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Autore: Asu chan    27/05/2020    5 recensioni
Ichigo Momomiya non era famosa per la sua sensibilità o per la sua capacità di controllare le emozioni. Non lo era stata sette anni prima, quando gli "angeli protettori della Terra custodi" avevano sventato minacce mortali per gli esseri umani, e non lo era neppure quando la magia di quei giorni stemperava in ricordi sbiaditi nella quotidianità di studentessa. Come allora, forse per scavare dentro se stessa quello che ci voleva era una spintarella... E un ricordo tangibile di quei momenti.
Si sa, gli "uccellini" sono chiacchieroni...
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Mint Aizawa/Mina, Retasu Midorikawa/Lory
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano passati sette anni da quando il primo, originale Progetto Mew si era concluso e da allora molte cose erano cambiate. Cambiate a tal punto che Ichigo Momomiya si chiedeva, a volte, se tutte le avventure vissute insieme alle altre eroine fossero realmente accadute. Sul suo corpo non c’era più traccia del marchio che l’aveva distinta come una delle paladine a protezione dell’umanità e il suo stesso aspetto, diventato quello di una giovane donna, con i suoi lunghi capelli legati in una coda che le accarezzava la schiena, i tratti del viso meno tondi e le forme più definite, faceva diventare quei giorni ricordi sfocati e lontani.
L’ennesimo dubbio sulla veridicità di quegli eventi le attraversò i pensieri mentre, in quell’uggiosa mattina di Aprile, il treno la faceva dondolare ritmicamente lungo la strada per raggiungere l’università.
« E se fosse stato tutto un sogno… » mormorò piano, per poi esplodere in un grande sbadiglio che non si diede cura di coprire con la mano.
« Ancora questa storia? » sbuffò Mint Aizawa sollevando la sua agenda di pelle nera accanto al viso, per schermarsi dall’espirazione di Ichigo. L’ereditiera aveva conservato nel tempo la sua compostezza e l’atteggiamento posato e snob. Persino l’abbigliamento la distingueva dall’amica per il pregio e l’eleganza ricercata. Sebbene entrambe fossero diventate delle splendide giovani donne, la bellezza di Mint, assimilabile a quella di una bambola, risultava più evidente proprio perché sottolineata dalla dedizione per la cura di sé. « Ti assicuro che non è stato un sogno, perché in quel caso le brutte abitudini da rozza le avresti perse. »
La rossa aprì la bocca per risponderle per le rime, resa più audace dalla vettura insolitamente vuota e tranquilla. Tuttavia, Lettuce Midorikawa l’anticipò.
« Mint-san, Ichigo-san, per favore, non litigate. »
L’aspetto della paciera era quello che meno era mutato: i tratti del viso erano ancora dolci, ammorbiditi dalla montatura tonda degli occhiali che le conferiva un’eterna aria timida e posata. I capelli scuri le ricadevano in due trecce lunghissime e ordinate che si muovevano con lei.
Di sicuro noi non siamo cambiate per niente, riconobbe la giovane Momomiya in silenzio fulminando la ragazza dai capelli neri, che l’ignorò freddamente mentre riponeva il libricino. L’altra si aggiustò la giacca e la gonna con fare stizzito.
In effetti le ex Mew Mew erano rimaste le stesse e invariato era anche il rapporto di amicizia che le teneva ancora unite. Vivevano meno a contatto del passato a causa delle loro vite, poiché Purin frequentava ancora il liceo e Zakuro era molto impegnata con la sua fulgida carriera di modella, che Mint intendeva emulare nel tempo libero. Nonostante il loro legame fosse saldissimo, però, talvolta Ichigo tornava a chiedersi se avessero combattuto davvero insieme o se la loro fosse un’amicizia come qualunque altra, nata per caso al Cafè Mew Mew, dove ancora lavoravano.
« Ichigo-san, mi sembri pensierosa, tutto bene? » si preoccupò Lettuce riscuotendola dalle sue riflessioni.
« Oh, sì, non è niente » esclamò la rossa agitando freneticamente la mano libera dalla cartella universitaria. « Solo che… Lo sai che ormai mi capita spesso di chiedermi se veramente abbiamo fatto quello che abbiamo fatto. »
Quel giro di parole non era nuovo alla compagnia. L’ex leader degli “angeli protettori” della Terra era reticente anche dopo anni a parlare apertamente dell’esperienza quando si trovavano in pubblico, quasi conservasse un residuo timore di svelare la propria duplice identità.
« Tutte noi, il Cafè Mew Mew, Shirogane-san e Akasaka-san… non siamo prove sufficienti? » chiese la ragazza dai capelli verdi con aria triste.
« M-ma certo! » si affrettò a consolarla Ichigo, sotto lo sguardo di biasimo di Mint. Gli altoparlanti del treno annunciarono la loro fermata. « Solo che… Non siamo più come prima da molto tempo, il Cafè Mew Mew ora è semplicemente un locale qualunque, io e Masaya ci siamo lasciati... » indugiò su quelle parole facendo perdere lo sguardo a terra e facendo una pausa. Le porte del treno si aprirono davanti a loro. Sembravano proprio le uniche su quella banchina. « Insomma, non mi rimane praticamente niente di tangibile di quei momenti, capisc- »
Proprio mentre stava allungando la gamba per scendere dal vagone, un ragazzo attraente con grandi occhi ambrati dal taglio allungato penzolò a testa in giù a una spanna dalla faccia.
