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Autore: Scarlet Jaeger    26/05/2020    3 recensioni
"Ma a volte
l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per
durare a
lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi
dell'altro."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 20
 
 
Il maggiordomo mi aveva fatta rientrare dopo che avevo bussato incessantemente alla porta. Non volevo sostare fuori un minuto di più, perché non volevo incrociare di nuovo gli occhi con quelli di Kai, ma mi accorsi che non mi aveva inseguita.  
Mi ritrovai a percorrere a ritroso gli incessanti e bui corridoi del castello, fino ad arrivare di fronte alla porta dove dormivano i ragazzi. E mi venne un’idea.
Avevo ancora il volto coperto dalle lacrime, gli occhi rossi e lucidi e soffocavo a stento i singhiozzi, ma nonostante quello non volevo dare ancora più soddisfazione ad Hiwatari.
Mi aveva detto che ero inutile, che non avevo fatto nulla per loro in tutto il tempo del Torneo. Bene, forse era giunto il momento di far vedere a quell’ingrato di cosa ero in grado di fare. E lo avrei fatto anche se mi ci sarebbe voluta tutta la notte. Ed in ogni caso non sarei riuscita a chiudere occhio, troppo ferita ed arrabbiata per riuscire a dormire. Almeno potevo sfogare la mia rabbia facendo qualcosa di costruttivo.
Sperai solo che i ragazzi a quell’ora stessero tuti dormendo e che a Kai non fosse venuta la malsana idea di rientrare in stanza proprio in quel momento. Ma, per quanto ero riuscita a conoscerlo in quei mesi passati insieme, ero sicura che non si sarebbe fatto vivo per tutto il resto del giorno.
Accostai l’orecchio per cercare di captare qualche rumore che mi facesse desistere dal compiere ciò che stavo per fare, ma oltre il russare incessante del capitano non sentii altro.
Aprii la porta con grazia, sperando non cigolasse, quel tanto quanto bastava per sgattaiolare dentro. Dalla finestra filtravano i raggi della luna alta in cielo, gli stessi che mi avevano permesso di camminare nel boschetto senza grossi problemi, e con la stanza illuminata riuscii perfettamente a vedere i Beyblade dei miei compagni sui loro comodini ed il computer del Prof Kappa poggiato sul comò.
Scrissi un biglietto da lasciar loro con dei post-it che trovai in stanza e dopo aver preso l’occorrente, facendo attenzione a non far cadere nulla, uscii chiudendomi dietro la porta.
Solo dopo essere rientrata nella mia camera riuscii a tirare un sospiro di sollievo. Il cuore mi batteva all’impazzata per il folle e sconsiderato gesto che avevo appena compiuto, ma ero sicura delle mie capacità. L’aver seguito mio nonno per tutti quegli anni, aver studiato tutte le componenti dei Beyblade e dei loro caricatori, le tecniche di gioco e l’assemblaggio, quasi fosse una materia scolastica, mi aveva permesso di avere delle conoscenze abbastanza ferrate da essere forse l’unica in squadra a parlare la stessa lingua del Professor Kappa.
Su una cosa aveva sbagliato Kai. La mia presenza nei Bladebreakers non era così inutile come aveva voluto farmi credere, e solo con in mano Driger, il primo Beyblade che decisi di migliorare, me ne resi conto. Avevo aiutato il professore nel nostro lungo percorso, avevo studiato le sue mosse, il suo raccogliere dati e la sua innata dote nel maneggiare un computer. Anche io lo sapevo usare, e sapevo dove andare per cercare le informazioni che mi servivano. Sapevo quali erano le migliorie che voleva apportare ai Beyblade dei nostri amici, ma non lo aveva ancora fatto per mancanza di tempo. Purtroppo il nostro girovagare per l’Europa aveva impedito al piccoletto di mettersi a capofitto sul suo lavoro, e la notte erano tutti talmente stanchi dalle avventure vissute che crollavano come dei sassi.
Aprii la valigetta degli attrezzi, che avevamo comprato nel nostro peregrinare, e mi misi al lavoro, con ancora gli occhi lucidi dal pianto.
