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Autore: Stephaniee    28/05/2020    0 recensioni
Primo ed Ultimo - Terza Parte
Il primo ricordo che avevo riguardava il rumore del mare, lente e regolari le onde si infrangevano sulla costa silenziosa, trascinandomi in uno stato di calma e serenità.
Il secondo di ricordo era il silenzio, sul balcone della nostra casa, infranto solo dal fumare di Francy.
Il terzo era il rumore del vento, sempre presente a tarda sera e durante le mie mattine passate a vedere l'alba.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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- Questa storia fa parte della serie 'Primo ed ultimo la Trilogia'
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Chapter thirteen
I can't afford it
 

Pochi secondi dopo la telefonata del mio capo, il campanello della mia nuova casa suonò e mi ritrovai a specchiarmi, constatando che avevo ancora i capelli umidi, ero struccata ed in tuta. 

Perché ero così nervosa?

Mi diedi una sistemata veloce mentre potevo sentire chiaramente i suoi passi farsi sempre più vicini.

Kat, vuole solo essere gentile. Non. Significa. Niente.

 

Quando aprì la porta davanti a me la figura di Audrey aveva qualcosa di decisamente diverso dal solito: era anche lui in abiti casual, un paio di jeans e una t-shirt, i suoi capelli scuri, sempre ordinati e corti, la mandibola squadrata, il sorrisetto sghembo, la sua caratteristica più originale quell’espressione che aveva sempre stampata in faccia mista malizia, superbia ed a tratti smarrimento interiore.

Si, Andrey Smirnov aveva tutte le carte in regola per piacermi.

No, non avrei approfondito questo argomento.

 

“Ciao Kat, allora posso entrare? Sono passato per vedere se avevi bisogno di aiuto e ho portato dei viveri.”

“Ciao, sì certo vieni pure… Scusa il disastro. Sono riuscita a fare quello che potevo.”

 

Mi passò a fianco ed il suo profumo mi invase le narici. Era tutto troppo intimo per me. 

Ma dopotutto era il mio capo, c’era una grossa probabilità che fosse qui davvero solo per aiutarmi ed essere gentile visto che lavoravamo insieme tutti i giorni da qualche mese.

 

“Ho portato del cinese. Schifezze che sicuramente ti piacciono” disse lui alludendo al pranzo della settimana precedente.

 

“Dammi qua” 

Mi avvicinai per acchiappare i sacchetti e le nostre mani si sfiorarono per un millesimo di secondo. Sentì il mio corpo invadermi di una scarica elettrica. Cercai un evasione andando in cucina, accingendomi con tutta la nonchalance di cui ero capace a mettere il cibo in un paio di piatti puliti.

 

“Ci toccherà mangiare sul divano. Non ho ancora sistemato tavolo e sedie… Ma la tv era già collegata, se ti va.”

“Si certo. Hai già internet?”

“Si era già attivo, sto aspettando la voltura, ma possiamo guardare qualcosa. Ho già dato nell'anticipo della casa la bolletta internet di questo mese, anche se non sarà ancora intestata a me.”

“Perfetto. Dai scegliamo qualcosa.”

 

Passai un piatto ad Andrey insieme al bicchiere, lui si sistemò sul mio divano come se fosse il gesto più naturale ed usuale del mondo. 

Stranamente, iniziavo a sentirmi a mio agio, mi accoccolai anche io sul divano con le gambe incrociate ed il piatto sopra esse.

 

“Che ne pensi di questo film?” 

Andrey aveva scelto un film comico, un classico.

 

“Vuoi davvero farmi vedere tutti pazzi per Mary?”

“Si dai, è un classico, mentre si mangia ci sta.”

“E va bene. Vai.”

 

Andrey si alzò e prese uno degli scatoloni vuoti, posizionandolo davanti a noi a mo di tavolo.

Aveva preso davvero tante cose, mi venne da sorridere. Probabilmente era indeciso su quali fossero i miei gusti, scegliendo quindi di prendere un po’ di tutto.

 

“Questo ristorante è qua vicino sai?”  biascicò tra un raviolo e l’altro.

“Si? ottimo. Lo userò come ancora di salvezza per quando non avrò tempo di cucinare.”

