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Autore: RosaRossa_99_    19/05/2020    0 recensioni
"Vado in camera mia…"
Dissi alzandomi dalla sedia
"È un invito?"
Lo guardai malamente
"Ti ringrazio per avermi fatto passare una 'splendida' mattinata"
Virgolettai 'splendida' con le dita, per poi girarmi e andarmene
"Vedrai il pranzo allora!"
Era assolutamente, estremamente odioso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Cesare Moretti. Cesare Moretti. Cesare Moretti

Questo nome continuava a ripetersi nella mia testa senza sosta.

Mio padre non era mio padre. Quella persona su cui avevo sempre contato, che mi aveva curato le ferite, che mi aveva asciugato le lacrime in realtà era uno sconosciuto.

Perché tenermi nascosto tutto? Perché non dirmi la mia storia e parlarmi di mio padre, del mio vero padre? E in più questa stessa persona che mi aveva tenuto all’oscuro di tutto era un agente segreto.

 

“Sophie?”

 

Stefan richiamò la mia attenzione, facendomi riportare il mio sguardo vuoto e confuso sul suo preoccupato. Strinsi tra le mani il mio certificato di nascita prendendo un respiro profondo e cercando di far smettere di girare tutte quelle informazioni

 

“Ho… ho bisogno di un po' d’aria, credo”

 

Stefan annuì, prendendo con cautela dalle mie mani quel foglio che aveva appena distrutto ogni mia certezza, per riporlo nella cartella e richiudendo la cassaforte, rimettendo tutto apposto

 

“Vieni”

 

Mi tese la mano, che io tremante afferrai, conducendomi fuori dallo studio e sul cortile con la piscina. Si tolse le scarpe, arrotolando i pantaloni fin sotto il ginocchio e si sedette, immergendo i piedi e facendomi segno di imitarlo. Slacciai i sandali, scalciandoli, e mi slacciai il vestito, troppo ingombrante e fastidioso per tenerlo ancora addosso. Entrai in acqua, sotto lo sguardo attento di Stefan, per poi infilarmi tra le sue gambe, poggiando le mani sulle sue cosce e alzando lo sguardo, incontrando il suo

 

“Ho bisogno di te”

 

Lui cercò nel mio sguardo segni di titubanza, ma trovò solo sicurezza. Avevo bisogno di lui, di sentirlo vicino, il più vicino possibile. Avevo bisogno delle sue attenzioni, del suo tocco delicato e allo stesso tempo deciso.

Avvicinai il mio volto al suo, facendo scontrare le nostre labbra in un tenero bacio. Portai le mani dietro la sua nuca, intimandolo ad entrare in acqua, cosa che fece in un secondo, avvolgendo subito le sue braccia intorno la mia schiena e stringendomi a se, mentre il bacio iniziava a farsi sempre più infuocato. Le mie mani corsero alle sue spalle, scendendo per il petto e iniziando a sbottonare velocemente la camicia, gettandola da qualche parte. Passai a i pantaloni, e tirando in giù la cerniera, passai la mano sopra la sua già pronta erezione procurandogli un gemito.

Le sue mani correvano dai miei capelli al mio sedere, stringendo ogni tanto pezzi di pelle o tirando ciocche di capelli, procurandomi sospiri affannati. La sua corsa si fermò sul gancio del reggiseno, slacciandolo con movimento veloce e facendogli fare la stessa fine di tutti gli altri vestiti. Quando le mie mani raggiunsero il bordo dei suoi boxer, lui afferrò le mie mani, invertendo le posizioni e alzandomi dal bacino, facendomi sedere sul bordo dalla piscina. Brividi e pelle d’oca si mischiarono alle mille sensazioni, mentre le sue mani si fermarono ai lati delle mie cosce iniziando la loro lenta corsa.

 

“Sei la cosa migliore che mi sia mai capitata”
 

Sussurrò, guardandomi fisso negli occhi, e proprio in quelli io vi lessi quanto quello che provava per me fosse forte, e così semplicemente lo dissi, con un sorriso in faccia e gli occhi lucidi

 

“Ti amo”

 

Il sorriso nel suo viso si aprì ancora di più, fino a far comparire quelle due fossette di cui andavo matta

 

“Ti amo”

 

Le sue mani furono subito sul mio viso, avvicinandomi a baciandomi, mettendoci quanta più passione possibile, ed io ricambiai. Lì stretta tra le sue braccia ero la persona più felice e amata del mondo, non importava tutto quello che era successo perché mi aveva portato a lui. Lui era il mio porto sicuro, il mio rifugio, il mio protettore.

