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Autore: Dream89    20/05/2020    1 recensioni
Non è sempre facile essere dei ventenni, non si sa quello che potrebbe riservare il futuro e ci si sente sballottato dagli eventi. La vita è imprevedibile, certo, e niente è sotto controllo; ma fintanto che si è con le persone giuste, ce la si può fare.
Fanfiction au senza pretese, in cui i grandi eroi e le gentil dame sono stati trasformati in giovani studenti universitari alle prese con problematiche comuni, amicizie, amori e dissapori.
Coppie:Faramir/Eowyn; Arwen/Aragorn; più accenni di altre varie ed eventuali coppie.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aragorn, Eowyn, Faramir, Legolas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Ecco quello che è il penultimo capitolo della storia!
Ho il grosso timore di non aver mantenuto i personaggi abbastanza in character. Ma lascio il giudizio a voi cari lettori.

Buona lettura!

Un bacio!



Quando Faramir fu capace di riconoscere l’identità delle due persone a terra, si immobilizzò.

Non riusciva a parlare e a muoversi; questo non stava accadendo sul serio, non lì e non in quel momento.

Vide la scena intorno a lui svolgersi come a rallentatore: Aragorn si inginocchiò accanto a Boromir e Legolas invece prese il polso di Eowyn cercando il battito.

Arwen era vicino a lui e gli posò una mano sulla spalla; non appena sentì il contatto, si riscosse e si precipitò anche lui al fianco del fratello.

La faccia e i vestiti di Boromir erano sporchi di sangue e nonostante gli urli dei ragazzi continuava a non riprendere i sensi.

Aragorn conosceva le norme di primo soccorso e quindi vietò a tutti di spostare i due ragazzi. Gimli stava già chiamando un’ambulanza.

Eomer era vicino alla sorella, la chiamava, le accarezzava il volto stando ben attento a non muoverla. La ragazza, che non sembrava avere ferite evidenti, improvvisamente si mosse e aprì gli occhi. Voltò il capo spaesata, poi alla fioca luce dei lampioni lontani riconobbe il volto del fratello, si tirò a sedere velocemente e lo abbracciò stretto, cominciando a singhiozzare. Lui la strinse fra le braccia cullandola dolcemente.

“Che cosa è successo?” Le chiese, accarezzandole con amore il capo, la voce era intrisa di un immenso sollievo.

“Noi stavamo parlando… poi sono arrivati due tipi che volevano i soldi e i telefoni. Ci hanno minacciato con un coltello. Non abbiamo opposto resistenza e glieli abbiamo dati. Ma quando pensavamo che stessero per andarsene… uno di loro mi ha bloccato contro il muro e ha cominciato a… lui voleva… Boromir intanto era bloccato dall’altro ragazzo ma gli si è rivoltato contro e ha provato a difendermi…Io subito ho cercato di aiutarlo ma ad un certo punto sono stata sbattuta per terra e non so… devo aver preso un colpo alla testa.” Si portò così una mano al capo, dove effettivamente si stava già formando un livido violaceo sulla tempia. Mentre parlava Eowyn cercava di fare respiri profondi nel tentativo di calmarsi, tuttavia le sue mani tremavano ancora, Eomer le strinse fra le sue.

 “Ma… Boromir! Dov’è? Come sta?” La ragazza lo cercò con lo sguardo e quando lo vide a terra privo di sensi si coprì la bocca con le mani sussurrando un ‘no’ disperato.

Faramir era ancora inginocchiato sul freddo e duro asfalto a fianco del fratello, aveva a malapena ascoltato il racconto della ragazza; era stato un sollievo quando lei aveva ripreso i sensi, ma ora tutte le sue attenzioni erano su Boromir. Prese la mano del fratello fra le sue, non sapeva cosa fare; la paura che potesse accadere il peggio lo paralizzava, impedendogli di pensare lucidamente.

Si ritrovò a pregare, non sapeva neanche lui cosa o chi; tutto quello che riusciva a pensare era ‘ti prego, fa’ che non muoia’.