« Da quanto tempo, gattina! » esclamò Kisshu con il sorriso più enorme di sempre.
L’ultima parola del discorso si troncò in gola alla giovane Momomiya, che per la sorpresa si sbilanciò all’indietro e rovinò addosso alla povera Lettuce. Sempre fluttuando nell’aria, l’alieno girò su se stesso fino a toccare il terreno con la punta dei piedi, ridacchiando. Ichigo non riuscì a rialzarsi prontamente e rimase paralizzata dallo stupore in braccio alla giovane Midorikawa, altrettanto attonita. L’unica che riuscì a mantenere il solito contegno era, come sempre, Mint.
« Non mi sembri tanto contenta di vedermi, bambolina » fece il ragazzo con le orecchie a punta, mettendo su un finto broncio. Se proprio voleva un ricordo tangibile di sette anni prima, ora la leader delle Mew Mew non poteva proprio lamentarsi. Ce l’aveva davanti in carne e ossa. Kisshu era proprio lì, era lo stesso Kisshu che prima l’aveva ostacolata e poi aveva combattuto per lei e non poté fermare, con sua ulteriore sorpresa, il moto confuso e incontrollato di emozioni che le scaturì nel petto. Il giovane alieno, esattamente come loro, era cresciuto. I suoi tratti erano più virili, decisi, come intagliati più nettamente nel bianco marmo della sua pelle. Come un tempo era vestito interamente di verde, di abiti di foggia unica: l’ampia maglia con le maniche corte presentava un taglio asimmetrico che lasciava intravedere i fianchi stretti, l’addome asciutto e tonico; i larghi pantaloni erano stretti attorno ai polpacci da alcuni lacci che terminavano sotto le scarpe leggere. Con il cuore ancora in gola, Ichigo fece appello allo smalto dei vecchi tempi scattando in piedi all’improvviso, senza riuscire però a evitare di avere le guance arrossate:
« C-come se fossi mai stata felice di vederti! Mi stava quasi per venire un infarto! » sbottò stringendosi la mano destra al petto. Aveva la netta sensazione di aver appena detto una delle più enormi bugie della sua vita, ma scacciò il pensiero. Attribuì la sensazione di calore e il battito accelerato del suo cuore allo spavento. Che altro poteva essere? E sicuramente le era sembrato di essere felice di vederlo, non doveva certo leggerci chissà che.
« Peperina come al solito, eh? Non sei cambiata per niente » la canzonò Kisshu incrociando le braccia al petto. Anche la sua voce era diversa, più maschile e profonda. « Tutta questa ostilità. Eppure mi sembra di ricordare che l’ultima volta che ci siamo visti io sia morto per te. »
La naturalezza con cui snocciolò il ricordo del suo gesto eroico, tinto di una sfumatura decisamente romantica grazie anche alle frasi di una dolcezza unica che aveva pronunciato poco prima di spirare, fece arrossire definitivamente Ichigo, facendo sfumare il suo viso verso una tonalità simile a quella dei suoi capelli.
« E questo cosa c’entra?! » esclamò con voce stridula, completamente sulla difensiva. Le memorie la stavano investendo con tutta la forza che negli anni aveva cercato inutilmente di stemperare. Con la coda dell’occhio vide il sorrisetto di Mint, perfettamente abbinato a quello compiaciuto di Kisshu. A nessuno dei due sembrava dispiacere il fatto che stesse miseramente fallendo a fingersi indifferente.
« Ehm… Mint-san, Ichigo-san » s’inserì Lettuce, con grandissimo sollievo della rossa. « Mi spiace interrompere, ma temo che di questo passo finiremo per fare tardi. »
« H-hai ragione, Lettuce! Dobbiamo assolutamente correre » confermò l’amica con una risatina nervosa, più che felice di trarsi d’impaccio. Mint stava per farle notare come non gliene fosse mai importato nulla di arrivare in orario alle “noiose lezioni”, ma non ne ebbe il tempo. La fuggitiva afferrò il polso dell’ultima componente del trio e partì di corsa, grata che non ci fossero testimoni alla sua fuga ben poco onorevole. E che sicuramente la tradiva. Totalmente. « Ti precediamo, Mint! Arrangiati tu con lui, d’accordo? »
« Mi dispiace, Mint-san! » squittì la giovane Midorikawa, sopraffatta dallo scoppio d’energia della compagna che la stava efficacemente trascinando via.
L’ultima rimasta sbuffò sonoramente con malcelata stizza.
« Ma tu guarda quella… » borbottò fissando le due amiche che si allontanavano su per le scale della stazione. Sulla banchina rimanevano solamente lei e l’alieno, che allo stesso modo stava osservando le fuggiasche. « Anche tu non sei cambiato, eh? »
Gli occhi ambrati di Kisshu scivolarono lentamente sulla ragazza.