Uscì dall’acqua, sollevandosi sulle braccia, e tirandomi in piedi. Afferrò le mie cosce, sollevandomi con facilità, e come di riflesso le mie gambe gli avvolsero il bacino e le mie braccia il suo collo. Iniziò a camminare, distendendomi sul lettino per il sole in cui tempo addietro mi aveva spalmato la crema. Sembravano passati secoli da quel giorno ed erano accadute così tante cose… non avrei mai pensato che alla fine mi sarei innamorata proprio di lui.

Si stese su di me, sostenendosi su un avambraccio mentre con l’altra mano mi accarezzava il viso, portando le ciocche ribelle dietro le orecchie

 

“Sei così bella, così fottutamente perfetta...”

 

Gli sorrisi, arrossendo leggermente sotto il suo sguardo attento. I suoi occhi vagavano sul mio viso come a voler studiare ogni mio dettaglio, ogni mia imperfezione, per imprimersela nella mente in modo permanente.

Portai le mani sulle sue guance, tirandolo verso di me e baciandolo. Il fuoco presto si riaccese di nuovo e le sue mani non persero tempo a posizionarsi sui lati dei miei slip, agganciandoli e tirandoli con una lentezza agognante verso il basso, lasciandomi interamente nuda sotto di lui

 

“Stupenda”
 

Sussurrò, baciandomi la punta del naso, per poi scendere verso le clavicole. Lasciò baci languidi su ogni parte del mio corpo, alternandoli a complimenti e frasi pieni di adorazione. Mi sentivo come se fossi una dea, un oggetto prezioso a cui dedicare tutte le cure possibili.

Quando la sua lingua incontrò il mio ombelico, iniziando a giocare con il mio piercing mi lasciai sfuggire un gemito profondo, inarcando la schiena, e lui sorrise sulla mia pelle, continuando la sua discesa verso il basso, ma prima di arrivare a destinazione lo fermai

 

“Non oggi. Ho bisogno di te, niente giochetti. Voglio te, ora”

 

Vidi i suoi occhi incupirsi ancora di più e le sue pupille dilatarsi.

Avvolsi le gambe intorno al suo bacino, facendo forza con i talloni per avvicinarlo e facendo scontrare le nostre parti più intime, procurando ad entrambi gemiti.

Una mia mano scese verso il basso, fino a raggiungere la sua erezione e afferrandola, procurandogli un mugolio di sollievo. La pompai lentamente, per poi condurla verso la mia entrata, lasciandogli sentire l’effetto che aveva su di me. E con una spinta mi fu dentro; strinsi gli occhi per il bruciore che nel mentre si era propagato sul basso ventre, mentre lui stava immobile dentro di me, lasciandomi abituare alla sua lunghezza. Quando quello iniziò ad attenuarsi, alzai il bacino, procurandogli un gemito strozzato

 

“Ti prego...”

Supplicai di muoversi e lui subito ubbidì ai miei ordini; con movimenti lenti e profondi iniziò ad affondare in me, lasciandomi estasiata e senza fiato.

Le mie mani correvano lungo la sua schiena muscolosa, graffiandola e accarezzandola con i polpastrelli, sentendo ogni tanto dove la pelle era stata deturpata da cicatrici; una delle sue corse sulla mia coscia, afferrandola, mentre l’altra sosteneva tutto il suo peso.

 

“Cazzo Sophie…”
 

Mugugnò nel mio orecchio, mordendo la pelle del mio collo. Iniziò ad aumentare le spinte, procurandomi gemiti e brividi di piacere lungo tutto il mio corpo.

Si sollevò, mettendosi in ginocchio e afferrando entrambe le mie cosce, continuando con quelle spinte così forti e profonde che mi facevano tremare il corpo.

Aprii gli occhi, vendendo come mi guardava estasiato, con la bocca leggermente aperta e gli occhi pieni di lussuria.