Aragorn era al suo fianco, cercava di tranquillizzarlo, dicendogli che l’ambulanza sarebbe arrivata tra qualche minuto.

 

Quando l’ambulanza arrivò, i paramedici fecero a Boromir tutti i controlli necessari, poi lo  stesero con attenzione su una barella e lo caricarono sull’ambulanza; Faramir ed Aragorn andarono con lui; si accordarono con gli altri  stabilendo che li avrebbero raggiunti in ospedale. 

Arwen compose il numero di una compagnia di taxi, richiedendone uno abbastanza grande da trasportarli tutti e cinque. Appena la vettura arrivò, montarono velocemente.

Ad un certo punto il telefono di Legolas squillò. Il ragazzo rispose e mise in vivavoce: era Aragorn.

“Noi siamo appena arrivati.- Disse il ragazzo- Non sappiamo ancora dove lo stiano portando. Ragazzi, Boromir…” La comunicazione si interruppe improvvisamente, seguì un ripetitivo bip bip; il taxi stava attraversando proprio in quel momento una galleria.

Gli amici si guardarono con gli occhi sgranati e i nervi a fior di pelle, non dissero una parola,

Legolas si affrettò a ricomporre il numero di Aragorn, quando oltrepassarono la galleria, le dita tremanti e il cuore in gola.

“Ragazzi, ma che è successo? Perché avete chiuso la chiamata? Eowyn si è sentita male?” La voce di Aragorn era carica di preoccupazione, così Eomer lo rassicurò sulla salute della ragazza, spiegando che era semplicemente caduta la linea.

“Comunque, noi siamo al primo piano. Stanno visitando Boromir in questo momento.”

Detto ciò chiuse la chiamata.

Nel taxi scese il silenzio; Eomer continuava a tener abbracciata la sorella.

Una volta giunti a destinazione, Arwen pagò in fretta il tassista e tutti insieme si precipitarono dentro l’ospedale.

 

Arrivati al primo piano si trovarono davanti ad un lungo corridoio con solo una grande finestra alla fine, da entrambi i lati c’erano delle porte che conducevano a stanze ed ambulatori; l’ambiente era asettico e odorava di disinfettante.

In fondo si trovavano Aragorn, che continuava a fare avanti e indietro nervosamente, e Faramir, il quale era invece seduto, immobile, con i gomiti appoggiati alle ginocchia e il capo chino.

Il gruppo si avvicinò svelto ai due.

“Non ci hanno ancora detto niente.” Li aggiornò Aragorn a bassa voce.

Guardò Eowyn, e il suo sguardo si soffermò sul livido scuro sulla sua tempia, un lampo di rabbia si fece strada nei suoi occhi.

“Sto bene, davvero.” Lo rassicurò lei, cercando di sorridere debolmente.

Arwen le carezzò lievemente la schiena.

Legolas, nel frattempo, si era seduto accanto a Faramir; non parlò ma si limitò a stringergli una spalla. 

Anche gli altri si sedettero, ora non potevano fare altro che aspettare.

I minuti passavano lenti, l’attesa era snervante. Gimli ed Eomer andarono a prendere delle bottiglie d’acqua alle macchinette e le distribuirono agli amici.

“Amore, vieni a sederti.” Disse Arwen dolcemente, rivolgendosi al suo fidanzato e prendendogli una mano.

“No, preferisco camminare, mi calma.” Rispose quello riiequieto, le strinse lievemente le dita prima di lasciarle e riprendere a muoversi.

Ad un certo punto un medico con addosso un camice bianco uscì dalla stanza in cui avevano portato Boromir  e si diresse verso di loro.

“Qualcuno di voi è un parente?” Chiese scrutandoli tutti.

Faramir drizzò la testa e si alzò velocemente.

