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Autore: mingiulya    16/05/2020    0 recensioni
"when I'm around slow dancing in the dark don't follow me, you'll end up in my arms"
Yoongi e Jungkook sono migliori amici sin da quando erano piccoli.
Il cuore di Yoongi è sempre appartenuto solo a Jungkook; il cuore di Jungkook non apparterrà mai a Yoongi.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Le braccia calde attorno al suo bacino sembravano carboni ardenti contro la sua pelle.

Il cuore che batteva velocemente contro la sua schiena non era neanche lontanamente paragonabile al suo, talmente accelerato che non riusciva nemmeno a calmare il respiro.

La stanza era buia, il silenzio padrone. Gli unici rumori i loro respiri pesanti e il cuore che gli martellava nelle orecchie.

Tra le sue braccia stava male, sempre.

Eppure ci ritornava, sempre.

La suoneria di un cellulare ruppe il silenzio.

La stessa suoneria dello stesso cellulare, ogni volta.

"Devo andare."

Yoongi non rispondeva mai quando succedeva.

Aspettava che quella braccia possenti lo lasciassero, che il calore del corpo del ragazzo lo abbandonasse. Ascoltava il fruscio della maglia contro il torso del ragazzo e la porta che si chiudeva, lasciandolo da solo in quella stanza.

Una volta gli aveva sussurrato che gli sarebbe mancata la sua voce e Yoongi, con il viso volto dall'altra parte, aveva sussurrato a sua volta un "puoi sentirla dentro di te, solo per te".

Da quella volta Yoongi lo pensava ogni volta, lo sillabava con le labbra, senza lasciare che un filo di voce esplicasse le parole, consapevole che il ragazzo, appena fosse uscito dalla casa si sarebbe dimenticato di essa, come si dimenticava di Yoongi stesso.

La presenza di Jungkook era sempre stata un punto di riferimento nella sua vita. Sin da quando erano amici che giravano per una Busan buia, l'alcol in corpo, alla ricerca di un piccolo negozio aperto ventiquattr'ore ore su ventiquattro che vendesse loro l'ennesima bottiglia di vino, nonostante fossero troppo giovani.

Le intere giornate perse ad ascoltare musica, con Jungkook che disegnava, seduto a gambe incrociate sul pavimento e Yoongi che sperimentava con i suoi software da produttore musicale trovati su siti pirata.

I pomeriggi in cui l'oscurità si mangiava Yoongi vivo, riducendolo in lacrime, rannicchiato contro il muro, e Jungkook che gli era rimasto vicino, senza dire nulla, con la testa sulla sua spalla.

Le notti nello stesso letto, cominciate quando entrambi erano inebriati dall'alcol e finite per diventare un'abitudine.

In fin dei conti, a ventiquattro anni e nel duemilaventi, chi non aveva uno scopamico?

E, in fin dei conti, se essere gracile come una foglia e soffrire di depressione clinica non fosse abbastanza per farlo sembrare il personaggio fittizio di una serie tv scadente, come avrebbe potuto Yoongi non innamorarsi del suo amico?

Yoongi aveva capito di non aver bisogno di un amico quattro anni prima, quando le mani di Jungkook su di lui, per la prima volta, gli avevano fatto salire il cuore in gola e arrossare le guance. Quando aveva pensato che, cavolo, il momento migliore era quando stremato, con il respiro pesante, Jungkook gli crollava addosso, le labbra aperte contro la spalla, e gli sussurrava quanto fosse inimitabile.

Mai stato bravo con i sentimenti, Yoongi si era sempre aspettato che Jungkook si accorgesse di quanto era successo. Che il suo cuore d'artista gli avrebbe permesso di dire quanto Yoongi non era mai riuscito a confessare, oa nche solo di comprenderlo. Che, come stendeva i colori sulla tela, intrappolando le emozioni che leggeva negli occhi di Yoongi ogni giorno, sarebbe stato capace di abbandonare i colori cupi e stendere su quelle tele ampie pennellate di colori sgargianti, dal giallo al rosso, dall'arancione al viola. Ma le sue speranze e aspettative erano finite sotto le scarpe eleganti di Park Jimin, il bellissimo ballerino che aveva folgorato Jungkook con un solo sguardo.

