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Autore: Dark Night    15/05/2020    0 recensioni
Quale verità si cela dietro il rapporto di Rosiel e Catan e come reagirebbero se uno dei due fosse imprigionato per aver difeso l'altro?
Rosiel x Catan
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Catan, Rosiel
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Controllo per l’ennesima volta i medicinali, non devo sbagliarne neanche uno.

Farlo arrabbiare di prima mattina è l’ultima cosa che voglio.
Do un ultimo sguardo anche alla colazione, tutto deve essere perfetto è dannatamente metodico in ogni cosa che fa.
Apro la sua camera ed entro in silenzio lui sta dormendo e io non voglio svegliarlo, sistemo tutto come mi ha sempre ordinato di fare uscendo poi di li.

Sono talmente teso quando sono li dentro che smetto di respirare, come se anche il semplice respiro che esce dalle mie labbra possa essere una noia per lui.

Inizio le varie mansioni giornaliere, io ho già fatto colazione anche questo è un ordine ben preciso, devo mangiare prima di lui per essere pronto a qualsiasi sua richiesta.
Ogni tanto mi chiedo perché sono così servizievole con lui, ma poi la mente mi riporta a qualche anno fa, quando fu obbligato ad accogliermi in casa.

Non ricordo quanti anni avessi ma non ho scordato come era vestito.

Portava una divisa, quella formale, coi capelli raccolti sotto al cappello ed un frustino in mano, ricordo anche che il cappotto segnava quel corpo esile, quasi come un guanto.

Forse avevo sui sette o otto anni, ma ricordo ancora che pensai che gliel’avevano cucito addosso, per quanto fosse stretta, per il resto non ricordo altro, solo quella divisa nera che rendeva la sua pelle ancor più diafana.
Scuoto la testa e torno con i piedi per terra, aumentando la velocità di esecuzione delle pulizie, ho sentito la sua porta aprirsi ma spero sia suggestione.
E invece no.

Riconosco i suoi passi ma mi chiedo cosa ci faccia a giro ha tutto quello che può servirgli in camera ho provveduto a tutto.
I passi proseguono verso la mia direzione ringrazio di essere già occupato a svolgere le mie mansioni quotidiane.

Quando si avvicina mi inchino, come in un rituale, e chino la testa davanti a quello che, per me, è diventato un Dio, restando in silenzio.

Quando sento un foglio frusciare davanti a me lo prendo e lo leggo, adesso capisco il malumore e il brusco risveglio.

Devi, no, dobbiamo presenziare ad una riunione, tu mi vuoi al tuo fianco, non puoi saltarne ancora, questa è obbligatoria, e so bene che, alla fine, userai me per sfogarti di tutto il malumore che ti buttano addosso.
Sospiro riprendendo a svolgere il mio lavoro, voglio fare le cose con calma, la fretta è una cattiva consigliera.
Controllo il mio lavoro svolto nel corridoio, ritrovandomi davanti alla tua camera da cui non proviene nessun suono, questo non mi fa stare per niente tranquillo.

Mi faccio coraggio e busso più volte alla porta ma non ricevendo risposta decido di entrare e ti vedo ancora steso a letto, la colazione e le pasticche sono intoccate.

Mi avvicino al letto e poi lo guardo, abbassando quel poco la voce, che mi possa sentire senza urtare i nervi già deboli per quella convocazione.
<”Signor Rosiel si sente poco bene? Non ha toccato la colazione che le ho portato.”>
La mia voce è calma senza nessuna sfumatura, attendendo una sua risposta.
<”Non voglio andarci Catan sono stanco di subire la loro discriminazione.”
Sento queste parole da una voce stanca e resa fragile dagli altri.

Può sembrare strano ma non è un uomo forte come fa credere agli altri, con loro porta una maschera dura e impassibile ma con me si fa vedere come è veramente, io solo so com’è il temuto e odiato Rosiel.
<”Non voglio contraddirvi, non lo farei mai, ma credo che siate obbligato a far presenza, capisco e comprendo il vostro stato d’animo.”
In un attimo ti alzi dal letto e ti dirigi verso di me tirandomi uno schiaffo.
<”Tu non conosci il mio stato d’animo, tu non sai quale disagio provo io a essere di fronte a loro!”>
Ti sento urlare mentre un piccolo rivolo di sangue si fa spazio sulla mia guancia la quale sta bruciando, credo mi abbia provocato un graffio con le unghie appuntite.

Sospiri e appena te ne accorgi mi sfiori la guancia togliendo il fiore che è nato sulla mia guancia, con la delicatezza che le è propria.
<”Finisco sempre per farti male Catan”> mi dici mentre continui ad accarezzarmi piano la guancia.

Nego, posando il volto sulla sua mano, chiudendo gli occhi.
<”Non è colpa vostra mio signore, me lo sono meritato vi ho mancato di rispetto.”> dico dispiaciuto.
Per un istante interminabile rimaniamo così come se fossimo bloccati nel tempo, solo un tuo impercettibile movimento mi fa risvegliare.