“E’ mio fratello.” Dichiarò, e il medico annuì; il ragazzo trattenne il respiro in attesa di sentire ciò che il medico aveva da riferire, aveva il cuore che batteva a mille e cominciò a sudare freddo.

“Allora, sono felice di informarla che suo fratello sta bene.- A queste parole seguirono dei profondi sospiri di sollievo- Non ha subito lesioni gravi nonostante i colpi ricevuti. Si è ripreso pochi attimi dopo che lo abbiamo cominciato a visitare. Ha diversi ematomi ed abrasioni e il setto nasale deviato. Non abbiamo rilevato un trauma cranico, tuttavia vorrei tenerlo sotto osservazione per il resto della notte. Direi che fra un momento potrete tutti vedere il vostro amico. Ha chiesto notizie di una certa Eowyn…Ah è lei, signorina! Ma che brutto livido che ha in fronte; posso darle un’occhiata?” Non appena la ragazza annuì, il medico le si inginocchiò accanto e, con gentilezza e pazienza, le ispezionò il volto; decretò che si trattava effettivamente solo di un ematoma, che sarebbe sparito entro poco tempo.

Dopo aver ricevuto il via libera, i ragazzi si precipitarono nella stanzetta dell’amico. 

Lo trovarono seduto su un letto, il busto appoggiato a dei cuscini. Aveva dei cerotti sul naso e su un sopracciglio e un polso fasciato.

Non appena li vide il suo volto si aprì in un sorriso felice.

Eowyn gli corse incontro e lo abbracciò lievemente.

“Grazie.” Sussurrò con la voce tremante e carica di commozione e gratitudine. 

Gli amici si affollarono acanto al suo letto, domandandogli come stesse.

“Boromir, ci hai fatto prendere un infarto!” Abbaiò Gimli, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

“Sono così felice che tu stia bene!”  Asserì Arwen, anche lei sorridente e con le lacrime agli occhi.

“Io mi chiedo perché devo sempre portarti in ospedale. Sta diventando una brutta abitudine.” Intervenne Aragorn.

Faramir, intanto, era rimasto un po’ in disparte; osservava serio il fratello, scrutandolo come per assicurarsi che stesse davvero bene. Quando aveva ascoltato le parole del medico aveva provato uno smisurato conforto, ma una vena di paura era rimasta nella sua anima, e solamente ora si stava dissipando, lasciando il posto alla gioia.

Si avvicinò quindi anche lui al fratello.

“Faramir…”

“Sta' zitto!- Esclamò fingendosi arrabbiato- spero solo che gli altri siano messi peggio!” Aggiunse poi sorridendo, cercando di non far tremare la voce.

“Avresti dovuto vederli! Non si reggevano in piedi!” Boromir rise, ma poi fece una smorfia di dolore e si portò la mano al viso.

“Comunque hanno detto che mi lasceranno andare domani, è inutile che restiate qui. Andate a casa e cercate di farvi qualche ora di sonno.”

I ragazzi cominciarono a protestare. Allorché Faramir intervenne.

“Ragazzi, io resto. Se succede qualcosa, ma non succederà, vi avvertirò.” Affermò, con un tono che non lasciava spazio a repliche.

Boromir avrebbe voluto che il fratello si facesse una sana dormita, sembrava davvero provato, ma sapeva che sarebbe stato impossibile fargli cambiare idea.

Quando tutti furono usciti, il ragazzo crollò a sedere sulla sedia accanto al letto, guardò il fratello, senza dire una parola.

“Sto bene!” Lo rassicurò allora l’altro, allungandosi e stringendogli un braccio.

“Boromir, se ti avessi perso… E’ stato come vedere il mio peggior incubo realizzarsi: guardare te, steso sull’asfalto e coperto di sangue.”

“Guarda che non ho intenzione di andarmene così in fretta. Voglio essere il tuo tormento per ancora un sacco di anni!” Scherzò Boromir, cercando di rincuorare il fratello; e dire che era lui quello steso su un letto d’ospedale.