Almeno Takao, Max e Rei sarebbero arrivati in Russia con un equipaggiamento adeguato. Oppure, se Takao fosse riuscito a sfidare Ralph, sarebbe riuscito a farlo con un Dragoon incredibilmente potenziato.
 
 
 
«Saya…»
Mi sentii chiamare e scuotere leggermente, ma vedevo ronzarmi attorno tante luci di diversi colori e la voce che mi aveva chiamata risultava alle mie orecchie troppo lontana per riuscire a capire di chi fosse.
«Saya, svegliati»
La sentii di nuovo, questa volta più vicina, e le luci che si mischiavano di fronte ai miei occhi si definirono in immagini più dettagliate.
Mi strofinai gli occhi, per capire se stavo ancora dormendo o meno, ma quelli bruciavano ancora. Li sentivo pesanti e gonfi, come sentivo ancora le guance rigate dalle lacrime salate oramai essiccate.
Ci misi un po’ per mettere a fuoco e ancora di più per capire che ero stesa a terra in mezzo al caos di attrezzi e pezzi di ricambio. Ero sicura di aver terminato il mio lavoro, non avrei mai permesso al mio corpo di rilassarsi prima di aver concluso quello che mi ero prefissata di fare, ma non ero riuscita a mettere a posto il resto. Driger, Dragoon e Draciel troneggiavano sul mio letto accanto ai loro caricatori ed al computer spento del prof. Invece di fronte a me vidi due occhi color miele che mi fissavano preoccupati e sentii le sue mani sorreggermi dalle spalle.
«Rei…», dissi con un filo di voce. Avevo la gola secca e faticavo a parlare. Probabilmente il pianto della sera prima mi aveva completamente sfinita.
«Sei impazzita? Ci hai fatto prendere un colpo!», mi ammonì, ma il suo tono non era accusatorio né arrabbiato. Non capii se si riferisse a quello che avevo fatto coi loro beyblade oppure al fatto che dormivo per terra, quasi fossi stata colta da un malore. Ma probabilmente anche io se avessi visto una persona stesa a terra coi capelli arruffati, gli occhi rossi e lucidi e le guance rigate dalle lacrime avrei reagito esattamente come loro.
C’erano tutti, anche se in un primo momento avevo messo a fuoco soltanto Rei, e notai che era in mezzo a Takao e Max, mentre il prof Kappa era dietro di me.
«Incredibile!!!», gli sentii pronunciare, capendo esattamente perché fosse alle mie spalle. Aveva notato il suo PC, come aveva notato il frutto del mio lavoro.
 
Ci voltammo tutti, io con un piccolo sorriso e gli altri con gli occhi sgranati.
«Quando abbiamo letto il tuo biglietto ci siamo preoccupati!», iniziò Max, togliendo dalle mani curiose di Kappa il suo Draciel ed iniziando a fissarlo in adorazione.
«Per poco al Professor Kappa non veniva un infarto!», ridacchiò Takao, recuperando anch’egli il suo Dragoon ed iniziando a rotearlo tra le mani per cercare di capire cosa fosse cambiato.
«Vorrei vedere te!», sbraitò il piccoletto. «Non mi ero accorto del biglietto, e quando ho visto che non c’erano né il Computer né i nostri Bey mi è preso un colpo. Poi lo ha trovato Takao, ma mi sono comunque preoccupato», si rivolse poi a me. «Come ti è saltato in mente di fare tutto questo da sola e senza consultarmi?», mi ammonì, ma la sua voce non era arrabbiata, forse solo delusa dal fatto che io non lo avessi interpellato. In effetti non avevo minimamente pensato alla reazione che avrebbe potuto avere il Prof di fronte a tutto quello. In fondo era sempre stato lui ad occuparsi della parte tecnica della squadra, lui che non si separava dal suo Personal Computer nemmeno per andare in bagno.
Mi sentii di nuovo in colpa.
«Scusate, non ne combino una giusta…» sospirai con tristezza, abbassando gli occhi già lucidi a terra.