« Invece lo sono, molto più di quanto non sembri, carina » replicò il giovane con un mezzo sorriso che gli scoprì i canini. « Siete voi che mi sembrate uguali a sette anni fa. »
« Non chiamarmi carina » fece Mint asciutta lanciandogli un’occhiataccia. « Ti informo che solo perché Ichigo è rimasta la solita imbranata non significa che nulla sia cambiato. Per noi umani tante cose cambiano negli anni dell’adolescenza, sai? Cambiano il corpo, il modo di pensare. I sentimenti. »
« Anche se sono un “alieno” » cominciò il giovane uomo mimando le virgolette con le dita « non credere che non capisca certe- » il tono stizzito con cui la stava rimbeccando si interruppe all’improvviso e la fissò stringendo gli occhi. La ragazza gli fece un sorriso eccessivamente zuccheroso.
« Non è perché sei un “alieno” » replicò serenamente, facendogli il verso. « Ma perché sei un uomo. E gli uomini, di solito, non capiscono un accidente di sentimenti. »
L’interlocutore fece per ribattere una seconda volta.
« Cielo, a forza di stare con Ichigo sto prendendo il suo modo di parlare » commentò Mint con aria a metà tra lo scandalizzato e il disgustato. « Mi occorrerebbe qualcuno che me ne liberi almeno un po’, da quando è Aoyama è rimasto nel Regno Unito mi tocca sopportarla ogni santo giorno, ben più del dovuto. »
Fece nuovamente un sorriso candido alla volta dell’alieno, che la fissava in silenzio.
« Comunque sia non penso che ci sia qualcun altro abbastanza folle da prendersi quella grezza, no? Sono passati anni e non si è presentato nessuno. Ora se vuoi scusarmi ho due imbranate da salvare… Ti saluto » concluse alla fine del suo monologo. Senza aspettare oltre, si avviò sulla stessa strada delle amiche.
Kisshu rimase immobile a guardarla andarsene, con un’aria sconcertata, ma ammirata. Poi sospirò e intrecciò le dita dietro la testa.
« Ecco perché non la sopportavo » gemette, ma stava sorridendo. Scomparve nell’etere in un tremolio dell’aria.
 
 
 
Le lezioni della facoltà di Tutela e benessere dell’animale non erano mai state per Ichigo così lunghe e tormentate. Non una singola parola dei corsi penetrò nella sua mente, invasa dall’immagine di Kisshu. Il sorriso canzonatorio e affascinante dell’alieno occupava ogni angolo del suo cervello e, per quanto provasse a scacciarla, tornava subito a riempirlo. Si maledisse per aver chiesto un ricordo del Progetto Mew. Cercò di concentrarsi con tutte le sue forze, ma era inutile. Era diverso da quando si perdeva normalmente nel suo mondo – e accadeva spesso. Delle emozioni che le si affollavano nel petto si diceva di non riconoscerne nemmeno una. Certamente doveva essere sorpresa. Perplessità. Senso di colpa per il passato. Frustrazione per il suo atteggiamento così… Insopportabilmente… Però quel sorriso… Com’era già il suo atteggiamento? Sì certo, insolente. Fastidioso. Beffardo. Prepotente. E poi dolce, altruista, gentile, protettivo. Le tornò alla mente il sorriso adorante, sereno, con cui l’aveva guardata prima di esalare l’ultimo respiro tra le sue braccia, e il cuore le si fermò.
Frena subito, Ichigo Momomiya!
Ebbe la tentazione di tirarsi un pizzicotto o direttamente un ceffone, ma si trattenne e cercò di pensare a tutt’altro. Qualcos’altro. Qualsiasi altra cosa. Si sforzò persino di prendere meccanicamente appunti, ma senza capire realmente ciò che ascoltava. Il movimento automatico le consentì di occuparsi la testa con qualcosa.
Arrivò a fine giornata mentalmente stremata. Seguì come un fantasma Mint e Lettuce mentre si incamminavano verso il Cafè Mew Mew, incapace di esternare i suoi pensieri. Poi gliene sovvenne un altro, dolce come il miele e terribile come un veleno, che la costrinse a fermarsi. Quando se ne accorse, Mint sbuffò e le abbaiò:
« Insomma, va bene il silenzio di tomba, finalmente le mie orecchie hanno riposo dalla tua bocca larga. Ma vuoi muoverti? »
Ichigo sollevò lo sguardo distratto e deglutì. Doveva cercare di mantenere la voce ferma, possibilmente preoccupata. Certo, fingersi scandalizzata all’idea sarebbe stato perfetto.
« Secondo te Kisshu mi starà aspettando al Cafè Mew Mew per perseguitarmi? » domandò con il tono meno speranzoso che le riuscì. Alle sue orecchie risultò sufficientemente lugubre, ma le parve di intravedere un sorriso agli angoli della bocca dell’ereditiera.