“Io l’ho sognato.- Dichiarò Faramir.- Qualche giorno fa sognai questa scena: io ero vicino ad un fiume e guardavo il lento fluire dell’acqua. All’improvviso vidi una barca senza conducente che galleggiava placida, emanando una fioca luce. Mi avvicinai per osservare meglio. All’interno di essa c’eri tu, o meglio il tuo corpo, immobile e pallido. Eri vestito riccamente, come i re del passato e tenevi in mano una spada spezzata. I tuoi occhi erano chiusi e la vita ti aveva abbandonato*. La barca poi si allontanò da me, dirigendosi verso una cascata.” Fece una pausa e trasse un respiro tremante, una grande stanchezza gli era piombata improvvisamente addosso.

I due si guardarono, il legame che li univa era profondo, si erano supportati a vicenda da quando la loro madre era morta; per Faramir l’altro era un punto di riferimento, un scoglio a cui aggrapparsi durante la tempesta. Viceversa, Boromir non poteva fare a meno del fratello;  il quale, fin da quando era nato, aveva posto fine alla sua solitudine, che ancora in certi momenti rischiava di schiacciarlo, ma che lui cercava di nascondere.

“Sono contento che Eowyn stia bene. Ha preso una bella botta quando l’hanno spinta per terra. Quella ragazza sa davvero combattere.”

“Quando l’ho vista a terra…Avrei voluto esserci, per entrambi.”

“Effettivamente una mano ci avrebbe fatto comodo. Quei tipi erano…cattivi; quello che volevano fare ad Eowyn…” Serrò le labbra, arrabbiandosi al solo ricordo.

Faramir aveva sempre creduto che non esistessero né erbe cattive né uomini cattivi, solo cattivi coltivatori**; ma, forse, si sarebbe dovuto ricredere.

“Stavamo parlando ti te, quando ci hanno assaliti.” Continuò Boromir con tono casuale.

Il cuore di Faramir aumentò un poco le pulsazioni; voleva chiedere di più, sapere di più, ma desistette, vedeva che il fratello era estremamente spossato e si stava sforzando di tenere gli occhi aperti.

“Cerca di dormire un po’ adesso, ti sveglio io quando arriveranno gli altri.” Disse invece il ragazzo; il quale, nonostante la stanchezza, era determinato a non addormentarsi.

Boromir si sistemò meglio sui cuscini e dopo pochi istanti cadde fra le braccia di Morfeo.

 

Gli altri nel frattempo erano tornati al loro appartamento. Erano stanchi ma contenti che la situazione fosse andata per il verso giusto.

Andarono tutti a letto, ma non prima di aver concordato di alzarsi presto l’indomani e tronare all’ospedale.

Eomer tuttavia si rivoltava nel letto, inquieto e tormentato. Si alzò e si diresse nel soggiorno, dove dormiva la sorella. La trovò seduta in un angolo del divano letto, le ginocchia raccolte al petto e circondate con le braccia. Quando lei lo vide, sorrise lievemente.

Lui le andò a sedersi affianco; stettero in silenzio per qualche istante, entrambi desiderosi di parlare, ma nessuno dei due sembrava sapere come cominciare il discorso.

“Avrei dovuto essere lì con te stasera.” Affermò ad un certo punto il ragazzo, lo sguardo perso nel vuoto.

“Vederti a terra, priva di sensi…non sapevo cosa fare, come comportarmi, avrei dovuto proteggerti. Averi dovuto esserci. Avrei dovuto essere lì.”

“Eomer…”

“Se fossi uscito anche io con voi, questo non sarebbe accaduto.”

“Non lo puoi sapere! Quello che è successo non è stata colpa tua. Dico davvero!- Esclamò la ragazza prendendogli una mano.- Lo so come sei fatto e so che è tutta la sera che ti stai incolpando perché non eri al mio fianco a proteggermi da quei tizi.”

“E’ il mio compito. Da quando mamma e papà sono morti…Io non posso perdere anche te.” Eomer parlava accorato, cercando di non far tremare la voce.