Capendo che forse era stato troppo duro con me, Kappa si inginocchiò al mio fianco, poggiandomi una mano sulla spalla come per consolarmi. Era la prima volta che lo faceva. Anche la sua espressione si addolcì un poco.
«Non volevo ammonirti. Non sono arrabbiato per quello che hai fatto, anzi, sono incredibilmente sorpreso. Incredulo! Sei riuscita a fare esattamente quello che avrei voluto fare io!», si agitò bonariamente. «Solo che mi sono sentito un po’…tradito. Avrei preferito farlo insieme, sai quanto ci tengo che tutto sia perfetto!», concluse, abbassando anche lui lo sguardo a terra.
Per qualche secondo nessuno fiatò, ma per fortuna ci pensò Rei a smorzare un po’ la tensione. Lui sapeva sempre cosa dire, in qualsiasi circostanza.
«Professore, sono sicuro che Saya non lo ha fatto con cattiveria», gli disse. «Sicuramente c’è un perché a tutto questo», mi sorrise poi.
«Già…Perché lo hai fatto di nascosto durante la notte?», mi chiese Takao, con il suo solito tono di chi non ci sta capendo nulla.
«Volevo rendermi utile. Non volevo che la mia presenza continuasse ad essere un peso per voi», ammisi con tristezza e le loro espressioni divennero tutte perplesse.
«Saya, tu non sei un peso per noi!». Fu Rei a pronunciare quelle parole, aggrottando le sopracciglia in un gesto confuso.
«È vero! Se non fosse stato per te saremmo morti di fame!», ridacchiò Takao e quella frase mi fece sorridere tristemente, perché non molte ore prima Kai mi aveva detto esattamente il contrario.
«Se non ci fossi stata tu nessuno qui in mezzo avrebbe capito la mia lingua!», continuò il Prof.
«La tua presenza in panchina ci ha dato la forza per non arrenderci!»
L’ultima frase, detta da Max, mi fece perdere un colpo al cuore. Avevano tutti smentito quello che mi aveva detto Kai per ferirmi. Ma io a chi dovevo dare retta? Loro mi stavano dicendo quelle cose solo perché avevamo un rapporto di amicizia o perché lo pensavano davvero?
«Perché pensi queste cose?»
Spostai lo sguardo su Rei in seguito alle sue parole e lo guardai mordendomi il labbro inferiore. Non volevo dir loro del mio diverbio con Kai, perché non volevo che si preoccupassero o che si mettessero contro un loro compagno di squadra per difendermi. L’armonia dei Bladebreakers non doveva assolutamente venire a mancare, perché era la loro arma più potente. Ma poi capii tutto. Capii che se io avessi continuato a stare con loro, sarei stata davvero la rovina della squadra, con tutti i miei problemi. Problemi che ovviamente loro non conoscevano. Non sapevano della mia infanzia, del mio passato con Kai. Per loro lo avevo conosciuto quel giorno a fiume, quando Takao lo sfidò per la prima volta.
Non risposi alla domanda.
«Volevo fare qualcosa per voi prima della vostra partenza per la Russia», ammisi ancora, stringendomi nelle spalle ed a quella mia frase, tutti i loro sguardi si fecero confusi. Si guardarono tra loro per un momento, prima di riportare l’attenzione su di me.
«Perché dici vostra?», fu Takao a chiederlo, titubante.
Presi un sospiro. Erano parole che non avrei mai voluto dire. Io stessa non volevo allontanarmi da loro, perché oramai eravamo diventati quasi come una famiglia. Il tempo che avevamo trascorso insieme era servito per conoscerci e farci capire molte cose l’uno dell’altro, soprattutto nel tempo passato in quel viaggio in Europa. Eravamo cresciuti insieme, eravamo stati l’uno la spalla dell’altro o dell’altra, anche se non valeva per tutti i componenti della squadra.
«Perché io tornerò in Giappone…», ammisi con voce roca, quasi fosse stato un lamento di dolore. Ed in fondo lo era davvero.
La stavo infine dando vinta a Kai. Stavo per scappare definitivamente da lui.