« Tutta questa pantomima per una cosa del genere? Dovrebbe presentarsi più spesso. »
« No, dico sul serio! » insistette la rossa, spettinandosi tutta con la mano destra per maggior enfasi. Stavolta la voce le uscì stridula e sperò che potesse passare per isterismo. Che d’altro canto era. « Cioè, mi ha tormentata nei delicati anni dell’inizio dell’adolescenza, i più fragili della vita di una fanciulla! Ha rubato il mio primo bacio! » Forse non aveva scelto bene le parole. In effetti non avrebbe dovuto aggiungere all’impasto anche quel ricordo, nitido come se fosse appena accaduto. Quel bacio veloce, la soddisfazione con cui gliel’aveva rubato. Il suo cuore perse un battito e rimase in silenzio un istante di troppo, per poi affrettarsi a esclamare: « Non è “una cosa del genere”. È importante. Non riesco a smettere di pensarci! » Almeno adesso non aveva mentito. Non aveva finto.
Mint sospirò e scosse la testa, come chi ha a che fare con qualcuno un po’ tardo a comprendere. In effetti Ichigo aveva la testa particolarmente dura.
« Ti ci vorrebbe un disegnino » soffiò, prima di esclamare: « non eri tu che volevi qualcosa di tangibile di quei momenti? E adesso che ce l’hai, ti lamenti con queste paranoie?»
« Sì, ma… » protestò debolmente la vittima della situazione.
« Ma un corno » tagliò corto la mora. « Smettila di lamentarti e datti una mossa. E vorrei ricordarti che, per quanto si fosse comportato da idiota, effettivamente è morto per salvarti la vita. Inoltre, bontà sua, è sempre stato misteriosamente devoto a te. Non mi stupisce che ci rimugini sopra. »
La giovane Momomiya non poté replicare davanti alla logica ferrea dell’ereditiera. A ben pensarci, aveva anche pianto per lui ai tempi. Con un solo gesto era riuscito a redimersi e contemporaneamente a provare nel modo più estremo ed evidente il suo amore per lei. Si sentì arrossire di nuovo e decise di abbandonare la recita, tornando al suo mutismo. Forse non era Mint, né Lettuce, che stava cercando di convincere. Stava cercando di illudere se stessa. L’amica la fissò, ma non aggiunse altro. Scelse un’altra preda.
« Lettuce, anche tu mi sembri più silenziosa del solito… Stai ascoltando? » fece d’improvviso, facendo sussultare la verde.
« M-mi dispiace, Mint-san! Ichigo-san! » si scusò subito, con aria sinceramente mortificata. L’unica interlocutrice attenta sospirò.
« Non era questo che intendevo, voglio dire che sembra che qualcosa ti tormenti » precisò.
« Oh » mormorò l’altra distogliendo lo sguardo. Esitò, poi, a voce bassissima: « pensi che Kisshu-san sia… sia tornato da solo? »
Silenzio.
« Ti riferisci a Pai, per caso? » chiese Mint con tono tranquillo.
Altro silenzio.
La mora scrutò il viso della sua nuova vittima, che arrossì vistosamente e cercò di nascondersi dietro la sua cartella, stretta al petto. Dopo diversi istanti riprese a guardare la strada davanti a sé, con un sorriso malizioso, emettendo un enorme sospiro.
« Sembra che questi alieni stiano di nuovo creando problemi. Sarà il caso di dare inizio a un altro Progetto Mew? » commentò candidamente, fingendo un tono preoccupato. Poi, come stanca dello scherzo, si girò a guardare entrambe un’ultima volta. « Questo è un problema che dovrete risolvere da sole. Specialmente tu, Ichigo » la interpellò direttamente. Fece intercorrere un momento di silenzio. « Sei proprio tarda, lo sai? Poverino… »
« Come ti permetti! » esclamò la rossa.
La mora rise compiaciuta, poi si voltò e riprese a camminare, agitando la mano destra in aria come a scacciare una mosca.
« Risparmiami la recita! Lo so, lo so: “oh, non sopporto Kisshu, però non riesco proprio a levarmelo dalla testa”. »
La giovane Momomiya si chiese se fosse possibile che, al culmine dell’imbarazzo, le guance smettessero di arrossire e cominciasse l’autocombustione. Nel caso, doveva esserci vicina.
« Non è una recita » obiettò. « Io… io amavo sul serio Masaya! Lui invece… Si è preso… »
« Non ho mai parlato di Aoyama » le fece notare Mint, lanciandole un’occhiata di sbieco, il sopracciglio sollevato. Si fermarono davanti a un piccolo locale per famiglie nella cui vetrina spiccava un’immensa lista di dolci. « Perché mai dovresti giustificarti con me di questo? »
Ichigo rimase interdetta, con la bocca semichiusa. Di nuovo, l’ereditiera aveva ragione. Perché stava giustificando quella farsa usando l’amore per Masaya? Perché stava giustificando… quei sentimenti? Si sentì stupida. Anzi, perché sentiva il bisogno di giustificarsi?
« Veramente io… » provò quindi, ma non riuscì a continuare la frase. Un po’ perché non sapeva realmente cosa dire, un po’ perché qualcosa, o meglio qualcuno, le si aggrappò al collo con tale energia da rischiare di farla ruzzolare. Per un attimo il cuore le si fermò pensando che si trattasse proprio di Kisshu, ma una squillante voce femminile la fece rilassare.
« Sorellone, sono arrivata! »
« Purin, mi stai strozzando! » gemette la sua vittima. La biondina rise di gusto e lasciò la presa.
