Anime & Manga > Lupin III
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Autore: Desma    30/05/2020    2 recensioni
Raccolta di situazioni più o meno domestiche per mostrare quel lato buffo e umano che i nostri ladri (e ispettore) preferiti solitamente non lasciano intravedere. Raccolta di one-shots in 20 capitoli.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nel corridoio di cemento vuoto e ostile della prigione sotterranea i suoi passi rimbombavano di un’eco inquietante. Abituato com’era a lavorare all’aperto e sempre in movimento, Zenigata non si sentiva a proprio agio nel camminare in un tunnel sottoterra dove venivano rinchiusi e custoditi i peggiori criminali viventi, in attesa dell’attuazione della condanna definitiva.

Da qualche parte, dietro una delle porte blindate di spesso metallo, la sedia elettrica aspettava paziente il prossimo condannato su cui sfogare tutta la sua forza distruttiva.

C’era stato un tempo in cui i suoi sogni notturni (in quelle poche notti che dedicava al riposo) erano colmi dell’immagine di Arsene Lupin che si contorceva sotto le scariche elettriche, mentre lui lo osservava nella soddisfazione di averlo infine catturato, ma ormai, dopo tanti e lunghi anni di inseguimento, si era ritrovato a desiderare di sbatterlo in prigione e potergli fare visita con regolarità, per poi invitarlo a bere una volta che avesse scontato il suo debito con la giustizia.

Non desiderava la morte di Lupin più di quanto non desiderasse la propria e Koichi Zenigata era un uomo fortemente attaccato alla propria vita, votata alla cattura del ladro più scaltro e pericoloso del mondo.

Non la desiderava nemmeno per i complici di Lupin, che, al contrario, aveva imparato ad ammirare (segretamente) per la fedeltà al ladro gentiluomo e per le loro straordinarie capacità, ma oramai il giudice si era espresso e per Goemon Ishikawa, catturato in flagranza di reato, il destino era stato scritto nei cavi che alimentavano la sedia elettrica.

Aveva fatto del proprio meglio, questo Zenigata lo sapeva, nel cercare di usare la sua autorità nell’ICPO e la sua competenza per convincere il giudice Gaiman a ritirare la condanna e a lasciare che fosse la giustizia giapponese a farsi carico del caso del samurai. Il gruppo di ladri, però, era stato colto a mettere le mani sulla collezione d’arte del governatore dello stato e, date la loro pericolosità e la lista infinita di reati clamorosi di cui si erano macchiati, la vittima del furto voleva farsi fregio della condanna di almeno uno dei famosi criminali internazionali.

Così Goemon Ishikawa, catturato dopo essere stato ferito a un braccio dal fucile dello stesso governatore, era stato giudicato colpevole e condannato alla morte con rito abbreviato e rinchiuso in quella tetra prigione fino al giorno dell'esecuzione. 

L’unica cosa che l’ispettore dell’Interpol aveva potuto ottenere era stata la cura esclusiva del condannato e la custodia della sua arma, così da prevenire eventuali tentativi di evasione. Tentativi che non c’erano stati, né da parte del condannato, né da parte dei suoi complici, che sembravano essere svaniti nel nulla.

Zenigata si era scoperto ad ammirare la dignità e la compostezza del samurai davanti alla reclusione e alla condanna a morte e a provare un’incontenibile rabbia nei confronti di Lupin e Jigen, che sembravano essersi dimenticati del loro complice il cui orologio della vita stava per battere l’ultima ora.

L’ispettore si identificò alla guardia messa alla sorveglianza della cella del samurai e attese che gli venisse aperta la porta, poi entrò in un altro corridoio, in fondo al quale Goemon sedeva in meditazione dietro un muro di sbarre di metallo.

-Ti ho portato la cena- annunciò l’ispettore, senza però aspettarsi una risposta. In un angolo della cella vi erano i vassoi e i contenitori intatti dei pasti che aveva portato al samurai nei giorni precedenti e che lui non aveva nemmeno toccato -Da queste parti non è facile trovare del buon sushi- riprese -Ma ho fatto del mio meglio. Ho immaginato che non avresti voluto un hamburger come tuo ultimo pasto.

La parola ultimo gli uscì dalle labbra con l’amarezza di un veleno e ne sentì il sapore in bocca anche quando, aperta la guardiola, fece scivolare la confezione di sushi all’interno della cella.

Goemon non mosse un muscolo, anzi, sembrava proprio che non si fosse accorto nemmeno della sua presenza, ma Zenigata non era un ingenuo e sapeva molto bene che a quell’uomo silenzioso nulla sfuggiva, nemmeno mentre dormiva.