La luna illuminava i nostri corpi, facendo brillare le gocce di acqua mischiate ormai al sudore, e i nostri gemiti vibravano nell’aria.

Una spinta prese una parte del mio corpo che mi fece incurvare la schiena e gemere il suo nome, procurandogli un sorriso. Continuò a stimolare quella mia parte, con spinte sempre più veloci, spingendomi sempre di più al limite

 

“Stefan!”
 

“Cazzo...”
 

Una delle sue mani si staccò dalla mia coscia, dove ero sicura sarebbero restate le impronte delle sue dita, raggiungendo il mio fascio di nervi e iniziando a stuzzicarlo, aggiungendo talmente tanto piacere da farmi girare gli occhi all’indietro

 

“S-sto… Stefan!”
 

“Vieni per me”

 

I movimenti del suo bacino e delle sue dita bastarono a mandarmi oltre il limite, facendo tremare tutto il mio corpo e gettare la testa all’indietro. Dopo qualche altra spinta anche lui si lasciò andare, gemendo il mio nome.

Si sdraiò accanto a me, avvolgendo le braccia intorno al mio bacino e tirandomi verso di lui, lasciandomi un bacio sotto l’orecchio

 

“Ti amo”

 

Mi continuò a sussurrare, mentre le sue mani mi accarezzavano e il suo corpo mi teneva al caldo. Piano piano la stanchezza prese il sopravvento e i miei occhi si chiusero, riuscendo a percepire solo un qualcosa di morbido avvolgermi e il suo respiro e battito regolari, che aiutarono solo a portarmi tra le braccia di Morfeo.

 

 

Strizzai gli occhi, cercando di tornare a dormire, ma quella luce fastidiosa continuava ad accecarmi. Mugolai infastidita, cercando di portare le braccia sui miei occhi, ma una risata soffocata mi fece svegliare ancora di più. Aprii lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre più volte per abituarmi a quella luce accecante. Alzai lo sguardo, incontrando quello ancora assonnato di Stefan

 

“Buongiorno dormigliona”

 

Disse con un sorriso stampato su quelle labbra che amavo tanto baciare. I ricordi del giorno prima si fecero spazio nella mia testa e arrossii di colpo, cercando di coprirmi ancora di più con quella tovaglia posta come coperta, procurando una risata a Stef

 

“Ieri non mi sembravi così timida...”
 

Gli diedi un colpetto sul petto ma lui afferrò il mio polso, tirandomi e facendomi finire a cavalcioni su di lui. Arrossii ancora di più sentendo l’erezione mattutina, e procurandogli un’altra risata

 

“Posso avere il bacio del buongiorno?”

 

Gli sorrisi, chinandomi e baciandogli le labbra, lasciandolo con un sorriso soddisfatto

 

“Buongiorno”

 

Mugugnai con ancora la voce rauca e lui si morse il labbro

 

“Sei dannatamente sexy di prima mattina”
 

Roteai gli occhi

 

“Vado a farmi una doccia”

 

Dissi alzandomi dal suo bacino, portandomi con me l’asciugamano e lasciandolo nudo. I nostri vestiti erano sparpagliati tra il bordo piscina e il prato mentre il mio reggiseno galleggiava indisturbato nell’acqua limpida della piscina.

Entrai in casa, andando verso il bagno e chiudendo la porta. Accesi l’acqua aspettando la giusta temperatura per poi fiondarmi dentro, lasciando che questa spazzasse via il trucco della sera precedente e tutta la stanchezza. Dopo poco sentii la porta chiudersi e il vetro del box doccia aprirsi, e Stefan entrare e avanzare, portando le mani sui miei fianchi

 

“Perché sprecare l’acqua?”