Yoongi avrebbe voluto dire che era una situazione ingiusta, sbagliata, ma avrebbe mentito.

Li aveva visti insieme e, ogni volta, si era ritrovato a confessare a sé stesso che sì, Jungkook sarebbe dovuto rimanere con Jimin.

Non c'era competizione.

Solare e di una bellezza ammaliante, elegante e talmente buono che Yoongi non era mai riuscito nemmeno ad odiarlo.

Yoongi non avrebbe mai potuto competere.

Senza un vero talento, con le bollette di un monolocale da pagare e gli occhi sempre vacui, contornati da occhiaie, Yoongi avrebbe solo trascinato Jungkook nell'oblio che era la sua vita.

La sua mente era in continuo conflitto, lo intimava di allontanarsi da lui, che continuare a cedere alle sue proposte, ad ascoltarlo e pregare che un giorno tutto cambiasse era inutile ma Yoongi, con il cuore abbandonato nelle mani fredde di Jungkook, bramava il suo tocco, la sua pelle sembrava gridare quando non entrava in contatto con la sua.

Gli era capitato più d'una volta di ritrovarsi steso nel suo letto, le coperte a malapena capaci di coprire il suo corpo, con lo sguardo perso contro il muro bianco della sua stanza e il battito quasi impercettibile per ore. Gli occhi aperti, la sensazione che fossero sul punto di riempirsi di lacrime ma che non lo facevano mai, le braccia abbandonate contro il materasso.

Il profumo di Jungkook che impregnava le lenzuola e l'aria soffocante della stanza per ore, accompagnato dall'odore di sesso e sudore.

Un mix di odori che faceva rivoltare lo stomaco a Yoongi che, impotente, rimaneva a respirarlo perdendo la cognizione del tempo.

Richiamando alla mente le mani di Jungkook su di lui, le loro labbra unite, i loro respiri che si intrecciavano come le loro dita. I segni viola sul collo di Jungkook, segno che Yoongi si stava appropriando di qualcosa che non era suo, lo sguardo del ragazzo.

Non lo guardava più come un tempo.

Non stava guardando il suo viso, mai. Yoongi, con l'immancabile desiderio di vedere quegli occhi grandi, che aveva asciugato dalle lacrime quando erano ancora piccoli, che lo guardavano, ritrovava sempre quello sguardo che lo scrutava, come se cercasse il viso di qualcun altro nel suo.

Yoongi, imperterrito, perpetrava nella sua condotta.

Jungkook continuava a cercarlo, peggiorando la situazione.

Lo seguiva, cercava di essergli vicino quando affrontava i suoi periodi più bui.

Yoongi aveva provato più volte ad allontanarlo. Gridava nella sua mente a Jungkook di allontanarsi, di lasciare che si crogiolasse nel suo dolore, senza avvicinarsi.

Era perso.

Era sempre stato perso, ma da quattro anni, non riusciva più a trovarsi, non riusciva più a trovare una via da seguire. Non per forza quella giusta, bastava che fosse una via più luminosa, una stradina fiancheggiata da lampioni che prendesse il posto del sentiero oppresso da fitti alberi che gli sembrava di percorrere.

Ogni volta che percepiva i polpastrelli di Jungkook sulla sua spalla Yoongi non poteva fare a meno di scostarsi, troppo timoroso di trascinare il ragazzo giù con sé. Jungkook era stato capace di aiutarlo ad affrontare molti, troppi, periodi bui ma, quella volta, non avrebbe potuto fare nulla. L'unica possibile fine sarebbe stata Jungkook nell'oblio con lui.

E Yoongi, nonostante fosse stato Jungkook stesso a trascinarlo in quel luogo tanto tetro e sofferente, non lo avrebbe mai permesso.

C'era stato un giorno che aveva fatto comprendere a Yoongi quanto sarebbe stato pericoloso per Jungkook essere vicino a lui.

Avevano litigato.

Come non avevano mai fatto prima d'ora, né tra di loro, né con altri.

Sedie lanciate contro il muro, vetri rotti per terra, le mani sui colletti delle magliette e nocche che entravano in contatto con zigomi e stomaci.

