli occhioni e chiese nuovamente: “E a cosa serve?”
Pensaadunaspiegazioneinnocentepensaadunaspiegazioneinnocente…
“Eeeeehhhh…è una cosa che usano i maschietti per fare la pipì!”
Si sentiva un completo idiota, come il sorriso che aveva stampato in faccia!
Il brutto era che la bimba aveva un’espressione che suggeriva un fiume di interrogativi.
“Ti prego, non farmi altre domande. Non sono pronto.” La pregò mentalmente.
Seppur dubbiosa, Hana emise solo un piccolo mugolio e tornò a giocare con le paperelle.
…era finita? Sul serio? Era stato così semplice? Macché! Di sicuro presto sarebbe tornata alla carica. Era naturale che si facesse delle domande, no? Forse aveva lasciato perdere perché aveva percepito il suo attacco di panico? Accidenti, sapere che sua figlia era dotata di una simile abilità lo costringeva a controllare le proprie emozioni ogni istante, ma ovviamente in certi casi era impossibile mantenere il sangue freddo!
*
 
“Mi dispiace che Atsushi sia stato trattenuto in ufficio da Kunikida, ma sono così felice di essere venuto a prenderti a scuola, piccolina mia!”
Dazai, in effetti, si sentiva sempre come al parco divertimenti, quando era in compagnia di Hana. Mese dopo mese, anno dopo anno, la sua venerazione per quella bambina era cresciuta insieme a lei e ogni istante trascorso insieme era un piccolo tesoro che conservava nel forziere del proprio cuore. Anche in quel momento, avendola in braccio, la guardava con certi occhi da sembrare un fan sfegatato intento ad ammirare la propria idol!
“E questa volta anche obaa-san è venuta con me!” Aggiunse, sinceramente contento.
“Avrei preferito aspettarti a casa, così mi sarei risparmiato di vedere il modo indecente in cui ti guardano le Maestre… Bleah. Uno spettacolo disgustoso.” Disse Chuuya, visibilmente contrariato, camminando accanto a lui.
Se Dazai in quegli anni era rimasto praticamente uguale, salvo i capelli dal tono più voluminoso e spettinato, al contrario Chuuya era sbocciato come un fiore. Non era cresciuto di un soffio (ovviamente !!!), però col tempo la sua figura e il suo portamento erano diventati ancora più eleganti. Merito delle scarpe con tacco cinque centimetri che aveva cominciato ad indossare e ai capelli rosso fiamma, che teneva sempre sulla spalla, i quali erano diventati così lunghi da attraversagli l’intero petto come una colata di fuoco liquido. Per stare in tono con l’abbigliamento, composto da pantaloni attillati neri, gilet nero e camicia bianca, aveva aggiunto un nastro di raso nero per legare i capelli. Peccato che la sua espressione e le sue parole offensive stonassero maledettamente con la sua immagine.
Rimase sorpreso quando si ritrovò davanti la faccia da schiaffi di Dazai.
Chu! Gli stampò un bacio sulle labbra e si scansò subito.
Puntualmente, Chuuya s’inalberò.
“Ti ho detto un milione di volte di non fare queste cose in pubblico, bastardo!!!”
Lui sospirò: “E allora smettila di dire certe cose. Le Maestre sono delle brave persone e tu non hai motivo di essere geloso. Lo sai che amo solo te.”
“Ma chi ti vuole???”
Eh già…certe cose non cambiano proprio mai!
Notando che la bimba era rimasta muta e pensierosa, Dazai lasciò perdere i capricci di Chuuya.
“Hana, stai bene? In dieci minuti di cammino non hai ancora detto una parola.”
Hana spalancò gli occhioni brillanti e fu sul punto di dire qualcosa, ma subito mutò espressione e finì col dire solo: “Niente…”
“Se hai qualcosa da dire, dilla! Ti ascoltiamo!”
Lei diede un’occhiata oltre le spalle del nonno, giusto per accertarsi che non ci fosse nessuno. Seppur piccola, era una bambina sveglia!
Ojii-chan? Tu ce l’hai il pisellino?”
Dazai lasciò una risata: “Ah ah ah! Dove avrai sentito questa parola, mi chiedo! Ma se proprio vuoi saperlo, sì, ce l’ho!”
Hana sbatté le palpebre, con espressione seria. Non capiva cosa c’era di divertente.
“E obaa-chan?”