« Scusa! » trillò. « Andiamo al Cafè? »
Era strano vederla con indosso la gonna dell’uniforme liceale, ma le donava. Era rimasta una ragazza energica e solare, ma col passare degli anni aveva imparato a giocare un po’ di più con la sua femminilità, con una gioia innocente. Il volto era più magro e allungato di sette anni prima e le sue abilità circensi avevano mantenuto il suo fisico atletico e scattante; i capelli erano sempre corti, tagliati in un caschetto disordinato. I suoi brillanti occhi castani indagarono le tre amiche e sembrò perplessa.
« è successo qualcosa? »
« Assolutamente nulla » tagliò corto Mint, con intima gratitudine delle altre due. « Andiamo al Cafè, magari c’è una sorpresa! »
Il viso di Purin s’illuminò.
« Sorpresa? »
Ichigo prese un lunghissimo respiro, cercando di calmarsi, divisa tra la speranza che quella sorpresa arrivasse e l’augurio di avere più tempo.
Perché ormai aveva capito. Stava cercando di scappare, di sfuggire ai suoi sentimenti, ed era stata addirittura Mint a farglielo capire. Stava cercando di sminuire ciò che provava per Kisshu ricordando l’amore per Masaya. Ma quello era il suo passato, e nutrirsi di senso di colpa per sopprimere quelle emozioni non sarebbe servito che a farla soffrire. Il suo passato non avrebbe reso il suo presente meno vero.
 
 
« Ti vuoi sbrigare? » esalò Mint spazientita mentre Lettuce la superava a testa bassa, zampettando rapidamente nel colorato ingresso del Cafè Mew Mew. Purin la seguiva piena di aspettativa, guardando con curiosità in tutte le direzioni nell’attesa della decantata sorpresa. Ichigo, se possibile, era ancora più distratta del solito e più taciturna della partenza. Continuava a guardarsi attorno e sembrava non sentire realmente ciò che le veniva detto.
« Sto camminando » fece senza convinzione. La giovane Aizawa alzò gli occhi al cielo e la raggiunse per spingerla verso l’edificio, apparentemente risvegliandola dal suo stato di trance.
« Datti una mossa, non ho la minima intenzione di fare anche il tuo lavoro » la rimbrottò con una certa irritazione.
« Sarebbe bello che per cominciare facessi il tuo » replicò la rossa, con una verve meno convinta rispetto all’usuale ma in modo molto più deciso di prima.
« Non se rovina l’ora del tè. »
Prima che Ichigo potesse rispondere a dovere entrarono nel Cafè. Purin sembrava piuttosto delusa.
« Non c’era proprio niente di sorprendente » brontolò sconsolata, con le braccia incrociate.
« Proprio niente » le fece eco a voce bassissima la giovane Momomiya, approfittandone per uscire dal raggio d’azione dell’amica dai capelli corvini.
Dal retro del locale emersero Lettuce, già in divisa, e Ryo Shirogane.
« Di sorprendente ci sarà il quantitativo di lavoro che dovrete svolgere se non vi cambiate subito. »
La biondina si mise sull’attenti come un soldato, con tanto di espressione seria, prima di schizzare nel retrobottega a cambiarsi con gli occhi che lampeggiavano di divertimento.
« Zakuro? » domandò Mint, senza riuscire a nascondere una nota speranzosa nella voce che incrinò la sua proverbiale compostezza.
Il ragazzo scrollò le spalle.
« Oggi aveva un lavoro importante. Forse passerà in serata a salutare. »
La giovane Aizawa annuì con un’ombra di delusione sul viso, poi seguì il percorso di Purin nel retro del Cafè. Ichigo si preoccupò di gettare un ultimo sguardo desideroso all’ingresso, mentre Lettuce rassettava i tavoli in attesa dell’apertura. Nessun segno alieno. Un pensiero la folgorò: e se l’allarme alieni del Cafè fosse stato ancora in funzione?
« Si può sapere perché perdi tempo? »
Per poco la ragazza non cadde all’indietro dalla sorpresa di trovarsi Ryo a pochi centimetri dal viso. Era talmente assorbita dai suoi pensieri che non si era resa conto di quanto si fosse avvicinato.
« Ehi, Shirogane! Distanza di sicurezza! » boccheggiò la rossa con aria scandalizzata. « Ne ho avuto abbastanza di invasioni dello spazio personale per oggi! »
Il giovane non si scompose.
« Non è colpa di nessuno se sei sempre imbambolata ed è l’unico modo per darti una svegliata » fece, per nulla impressionato. « Datti da fare o ti dimezzo la paga! » aggiunse. Poi si allontanò, senza lasciare all’interlocutrice il tempo di obiettare.
« Spilorcio! » sputò tra i denti Ichigo seguendo le altre nel retro.
Nonostante le ansie dell’ex leader delle Tokyo Mew Mew, la giornata passò tranquilla e senza presenze aliene di sorta. Tutti si accorsero dello strano atteggiamento della giovane Momomiya, che era ancora più trasognata del solito. Sembrava essere in costante tensione, non riusciva a seguire i clienti, dimenticava le ordinazioni, aveva rischiato di sbriciolare il nuovissimo servizio di deliziosi piatti decorati acquistato da Akasaka. Quando arrivò la chiusura, tutti tirarono un enorme sospiro di sollievo.
