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Autore: Ghostclimber    14/05/2020    5 recensioni
Il liceo è finito; Mitsui e Kogure stanno per prendere due strade diverse.
Ma forse non saranno costretti a separarsi del tutto.
Felice MitKo Day!!!
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kiminobu Kogure
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kogure avvistò Mitsui da lontano, e come sempre gli balzò il cuore nel petto.

Per quanto avrebbe dovuto ormai essere abituato alla sua compagnia, da che era rientrato in squadra mesi prima, ancora non riusciva a non fremere ogni volta che quel dannato ragazzo entrava nel suo campo visivo: era bello, bello da impazzire, e Kogure ne era dolorosamente consapevole.

Si concesse di rimirarlo in segreto per qualche istante: appoggiato al muro, un piede sollevato contro di esso e l'altra gamba stesa in avanti, le spalle appena curve, una mano in tasca e l'altro braccio che si muoveva su e giù accompagnando la sigaretta che si portava alla bocca per brevi, nervose aspirate.

Incredibile come quella giacchetta primaverile lo facesse apparire irraggiungibile... eppure era lì, aspettava proprio Kogure, e lui l'avrebbe raggiunto con una decina di passi ben distesi.

-Ehi, Mitsui!- chiamò, quando non ne poté più di restare fermo a guardarlo. Mitsui sussultò e cercò di nascondere la sigaretta, e Kogure rise dolcemente: -Guarda che non sono scemo, lo so che fumi.

-Non fumo tanto, davvero.- ribatté Mitsui, con uno sguardo da bambino trovato con le mani nella marmellata. Era così inconsapevolmente adorabile che Kogure ebbe l'insano istinto di prendergli la faccia tra le mani e ricoprirgli le guance di baci,

-So anche questo.- lo tranquillizzò, parlando con calma e a bassa voce. Mitsui strinse quel che restava della sigaretta tra due dita e la frizionò, staccando la brace accesa dal filtro. Ne calpestò i fili brucianti, poi avvolse il filtro in un fazzoletto di carta e se lo mise in tasca. Di nuovo, Kogure si sentì riempire di orgoglio: un tempo, lo sapeva, se ne sarebbe fregato del senso civico e avrebbe gettato il mozzicone da qualche parte con una schicchera; ma Mitsui era cresciuto.

-Va tutto bene?- chiese Kogure, notando che Mitsui era molto più silenzioso del solito.

-Sì, ehm...- Mitsui fece spallucce e spinse in avanti il bacino per staccarsi dal muro. Si incamminò e ammise: -Sono un po' nervoso. Insomma, a quanto pare mi hanno promosso per davvero, adesso dovrò cominciare a lavorare.

-Allora i tuoi sono proprio decisi?- chiese Kogure, un po' deluso. Mitsui aveva ricevuto una proposta di borsa di studio per meriti sportivi da una buona università di Tokyo, ma i genitori del ragazzo non sembravano propensi ad iscriverlo. Kogure aveva raccolto tutto il coraggio che possedeva e li aveva affrontati, promettendo loro che si sarebbe fatto carico di aiutare Mitsui con lo studio, e per un po' sembravano aver ceduto: dopotutto, Kogure aveva proprio l'aria del bravo ragazzo affidabile che avrebbe potuto aiutare Mitsui per davvero.

-Già. Mio padre è arrivato a dire che non vuole che io ti rovini con la mia influenza.- disse Mitsui, chinando il capo per nascondere la smorfia amara che gli deformava il viso.

-Questa è una cosa molto cattiva.- si azzardò a commentare Kogure mentre entravano nel parco verso il quale erano diretti. Si erano incrociati lì dentro una decina di volte, scoprendo che entrambi avevano l'abitudine di passeggiarci dopo la scuola, e infine Mitsui aveva detto: “Senti, tanto ci incontriamo sempre, tanto vale darci appuntamento”. Quindi quello, tecnicamente, era il loro primo appuntamento. Kogure aveva cercato di non considerarlo così, ma proprio non ci riusciva.

-Che ne sai? Magari potrei davvero avere una brutta influenza su di te. Magari ci ritroviamo in stanza insieme e tra un anno sei un ribelle che pensa solo a bruciare le cassette della posta!

-Tu non hai mai bruciato una cassetta della posta, Mitsui!

-No, ma in compenso ho precedenti minorili per ubriachezza molesta. Dai, Kogure, mio padre ha ragione. Non vado bene.