Andrey mi guardò di colpo negli occhi con una serietà che quasi mi spaventò, gli occhi si socchiusero a fessura, come se stesse pensando a qualcosa di estremamente complicato.

 

Mi sentivo studiata, come se mi stesse scrutando per un motivo per preciso.

“Tutto ok?” chiesi ad un certo punto timidamente.

“Si, ehm, si. E’ solo che stavo pensando che si sta facendo tardi e tu sarai stanca. Forse è meglio che io vada.”

“Come vuoi tu...Non c’è problema.”

Di nuovo mi guardò interdetto, come se ci fosse un grande punto interrogativo sopra la mia testa. Lentamente distolsi lo sguardo per appoggiare il piatto sopra al tavolino improvvisato, quando Andrey mi afferrò l'avambraccio e mi tirò verso di sé. 

Sbarrai gli occhi sorpresa. Mi trovavo a nemmeno un centimetro dalla sua bocca.

Gettai i miei occhi nei suoi. Non avevo mai visto degli occhi così, profondi, sembravano non avere fine. Ma non in modo romantico, sembravano nascondere un pozzo di segreti, erano magnetici ma allo stesso tempo emanavano “attenzione pericolo” da ogni angolo.

Le sue pupille rimasero fisse nelle mie, fino a quando, mossa da non so quale coraggio appoggiai con irruenza la mia bocca alla sua. 

Lui rimase stupito, interdetto ma rispose con la stessa urgenza, mi afferrò aggrappandosi letteralmente a me.

Subito la sua lingua trovò la mia e non ci fu modo di tornare indietro. 

In quel momento il mondo si fermò. Non contava più nulla. Non riuscivo a staccarmi da quel bacio.

Poi un pensiero fulminò la mia mente, destandomi dall’incantesimo. 

La donna del treno. La sua fidanzata.

Non di nuovo, non potevo di nuovo finire in un vortice del genere, dovevo chiamarmi fuori prima che fosse troppo tardi.

 

“Fermo”

mi uscii con voce non troppo convincente.

Andrey si staccò immediatamente, guardandomi ora con occhi supplicanti. Lo volevo anche io, ma non potevo. Non così non in quel modo, avevo bisogno di capire meglio prima. Avevo bisogno di salvaguardarmi dallo spezzarmi di nuovo.

 

“Forse è meglio che vada”

 

La sua voce era nervosa, si alzò di scatto, girando per la stanza grattandosi la testa, sembrava aver perso qualcosa o che stesse cercando qualcosa di molto importante.

Sentivo già la mancanza delle sue mani su di me, era strano. Non avevo più permesso a nessuno di sfiorarmi così, di toccarmi, di baciarmi e di farmi sentire di nuovo così.

 

Nel frattempo cercavo le parole, ma non le trovavo. Non sapevo cosa dire. Andrey recuperò tutto e si diresse verso la porta, avrei voluto fermarlo spiegargli perchè mi ero staccata, ma le parole mi morivano in gola ogni volta che provavo ad articolare un discorso.

Lui mi fissava, sul ciglio della porta, sembrava stesse per dire qualcosa quando la vibrazione di un telefono ci distrasse.

Era il suo.

 

“Pronto”

 

Sembrava scocciato da quella telefonata, ma al tempo stava cercando di essere educato quanto più possibile.

 

“Si, sto arrivando. Si ho già mangiato. Ciao”

 

tornò a guardarmi di nuovo con quello sguardo misto tra smarrimento e rabbia, e si avvicinò alla porta.

D’istinto mi avviai anche io e di nuovo fummo vicini a tal punto che faticavo a guardarlo in faccia. 

Potevo sentire il suo sguardo su di me, era diverso tempo che non percepivo un’attrazione simile con qualcuno, alzai lo sguardo e fu inevitabile. Andrey incollò la sua bocca di nuovo alla mia e non ci fu più nulla da fare, come se fosse la droga più potente al mondo, agganciai le mie braccia al suo collo, le sua mani si aggrapparono alla mia schiena e non la lasciarono più.

 

Smirnov non arrivò mai a casa quella sera.


 
   
 
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