Dazai volse lo sguardo al cielo, dubbioso. “Mmh… Non ne sono sicuro…”
Inutile dire che Chuuya era già pronto ad esplodere! Pugni stretti ai fianchi, gli gridò: “Non confonderla! Certo che ce l’ho, brutto idiota!!!”
“Dovresti proprio smetterla di dire certe parole in presenza di una bambina.” Lo riprese lui, stizzito.
Di conseguenza, Chuuya sollevò uno dei pugni con tutta l’intenzione di darglielo in faccia, ma…
“Anche mama e papa ce l’hanno. Perché io no?”
Entrambi volsero lo sguardo ad Hana, i suoi occhioni tristi furono una pugnalata al cuore.
Dazai si affrettò a rispondere: “Perché sei una bambina!”
“E quando diventerò grande? Ce l’avrò anche io?”
“Ahi ahi… Qui ci vorrebbe una bella spiegazione…”
Chuuya intervenne: “Non dovrebbero occuparsene i suoi genitori? Non è possibile che alla sua età non sappia ancora la differenza tra maschi e femmine.” Un’occhiataccia da parte di Dazai lo fece tacere.
“Vedi Hana, tu sei come Naomi e Kyouka. Quando crescerai diventerai un bellissima ragazza, anche più bella di loro! Avrai le gambe lunghe e agili come mama e sarai elegante come papa. E spero che come tua zia Gin avrai delle belle tet-” La parola gli fu stroncata da uno strattone al laccio che portava al collo.
“Non obbligarmi a buttarti nel fiume e tenerti la testa sotto, OSAMU.”
Di una cosa era certo. Quando sua moglie lo chiamava per nome, significava che era proprio nei guai! Erano finiti i tempi in cui Chuuya si limitava a minacciarlo con lo sguardo omicida e, talvolta, con un sorriso perfido. Adesso l’allarme rosso scattava alla parola ‘Osamu’. Inoltre, in quattro anni di matrimonio, aveva avuto modo di scoprire che Chuuya era davvero in grado di tenergli la testa sott’acqua senza il minimo rimorso!
*
 
Alcuni anni prima, Dazai e Chuuya avevano avuto un brutto litigio che per poco non li aveva portati al divorzio. Nessuno dei due era disposto ad abbassare la testa e trasferirsi a casa dell’altro, nonostante allora fossero già sposati da cinque mesi, e così avevano finito col litigare, salvo poi raggiungere un compromesso. Chuuya aveva fatto in modo che i loro beni fossero in comune, nella speranza che Dazai si decidesse a cercare una nuova casa dove andare a vivere insieme, senza preoccuparsi della propria situazione economica. E Dazai, pur di stare con lui, aveva accettato di trasferirsi momentaneamente nel suo appartamento. Be’, alla fine quel momentaneamente era diventato un per sempre. E’ vero che i miracoli avvengono? Sì, ma non per questi due idioti! Tutti i buoni propositi erano andati a farsi benedire senza un motivo preciso e così avevano continuato a vivere lì alla sede della Port Mafia nell’appartamento di Chuuya. L’unico vero cambiamento, era stato quello di ravvivare quel luogo che Dazai trovava datato, pomposo o addirittura spettrale. I tendaggi pesanti erano stati sostituiti con tende bianche ricamate, la poltrona preferita di Chuuya aveva fatto un viaggio senza ritorno alla discarica, un mobile in stile barocco proveniente dalla Francia era stato messo all’asta e al suo posto era arrivato un grande sofa dall’improbabile colore giallo limone, che in verità Dazai aveva acquistato solo per dispetto! Il ripostiglio, invece, era diventato la cameretta di Hana. Entrando si aveva l’impressione di finire nel castello di una principessa, per via della prevalenza della tonalità rosa e dei numerosi giocattoli. La camera da letto coniugale era l’unica stanza a non essere stata toccata, per preciso volere di Chuuya. In compenso, aveva modernizzato la cucina da quando aveva cominciato a dilettarsi cucinando i pasti personalmente. Quel giorno, per l’appunto, non appena aveva saputo che la bambina avrebbe cenato con loro, si era rimboccato le maniche ed aveva preparato una semplice ma gustosa ratatouille.
 
Chuuya si alzò da tavola, dicendo: “Dazai, ti occupi tu di sparecchiare? Io vado a prendere il dessert.
“Ma ceeeeeerto amore mio!” Cantilenò lui, apposta per sbeffeggiarlo. Anche se Chuuya gli lanciò un’occhiataccia, lui rispose con un sorriso.