-Piantala di dire cavolate, Mitsui. Tutti facciamo degli errori, poi si cresce.- disse Kogure.

-Sì, si cresce e si fanno errori più grossi.- ribatté Mitsui. Kogure si bloccò; cominciava ad irritarlo parecchio quel disfattismo di Mitsui, soprattutto perché era immotivato.

-Ah, sì, quindi i genitori hanno ragione a priori?- chiese con voce tagliente. Mitsui si voltò verso di lui e si accigliò: -Beh, direi che ci conoscono abbastanza per avere almeno un buon punto di partenza per giudicarci.

-Quindi mio padre ha ragione a volermi mettere in punizione perché in geografia ho preso A-?

-Che? Ma è fuori?- chiese Mitsui. Kogure fremeva: -Gli ho detto che ho fatto del mio meglio. Ho solo invertito due caratteri e sbagliato una risposta. Sono dislessico, capita, ma...

-Sei dislessico?- chiese Mitsui, attonito. Tra tutte le persone del mondo, quel geniaccio di Kogure gli pareva il meno propenso a soffrire di dislessia.

-Sì, faccio sempre molta fatica. Ma mi ci metto. Cerco sempre di dare il massimo. Rileggo piano tutto quello che scrivo. Nell'ansia dell'esame deve essermi sfuggita una cosa, quindi non ho avuto una A piena. E quando mio padre ha visto i risultati, sembrava quasi che io gli avessi portato a casa una bocciatura. Allora, i genitori hanno sempre ragione?

-No...- ammise Mitsui, poi prese Kogure per le braccia e le strinse brevemente; sembrò esitare, come se volesse fare qualcosa ma non osasse, poi lo lasciò andare e ricominciò a camminare. Cadde il silenzio tra loro, ma stranamente non era un silenzio imbarazzante. Dopo un po', Mitsui disse: -Sai, adesso mi sto immaginando tuo padre come il tizio stronzo dei video dei Twisted Sister: “If that's your best, your best won't dooo”...- intonò con voce roca.

-Ah, io... non li conosco, scusami.

-Te li farò ascoltare.- promise Mitsui, sorridendo.

-Scusami, davvero.- ripeté Kogure, e Mitsui si voltò verso di lui: -Ma scusa di cosa? Lo so che tu non ascolti hard rock se non quello che ti passo io, non è un crimine. Il vero crimine è che...

-Ma ti ho rovinato la battuta.- disse Kogure, distogliendo lo sguardo.

-Ehi. Ma ti ha dato di volta il cervello?

-Non lo so, può darsi. È che continuo a chiedermi come ho fatto a non accorgermi che avevo sbagliato a scrivere, io...

-Oh, e piantala!- sbottò Mitsui, -Io sono passato con un calcio in culo e un “siamo felici che ti levi dalle palle”, non rompere. Sei il miglior studente dell'anno di tutta Kanagawa, tuo padre avrebbe dovuto farti un monumento, altro che cazziarti per un meno.

-Scusa.- disse Kogure, mortificato. Non aveva intenzione di infastidire Mitsui, e ora che sapeva quanto poco ci fosse mancato perché lo bocciassero si sentiva come se avesse detto “Sì, lo so che hai una mano mozzata, ma io ho questa spina sotto l'unghia che...”

-E smettila di chiedermi scusa! Kogure...- Mitsui si voltò verso l'amico e lo prese di nuovo per le braccia: -Tu sei la persona più brillante che conosco.

-Scusa.- disse di nuovo Kogure, e Mitsui lo guardò male. Poi rise: -Siamo solo spaventati, Kogure. Stiamo diventando grandi per davvero.

-Mi sa che hai ragione.- concordò Kogure, poi sollevò le braccia e posò le mani su quelle di Mitsui. Chiuse gli occhi ed emise un sospiro: -Non ho voglia di diventare grande.

-Sta già succedendo, Quattrocchi. Tra un mese tu sarai sommerso di compiti e lezioni, rinchiuso con il Gorilla in una stanza del campus, e io sarò coperto di olio motore fino ai gomiti.

-Hai già trovato lavoro, quindi?- chiese Kogure; abbassò le mani e riprese a camminare.

-Tetsuo mi ha trovato un posto da apprendista nell'officina meccanica dove lavora. La paga è una miseria, ma intanto è qualcosa. Almeno mio padre non potrà lamentarsi che non faccio un cazzo. E se mi comporto bene potrei avere un aumento, voglio mettere da parte abbastanza per andare a vivere per conto mio appena divento maggiorenne.