«Cosa??!!», gridarono in coro i quattro ragazzi, che adesso mi guardavano davvero stralunati.
«Perché?», lamentò Kappa. «Dopo tutta la fatica che hai fatto per migliorare le prestazioni della squadra non vuoi seguirla fino alla fine?!».
«Mi oppongo a questa decisione!», urlò Takao con un gridolino stridulo, con il tono di voce che usava spesso quando di nuovo non capiva qualcosa.
«Sono d’accordo con Takao!», gli diede man forte Max, con un tono di voce più tranquillo, seppur preoccupato.
«Non ti permetterò di andartene!», continuò Rei, lanciandomi un’occhiata ammonitrice. I suoi occhi d’ambra si erano ridotti a due fessure, quasi avessero voluto scrutarmi nel profondo.
«No. Tu di tua spontanea volontà non avresti preso questa decisione su due piedi. Forse per noi avresti davvero fatto quello che hai fatto, ma lo avresti fatto con il Professore. Ed inoltre…», fece una pausa, che servì a farmi mandare giù un groppo amaro di saliva e a far battere il mio cuore ad un ritmo insolito. Il suo sguardo mi stava dicendo che aveva intuito qualcosa. «Ho notato subito i tuoi occhi arrossati. Perché stavi piangendo? È successo qualcosa?», ammorbidì un po’ il tono, ma non aveva spostato i suoi occhi dai miei nemmeno per un momento. Mi sentii presa in trappola. Ero di fronte ad una decisione importante. Avrei dovuto raccontare tutto quello che era successo, mettendo a repentaglio davvero l’armonia della squadra? Oppure avrei dovuto continuare a mentire, restando ferma nella mia decisione di andarmene? Ma, sarei riuscita davvero a salutarli? Cos’avrebbe detto il nonno del mio comportamento?
Scossi la testa in segno negativo, ma gli sguardi dei presenti mi avevano messo troppo sotto pressione. Inoltre avevo davvero, davvero bisogno di sfogarmi con qualcuno, come aveva fatto Rei con me quando ci scontrammo per la prima volta coi White Tiger. In tutto quel tempo non avevo mai parlato di me, e tutto ciò che era successo pesava sul mio cuore come un macigno. Avrei voluto farlo in altre circostanze, e magari non davanti tutta la squadra, ma tanto valeva oramai vuotare il sacco. Ero davvero troppo stanca per oppormi. Stanca della situazione che si era creata, del carattere ostile di Kai e di tutto quello che ero stata costretta a vivere quella notte.
Sei solo un peso
Quelle parole le sentivo ancora ronzare nelle orecchie.
«Ho avuto un diverbio con Kai, ma davvero, nulla di che…», ammisi, ma non volli soffermarmi sui particolari ed inoltre non potevano capire il perché di quello che ci eravamo detti e del male che ci eravamo fatti.
«Con Kai?», chiese stralunato Takao. «Lo sapevo!! Quando perde un incontro diventa ancora più scorbutico!», s’imbronciò e quelle parole dette con l’espressione che si era disegnata sul suo volto mi fece sorridere per un momento.
«E ti ha detto lui di andartene?», chiese Rei, infastidito dal comportamento del nostro compagno di squadra, ma io scossi subito la testa. Non dovevo metterli l’uno contro l’altro.
«Nulla di che, davvero, un piccolo diverbio. Come ha detto Takao, quando perde un incontro diventa ancora più irascibile», feci spallucce, anche se non ero stata molto convincente.
«E cosa ti ha detto per farti arrivare a pensare ad una cosa così?», chiese tristemente Max.
Rimasi in silenzio per un momento. Cosa dovevo rispondere a questa domanda? Che per lui ero davvero un peso? Che mi odiava e che non vedeva l’ora che lasciassi la squadra? E poi, una volta aver detto loro le parole esatte del nostro dialogo cosa avrebbero fatto? Ma, soprattutto, per capire veramente le parole dure che ci eravamo detti dovevano conoscere la storia dall’inizio. E fu solo allora che decisi che era giunto il momento per loro di sapere cosa aveva accomunato Kai e me.