“E non mi perderai. Ma non è compito tuo proteggermi, o dello zio. Le cose brutte accadono a tutti, me inclusa; le cattive persone esistono. Non è giusto che ti colpevolizzi.”

“Non ne posso fare a meno. Vorrei rompere la faccia a quei tipi. Vorrei…” Si interruppe, incapace di continuare.

“E’ passato, non pensarci. Quest’episodio mi ha fatto realizzare quanto in fretta le cose possano cambiare. Non voglio più aspettare per ciò che realmente conta per me, voglio andare a prendermelo.”

“Io voglio solo che tu sia felice. Ti voglio bene.”

“Anche io.”

Parlarono ancora per diverso tempo, in cui lei gli confidò non solo la sua volontà di cambiare università ma anche il suo timore di andare incontro alla disapprovazione sua e dello zio. Eomer ascoltava attento e silenzioso.

Lui la abbracciò e si addormentarono così: come quando erano bambini e fuori dalla finestre infuriava un temporale;  Eowyn soleva correre da lui perché tuoni e fulmini la spaventavano, Eomer allora  dolcemente la cullava e la rassicurava fino a quando non riprendeva sonno.

 

Il giorno dopo Aragorn, che aveva messo la sveglia, si alzò di buon ora e svegliò tutti gli amici. Dopo aver fatto una frugale colazione, si vestirono, presero degli abiti di ricambio per Boromir (dal momento che i suoi erano sporchi di sangue) e presero un autobus che li portasse fino all’ospedale. Erano tutti abbastanza stanchi a causa delle poche ore di sonno che avevano dormito, ma questo non impediva loro di essere felici del fatto che stavano per andare a recuperare i due fratelli.

Appena prima di varcare le porte dell’ospedale, Eomer entrò in un bar e comprò due grossi croissant alla nutella da portare ai due amici.

Il gruppo proseguì ciarliero fino alla stanza in cui riposava Boromir.

Quando giunsero alla porta si bloccarono, da dentro provenivano le voci dei due ragazzi.

“Boromir, non ti alzare ancora! Aspetta prima il controllo del medico.” La voce di Faramir appariva stanca ma ferma.

“Dai, bro! Voglio solo andarmi a comprare una colazione decente, quella che mi hanno dato fa schifo.” Ribatté il maggiore.

Aragorn aprì allora la porta con un sorriso.

“Per la colazione possiamo darti una mano noi.”

A quelle parole Eomer mostrò orgoglioso il sacchetto di carta contenente i due croissant.

 “Finalmente del cibo decente! -Esclamò Boromir tutto contento- I medici pensano davvero che io possa mangiare quelle insulse gallette di riso. Bah!”

Gli amici furono molto contenti di constatare che il ragazzo aveva l’aria di uno straordinariamente in forma, per una persona che era appena finita in una rissa: una notte di sonno e le cure ospedaliere gli avevano di certo giovato.

Faramir invece aveva due profonde occhiaie scure sotto agli occhi ed era estremamente pallido; Eowyn, guardandolo, si chiese se quella notta avesse dormito almeno un’ora, ma ne dubitava.

“Beh, visto che siete arrivati, tenetegli compagnia voi. Io vado un attimo in bagno. E tu- Disse Faramir guardando il fratello- non mangiarti anche il mio cornetto, grazie.” Dopodiché uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.

Mentre gli altri continuavano a ridere e a scherzare tutti insieme, Eowyn rimase pensosa e in silenzio per qualche minuto, poi, improvvisamente, come se le fosse giunta alla mente un’inaspettata epifania, uscì anche lei. Fuori dalla porta si guardò intorno, ispezionando lo spazio circostante, alla ricerca di Faramir; lo individuò davanti alla finestra in fondo al corridoio.

 Lo raggiunse con passo silenzioso ma deciso.