-Tu sei già cresciuto.- commentò Kogure a voce bassissima, quasi inudibile.

-Come dici?- chiese Mitsui.

-Ho detto che tu sei già cresciuto. Io posso vivere nella bambagia ancora un po', tu invece sei pronto a rimboccarti le maniche e lavorare. E io sono quello terrorizzato dal futuro.

-Non è una mia scelta, e anch'io ho paura. Mi manca già il liceo.

-Oh, a me quello non mancherà, proprio per niente!- esclamò Kogure di slancio, e Mitsui si incupì: -Già. Mi dispiace, Kogure.

-Per che cosa?

-Per tutte le volte che ti ho preso di mira.

-Avanti, Mitsui, è acqua passata.- disse Kogure, e la sincerità nella sua voce sembrò tranquillizzare Mitsui: -E comunque non eri il solo. Un quattrocchi secchione è un bersaglio facile, ho passato tre anni a scappare da chiunque. Mi rifugiavo nel giardino, sotto...

-Sotto all'albero di sakura con le scritte meno volgari, lo so.- lo interruppe Mitsui. Kogure si fermò e si girò a guardarlo. Mitsui fece spallucce, arrossì e distolse lo sguardo: -Andavi sempre lì. Ti vedevo, ma non ho mai trovato il coraggio di venirti a salutare.

-E perché?

-Pensavo che saresti scappato. E forse avresti fatto bene.

-Mi avresti aggredito?- chiese Kogure, stupito. Si era sempre baloccato nell'idea che Mitsui lo attaccasse giusto perché era in branco, ma che da solo non gli avrebbe torto un capello. Per più di un anno si era baloccato nel sogno ad occhi aperte di Mitsui che si avvicinava per parlare, e di loro due che instauravano un rapporto segreto, e che poi... ma no, quella parte non voleva rivangarla.

-Boccaccia mia...- bofonchiò Mitsui, -No, non ti avrei aggredito.- disse, poi si allontanò a passo svelto. Kogure esitò, confuso, poi lo rincorse: -Ehi! E allora perché avrei fatto bene a scappare? Non capisco!

-Perché ci avrei provato, ok? Dannato me, non tengo mai la bocca chiusa.- Kogure cercò di dire qualcosa, ma non un suono uscì dalla sua bocca. Mitsui borbottò mesto: -Misha avrebbe dovuto tagliarmi la gola prima che io scoprissi le gioie dei porno.

-Aspetta. Cosa? Cosa stai dicendo? Tagliarti la gola? Ma di che diavolo parli?- chiese Kogure, allarmato. Prese per il braccio Mitsui, che provò a divincolarsi; ma la stretta del Quattrocchi era salda, e la determinazione scintillava nei suoi occhi.

-Misha. È stato il primo teppista con cui mi sono scontrato. Voleva tagliarmi la gola, ma Tetsuo gliel'ha impedito. Storia passata, tranquillo, è in galera e non uscirà per un bel po'.- finalmente, la stretta di Kogure si allentò: lui era troppo sconvolto per mantenere una presa salda.

Sentendosi il sangue che si ghiacciava nelle vene, Kogure lo rincorse di nuovo: -Aspetta! Hai detto che ci avresti provato con me, in che senso?

-Oh, Kogure, non sei così ingenuo, dai!- Mitsui camminò nel prato fino a trovare l'ombra accogliente di un salice; scostò le fronde e raggiunse il tronco, dove si lasciò cadere di schianto.

-Mitsui...- tentò Kogure.

-Vai via, Kogure. Per favore.- Mitsui tremava come la sua voce. Kogure ignorò la sua supplica e si accucciò di fronte a lui, tra i suoi piedi puntati contro il terreno.

-Hai un attacco di panico.- diagnosticò.

-Bravo, vuoi un applauso?- ribatté Mitsui. Con il terrore che gli scorreva nelle vene non riusciva a ragionare e parlare in maniera appropriata.

-No. Voglio che cerchi di respirare. Io sono qui e non me ne vado...- disse Kogure, poi si inginocchiò e lo strinse in un abbraccio. Dopo qualche minuto Mitsui, esitante, reciprocò la stretta con braccia tremanti; il giubbotto di pelle scricchiolò piano, e Kogure intuì che le sue braccia erano coperte da sudore freddo.