Quel gioco tra loro non mancò di strappare una bella risata alla piccola.  In effetti sembrava godersela alla grande ad ascoltare i loro battibecchi, stando comoda sulla sua sedia dalle gambe lunghe e con il supplemento di un cuscino morbidoso. Per lei era sempre un gran divertimento stare assieme ai nonni!
Una volta entrato in cucina, Chuuya aprì il frigorifero e ne tirò fuori una capiente terrina coperta da della carta stagnola. Dopo averla posata sul ripiano, andò a recuperare dalla credenza tre ciotole in vetro, poi tre cucchiaini  e un cucchiaio dal cassetto delle posate. Era un po’ in pensiero nel togliere la carta stagnola, ma poi, vedendo il contenuto della terrina, lasciò un sospiro soddisfatto.
In quel momento arrivò Dazai con le mani piene delle stoviglie della cena. Le posò all’interno del lavello e poi si sporse oltre la spalla di Chuuya per sbirciare.
“Wooooh  mousse al cioccolato! L’hai preparata tu? Ha un aspetto delizioso!”
Le guance di Chuuya s’imporporarono leggermente, ma lui cercò di nascondere l’imbarazzo usando un tono severo: “Io so come usare bene il mio tempo libero, al contrario di te! E poi, visto che sono entrato in confidenza col pasticcere della mia pasticceria preferita, ne ho approfittato per farmi dare la ricetta.”
Dazai borbottò tra sé: “Basta che quel damerino francese non allunghi le mani su di te…OHFF!” *gomitata sulle costole*
Chuuya riempì con cura le ciotole e ne affidò due a Dazai, mentre lui si occupò di portare la terza e i cucchiaini.
“Guarda che cosa ha preparato obaa-san per noi!”
Dazai corse da Hana e, quando le posò la ciotola di fronte, si gongolò del suo sguardo incantato e brillante.
“Cioccolata!!!” Si mise a battere le manine, tutta contenta, regalando sorrisi ad entrambi i nonni.
Non appena anche loro ebbero ripreso posto a tavola, gustarono la mousse con piacere. Il problema arrivò pochi minuti dopo…
Hana, entusiasta e golosa più che mai, aveva letteralmente ripulito la ciotola, tanto da far sembrare che non fosse stata usata! Posò il cucchiaino e, speranzosa, si rivolse alla nonna: “Obaa-chan, posso averne ancora?”
Chuuya deglutì e si passò velocemente la lingua sulle labbra, prima di rispondere: “La tua porzione era come la nostra, questo significa che ne hai già mangiata troppa.”
Hana strabuzzò gli occhi. Cosa??? Era un no??? Be’, aveva ancora una possibilità. Volse lo sguardo dalla parte opposta e sfoggiò appositamente un paio di occhioni supplichevoli.
Ojii-chan, posso averne ancora?”
A Dazai bastò un’occhiata per essere steso! Ma non doveva cedere. Guardò altrove e rispose serio: “No. Se mangi troppe cose dolci poi ti viene male alla pancia.”
Cosa stava succedendo? Non era insolito che la nonna le dicesse di no, però non si poteva dire lo stesso del nonno. Il nonno la accontentava sempre. In tutto. Perché adesso non lo stava facendo?
Il labbro le tremò vistosamente mentre diceva: “Io voglio mangiare ancora la cioccolata di obaa-chan.”
“Hana. No è no. Chiaro?” La riprese Chuuya, con tono fermo.
Ma…non è giusto! Stava solo chiedendo un po’ di cioccolata! Perché i nonni erano così cattivi con lei? Era così triste! Perché non la capivano? Era una brava bambina, qualche volta si meritava un premio, no?
Nel vedere i lacrimoni scenderle dagli occhi, Chuuya la riprese di nuovo. Gli dispiaceva vederla piangere, ma era importante farle capire che c’erano dei limiti.
“Non c’è bisogno di piangere per una cosa così.”
No. Era troppo. Davvero troppo per il suo cuoricino. Loro erano adulti, quindi dovevano sapere cosa si prova a vedersi negato qualcosa che si desidera! Perché non l’accontentavano? Cattivi cattivi cattivi!
Dazai e Chuuya lo percepirono nello stesso momento. Non era una sensazione, era proprio un sentimento che veniva dall’interno e che stava emergendo con forza. Qualcosa di prepotente, di inarrestabile, in grado di stringere le viscere e il cuore in una morsa. Era…infelicità. Hana aveva attivato il proprio potere.