 

Scossi la testa ridacchiando per la sua scusa. Afferrò lo shampoo iniziando a strofinarlo sui miei capelli facendomi rilassare, per poi passare al bagnoschiuma, iniziando a massaggiare il mio collo, le spalle, fino a scendere sui seni, sulla pancia e più giù. In un attimo mi ritrovai con la schiena attaccata al muro della doccia

 

“Fammi finire quello che avevo cominciato”
 

Sussurrò in modo seducente nel mio orecchio, iniziando a lasciare baci languidi sul mio collo, mordendo e succhiando ogni tanto. Una sua mano strinse il mio seno, stuzzicando il capezzolo turgido mentre l’altra riprese la discesa verso il basso, fino ad arrivare in mezzo alle mie gambe

 

“Sempre così pronta per me”

 

Mi morsi il labbro per non farmi sfuggire un gemito, cosa inutile quando un suo dito percorse la mia entrata stuzzicandomi. In un attimo lui fu in ginocchio davanti a me, con un sorriso malizioso stampato in faccia. Mi afferrò una gamba, alzandola e portandola sulla sua spalla, per poi far scorrere la lingua lungo tutto la mia apertura. Le mie mani subito si intromisero fra i suoi capelli, tirandoli e facendolo gemere di conseguenza.

I movimenti della sua lingua e delle sue dita mi spinsero al limite nel giro di pochi minuti, ma questo non gli bastò: si alzò, girandomi e facendomi poggiare le mani sulla parete della doccia, e con una spinta mi fu di nuovo dentro. Ancora non ripresa dall’orgasmo precedente, le sue braccia sulla mia vita mi tenevano in piedi, mentre lui con spinte forti mi penetrava facendomi quasi urlare dal piacere. Una sua mano corse sul mio collo, stringendolo leggermente e facendomi inarcare la schiena, procurandogli un grugnito

 

“Non hai idea di quello che vorrei fare a questo corpo… ti vorrei prendere in tutte le posizioni possibili, ti vorrei fare urlare il mio nome fin quando tutta la tua voce se ne sarà andata, ti vorrei far venire tante volte da non farti più reggere in piedi”

 

Il famoso formicolio iniziò a farsi strada sul mio basso ventre e le mie gambe iniziare a tremare in modo incontrollabile

 

“Sento come stai per venire, sento le tue pareti stringersi contro di me”
 

Lasciai un mugolio, spalancando la bocca per il piacere così intenso

 

“Vieni, Sophie. Grida il mio nome”
 

E così feci. Venni urlando il suo nome, e lui mi raggiunse poco dopo, sussurrando il mio nel mio orecchio.

 

 

“Stefan?! Cosa vuoi mangiare per pranzo?”
 

Gridai dalla cucina, sperando che mi sentisse. Avevamo passato tutta la mattina abbracciati a letto, non facendoci sfiorare dalla realtà delle cose. Non avevamo parlato di tutto quello che era successo ieri sera, preferendo rimandare il più possibile e godendoci gli ultimi momenti di tranquillità. Momenti che sarebbero terminati proprio di lì a qualche minuto.

Sentii la porta dell’ingresso aprirsi

 

“Stefan?”
 

Chiamai ancora e sentii dei passi avvicinarsi, così alzai lo sguardo

 

“Ei, cosa vorresti mang-”

 

I miei occhi però non incontrarono quelli verdi smeraldo del ragazzo, ma piuttosto due occhi che ora sprizzavano rabbia da tutti i pori

 

“Piccola, sai benissimo cosa mi piacerebbe...”

 

Stefan si bloccò sulla porta della stanza non appena vide la schiena di mio padr-, di Elia

 

“Oh merda...”

 

Sussurrai

 

“Sophie, cosa cazzo ci fa questo… LUI qui? Non ne avevamo già discusso?!”

 

Abbassai lo sguardo, mordendomi il labbro e cercando di contenermi, perché sapevo benissimo che sarei scoppiata di lì a poco. Stefan percependolo si spostò accanto a me, poggiando una mano sul mio fianco

 

“Stai lontana da lei, ragazzo. Non ti voglio più vedere in casa mia”

 

Stefan strizzò il mio fianco, prima di lasciarmi un bacio sulla guancia, sussurrandomi all’orecchio

 

“Ti chiamo dopo”

 

E poi fece per andarsene

 

“Se provi di nuovo ad avvicinarti a lei farò in modo che qualcosa di brutto, molto brutto ti accada. Non ti conviene sfidarmi. Stai alla larga”

 

Alzai lo sguardo, non potendo più contenere quella rabbia che mi stava facendo formicolare le mani

 

“SMETTILA DI DARMI ORDINI! NON SEI NESSUNO PER POTERLO FARE!”