Il paesaggio al di fuori della finestra era bello; essa dava su un parco vicino all’ospedale, più in lontananza c’erano le case e gli edifici della cittadina e infine, all’orizzonte, si vedeva il mare, decorato da pennellate bianche di schiuma e sfiorato dalla luce del sole.

Eowyn affiancò il ragazzo, il suo cuore batteva forte, e parlò senza rivolgergli uno sguardo.

“Come ti senti?”

“Stanco, mortalmente stanco. Ma felice.”

“E’ stata una notte davvero movimentata.”

“Hai usato un eufemismo. Quando ho visto Boromir privo di sensi mi sono sentito morire. E quando ho visto te…Sono così contento che tu ne sia uscita quasi illesa.”

“Illesa nel corpo, forse; ma nello spirito sono ferita. Mi sono sentita  così debole…Odio chiedere aiuto, odio suscitare compassione.” Dopo aver detto quelle parole, lei gli lanciò una sola breve occhiata furtiva, come per controllare la sua reazione, per poi tornare a rivolgere lo sguardo verso il mare.

“Sai, tutti usano quella parola con accezione negativa. -Disse il ragazzo, con un mezzo sorriso sul volto.- In realtà nasconde un bellissimo significato. Quando una persona prova compassione vuol dire che percepisce la sofferenza dell’altro e prova il desiderio di alleviarlo. E’ empatia; ieri erano tutti preoccupati per te. Io ero preoccupato per te."

Lei restò in silenzio, immobile, lo sguardo fisso era sui vetri della finestra senza vederli davvero.

“Perché non abbiamo più parlato, dopo la serata in discoteca?- Chiese improvvisamente Faramir.- Ho provato a chiamarti; ma, dopo che non mi hai risposto, ho pensato che volessi evitarmi e che quello che era successo fosse stata solo a causa dell’alcool.”

Era giunto infine il momento di affrontare quella conversazione.

“Ho avuto paura.- Ammise la ragazza- Sono stata una stupida codarda, in genere io non mi comporto così con le persone ma…” Esitò prima di continuare. Faramir si voltò verso di lei e restò in silenzio, in paziente attesa.

“Qualche anno fa, io desideravo l’amore di un altro; avevo perso letteralmente la testa per Aragorn. Quando lui mi ha rifiutata, non offrendomi altro che comprensione e pietà, il mio cuore si è spezzato. Col tempo ho realizzato che non ero innamorata di lui, ma dell’idea che mi ero fatta di lui, di quello che io penso che lui rappresenti. Aragorn era grande, indipendente, mi sembrava estremamente libero. Tutt'ora, adesso, ricerco una sola cosa: la libertà.”

Faramir la guardò, osservò i lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle, la pelle candida ma lievemente arrossata dal sole dei giorni precedenti, gli occhi chiari che un tempo gli erano parsi così freddi come l’inverno. Mentre lei parlava, pensò che quella fanciulla fosse la creatura più bella che avesse mai visto. 

Si avvicinò un poco alla ragazza.

“So cosa cerchi, lo capisco. Ma non deridere la pietà, dono di un cuore gentile. Tuttavia io non ti offro la mia pietà. Dio, se potessi vederti come ti vedo io; sei nobile e valorosa e bella.” 

I due ragazzi ora non erano più fianco a fianco, ma si fronteggiavano, ad un’effimera distanza l’una dall’altro, gli sguardi incatenati. In quelle occhiate c’era tenerezza, gioia, affetto e, forse, qualcosa in più. 

Eowyn sollevò una mano e scostò un poco dagli occhi del ragazzo una ciocca di capelli; tuttavia invece di lasciar ricadere il braccio, ella lo porto sulla guancia di lui, accarezzandogli dolcemente lo zigomo col pollice.

“Sono così felice di averti incontrato, Faramir.” Sussurrò quindi la ragazza.

Ed erano vicini, più vicini di quanto lo fossero mai stati nelle ultime settimane.