Non erano passati che una manciata di secondi, eppure Chuuya aveva già il respiro affannato da quanto si stava sforzando di reprimere quel sentimento. Era come se un invisibile pugno di ferro gli stesse stritolando le interiora. Allungò lo sguardo su suo marito: “Dazai…anf…fermala.”
Ma lui non era intenzionato a farlo, per il momento. Era solo una bambina, doveva pur esserci un modo per resistere al suo potere. Nonostante avesse lui stesso il respiro pesante e il cuore che batteva con forza nel petto, provò a fare un tentativo.
“Piccolina, ti prego non fare così! Lo abbiamo detto per il tuo bene!”
Niente. Hana continuò a piangere, ignorandolo.
Il dolore stava aumentando, il cuore gli faceva talmente male che credette gli si sarebbe spezzato a metà.
“Ghhhh….” Vi premette una mano sopra, il respirò gli mancò per un istante. Delle gocce di sudore gli scesero dalla fronte e gli colarono lungo le guance. Si accorse che Chuuya era messo anche peggio di lui. Aveva il volto pallido e sembrava sul punto di piangere, mentre si abbracciava il ventre con forza. Era disperato, si vedeva che non ce la faceva più. Bastò una sua occhiata supplichevole per fargli capire che ancora una volta dovevano arrendersi.
Maledizione. Non ebbe altra scelta. Allungò il braccio e con la mano toccò la nuca della bambina, quindi attivò il potere de ‘Lo squalificato’ per bloccare il suo.
Un istante e tutto cessò. L’intenso dolore fisico e spirituale che avevano provato svanì, lasciandoli solamente col respiro ancora un po’ affannato per la fatica della resistenza. Dazai si sporse sulla piccola e la sollevò tra le braccia per stringerla a sé. Si riaccomodò sulla propria sedia con lei seduta sulle ginocchia, le sue braccine attorno al collo a ricambiare l’abbraccio.
“La prossima volta ti faremo assaggiare un dolce ancora più buono, va bene tesoro?”
Hana tirò su col naso e rispose con voce tremante: “S-shì.”
Dazai le stampò un bacio fra i capelli e continuò a coccolarla.
Stravolto dall’esperienza, Chuuya raggiunse la vetrina degli alcolici e si attaccò ad una bottiglia di Cabernet già stappata. Era la prima volta che soffriva così tanto, ma di certo non dava la colpa ad Hana. Era lui che ultimamente aveva un motivo per essere infelice, anche se non lo aveva ancora confessato a nessuno. Visto che loro non potevano vederlo, perché era girato di spalle, si portò una mano ancora tremante all’altezza del ventre.
“Sono così inutile.” Pensò, mentre una lacrima gli rigava il viso.
*
 
Dlin dlon!
Con in testa un buffo cappello blu a punta e una bacchetta in mano, Dazai volse il capo in direzione dell’ingresso.
“Deve essere Atsushi.” Quindi si rivolse alla piccola con cui stava giocando e che indossava un paio di ali di farfalla e aveva a sua volta una bacchetta, però con una stella sulla punta. “Vado ad aprire. Tu rimettiti il grembiulino, Hana.”
“Va bene!” Rispose lei, con ritrovato buonumore e il suo abituale sorriso luminoso.
Una volta tolti gli accessori, Dazai uscì dalla cameretta e attraversò la sala, diretto alla porta d’ingresso. Scorgendo Chuuya uscire dalla stanza dei servizi col volto pallido, abbozzò un: “Stai bene?”
Lui fece un cenno affermativo col capo e lo raggiunse giusto un momento prima che aprisse la porta.
Sulla soglia, c’era proprio Atsushi.
“Buonasera!”
“Buonasera, Atsushi! Hana si sta preparando, ci raggiungerà tra poco!” Lo informò Dazai, gentilmente.
“Grazie! Scusate il ritardo… Kunikida mi ha caricato di scartoffie da controllare!”
“Akutagawa è qui?” Chiese Chuuya, con quel modo tipicamente materno che emergeva sempre, quando si trattava del ragazzo di cui si era preso cura per anni.
“Oh!” Atsushi sollevò la mano e indicò distrattamente in una direzione non ben precisata. “Ci aspetta giù in auto. Mentre venivamo qui ci siamo fermati a prendere del cibo cinese da portar via e, per non rischiare che si freddi tutto, gli ho detto che avrei fatto una corsa su a prendere Hana. Avevi bisogno di lui? Posso chiamarlo al telefono se…”
Chuuya lo interruppe: “No, no, va bene. Era solo per chiedere. Lo vedo praticamente tutti i giorni al lavoro!”