-Hisashi kun?- chiamò Kogure dopo un po', timidamente. Era la prima volta che lo chiamava per nome proprio invece che per cognome.

-Mh?- c'era stupore nel fioco mugugnio di Mitsui; stupore perché Kogure fosse rimasto, stupore per l'appellativo, stupore per l'evidente dolcezza con cui il suo nome era stato pronunciato.

-Se fossi venuto a provarci con me, non ti avrei mandato via.- ammise Kogure.

-Mi dispiace non averlo fatto.- disse Mitsui, strofinando la fronte contro il jeans della giacca di Kogure. I suoi capelli si scompigliarono, umidi per il sudore.

-C'è sempre tempo.- disse Kogure, -Se tu ancora... insomma. Se ti piaccio ancora. Perché tu mi piaci ancora, un sacco.

-Certo che mi piaci!- esclamò Mitsui, -Solo che...- si interruppe.

-Solo che?- lo incitò Kogure. Sciolse l'abbraccio e lo prese per le spalle, obbligandolo così a guardarlo negli occhi.

-Solo che ho paura. E se poi ti faccio del male? E se poi non va come speriamo? E se...

-E se invece va bene?- lo interruppe Kogure. Mitsui rimase a bocca aperta. Non riuscì a trovare nulla da ribattere, e Kogure scoprì di avere un piccolo nocciolo di coraggio, piccolo ma estremamente robusto; lo sfruttò tutto per protendersi in avanti e posare le labbra su quelle di Mitsui, che però si staccò subito: -Siamo in mezzo al parco!- protestò.

-Siamo sotto a un salice!- ribatté Kogure, -Non ci vede nessuno. E se qualcuno ci vedesse, beh, che guardi pure!

-Kiminobu kun...- soffiò Mitsui, poi si sporse in avanti per baciarlo.

Si baciarono a lungo, protetti dalle foglie del salice che sussurravano tra loro al ritmo imposto dal leggero venticello che soffiava: una musica lenta e soave che accompagnava gli inudibili schiocchi delle loro labbra le une contro le altre mentre cercavano di convincersi l'un l'altro che almeno di una cosa non c'era da aver paura.

 

Minuti, ore o forse giorni dopo, un bambino lanciò uno strillo di divertimento a poca distanza da loro, e i due si staccarono l'uno dall'altro con un involontario schiocco.

Il bambino passò correndo davanti al salice, con il passo pesante di un elefante indiano imbizzarrito, e Kogure emise una flebile risata imbarazzata: -Cielo, mi ha fatto prendere un colpo!

-Anche a me,- ammise Mitsui, -Ma poi come cazzo corre? Cos'è, un cucciolo di rinoceronte?

-Con un peperoncino nel sedere.- specificò Kogure, e Mitsui ridacchiò.

Risero insieme a bassa voce, beandosi del loro piccolo rifugio agreste, poi si sdraiarono uno di fianco all'altro e rimasero a guardare le gibigianne dei raggi di sole che penetravano tra le fronde dei rami sottili.

-Non mi dimenticherai, laggiù a Tokyo, vero?- chiese Mitsui.

-Tokyo è a mezz'ora di treno e tornerò tutti i weekend. Certo che non ti dimentico. E tu non mi dimenticherai, qui a Kanagawa? Tutti quei motociclisti fighi che ti porteranno le moto da aggiustare...

-Non ho occhi che per te, Kiminobu kun.

-Idem. È una citazione.

-Lo so, Ghost. Ehi, vedi di non schiattare, eh!

-Farò del mio meglio. Spero che Akagi non si rotoli troppo nel sonno, se rotola giù dal suo futon e mi rotola addosso mi schiaccia.

-Hai ripetuto “rotola” per tre volte. Che c'è, sei nervoso?

-Ho appena baciato il ragazzo per cui ho una cotta dalla prima liceo, quindi direi di sì.

-Beh, allora siamo in due.- Mitsui si voltò a mezzo e sorrise, poi si fece di nuovo serio e chiese: -Pensi che prima o poi la smetteremo di aver paura di ogni piccola cosa?- Kogure distolse gli occhi dai suoi e tornò a guardare le piccole occhiate di cielo oltre la chioma dell'albero.