Rimasero immobili per qualche istante; un anziano paziente che passava di lì, lanciò loro un’occhiata veloce sorridendo, mentre ricordava quando, in gioventù, anche lui e sentiva il morso pungente dell’amore.***

I due ragazzi ignoravano ogni cosa li circondava.

Faramir si chinò su di lei e leggermente posò le sue labbra su quelle della ragazza;  per un attimo non fu che quello: un piccolo contatto carico di passione.

Lei rispose poi al bacio con entusiasmo, chiuse gli occhi e  avvolse le braccia intorno al collo del ragazzo, e lui la strinse ancora più vicino a sé.

Non ci furono fuochi d’artificio o sconvolgimenti astrali in seguito a quell’evento, ma entrambi si sentivano come se avessero passato tutte quelle settimane con la testa sotto l’acqua, in procinto di affogare, e quel bacio fosse una profonda boccata di aria fresca.

Si erano sentiti scombussolati, sconquassati, smarriti; ma ora, entrambi avvertivano di aver finalmente trovato il loro posto nel mondo.

Le loro figure unite erano illuminate dai raggi del sole che filtravano dalla finestra e brillavano nell’asettico corridoio dell’ospedale.

Quando si separarono avevano entrambi il respiro un po’ corto, emozionati.

Faramir poggiò la fronte contro quella della ragazza, chiudendo gli occhi per qualche secondo.

“Non pensavo sarebbe mai successo.” Disse poi con voce carica di sentimento; la stringeva ancora per la vita e non avrebbe mai voluto lasciarla.

Lei sorrideva, felice.

Lo bacio ancora, e ancora; il gelo invernale della sua anima si stava sciogliendo, e al suo posto faceva capolino una scintillante primavera.

“Dovremmo tornare dagli altri.” Suggerì in un sussurro tremante Faramir; l’altra annuì piano.

Si incamminarono vicini, sorridendo, le spalle che si sfioravano e le loro dita che si stringevano lievemente.

Quando aprirono la porta della stanza di Boromir, sei paia di occhi li fissarono. 

“Finalmente, ci stavamo chiedendo che fine aveste fatto!” Esclamò Gimli, rompendo il silenzio che si era creato.

Arwen stava fissando l’amica e le sorrise ammiccante; la ragazza percepiva che qualcosa nel rapporto fra Faramir ed Eowyn era appena cambiato.

I due si giustificano dicendo che avevano imboccato un corridoio sbagliato ed erano così finiti in un altro reparto; non erano pronti per dire la verità, non ancora. Ci sarebbe stato tempo per chiarire quel nuovo rapporto appena nato e di comunicarlo alla compagnia, tuttavia quello non era di certo il giorno giusto.

Quando finalmente uscirono tutti dall’ospedale era ormai ora di pranzo. Decisero di comune accordo di andare a mangiare al ristorante e  festeggiare così la lieta conclusione della vicenda.

Al tavolo Faramir ed Eowyn sedevano vicini e di tanto in tanto le loro mani si sfioravano, e loro sorridevano a quel contatto.

Dopotutto, quella vacanza non era stata un fiasco totale.

 

 

 

 

*Scena presente ne Le due torri.

** Cit. da I miserabili di  Victor Hugo

*** Mi pare che questa sia una frase pronunciata da Albus Silente nel sesto film di Harry Potter.

 

 

Note finali:

1) io non so niente di ospedali, ambulanze, medici e primo soccorso. Tutto ciò che ho scritto deriva da “conoscenze” avute tramite scene di film e serie tv, quindi se ho commesso qualche errore fatemeli presente.

2) in questo capitolo ci sono scene e argomenti che avrei voluto trattare in maniere più approfondita, ma questa non è una storia da prendere troppo seriamente e inoltre il capitolo sarebbe stato infinito. Mi scuserete se certe cose vi appariranno trattate con un po’ di leggerezza.

3) dopo un’aggressione/furto si deve fare denuncia alle autorità; ho sacrificato il realismo per non allungare troppo il capitolo.

   
 
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