“Mh! Gli dirò che lo saluti, allora!”
Allungò lo sguardo all’interno dell’appartamento, giusto per sbirciare l’eventuale arrivo di sua figlia.
“Tutto a posto qui da voi? Hana si è comportata bene?”
“Sìììì…ah ah!”
La risata falsa e il sorriso tremendamente tirato di Dazai non avrebbero fregato nessuno, ad ogni modo, Chuuya pensò bene di fargli il terzo grado. Accanto a lui, braccia incrociate al petto, lo pungolò: “Se non glielo dici tu, lo farò io.”
Atsushi, con evidente curiosità, cominciò a passare lo sguardo dall’uno all’altro, in attesa di sapere di più. Sarà stato per il loro comportamento strano o magari per quell’eccessiva esitazione nel parlare, fatto sta che non gli ci volle molto per arrivare da solo ad una conclusione. Il suo sguardo si fece preoccupato.
“Lo ha fatto di nuovo?”
Chuuya e Dazai si scambiarono un’occhiata imbarazzata, dandogli così una conferma.
“Ehm… Io… Mi dispiace.”
Chuuya scosse il capo. “Non devi scusarti. Non è colpa tua, come non lo è sua. Siamo solo preoccupati. Hana non è consapevole del proprio potere e questo non va bene. Un capriccio è una cosa assolutamente normale alla sua età, ma poi non si rende conto di quello che scatena. Cosa succederebbe se lo attivasse mentre si trova a  scuola con gli altri bambini?”
Con grande serietà, Dazai aggiunse: “Vero. E’ qualcosa di così potente da piegare perfino noi che siamo dotati di poteri, figurarsi dei bambini indifesi! Anche prima non ho potuto resistere. La cosa che mi rende più triste, ultimamente, è il pensiero di non essere in grado di aiutarla e…” Rievocando quanto accaduto, si portò una mano al cuore e proseguì:  “Quel sentimento era così intenso che ho creduto mi avrebbe spezzato il cuore.” Sollevò lo sguardo ed incontrò quello di Atsushi, ma lui lo distolse subito.
Intimidito, abbozzò una spiegazione: “In verità… Be’, in questi ultimi giorni l’argomento principale è stato il bambino che porto in grembo, come potete immaginare, però… Ecco, prima di questo, io e Ryuunosuke avevamo affrontato l’argomento. Lui vorrebbe addestrare Hana.” La sua mano si strinse  a pugno, tradendo un certo nervosismo. “Ma io non sono sicuro che lei sia abbastanza grande per questo.”
Chuuya posò una mano sulla sua spalla, per rassicurarlo: “Aspettare ancora sarebbe rischioso. E’ un potere troppo forte per una bimba così piccola. Non hai nulla da temere, ci siamo anche noi ad aiutare. Anche Akutagawa lo sa.”
Atsushi lo ringraziò con lo sguardo. Sapeva che aveva ragione, ma aveva comunque paura. Tutti loro avevano avuto un’infanzia colma di traumi e sofferenza e avrebbe tanto voluto che sua figlia potesse crescere felice, amata da tutti. E invece era già costretta a fare i conti con la dura realtà e a doversi sottoporre ad un addestramento. Non che non si fidasse di Akutagawa, sapeva che lui non sarebbe stato eccessivamente severo, però…
Mama!”
Quel richiamo lo distolse dai pensieri negativi. Vide la sua bimba corrergli incontro felice, con addosso il grembiulino rosa, lo zainetto e le sue scarpette preferite. Era così radiosa! La prese in braccio al volo e le riempì il visetto di baci. Le era mancata così tanto che gli sembrava di non aver respirato fino a quel momento!
Papa ci sta aspettando, andiamo?”
“Sì!
“Va bene, tesoro! Saluta i nonni!”
Hana voltò la bella testolina verso la nonna e si sporse per darle un bacino sulla guancia. Chu!
Bye bye, obaa-chan!”
Ovviamente Chuuya accolse il bacio volentieri e rispose accennando un sorriso.
Subito dopo fu la volta di Dazai.
Bye bye, ojii-chan!” Chu!
“Ne voglio un altro!” Disse prontamente lui.
Chu!
“Un altro! …e un altro! …e un altro!”
Hana scoppiò a ridere e lo riprese scherzosamente: “Basta!”
“Eeeeeh! Volevo fare il pieno di bacini!” Era proprio innamorato perso!
