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Autore: flyerthanwind    14/05/2020    0 recensioni
Sofia e Stefano si inseguono da un po', non facendo mai l'ultimo passo per avvicinarsi.
Rimanere bloccati in ascensore li costringerà ad affrontarsi per la prima volta, scoprendo l'uno dell'altra molte più cose di quelle che si scoprono al primo appuntamento.
Capitoli brevi per una storia breve, ma quante cose possono succedere in una notte?
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Salvataggio

La manna dal cielo donata agli ebrei nel deserto mentre raggiungevano la terra promessa è stata accolta sicuramente con meno urla di giubilo. Io e Stefano ci siamo fatti sentire dall’esterno, comunicando che eravamo feriti ma integri, e loro hanno detto che ci avrebbero tirato fuori il prima possibile.
Peccato che gli inconvenienti sembrano essere all’ordine del giorno in questa vita, per cui siamo ancora bloccati in questo dannatissimo ascensore, entrambi ormai irritati e imbronciati, con i vigili del fuoco all’esterno che di tanto in tanto ci chiedono se va tutto bene.
«La prossima volta gli dico che sto collassando così si danno una mossa» grugnisce lui, sospirando rumorosamente e schioccando la lingua sul palato.
Sono trascorse ormai cinque ore, siamo stati, disidratati e sudati; non ne possiamo davvero più. Stanno facendo del loro meglio, ne siamo consapevole, ma la situazione è divenuta intollerabile.
Io mi sono accasciata nuovamente al suolo, il dolore alla caviglia si è intensificato di nuovo e adesso anche quella sana inizia a fare i capricci, indignata per lo sforzo a cui è stata sottoposta oggi.
Stefano, invece, rimane in piedi, alternando sbuffi indisposti a ticchettii della dita contro le pareti dell’ascensore. Inizialmente ha anche battuto con forza la mano, ma poiché ne ha rimediato solo un dolore fastidioso ha deciso di lasciar perdere.
«Ragazzi, c’è un problema» la voce all’esterno richiama la nostra attenzione. Stefano scatta in avanti, adagiandosi contro la porta per udire meglio, mentre io tendo l’orecchio senza muovermi.
«Non riusciamo a riportare l’ascensore al piano quindi adesso apriamo le porte e vi caliamo una corda per aiutarvi a salire» spiega l’uomo scandendo bene le parole, probabilmente non solo per farcele comprendere ma anche per calmarsi.
«La caviglia mi fa troppo male, come salgo?» mi lamento, provando a mettermi in piedi con un grugnito di dolore mentre mi mordo l’interno della guancia per non piangere.
«Ferma, sta’ giù, non ti muovere» ordina Stefano, allontanandosi dalla porta per poi abbassarsi alla mia altezza. È piegato sulle ginocchia mentre dice: «Ti aiuto io, sali sulle mie spalle e poi ti aggrappi a qualcuno fuori per farti tirare su» propone e mi sembra la scelta più saggia.
Il piede sta iniziando a gonfiarsi e con uno sforzo peggiorerei solamente la situazione, senza contare che non è affatto certo che riesca a salire fino in cima, nonostante il dolore.
«Va bene» confermo, poggiando le mani sulle mie gambe senza tentare di alzarmi di nuovo.
Stefano mi sorride di rimando, lasciando due buffetti sulla mia gamba prima di alzarsi nuovamente in piedi dopo aver udito un clangore metallico.
Il portone esterno deve essersi definitivamente aperta perché uno spiraglio di luce entra dalla fessura tra le ante della porta interna. Ormai sarà l’alba, ma quell’illuminazione è di sicuro frutto delle torce dei vigili del fuoco.
Una sottile asta di ferro viene infilata nella fessura, poi girata di lato per fare leva e forzarne l’apertura. Stefano si precipita a spingere i due estremi, facilitando in tal modo l’operazione. Quando ormai le due ante sono separate possiamo vedere il fascio di luce raggiungerci direttamente, posizionata sul caschetto rosso di uno deli operatori.
«Adesso vi tiriamo fuori» afferma la stessa voce di prima, che ora posso identificare come quella di un uomo che si staglia dietro alcuni componenti della squadra, inginocchiati per aprire la porta interna.
Lasciano cadere una corda con dei nodi a cui aggrapparsi, una di quelle che si usano negli allenamenti o per l’arrampicata, e Stefano la afferra prontamente, testandone la resistenza con un paio di scossoni.
Infine si volta nella mia direzione e mi aiuta a tirarmi su, rimanendo inginocchiato ai miei piedi per permettermi di salire sulle sue spalle.
   
 
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