 

Stefan si bloccò sulla porta, girandosi e guardandomi scuotendo leggermente la testa, cercando di convincermi a non aprire una discussione, ma lo lasciai perdere.

Mio… Elia mi guardò sbalordito, non avevo mai alzato la voce con lui, ma ero stanca. Dovevo sapere la verità, tutta la verità. E la volevo sentire da lui

 

“Sofia Fiore. In camera tua, ora. E non uscire fin quando non sarai pronta a delle scuse sentite”

 

Sussurrò tra i denti, indicando con l’indice la porta. Ma io mi avvicinai a lui con i pugni stretti

 

“Non dirmi cosa devo fare. Non permetterti di dirmi cosa cazzo devo fare”

 

“NON TI HO CRESCIUTA COSÌ! MIA FIGLIA NON SI PERMETTEREBBE MAI DI RISPONDERMI IN QUESTO MODO. È la sua influenza che ti fa comportare così? Eh? Dimmi, chi diavolo sei tu?!”
 

Una risata amara lasciò la mia bocca, facendomi buttare la testa all’indietro, e lacrime di rabbia iniziarono a scendere dai miei occhi

 

“Infatti. Hai detto bene, io non sono tua figlia, non è così, papino? Oh meglio, Elia, sempre se è questo il tuo vero nome”

 

Mio padre rimase bloccato, non sapendo che dire

 

“Cosa stai dicendo… certo che sei mia-”
 

“NO! Non mentirmi ancora! Io lo so! So cosa mi hai, mi avete, tenuto nascosto per tutta la mia vita!”

 

Lacrime continuavano a scendere copiose dai miei occhi, e l’uomo fece per avvicinarsi, tendendo una mano e cercando di toccare il mio braccio, ma io lo ritrassi, come se il suo tocco potesse bruciarmi

 

“Per favore… se mi vuoi bene, ti sto supplicando. Spiegami perché mentirmi per tutti questi anni”
 

Mio padre si portò una mano tra i capelli, frustato

 

“E’ stato lui, non è vero? Cosa le hai detto per mettermela contro eh?!”
 

Disse rivolgendosi verso Stefan

 

“Non tirarlo in mezzo! Lui non c’entra un bel niente in questa storia! Non mi ha detto un bel niente per mettermi contro di te, siete stati tu e le tue bugie a farlo”

 

Mio padre scosse la testa

 

“Parlerò, ma lui se ne deve andare”
 

Scossi la testa

 

“Lui rimane esattamente dov’è, non sei tu a dettare le regole”

 

“Sophie, non puoi fidarti di lui… tu non sai! Non sai con chi ha a che fare!”
 

“Invece so perfettamente in cosa è immischiato, so tutto di Stefan e lui ha provato più volte di potermi fidare di lui, al contrario di te. Io non so chi sei!”
 

“Sophie… io sono tuo padre!”
 

“NO CHE NON LO SEI! Smettila di dirlo! Dimmi la verità! Chi è Cesare Moretti!? Per chi lavori!? Cos’è il Diamante Grezzo?! Dimostrami che posso fidarmi di te, ti prego...”
 

“Come fai a sapere-”
 

“Non importa come, l’importante è che ora so tutto”

 

Lui sospirò, arrendendosi

 

“Non qui, seguitemi”

 

Guardai Stefan, che mi fece cenno di seguire l’uomo. Aprì la porta dello studio, facendoci cenno di entrare e di accomodarci nelle due sedie. Lui si diresse verso la scrivania, premendo il pulsante nascosto e facendo aprire la libreria

 

“Come avete fatto a trovare la cassaforte?”

 

“Prima inizia tu. Raccontami tutto e non tralasciare niente”

 

Lui annuì, estraendo la cartella che mi aveva rovinato la vita ed estraendone delle foto, porgendomele

 

“Quello è tuo padre”
 

Mi accigliai, prendendo le foto ed osservando l’uomo su di esse: aveva i capelli castani e due occhi così scuri da mischiarsi quasi con la pupilla nera, la fronte corrucciata e le labbra sottili. Visto così non sembrava avere niente in comune con me, ma guardandolo meglio potei notare le somiglianze… come il naso, o la stessa forma degli occhi. Erano piccole cose, ma la somiglianza c’era.