Un ultimo scambio di sguardi  e un saluto generale, poi Atsushi, tenendo in braccio il suo piccolo tesoro, raggiunse l’ascensore. Quando le porte di questo si richiusero, fu come se assieme a loro se ne fosse andata anche l’allegria. Come sempre.
Chuuya fu il primo a rientrare, subito seguito da Dazai che richiuse la porta in uno stato di malinconia a dir poco incredibile.
“Uff… A volte vorrei che il tempo si fermasse e che lei potesse restare qui per sempre!” Cercò di usare un tono allegro per scacciare la tristezza. Non ricevendo una risposta da Chuuya, gli andò incontro e lo abbracciò da dietro per coccolarlo.
“Non abbattiamoci. La vediamo almeno due volte a settimana e durante le vacanze si ferma sempre qui a dormire alcune notti.”
“Non è questo.”
“Ah no? E allora cosa? Senti ancora gli effetti del suo potere?” Gli stampò un bacio sul collo, con affetto.
Lo aveva già detto, non era quello il punto. Il potere non c’entrava nulla. La verità era un’altra. Ma come poteva dirglielo? Era una cosa così assurda…
“N-no.” La voce gli tremò.
“Ehi Chuuya… Tra noi non devono esserci segreti. Lo sai che puoi dirmi qualunque cosa.” Gli sussurrò all’orecchio. Nel sentire il suo corpo percorso da un brivido, cominciò a preoccuparsi seriamente. Di cosa si trattava?
Per l’ennesima volta, Chuuya si portò una mano al ventre. Era giunto il momento di confessare?
“La verità è che… Sono invidioso di Atsushi.”
“Mh? Che vuoi dire?”
“Lo pensavo già da un po’, ma… Quando l’altro giorno è venuto qui e ci ha detto che aspettava un bambino, ne ho avuto la certezza. Io…” Deglutì, era così difficile fare una tale confessione. “Io vorrei avere la sua abilità. Vorrei poterti dare dei figli, Dazai.” Un altro brivido. “Anche a costo di correre il rischio che abbiano tutti la tua faccia da deficiente!”
Cosa? Stava dicendo davvero? Ma che…? Dazai non riusciva a connettere. Aveva sentito bene? Chuuya voleva dargli dei figli? Chuuya? Sul serio? Col suo caratteraccio? Era una cosa troppo insolita per poterla comprendere! Non sapeva cosa dire. Le parole non volevano uscire dalle sue labbra. Il suo silenzio rischiava di essere interpretato nel modo sbagliato, questo lo sapeva, ma…cosa poteva dire? Quasi trasalì quando Chuuya si mosse nel suo abbraccio. Il suo sguardo supplichevole e tremante lo trafisse come una lama.
“Dazai… Tu sei un uomo colto e intelligente e un eccellente stratega. Hai sempre trovato una soluzione per tutto, da quando ti conosco. Ora ti chiedo di trovarla per questo. Come faccio a  darti dei figli?”
Ehm…sì…questo era un quesito facile. Si schiarì la voce e rispose con sicurezza.
“Ricorrendo all’adozione. Ci sono migliaia di bambini che hanno bisogno dell’amore di una famiglia. So che siamo entrambi uomini, ma sono sicuro che con qualche telefonata ce la faremo. Esattamente come abbiamo fatto per poterci sposare, nonostante qui in Giappone sia illegale.”
Chuuya gli portò entrambe le mani al viso, prendendolo a coppa.
“Non è quello che ti ho chiesto. Io voglio che tu trovi un modo per farmi concepire. Adesso. Fallo adesso, Dazai. Ti prego.” Si alzò sulle punte e andò ad imprimere le labbra sulle sue. Iniziò con un semplice bacio, al quale ne seguì un altro e poi un altro ancora. E Dazai ancora non aveva chiuso gli occhi, tanto era incredulo. Poi Chuuya gli intrecciò le braccia al collo e gli diede un bacio più intenso, intrecciando la lingua con la sua. Non era cosa di tutti i giorni che Chuuya prendesse l’iniziativa! Deliziato da questo pensiero, Dazai si rilassò e rispose alle sue attenzioni, a quel bacio erotico e bollente, al suo abbraccio possessivo. Fece correre le mani sulla sua schiena, sfiorandolo appena con le dita, scese ancora seguendo la rotondità delle natiche e le afferrò, le strinse mettendoci un pizzico di giocosità! Quando Chuuya separò le labbra dalle sue, aveva già il volto arrossato dal desiderio. Senza dire una parola, calciò via le scarpe e si sfilò in fretta i pantaloni e la biancheria. Nonostante la camicia lunga, era ben visibile la sua erezione. Poi si occupò di lui, gli aprì la patta dei pantaloni e abbassò i boxer giusto un po’ per liberare anche la sua erezione. Era bastato qualche bacio per farli eccitare entrambi in quel modo scandaloso! Viste le premesse, Dazai si lasciò manovrare da Chuuya, entusiasta di vederlo così attivo. Lo lasciò fare quando lo afferrò per la camicia e lo trascinò giù con sé sul quel sofa di pessimo gusto.