Il sapore del sangue in bocca, rivoli rossi che bagnavano le guance.

Urla, talmente tanto alte che i vicini il giorno dopo si lamentarono.

Le nocche di Yoongi insanguinate, come il muro contro cui si era sfogato quando Jungkook se ne era andato.

"Non parlarmi in quel modo."

Yoongi odiava il tono di voce con cui si rivolgeva a lui talvolta Jungkook.

Lo innervosiva, come lo innervosiva il fatto che quando Yoongi cercasse il confronto, riguardo quanto non potesse più sopportare di essere il terzo di troppo, quello che si intrometteva nella coppia, Jungkook liquidasse le sue preoccupazioni, affermando che fosse un problema suo e di Jimin.

Un anno prima era avvenuto ciò che aveva fatto sì che Yoongi, durante i pochi minuti in cui lui e Jungkook rimanevano sotto le coperte, nell'attesa della chiamata di Jimin, non guardasse mai Jungkook in viso, dandogli le spalle nonostante i suoi occhi si riempissero di lacrime al pensiero di non potersi posare sul viso.

Con i volti che si guardavano, gli occhi socchiusi di chi vorrebbe solo cedere al calore delle coperte, Jungkook aveva guardato Yoongi, scostandogli i capelli scuri con le punte delle dita.

"Che io abbia sbagliato a fidanzarmi con lui?" gli aveva chiesto. "Che, magari non fossi tu-"

"No." aveva risposto Yoongi. "Dammi almeno una ragione per cui io sarei stato una scelta migliore."

Nella sua mente, seguito da un costante "perché torni sempre da me e io ti accolgo sempre", che suonava talmente disperato anche dentro di lui da confermargli che no, non era così, vi era la sua consapevolezza che Jungkook sarebbe dovuto rimanere con Jimin.

Erano ormai mesi che Yoongi tentava disperatamente di allontanare Jungkook da sé.

Aveva provato a farlo tante volte ma, in quegli ultimi mesi, stava diventando una cosa insopportabile.

I suoi sentimenti erano stati disintegrati, l'unica cosa che continuava a fargli stringere lo stomaco era la costante speranza, ogni volta che Jungkook era nel letto con lui, che questi confessasse di amarlo.

Nonostante lui stesso sapesse che non sarebbe mai successo.

Nonostante lui stesso non volesse che succedesse, consapevole che avrebbe portato Jungkook nell'oscurità con lui.

Gli sembrava di ritrovarsi a danzare, al ritmo della stessa straziante canzone, nell'oscurità. E se Jungkook lo avesse seguito si sarebbe ritrovato con lui, in quella stessa situazione.

Ma anche la speranza stava cominciando ad abbandonarlo.

Il suo cuore non correva più quando sentiva la sua voce.

"Dovremmo smettere di vederci, in questo modo almeno."

Jungkook annuiva sempre, chiudeva la bottiglia di vino, e la riposava sul mobile.

Yoongi sentiva sempre male mani tremare, il desiderio che per una volta fosse Jungkook a rispondergli che voleva restare.

Non succedeva.

"Se me ne andassi, ti sentiresti triste?"

Yoongi avrebbe voluto chiederglielo.

Lo avrebbe voluto fare mentre Jungkook si infilava la giacca in pelle, la stessa che Yoongi gli aveva regalato due anni prima, e le scarpe senza dire una parola.

Il respiro di Yoongi più profondo, lo sguardo di chi è rassegnato.

Nelle sue orecchie, c'era solo il suono intorpidito del suo cuore, anch'esso sul punto di rinunciare.

Jungkook era ormai arrivato alla porta, la mano sulla maniglia.

"Puoi rimanere, solo stanotte?" chiese Yoongi, un fil di voce tremante. "Puoi?" 
 

n.a.
con tanto di citazioni di black swan e trivia; love.
scritta in quindici minuti tempo fa, mi sono chiesta perchè non condividerla. 
nullla, spero vi sia piaciuta, slow dancing in the dark mi ha sempre gridato yoonkook e ad un certo punto ho dovuto cedere e scriverla.
baci baci
se la leggete/leggerete, ci si vede con legs.

 
   
 
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