 

“Non capisco… perché tenermelo nascosto? Cosa gli è successo?”

 

Mio padre prese un respiro profondo, sedendosi sulla poltrona dietro la scrivania

 

“Quello che vi dirò non deve uscire da questa stanza. Sei sicura di potermi fidare di lui?… non è chi credi che sia”

 

“So perfettamente per chi lavora e chi è suo padre. Gli affiderei la mia stessa vita, mi fido di lui”

 

Lui annuì, iniziando a parlare

 

“Amavo tua madre. L’ho sempre amata, dal primo momento in cui la vidi alle medie, con quelle sue treccine bionde e le lentiggini… era la bambina più bella che avessi mai visto”

 

Sorrisi, ricordandomi quante volte lui mi avesse raccontato quella storia

 

“Ma io non fui il primo amore di tua madre… eravamo un gruppo di tre bambini inseparabili, io, tua madre e… e Cesare. Lui era l’esatto opposto di me, così testardo e monello… era il terrore di tutti gli altri bambini e degli insegnanti”
 

Si lasciò andare in una risata, trasportato dai ricordi

 

“Solo con noi sembrava calmarsi e mostrarsi un bambino buono. Ci difendeva sempre dai bulletti della classe, soprattutto tua madre. La aiutò tanto, sai? E lei se ne innamorò, perdutamente. Crescendo acquistava sempre più il fascino del cattivo e misterioso ragazzo, sempre immischiato in guai. E fu questo che le fece totalmente perdere la testa per lui. Cristina era come te, la classica figlia modello, voti perfetti e un curriculum impeccabile, gentile con tutti e talmente buona da poter credere… da poter credere di poterlo cambiare. Ma è qui che si sbagliava… i cattivi ragazzi non cambiano, Sophie. Io non voglio che tu commetta il suo stesso errore…”
 

Disse guardando Stefan

 

“Cesare iniziò ad avere brutte influenze, si infilò in un gruppo di teppisti… cercando di trascinare anche me, all’insaputa di tua madre. Iniziò da piccole cose, come piccoli furterelli, per poi passare a cose ben più gravi. Fino ad arrivare all’omicidio. Tua madre non ne sapeva niente, vedeva solo la facciata di Cesare e nient’altro, e anche se io cercavo di convincerla ad allontanarsi lei non mi credette. Nel mentre io entrai nei Servizi Segreti e Cesare invece in una delle bande più ricercate d’Italia, e così perdemmo le nostre tracce per qualche tempo, anche se tenevo sotto controllo Cristina, non riuscendo a lasciarla andare. Non avevo il coraggio di denunciarlo, non fin quando Cristina sarebbe stata al sicuro. Lui la trattava bene, non le faceva mancare niente… ma poi la situazione cambiò. Lei rimase incinta, di te. Sophie venne da me, dandomi la notizia. Era così felice… anche se era ancora giovane lei era la persona più felice del mondo. Ed in quel momento realizzai che non volevo che una vita innocente fosse immischiata in tutto quello, in pericolo. Provai a convincere tua madre a lasciarlo, le raccontai di tutto quello in cui era coinvolto, di tutto ciò che aveva fatto, ma lei non mi credette. Sapeva che io ero innamorata di lei e sapeva che ero disposto a tutto pur di averla. Così se ne andò e io persi le sue tracce fin quando non nascesti tu. Avevi solo un mese quando tua madre si presentò alla mia porta in lacrime: mentre tu dormivi una banda avversaria a quella di Cesare aveva fatto irruzione in casa, minacciando la tua vita. Lui riuscì a fermarli, ma non a fermare tua madre, che si rese conto che tutti i miei racconti erano veri e scappò di casa”

 

Le lacrime avevano preso a scendere sulle mie guance e Stefan mi strinse la mano, cercando di confortarmi

 