Ichigo stava lucidando l’ultimo tavolo. Le altre si erano già tutte cambiate ed erano sulla soglia, pronte a tornare a casa.
« Ichigo-san, ti aspetto » annunciò Lettuce dolcemente. Aveva un’aria stanchissima. Era stata costretta a correre dietro ai pasticci dell’amica per tutta la giornata, finendo per lavorare il doppio. La rossa non poteva proprio chiederle anche di ritardare il rientro per lei. Inoltre preferiva rimanere sola.
« Non importa, Lettuce. Hai già fatto tantissimo oggi, vai a casa » rispose sorridendo. Kisshu non s’era nemmeno intravisto. Forse era comparso per assicurarsi delle sue reazioni e, davanti alle sue reticenze, se n’era andato. Non sarebbe stato sorprendente. Si sentì vagamente tranquilla, ma sentiva un senso di sconsolato vuoto e gelo alla bocca dello stomaco. Scacciò il pensiero. Tanto valeva preoccuparsi.
« Ben ti sta, a fare il tuo lavoro nel modo peggiore possibile » commentò Mint anticipando qualsiasi replica da parte della giovane Midorikawa.
« Pensa per te! » ribatté Ichigo gelida mentre l’altra, senza degnarla di uno sguardo, precedeva la compagnia all’esterno.
« Mint-san è molto severa, ma non lo pensa davvero » cercò di giustificarla Lettuce. La rossa sospirò.
« Non ti preoccupare, lo so benissimo.» Non sopportava il fatto che la mora sapesse perfettamente di essere una brava persona, molto in fondo, con l’acume e la calma adatti a compensare l’impulsività e scarsità di sensibilità di Ichigo. « Va’ a casa, Lettuce. Davvero » aggiunse. L’amica indugiò ancora un poco, poi fece un breve inchino.
« Allora a domani, Ichigo-san » la salutò.
« A domani, sorellona! » trillò Purin con un sorriso enorme. Era l’unica a non sembrare stanca.
« A domani » rispose la rossa. Le ragazze si richiusero la porta del Café alle spalle.
« Momomiya! »
Ryo era sulla porta della cucina, appoggiato allo stipite. Ichigo alzò un sopracciglio con aria interrogativa.
« Porta fuori la spazzatura. Poi va’ a casa anche tu » la informò brevemente, prima di ritirarsi. La giovane fissò il punto in cui era scomparso per un momento, poi finì di pulire il tavolo con un sospiro. Shirogane sapeva essere veramente odioso e gli piaceva fare il capo dispotico, ma aveva a cuore la loro salute e sicurezza. Lui e Mint avrebbero potuto conquistare il mondo con la loro bontà nascosta sotto una dura, spessissima scorza di crudeltà. Se li dipinse con dei ghigni malefici mentre la schiavizzavano nel dominio del pianeta. Le venne un brivido che non aveva niente a che fare con la brezza serale che la investì quando uscì dal retro per buttare il sacco della spazzatura. Altro che minaccia degli alieni, quei due sarebbero stati molto peggio!
« Lavori fino a tardi, micina? »
Mancò poco che capitombolasse dritta in mezzo ai rifiuti. Parli del diavolo! Non era ancora abituata alla nuova voce di Kisshu, così profonda. Si voltò di scatto e se lo trovò davanti sorridente come suo solito, mentre la squadrava da capo a piedi nella divisa del Café Mew Mew. I suoi occhi ambrati erano colmi di malizia, ma anche di un’adorazione malcelata che la riempì di orgoglio. La giovane Momomiya arrossì e cercò di reprimere il sorriso di sollievo che minacciava di esploderle sul viso. Non era scomparso nel nulla. Benedì la scarsa luce notturna che le nascondeva i colori alterati del viso.
« Sei il sogno di ogni uomo » sospirò l’altro, mandando definitivamente in fiamme il volto dell’umana.
« Sì, uomo. Nel senso di essere umano » ribatté, facendo del suo meglio per mantenere la voce ferma. Il suo orgoglio le impediva di essere gentile. Non dopo tutti quegli anni di bugie. « Sei qui per tormentarmi di nuovo? »
« Mi ferisci » fece Kisshu, teatrale. Fece un giro su se stesso e allargò le braccia. « E dire che mi sono fatto bello per te, gattina! »
« Non chiamarmi gattina » lo rimbeccò la rossa, ma non si impedì di studiare l’interlocutore. Si era vestito come un ragazzo umano qualunque. Portava dei jeans neri, delle sneakers e una maglia bianca sotto una felpa scura, aperta sulle spalle. Di alieno gli rimanevano gli occhi fin troppo ambrati e la zazzera disordinata che a stento gli nascondeva le punte delle orecchie allungate. Bello era bello. Maledettamente bello.