-Non saprei...- disse lentamente, -Probabilmente troveremo un modo di andare nel panico solo per le cose grosse. Immagino che non si possa vivere in uno stato di costante paura. E come ho sentito dire una volta, solo le scorie nucleari durano per sempre.

-Già, mi sembra una cosa che ha senso.

-E se dovessi aver paura, Hisashi kun, sai dove trovarmi.

-E tu sai dove trovare me.- si scambiarono un lieve bacio, poi si sdraiarono di nuovo. Kogure, ancora incredulo, chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere da una piacevole sonnolenza.

-Non ho più così tanta paura.- disse la voce di Mitsui, strappandolo a quella coperta di abbandono che ormai stava per avvolgerlo.

-Nh?

-Ohi, Rukawa, svegliati e ridammi il Quattrocchi!

-Ma che cosa dici, Hisashi?!- rise Kogure.

-E che ne so, ti addormenti a metà pomeriggio, rispondi con un “nh” da troglodita... gli indizi portano a Rukawa.- Kogure scoppiò a ridere di cuore.

-Dai, mi stavo solo abbioccando un po'. Cosa stavi dicendo?

-Dicevo che non ho più così tanta paura. Parlarne con te mi ha fatto sentire meglio.

-Mi sento meglio anch'io...- Kogure esitò; stava per dire una frase un po' stucchevole. Quando gli capitava, poi si gelava sempre sul posto perché non sapeva come l'avrebbero presa gli amici, sempre più rudi e duri di lui.

-Dai, dimmi la kogurata.- lo incitò Mitsui.

-La che?

-Kogurata. Un neologismo che ha coniato la Scimmia Rossa, ha detto che per lui ogni frase pacifista, tranquillizzante e sentimentale ma non troppo è una kogurata. È un complimento, eh!

-Mh... davvero?- chiese Kogure, dubbioso.

-Davvero. Dice che tu sai sempre cosa dire al momento giusto, e ha ragione. E poi pensa, una sakuragata sarebbe una stronzata senza capo né coda, quindi pensa che potrebbe andarti peggio.- Kogure rise, non poté evitarlo. Poi, disse: -Credo che insieme potremo farcela ovunque.

-Oh, questa kogurata vince il premio.- disse Mitsui con voce un po' roca e un sorriso sulle labbra.

-Che premio?- chiese Kogure.

-Me. Ma guarda come sei fortunato!- Mitsui rise, imbarazzato.

-Non ci stai sullo scaffale, ti dovrò tenere nel letto.- ribatté Kogure, poi si fiondò su Mitsui per togliergli dalla faccia quell'espressione attonita che gli era appena spuntata.

 

Sarebbero cresciuti, questo era certo.

E Kogure aveva la vaga impressione che non si sarebbero mai abituati ad essere grandi.

Ma per il momento, c'era ancora un glorioso pomeriggio di sole da trascorrere a baciarsi covando pensieri da ragazzi.

 

 

 

 

 

Ciaossu a tutti!

Eccomi qui per il MitKo Day, non potevo mancare /Mitsui dalla regia: -Ma se l'anno scorso hai bigiato clamorosamente!/

Sì, ok, ma l'anno scorso non avevo da farmi perdonare una SenMit. Una SenMit multicapitolo, oltretutto. Cioè.

Anyway, spero abbiate gradito. Questa fic è ispirata a una canzone di Ola Salo, Du Växer Upp. Su internet non c'è la traduzione e Google translate come al solito è di relativo aiuto, per cui se siete curiosi qui di seguito trovate il testo che ho tradotto grazie ad un'amica svedese.

As usual, battete un colpo (non in testa, mirate alle spalle) se avete gradito.

Alla prossima, e felice MitKo Day a tutti!

XOXO

 

Mi hanno preso a calci nello stomaco,
e poi ancora e ancora,
dal primo arresto per ubriachezza molesta.
E ricordo come nel giardino della scuola
fuggivo dallo scontro:
tu avresti potuto colpirmi.
Mi manca tutto questo...


Misha avrebbe dovuto tagliarmi la gola
prima che dai cartoni animati
io passassi a vedere i porno.
Ma solo le scorie nucleari durano per sempre
e due migliori amici possono farcela ovunque vadano.


Sei cresciuto,
sei cresciuto alla fine,

e hai saputo guardarti dentro.
Sei cresciuto,
sei cresciuto e hai urlato
che non ci si abitua mai a diventare grandi.

Non ci si abitua mai a diventare grandi...

 
   
 
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