“Così escogitammo un piano. Tuo padre era una persona vendicativa, estremamente vendicativa, e non avrebbe rinunciato così facilmente a te e tua madre. Scappammo quella stessa sera, io sposai Cristina in segreto e tu prendesti il mio cognome, o meglio il mio finto cognome. Io assunsi una nuova identità, Elia Fiore, per non farci trovare da Cesare, e scappammo dal paese, facendo perdere le nostre tracce. Tu eri troppo piccola per ricordarti di tutto questo, eri ancora un neonato… restammo nascosti fin quando… fin quando tua madre non morì. I Servizi Segreti erano a conoscenza di tutto ora mai, e cercarono di portarti via da me, ma non glielo permisi. Ma questo ebbe un costo: avrei dovuto entrare a far parte di questa organizzazione… il Diamante Grezzo. Ci occupavamo di smantellare le organizzazioni terroristiche e malavitose dall’interno, lavorando in prima fila. Ecco perché eravamo costretti a viaggiare ogni anno, sotto copertura di Ambasciatore Italiano e sua figlia, in modo da non avere mai troppi problemi con controlli e altro… nel mentre continuai a cercare Cesare, non trovandolo fino a qualche mese fa. Con la scusa di Aron, venimmo qui. Io e tuo padre ci conosciamo da anni. Venne qualche anno barattando delle informazioni, informazioni che ci aiutarono a smantellare cinque cellule terroristiche pronte ad attaccare cinque paesi diversi, scatenando una guerra mondiale. In cambio di quelle però lui avrebbe continuato a lavorare indisturbato, non più perseguitato dallo Stato Italiano. O almeno fin quando non avrebbe intralciato il nostro cammino. I Servizi Segreti se ne sono pentiti e vogliono ritirare il patto, ecco perché ci siamo trasferiti accanto alla sua villa, volevano che io lo tenessi d’occhio e che provassi a conquistare la sua fiducia. Lui non sa il motivo del mio ritorno, non sa che ha i Servizi Segreti alle calcagne, ma sospetta qualcosa. Con il Diamante Grezzo riuscimmo a trovare un contatto...”

 

“Straswosky...”
 

Sussurrai io, e mio padre si accigliò

 

“Si… come lo sai?”

 

Scossi la testardo

 

“Prima finisci”
 

Lui mi guardò non convinto, ma ricominciò a parlare

 

“Riuscimmo ad estorcere informazioni da Straswosky, informazioni utili per incastrare la banda di Aron, ma non abbastanza. Avevamo bisogno di coglierli sul fatto, ma lui non è stupido, così come non lo è Aron. Straswosky ci dava sempre informazioni incomplete, senza i dettagli fondamentali, e Aron non lavora mai in prima persona, delegando i suoi schiavetti”

 

“Che fine ha fatto Cesare?”

 

“Lo stiamo ancora cercando. Ma crediamo che sia coinvolto con Aron, se giochiamo bene le carte riusciremo a prendere due piccioni con una fava”
 

Io annuii, cercando di metabolizzare tutte le informazioni; abbassai lo sguardo, portando le mani sulle tempie, sfregandole, ma un rumore di un click mi fece alzare gli occhi. Elia aveva una pistola puntata contro Stefan

 

“Mi dispiace, ma non posso permettere che tu vada a riferire tutto a tuo padre”

 

Mi alzai di scatto, parandomi davanti Stef

 

“NO!”
 

“Sophie! SPOSTATI! Lui deve morire, non dovevi tirarlo dentro questa storia!”
 

“No! Ascoltami! Ascoltalo! Abbassa la pistola, ti prego...”

 

Lui scosse la testa

 

“Non posso permettere che lui vada a spifferare tutto a suo padre. Ci sono troppe vite in gioco e troppi segreti che devono rimanere tali. Non mi posso fidare di lui”

 

“ti prego, papà…”

 

Nei suoi occhi lessi titubanza e la sua mano fece per abbassarsi, così mi avvicinai cautamente

 

“Può aiutarti… per favore, ascoltalo”

 

“Lo ascolterò. Ma non posso assicurarti che la sua vita sarà al sicuro”

 

Annuii, portando una mano sull’arma facendogliela abbassare

 

“Stefan?”
 

Lui si schiarì la voce

 

“Lui ha ucciso mia madre. Quello che tu chiami mio padre… per me non è altro che una persona a cui sono costretto ad ubbidire, ma non voglio più farlo. Non da quando la vita della persona che amo è in pericolo”

 

Vidi mio padre prendere un respiro profondo, stringendo il pugno sul manico dell’arma

 

“Non volevo tirarla in mezzo… ho cercato di tenerla lontana; sono pure sparito per dei mesi nella speranza di farmi odiare… ma non è servito a molto. Lei è così caparbia… mi ha seguito, per colpa della sua curiosità, e Zayn l’ha scoperta, tirandola in gioco e obbligandola… obbligandola ad entrare nella banda”

 

“COSA?!”
 