«Davvero, non è importante», sospirai. «Ma vorrei dirvi la verità su come l’ho conosciuto, perché non è stato quel giorno al fiume».
Spostai lo sguardo su Takao ed il Prof, che mi guardarono con un sopracciglio alzato, mentre Max e Rei non stavano capendo il discorso. Ovvio, loro non erano presenti quel giorno.
«Ma…ma come! Tu lo conoscevi già? Sapevi che era il capo degli Shall Killer?», sbraitò il prof Kappa ma io scossi subito la testa in segno negativo.
«No prof. Io non sapevo che il capo di quei teppisti, i blader che terrorizzavano i ragazzi del quartiere, fosse Kai Hiwatari. Io non sapevo che era tornato in città…», ammisi, osservando la reazione di ognuno di loro.
Takao e il Prof avevano un’aria stralunata, mentre gli altri due continuavano a guardarsi senza capire.
«Tornato?! In che senso tornato?», chiese il più piccolo con una vocetta stridula, chiaro segno che quella conversazione doveva essere troppo per lui. Non potevo biasimarlo…in fondo avevo mentito a tutti.
«Ho conosciuto Kai all’asilo», iniziai, ed ebbi l’attenzione di tutti. «Era un bambino normale, anche se solo e taciturno. Non aveva amici, stava sempre per conto suo e non veniva avvicinato da nessuno. Io, incuriosita dal suo strano comportamento, andai a parlargli e capii un po’ il perché di quella sua solitudine. I bambini erano spaventati dalla sua situazione familiare, colpa anche delle voci che correvano sulla sua famiglia. Parlando con lui notai subito che, nonostante la sua coltre rigida, era un bambino di cuore e molto dolce. Gli serviva solamente qualcuno con cui parlare. Così diventammo amici. Eravamo sempre insieme. Inseparabili. Lui viveva in una grande villa con suo nonno, ma lui era sempre impegnato e quindi Kai era spesso sotto la tutela dei suoi maggiordomi. Lo scarrozzavano ovunque volesse andare, e quindi passavamo insieme molti pomeriggi. Veniva a casa mia, conobbe mio nonno, e quando capimmo che avevamo in comune la passione per il beyblade decidemmo di costruircene uno personale. Mio nonno mi aveva regalato un vecchio Beyblade un po’ malandato ed alcuni pezzi di ricambio, così proposi a Kai di aiutarmi. Anche lui aveva un vecchio Beyblade di suo padre, quindi potevamo mettere in pratica le nostre conoscenze. Avendo il nonno presidente della federazione sono sempre stata appassionata di Beyblade e finivo ogni giorno per fargli domande, guardare delle sue vecchie videocassette di incontri passati ed a sfogliare le figure dei suoi libri. Avevo voglia di mettere in pratica quello che avevo imparato! E lo facemmo insieme, io e Kai. In un pomeriggio avevamo costruito quelli che sarebbero stati Star Pegaso e Dranzer. Insieme andavamo a sfidare i ragazzini più dispettosi, quelli che facevano i prepotenti con gli altri, e spesso anche quelli più grandi di noi», quel ricordo mi strappò un sorriso amaro. «Ma poi tutto finì. Un giorno Kai sparì nel nulla senza dire che sarebbe partito o dove sarebbe andato. Non inviò mai una lettera, nonostante sapesse perfettamente il mio indirizzo, o fece mai una chiamata. Nulla, era sparito... Mio nonno mi disse che aveva provato a chiamare casa sua, ma i suoi inservienti erano stati irremovibili nel nascondere il luogo dove Kai e suo nonno erano andati. Poi lo vidi di nuovo con voi, quel giorno, radicalmente cambiato. Crudele e freddo, a capo di una banda di cui non sapevo nemmeno dell’esistenza. Ma, soprattutto, non si ricordava di me», sospirai infine, sentendomi il cuore più leggero. Inoltre ero pronta alla raffica di domande che probabilmente mi avrebbero fatto. Invece, differentemente da quello che avevo immaginato, erano rimasti tutti scioccati a guardarmi. Potevo immaginarlo, in fondo dopo tutto quel tempo passato insieme non avevo detto loro mai una parola a riguardo.