Ti passo un braccio attorno alla vita vedendoti crollare, con uno scatto ti prendo in braccio impedendoti di cadere, poi lo porto sul letto e lo faccio accomodare sui cuscini, sistemandoli nel modo più opportuno per farlo star comodo, l’ultima cosa che voglio è fare del male ad un corpo già debole come quello che ho di fronte.
Avvicino il vassoio e glielo poso delicatamente sulle gambe.
<”Dovete mangiare, il vostro corpo è ancora debole per star senza cibo mi dispiace obbligarvi ma è per il vostro bene.”>
Tu mi interrompi dicendomi <” Pensi solo al mio bene, Catan.”>
Arrossisco lievemente a quelle parole e poi dico timidamente
<”Se vuole le faccio compagnia ho già svolto i miei compiti.”>
Vedo un piccolo timido sorriso illuminare quel volto che tanto ammiro e amo.
Quel piccolo sorriso e il permesso che mi viene concesso dopo mi rallegrano il cuore.

Mi metto a fianco del letto in piedi, lanciando, ogni tanto, uno sguardo fugace, senza farmi notare, la paura che ho di perderlo mi accompagna ogni giorno, come un incubo da cui non ho mai risveglio.
Appena hai finito ti tolgo il vassoio e ti passo le pasticche frantumate assieme all’acqua.
<” Sei sempre un passo avanti a me Catan, sai sempre cosa fare in qualsiasi istante.”>

Ti sento sospirare
<”Sarei perso senza di te.”>
Queste ultime parole mi fanno arrossire vistosamente.
<”Le devo la mia intera esistenza mio signore, quello che faccio per lei è solo una piccola parte, lei mi ha fatto e continua a farmi da padre e da maestro, so che non dovrei dire queste cose ma sono onorato di poterla servire. Non era obbligato a prendermi in casa, eppure lo ha fatto”>
In volto sono rosso d’imbarazzo ma credo a tutte quelle parole che ho appena detto, ho un po' paura della sua reazione ma mi calmo appena mi accarezza la guancia ferita, come un soffio di vento caldo in una giornata gelida.
Durante il corso della mattinata riesco a convincerti ad andare alla riunione giurandoti che sarò li assieme a te e che non me ne andrò mai un solo istante, so quanto hai bisogno di me e io non tradirei mai la tua fiducia.
Durante il resto della giornata mi chiedi una mano per decidere cosa indossare, mi fa un po' strano lo ammetto, ma ne sono felice. Deciso mi dirigo verso l’armadio e ne estraggo quella divisa che affolla la mia mente, la poggio sul letto dopo averla tolta dalla protezione, adesso aspetto solo il responso.

Ma prima mi chiedi cosa ho intenzione d'indossare e li gioco la mia carta, volo nella mia camera andando ad aprire l’armadio e ne estraggo una gruccia con su un sacco di protezione color carne da cui non si vede il contenuto.
Torno nella sua camera e poggio il sacco sul tavolo libero.
<”Un po' di tempo fa mi sono permesso di fare una cosa spero non le dispiaccia”>
Vedo la tua faccia incuriosita.

Apro il sacco e estraggo una divisa simile alla sua ma più semplice senza nessun tipo di disegno, mentre la guardi torno a essere teso ma poi le tue labbra si aprono in un sorriso rivolto a me.
<” Ti faccio i miei complimenti Catan, ti do il permesso d'indossarlo, dopotutto devi essere vestito bene per non far sfigurare il tuo padrone.”>
Ti sento dire con una voce dannatamente sensuale che mi fa rabbrividire.
<”M...ma certo signor Rosiel n...non potrei mai farla sfigurare per colpa mia.”>
Il mio balbettare ti fa ridere e io mi sento avvolgere da quella risata così rara.
Finisco di svolgere i miei compiti, poi mi dirigo in camera e mi cambio, prima io, poi lui, come di routine.
Mi guardo un ultima volta e poi mi dirigo davanti alla tua camera dove entro dopo aver bussato, lo spettacolo che mi si para davanti mi lascia senza fiato, per fortuna la tua voce mi richiama all’ordine.

Sento che si è indurita ma me lo aspettavo.

Mi ordini di farti una coda alta e di lasciare gli altri capelli sciolti e io obbedisco.
Ti vedo andare davanti allo specchio per ammirarti e anche io ti guardo, il mio cuore perde un battito quando ti vedo indossare il cappello ma ancora una volta la tua voce mi riporta a terra, solo che stavolta il tono è più duro e aspro.
Vado a prendere il foglio di stamani e usciamo di casa arrivando subito in quel luogo, la tensione è palpabile, sento tutti gli occhi puntati su di noi.

Me lo aspettavo ma è alquanto fastidioso.

Accompagno il mio signore al suo posto, io rimango in piedi dietro di lui ogni servitore lo deve fare, il padrone deve star comodo.
I brusii cessano quando la riunione ha inizio ma sento che qualcosa non torna e in poco la mia sensazione si rivela veritiera. Iniziano a parlar male di lui e questa è una cosa che non tollero, nessuno può giudicare il mio padrone.

In poco perdo la mia compostezza e mi infurio, iniziando a dargli contro, sento gli occhi di Rosiel addosso, ma sono troppo infuriato per riuscire a calmarmi e tacere come un servo deve fare.
In poco mi ritrovo le guardie addosso, i polsi bloccati e legati dietro la schiena, do un ultimo sguardo a Rosiel prima di essere portato via, spero solo che non sia deluso del mio comportamento.

  
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