« Stai troppo tempo con quella simpaticona della tua amica mora » bofonchiò il giovane con disapprovazione, scuotendo la testa. « Sono venuto apposta per te. Potresti almeno dedicarmi una parola gentile. »
« Non te l’ho chiesto » replicò Ichigo automaticamente, riscuotendosi dalla contemplazione. « Non ti ho mai chiesto niente, hai sempre fatto tutto da solo. »
« Vero » ammise Kisshu. « Perché ti amavo. »
Quelle parole furono come una lama dritta al cuore della ragazza. Fu una sensazione dolceamara. Registrò a fatica quelle parole, che la resero incredibilmente felice e nello stesso tempo disperatamente triste. Rivide il volto segnato di un Kisshu più giovane che respirava a stento tra le sue braccia e d’improvviso provò l’urgenza di stringere quello davanti a lei, di evitare che se ne andasse di nuovo. Però…
Ti amavo.
Aveva usato il verbo al passato.
Per anni, soprattutto dopo la fine della relazione con Masaya, aveva ripensato alle avventure delle Tokyo Mew Mew. Ma forse era più corretto dire che aveva ripensato alle avventure che l’avevano avvicinata a Kisshu. Che l’avevano portato da lei. Tutti quei pensieri che aveva bollato come assurdi, impossibili, insensati, e allontanato per mesi e mesi, si affollarono definitivamente nella sua mente, ora che lui era lì di fronte a lei e potevano parlare come... come due persone. Non come nemici. Non come alieno ed essere umano. Semplicemente come persone. Gli occhi le si inondarono di lacrime. Realizzò cno tutta la forza quanto aveva ragione Mint. Era veramente una stupida.
Kisshu la stava fissando.
Tutte le speranze che si era fatta in quella giornata, di poterlo vedere, di poter esternare ciò che aveva compreso, spiegarsi, ritrovarsi. Non poteva dirgliele. Ovviamente non glielo poteva dire. Non dopo quelle parole. Non poteva dirgli nulla. Non aveva il diritto di dirgli nulla. Di quegli anni di tormenti, di quanto aveva pensato alla sua morte, al suo sorriso, al suo essere maledettamente irritante, della fine della storia con Masaya. Del fatto che aveva capito perché lo stesse respingendo così ostinatamente, del perché era stata così confusa. Non glielo poteva dire. Perché lui non l’amava più. Perché l’aveva amata, e sarebbe stato crudele ed egoista dirgli tutte quelle cose solo adesso. Ingoiò le lacrime e cercò di mantenere la calma.
« Non ti ho mai chiesto nemmeno questo » disse alla fine con un filo di voce. Evitò di guardarlo in viso e si avviò verso l’ingresso posteriore del Café, scansandolo. « Me ne vado a casa. »
« Ti aspetto. »
Ichigo si fermò con la mano sulla maniglia della porta. Il suo cuore, nemmeno a dirlo, aveva sussultato. Era come quando aveva conosciuto Masaya, come quando le riservava quelle gentilezze speciali che la facevano camminare a un metro da terra. Solo che stavolta l’occasione era persa, e per colpa sua. Perché l’aveva respinta e respinta per anni.
« Non dovresti tornartene a casa? »
« Sono venuto per accompagnarti » rispose tranquillo Kisshu. « Accompagnarti sul serio, o non mi sarei certo conciato così. Cambiati: ti aspetto, gattina. »
Questa volta non l’aveva detto in maniera scanzonata, ma con un tono profondo e calmo che per la prima volta le fece apprezzare quel vezzeggiativo che così spesso aveva trovato melenso, irrisorio e fastidioso. Sorrise tra sé e annuì senza parlare. Aveva paura che la sua voce avrebbe tradito le sue emozioni, che non era mai stata capace di controllare.
Si cambiò in fretta e ringraziò mentalmente Shirogane per non essere in mezzo ai piedi alla ricerca di una spiegazione e quasi corse fuori dal Café, chiudendo a chiave la porta. Studiò la lentezza successiva dei suoi movimenti: non poteva certo far vedere a Kisshu quanto era stata impaziente di uscirsene!
La stava aspettando seduto sui gradini. Quando la vide, si alzò e le sorrise, facendo sfuggire al contorno della bocca la sagoma appuntita di uno dei suoi canini. Il cuore di Ichigo palpitò, proprio come faceva quand’era una ragazzina. Fece un mezzo sorriso. L’alieno le offrì la mano e le sue labbra si stirarono in un sorrisetto malizioso che scintillò per un istante. Fu a malincuore che la ragazza gli lanciò un’occhiata di falso rimprovero e lo superò senza accettare. Doveva preservare il suo orgoglio e nascondere a tutti i costi i suoi sentimenti. Lo sentì ridacchiare dietro di lei prima di affiancarla e camminare con lo sguardo alle stelle.
Il parco era curiosamente semivuoto. Sembravano essersi messi tutti d’accordo per lasciarli soli. La giovane Momomiya fu indecisa se benedire quella fortuna o maledirla in tutte le lingue, perché essere soli avrebbe reso tutto più difficile.
« Ci abbiamo pensato molto, sai » fece Kisshu all’improvviso, facendola sussultare. Si era fermato sotto un lampione, dove le stelle erano eclissate dalla luce artificiale. Ichigo si fermò a pochi passi di distanza.