“Dazai… Trova un modo.” Ripeté Chuuya, con gli occhi pieni di lacrime.
Era serio? Poco fa sperava si fosse trattato di uno scherzo, ma…a quanto pare non lo era. Voleva davvero concepire un figlio con lui. Seppur turbato da una tale richiesta, il suo corpo continuò a funzionare come sempre, si ritrovò dentro di lui quasi senza rendersene conto, complice l’abitudine, i lombi in fiamme per la voglia di possederlo. Però la sua mente non era in grado di farsi coinvolgere allo stesso modo. Forse era il caso di prendere seriamente la richiesta di Chuuya? Era ridicolo solo chiederselo! Anche analizzando tutti gli elementi a disposizione, restava una cosa impossibile. Mmh… Magari riflettendo… Atsushi aveva l’abilità di generare la vita perché la tigre che gli dava il potere era un esemplare femmina. Stando alle informazioni che aveva ricevuto a suo tempo, pare che Atsushi, mettendosi in una precisa posizione durante il rapporto sessuale, perda il controllo del proprio potere e si trasformi parzialmente, sia all’esterno che all’interno del corpo. In questo modo, il seme di Akutagawa aveva trovato un ambiente favorevole alla fecondazione e così era nata Hana ed ora era in arrivo un secondo bambino. Sotto questo aspetto, anche Chuuya non era un semplice umano. Non era da sottovalutare il dettaglio che la sua vera natura fosse…Arahabaki. Non un uomo, non un animale, non un dio. Bensì un essere sovrannaturale dotato di una potenza inarrestabile, che però era volta alla distruzione, non alla vita. E questo significava che…
Dazai fu invaso da un’ondata di piacere che gli attraversò interamente il corpo. Trattenendo il respiro, inarcò i fianchi per arrivare nel punto più profondo dentro Chuuya e lì lasciò che l’eiaculazione si spargesse. Esausto, crollò sotto al suo stesso peso e finì con l’abbandonarsi su di lui per riprendere fiato e recuperare le forze.
Con un’espressione serena che gli ingentiliva il volto, Chuuya gli avvolse le spalle con le proprie braccia, in un gesto di protezione e affetto nei confronti dell’uomo che amava e che aveva sposato.
“Chuuya…”
Sentì il respiro caldo di Dazai contro l’orecchio, la sua voce così fioca da essere appena percettibile.
“Ah?”
Qualche istante di esitazione e…
“Non posso. Perdonami.”
Le lacrime presero a scorrere dai suoi occhi, ambasciatrici silenziose del tumulto interiore causato da quelle poche parole.
“Ho capito. Avrei dovuto saperlo che era una cosa impossibile.”
Un tono neutrale, privo di emozione, era sufficiente ad ingannarlo?  Chuuya sperò di sì, non voleva che lui si preoccupasse ulteriormente. Anzi, prima lo avesse dimenticato e meglio era per entrambi. Ora non restava che imparare a tenere celato dentro di sé il dolore per quel sogno che non si sarebbe mai realizzato.
*
 
Gli era venuta voglia di lui già mentre erano in auto ma, da persona matura, aveva pazientemente atteso che Atsushi si occupasse di mettere a letto la piccola, poi ovviamente c’era stata la cena e subito dopo lui stesso aveva gettato in fretta i cartoncini delle vivande e liberato il tavolo. Una ricompensa se la meritava. A nulla erano valse le deboli proteste di Atsushi, lo aveva fatto stendere sul tavolo e lo aveva spogliato senza riguardi! E ora, finalmente, si stava godendo appieno il suo compagno. Quel volto arrossato, gli occhi umidi dal piacere, il modo in cui si premeva il dorso della mano contro le labbra per coprire i gemiti che talvolta sfuggivano al suo controllo come le lucciole sfuggono dalle mani di un bambino, la maglia sollevata che gli lasciava il petto scoperto, i capezzoli bagnati e arrossati dalle attenzioni che gli aveva rivolto poco prima, i fianchi leggermente inarcati in avanti per gli spasmi del piacere… Insomma, poteva godere di ogni minimo dettaglio dalla posizione in cui si trovava! Se Atsushi era praticamente nudo e alla sua mercé, al contrario  Akutagawa era rimasto vestito, con un dolcevita nero su pantaloni classici e scarpe eleganti. L’unica cosa che aveva fatto era stata quella di aprirsi la patta dei pantaloni e abbassare un po’ i boxer, prima di afferrargli le gambe e sollevargliele per avere libero accesso al suo intimo rifugio.