«Quindi quella volta, nel covo degli Shall Killer, quando ti addentrasti nei corridoi eri andata a cercare lui!», ricordò Takao, portandosi due dita al mento con fare pensoso ed io annuii leggermente.
«Sì, ma non servì a nulla. Lui mi ha dimenticata. Non ricorda nulla del suo passato. Per lui sono solo un’insignificabile ragazzina, ed un peso per la squadra a quanto pare!», dissi con una smorfia senza neanche pensarci. Avevo parlato più per me stessa che a loro, ma capirono ugualmente quello che avevo appena detto.
«Ecco scoperto il mistero, te lo ha detto lui!», fu Rei a pronunciare quelle parole, con un tono di voce leggermente più duro del solito.
«Sì, ma non dovete dirgli nulla, o accennare al fatto che io vi abbia detto queste cose!», li ammonii, irremovibile, e prima che potessero aprire bocca per dire qualcosa li ammonii di nuovo. «Dovete prepararvi alla finale del mondiale, non potete perdere tempo con i nostri diverbi. Tanto una volta tornata in Giappone sarete liberi di giocarvela al meglio!»
«NO!», inveì Takao. «Kai è uno zuccone ed un prepotente e fa parte della squadra così come ne fai parte tu! Noi non possiamo rinunciare a lui come non possiamo rinunciare a te. Non è vero ragazzi?», chiese, cercando man forte dalla squadra.
«Takao!», sospirai, ma mi sentii davvero grata per quelle sue parole perché mi fecero tornare un po’ di fiducia in me stessa.
«Tu verrai con noi in Russia, che Kai lo voglia oppure no! E se si opporrà dovrà vedersela con noi!». Max si batté un pugno all’altezza del cuore, come per mostrarmi la sua solidarietà e quel gesto mi fece salire le lacrime agli occhi. Quella volta dalla gioia.
«Ben detto Max!», Rei sorrise all’amico, poi si voltò verso di me.
«Visto? Siamo tutti d’accordo, e siamo quattro contro uno…»
«Grazie!», mi sentii di dire, coinvolgendo tutti in un abbraccio di gruppo.
Finimmo spiaccicati sul pavimento a ridere tutti insieme, con Takao sotto tutti che chiedeva pietà. La spensieratezza che potevo vivere con loro mi rendeva davvero felice.
Adesso non rimaneva altro da fare che vedere la reazione di Kai, o sperare di rimanere nel suo campo visivo senza essere incenerita dai suoi sguardi di fuoco.
«Però è strano!»
Dopo alcuni secondi, che impiegammo per ricomporci, fu Takao ad avere di nuovo l’attenzione di tutti. Ci girammo nella sua direzione e lo vedemmo sedersi a terra a gambe incrociate, con un’espressione pensierosa.
«Cosa è strano?», lo imbeccò Max, spostando leggermente di lato la testa.
«Nulla, mi fa strano il fatto che Kai Hiwatari avesse voluto bene a qualcuno!», ridacchiò simpaticamente e fece scoppiare tutti a ridere, anche la sottoscritta.
«Beh, ne ho le prove!», dissi a mia discolpa. «Volete vedere?», sorrisi e dopo aver visto i loro volti interessai mi convinsi a rovistare nella mia tasca per prendere ciò che ci avevo messo la sera prima. Solitamente lo tenevo piegato il più possibile dentro il portafogli, a riparo da tutto e tutti, ma quella sera avevo sentito il bisogno di riguardarlo e sentirlo di nuovo vicino. Avevo bisogno di convincermi che tutto quello che Kai non ricordava era successo davvero, e quella prova serviva a ricordarlo anche a me. Mi aveva dato la carica per compiere il folle gesto di riparazione dei tre beyblade.