Mio padre scattò in piedi, ma prima che potesse raggiungerlo portai le mani sul suo petto, facendolo risedere

 

“Non è colpa sua! Lui mi ha salvato la vita, papà! Stava per farsi uccidere pur di tirarmi fuori! È tutta colpa mia!”

 

“Ieri sera siamo stati al ballo di Straswosky e ti abbiamo visto. Sophie ha iniziato a pensare che anche tu facessi parte di qualche banda malavitosa e così siamo venuti qui e abbiamo trovato la cassaforte”

 

Stef fece una pausa

 

“Io lo voglio morto. Voglio uscire da tutto questo, sono disposto a tutto, anche a dare la mia vita se questo aiuterebbe ad averlo fuori dai giochi. Voglio che lei sia al sicuro e so che fin quando lui sarà in vita non lo sarà. Posso aiutarvi, posso giocare dall’interno, posso essere la vostra talpa”

 

“Pensaci papà, avresti due talpe all’interno! Potremmo catturarlo e-”
 

“-Tu non farai un bel niente!”
 

Dissero all’unisono mio padre e Stefan, per poi guardarsi

 

“Almeno siamo d’accordo su qualcosa”

 

Stefan annuì, assecondando mio padre

 

“Lui sa che lei è stata coinvolta?”

 

Stefan scosse la testa

 

“Zayn non è stupido. Sa perfettamente che dicendo a mio padre di questo nuovo acquisto rischia la vita… lei è dentro a tutto questo solo per il suo odio verso di me, sa che può usarla contro di me. È una pedina nel suo fottuto gioco e vuole usarlo bene”
 

Mio padre annuì

 

“Tu sparirai dalla circolazione, ti mando in America fin quando tutto questo non sarà risolto”

 

“NO!”

 

“Non voglio sentire scuse”
 

“Sophie, tuo padre ha ragione… è troppo pericoloso”
 

“No ora ascoltatemi voi. Se io sparissi da un momento all’altro Zayn potrebbe sospettare qualcosa. Sfruttatemi, posso aiutare”
 

“No, è fuori discussione. Non ti metterò in pericolo”

 

“Stefan non sta a te decidere, e no. Neanche a te papà. Per favore, fatemi aiutare. Sono più utile qui!”

 

I due si guardarono negli occhi, conoscendo ormai troppo bene la mia caparbia. Se mi impuntavo in qualcosa nessuno mi avrebbe potuto far cambiare idea.

 

“Ad una condizione”

 

Guardai mio padre

 

“Quale”
 

“Dovrai portare un localizzatore sempre con te e mai allontanarti da Stefan. Cercherai di non partecipare più a nessuna missione e se io o lui, sotto mia approvazione, ti diremo di fare qualcosa tu ubbidirai senza controbattere. E inoltre da questo momento in poi non camminerai più da sola”

 

Alzai un sopracciglio

 

“Queste sono più di una condizione...”
 

Feci per controbattere ma Stefan si intromisero

 

“Sophie, sono d’accordo con lui. O stai a queste condizioni o verrai spedita fuori dal paese”

 

Sbuffai, alzando gli occhi al cielo, arrendendomi

 

“E va bene! OK! Ma non potete impedirmi di-”
 

“SOPHIE!”

 

Urlarono tutti e due con sguardo corrucciato. Portai le mani davanti

 

“Siete insopportabili…”

 

I due sorrisero, ma quando i loro sguardi si incrociarono subito assunsero espressioni serie. Chissà, magari questo bisogno di controllarmi li avrebbe fatti andare d’accordo…

 

 

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Questo capitolo è stato a dir poco un parto… ma spero che vi piaccia!

Finalmente sono venute fuori un bel po' di cose riguardo il “padre” di Sophie.

Ve lo aspettavate?

Votate e fatemi sapere se la storia vi piace!!
XX

-R

 

 

 

 

 

 


 

 

   
 
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