“Anf anf… M-mmhh… AH… Ak…Akutagawa… Ti prego…anf…non farmi gridare…”
La preghiera di Atsushi contribuì solo a tenere accesa la fiamma che lo stava consumando. Non era sua intenzione farlo gridare ma…i fianchi si muovevano a ritmo forte e regolare e lui non riusciva a trovare la forza di darsi un contegno. Lo desiderava troppo. Inoltre sapeva che, anche a distanza di anni, lo chiamava ‘Akutagawa’ quando era prossimo a raggiungere l’orgasmo. E infatti…
Atsushi, incapace di controllare la propria voce, si coprì la bocca con entrambe le mani. Una lacrima sfuggì dalle ciglia e gli attraversò la guancia, mentre dal basso il suo seme schizzava come il getto di una fontanella e ricadeva sul suo torace.
“AHH…” Gemette Akutagawa, sentendo il proprio corpo percorso da un tremolio. Uscì dall’intimità di Atsushi e lasciò che l’eiaculazione si spargesse addosso a lui.
Col respiro giustamente affannato e il cuore che gli batteva veloce nel petto, Atsushi non disse nulla e nemmeno lo guardò. L’avevano fatto sul tavolo della cucina. Sul tavolo dove mangiavano ogni giorno. Sul tavolo dove mangiava la loro bambina. Erano diventati animali??? Comunque era tutta colpa di Akutagawa. Davvero non poteva resistere altri due minuti per raggiungere la camera da letto? Accidenti a lui!
Non appena si fu un po’ ripreso, gli lanciò un’occhiataccia: “Per fortuna non hai svegliato Hana, altrimenti avrei usato Rashomon per strangolarti.”
Akutagawa, che nel frattempo aveva preso delle salviette e si era occupato di asciugare bene il corpo di Atsushi, a quelle parole si fermò e lo guardò con aria sorpresa, come se non capisse il motivo per cui le aveva dette. Abbozzò un banale: “Scusa.”
Ad Atsushi saltarono i nervi. Scusa??? Scusa un corno! Se sapeva di essere nel torto perché aveva fatto una cosa così sporca e insensata? Bah, non aveva voglia di litigare. Il lavoro in ufficio era stato abbastanza pesante, quel giorno. Lo lasciò terminare con le salviette e, non appena si spostò per gettarle nella pattumiera, si diede lo slancio per scendere giù dal tavolo.
“Vado a preparare la vasca, così ci facciamo il bagno e poi filiamo a letto.”
Un altro brivido attraversò il corpo di Akutagawa, ma questa volta di natura ben diversa. “Io sono a posto. Mi farò una doccia domattina, magari.” Chiuse il coperchio della piccola pattumiera e si voltò con l’intenzione di andare dritto a letto ma…rimase pietrificato nel vedere l’espressione con cui Atsushi lo stava guardando. Nell’insieme sarebbe stato una bambola sexy coi capelli umidi e arruffati sulla testa, le gambe nude e la maglia che gli sfiorava appena i fianchi lasciando così in bella vista le sue natiche piccole e tonde come pagnotte. Peccato per i suoi occhi da tigre intrisi d’istinto omicida che non gli lasciarono via di scampo. Seppur riluttante, dovette arrendersi.
“Uff…e va bene, ti raggiungo fra poco.”
Un istante e gli occhi di Atsushi tornarono luminosi e pieni di vita! Gli sorrise soddisfatto e uscì dalla cucina.
Akutagawa borbottò tra sé: “E comunque non puoi invocare Rashomon senza il mio consenso. E’ la mia abilità, non la tua.”
“Che hai detto??”
“Ugh.. Niente!”
Dannazione. Quel ragazzo aveva fin troppo potere su di lui, ultimamente.
Probabilmente era colpa degli ormoni…(!)
  
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