Spiegai di fronte ai loro occhi un foglio di un Album da disegno, dove proprio al centro erano state disegnate due figurine che si tenevano per mano. Eravamo io ed il mio vecchio amico, disegnate proprio da quest’ultimo poco prima della sua partenza. Avevamo da poco iniziato a scrivere, e la calligrafia incerta della dedica che vi recitava sopra ne era la prova. La maestra ci disse di disegnare qualcosa, dedicandoci un pensiero, da donare poi alla persona a cui volevamo bene. Ovviamente tutta la classe dedicò quel piccolo disegno ai genitori, ed anche io lo feci, disegnando anche mio nonno. Tutti tranne Kai. Lui lo aveva dedicato a me ed alla nostra amicizia. Purtroppo sua madre era venuta a mancare e suo padre era sempre lontano da lui per lavoro. L’unico parente che gli rimaneva era suo nonno paterno, ma tra loro non correva buon sangue a quanto sapevo.
«Per Saiya. Ti voglio bene, Kai», lesse Takao, con lo sguardo ed il tono di voce di chi non credeva ai propri occhi.
«Wow…allora anche Kai ha un cuore!», ridacchiò Max, trasportando tutti, ma io non riuscii a ridere in quel momento.
«Aveva…», sospirai tristemente.
«Ma è tutto rovinato», constatò Rei, toccandolo lievemente con un polpastrello.
Aveva ragione. Lo avevo stropicciato, piegato, lanciato in impeti di rabbia, minacciato di buttarlo o strapparlo ed infine ci avevo pianto sopra molte volte. Non avevo però mai avuto la forza di abbandonarlo e così me l’ero portato dietro anche in quel viaggio. Non ero ancora pronta a separarmene, perché avrebbe quasi significato lasciare andare vecchi ricordi dal quale non volevo separarmi. Quel disegno era l’unica prova che mi ricordava chi era stato davvero Kai Hiwarari, l’unica prova che quello che ricordavo io era stato reale.
«Già…ne ha passate tante…», sorrisi amaramente, voltandomi inspiegabilmente verso la porta socchiusa della mia camera.
Fu allora che vidi svolazzare una sciarpa bianca. Fu un attimo, il tempo di chiudere gli occhi per vedere se avessi sognato, ma quando li riaprii era tornato tutto come prima.
Fine capitolo 20
 
 
°°°°°°°°°°
 

Colei che scrive:
 
Ma salve a tutti e ben ritrovati in questo aggiornamento!
Finalmente Saya è riuscita a dire la verità a tutti, ed a quanto pare ha ascoltato anche il diretto interessato! Chissà come l’avrà presa ehehe
Spero vi sia piaciuto questo piccolo capitolo dedicato alla protagonista ed anche al rapporto che ha con gli altri componenti della squadra, soprattutto con Rei. Non so se si è notato il rapporto che ha con lui (si vedrà anche più avanti) :P Inizialmente volevo far capitare qualcosa tra loro, perché nonostante abbia sempre amato Kai xD, Rei mi ha sempre colpito in maniera benevola *-* fin da quando ero ragazzina sognavo un ragazzo come lui (ma Kai ha sempre prevalso nel mio cuore! xD U.U). Ho sempre immaginato Rei come una persona incredibilmente benevola, uno che non vorrebbe il male nemmeno del suo peggior nemico, e possiamo notarlo nella tappa del campionato Cinese nella prima serie <3 a costo perde la Tigre Bianca, ma non vuole lottare con i suoi compagni. Non è così estremamente puccioso? >.< e così mi sono immaginata Rei come un “salvatore” per Saya, il fratello che non ha mai avuto, l’amico che ogni ragazza sogna di avere! xD Per il continuo della storia ho in mente qualcosa per lui, quindi non è impossibile che succederà qualcosa tra loro, ma ancora devo definire bene la cosa. E, non dimentichiamoci di Kai! :D chissà cosa ne penserà lui! Dico solo che non saranno facili le cose, e d'altronde non lo sono mai quando c’è lui di mezzo! (Grazie…ndKai)
Bene, penso di aver sproloquiato abbastanza!
Passo a ringraziare chi ancora segue la storia e spero che i lettori silenziosi che giungono fino a qui un giorno mi facciano sapere cosa ne pensano ^_^
Alla prossima!!
  
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