« A cosa? »
« A molte cose, per la verità » rispose il ragazzo con una mezza risata. « A cosa ci aveva spinti ad agire in quel modo. A cosa avremmo fatto dopo. A se fosse possibile convivere con gli umani. »
Quelle considerazioni paralizzarono l’interlocutrice. Non osava dire nulla. Raramente aveva sentito l’altro parlare seriamente e una di quelle occasioni non era finita bene. Non voleva interromperlo e non osava neppure sperare. Si limitò a fissarlo finché lui abbassò lo sguardo. I suoi occhi splendevano come stelle.
« Non so se gli altri si siano decisi, ma dopo tutto questo tempo ho capito che lo è » annunciò. « Per me è possibile. Se ne vale la pena. »
Ichigo prese un lungo respiro incerto.
« Intendi dire che tu puoi…? Che tu vuoi…? »
« Ho sempre voluto, sciocchina » rise Kisshu recuperando una nota canzonatoria nella voce. « Ma io volevo che lo volessi tu. »
La ragazza era senza parole. Lo fissò.
« Un uccellino mi ha detto di Profondo Blu » aggiunse il giovane. « O Masaya o come cavolo si chiama. Peccato. Buon per me, però. »
« Tu.. Come..? » balbettò ancora la rossa. L’altro rise di nuovo.
« Sei un libro aperto, micia. Ti si legge tutto in faccia. »
« Hai detto che mi amavi » insistette ancora Ichigo con gli occhi ormai pieni di lacrime.
« Certo » rispose serenamente l’alieno. « Ti amavo quando ho fatto tutte quelle cose per te. Le ho fatte perché ti amavo. E sono tornato perché ti amo. »
Anche se con la vista offuscata dal pianto, l’ex leader delle Mew Mew lasciò cadere la cartella universitaria e si lanciò tra le pronte braccia di Kisshu, inspirando a pieni polmoni quel profumo che per anni aveva tormentato i suoi ricordi, stringendo quel corpo che non abbandonava la sua mente. E che ora poteva finalmente avere per sé, nel mondo reale e tangibile. Il giovane emise un gemito soddisfatto.
« Non hai idea di quanto abbia aspettato questo momento » sospirò.
« A chi lo dici » singhiozzò Ichigo lasciando che l’altro la cullasse. La strinse finché non si fu calmata.
« Non avrei immaginato che avresti pianto di più per questo che per la mia morte » commentò alla fine Kisshu quando la ragazza ebbe smesso di piangere. Questa lo colpì, piccata.
« Guarda che non è divertente! Hai idea di quanto sia stato difficile per me? » lo rimbrottò con tono offeso.
« Hai presente con chi stai parlando? » le fece notare il giovane in una maniera che riecheggiò il modo di fare di Mint. « Tu ti accorgi sempre per ultima dei sentimenti tuoi e degli altri, mettiti nei miei panni… »
« Cattivo! »
Kisshu rise, poi le offrì di nuovo la mano. Stavolta lei accettò.
Camminarono per un po’ in silenzio, mano nella mano.
« In fondo sette anni non sono molti davanti a tutta una vita » disse alla fine l’alieno.
Ichigo sorrise. Dopotutto la sua vita da Mew Mew non era proprio finita del tutto. Si era resa conto di aver aspettato, di aver sempre aspettato. E quello era solo l’inizio.
Appoggiò la testa contro la spalla di Kisshu e ne sentì la tensione che si scioglieva in quel semplice contatto. Sentì la gioia moltiplicarsi.
« No, non lo sono per niente. »










A.A.A: Angolo dell'Autrice Asu!
Buongiorno a tutti!
Sono Asu ed è la mia prima fanfiction nel magnifico panorama delle Tokyo Mew Mew *^* Ahhh, sentite quel profumo d'infanzia?
Questo progetto è rimasto alla deriva per anni (non sto scherzando) e ho avuto un improvviso accesso di creatività che mi ha permesso di finirlo. ADORO. FOLLEMENTE. KISSHU. E mi spiace per Masaya, ma non capirò mai come di fronte a questo alieno adorabilmente irritante, Ichigo abbia perso la testa per lui. Cioè, carino, romantico, gentile quanto vuoi, ma. Kisshu. Vince a mani basse.
RAGION PER CUI ho deciso di comporre questa one-shot infinita, perché le gioie che gli autori non mi danno me le creo da sola che tristezza! Spero che vi sia piaciuta e abbia potuto darvi un po' di quel sapore di Tokyo Mew Mew che tornerà a breve, considerando che è in cantiere una nuova serie programmata per il 2021 MI SENTITE URLARE? *^* Fan di Kisshu, unitevi. Il ruolo di Mint è cambiato nella scrittura, ma lei è troppo maliziosa e furbina per non rendersi conto di tutta la situazione. Quanto a Lettuce e Pai, beh... Lascio alla vostra fantasia ma è impossibile non tifare per Lettuce, no? ( ͡° ͜ʖ ͡°)
Grazie per aver letto fino a qui! Non potevo proprio abbandonare una delle mie prime ship storiche senza qualcosa che li celebrasse. E IL FLUFF E' IL MODO MIGLIORE.

Saluti!
AnB
   
 
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