-Ho preso io in custodia la tua spada- continuò Zenigata -Ho ottenuto che venga riportata in Giappone dopo l’esecuzione. Sarò io stesso ad occuparmi del suo trasporto. Dove vuoi che la porti?

Attese qualche istante che il samurai gli rispondesse. Sperando ardentemente che il samurai gli rispondesse, ma dopo l’ennesimo interminabile silenzio, girò i tacchi e si diresse all’uscita, sconfitto.

-Zantetsuke è stata tramandata nella mia famiglia per generazioni- sentì dire alle sue spalle e si voltò di scatto verso il samurai con una nuova ondata di energia in corpo -Io non ho eredi, ma sono certo che al tempio dove mi hanno addestrato sapranno formare un nuovo samurai degno della sua lama. Portala lì, Zenigata. Zantetsuke non merita di essere lasciata ad arrugginire in un museo o in qualche archivio della polizia.

Il suo nome pronunciato dalla bocca di un condannato a morte ebbe l’effetto di scuoterlo e dovette fare appello a tutta la sua forza interiore per non mostrare sul viso le emozioni che lo  pervadevano in quel momento.

Annuì con il capo e attese che Goemon gli fornisse ulteriori indicazioni, ma ciò non accadde e alla fine fu lui a parlare: -So che non lo farai- esordì l’ispettore sorprendendosi del proprio tono di voce quasi paterno -Ma è mio dovere dirtelo: se mi dirai dove si nascondono Lupin e Jigen, potrò dichiarare la tua collaborazione al giudice e avere una base su cui lavorare per farti concedere il rimpatrio.

E salvarti dalla sedia elettrica, pensò, ma si tenne quelle parole per sé.

-Ti sei già risposto- furono le parole del samurai e Zenigata dovette accettarle, pur a malincuore. Si disse che era un’ingiustizia che un suo connazionale venisse condannato a morte in terra straniera, ma la verità era che Goemon era giovane e pieno di vita, nonostante i giorni di digiuno, e l’ispettore odiava che un uomo del calibro del samurai, seppure un criminale, venisse spento con quella brutalità nel fiore degli anni.

Non aveva neppure fiatato quando l’infermiere della prigione, un uomo rozzo e sadico, gli aveva estratto la pallottola dal braccio senza anestesia e gli aveva applicato il bendaggio alla bell’e meglio.

Zenigata aveva assistito personalmente a quell’operazione e si era dovuto mordere più volte la lingua per impedirsi di intervenire. In Giappone una crudeltà del genere non sarebbe stata tollerata.

-Hai un ultimo desiderio?- gli domandò infine l’ispettore.

-Arriva il giorno in cui ogni uomo deve affrontare la propria morte e fare i conti con la propria coscienza- disse il samurai, aprendo gli occhi e puntandoli direttamente in quelli grandi e tondi di Zenigata -Vorrei fronteggiare la mia con dignità, anche nell’aspetto.

L’ispettore annuì e disse che avrebbe predisposto personalmente il necessario per accontentarlo.

Uscì dal corridoio e fece ritorno dopo circa un’ora con una borsa tra le mani. Un comando elettrico fece scattare la porta della cella e Zenigata entrò: -Inutile che ti dica che le telecamere ci tengono d’occhio e che se cercherai di aggredirmi avrai addosso un centinaio di secondini nel tempo di un paio di minuti.

-Lo so molto bene- confermò il samurai e lasciò che l’ispettore riponesse le vecchie confezioni di cibo in un sacco della spazzatura e sistemasse la borsa in un angolo pulito della cella.

-Ti ho portato gli abiti con cui sei stato arrestato- spiegò l’ispettore aprendo la borsa e svuotandola del contenuto -Per ragioni di sicurezza dovrai cambiarti in mia presenza e se il braccio ti fa male, ti darò una mano. Ho portato il necessario per farti la barba e lavarti i capelli. Non ti darò in mano un rasoio, pertanto mi occuperò io di queste mansioni.

-Va bene- acconsentì il samurai -Ti ringrazio per la tua gentilezza.

-A un condannato a morte non si nega mai l’ultimo desiderio.

Si avvicinarono al lavello della cella e Zenigata gli dispose un piccolo asciugamano a protezione della divisa da carcerato che Goemon indossava, poi gli applicò la schiuma da barba e con attenzione iniziò a tagliare quella peluria scura che era cresciuta nei giorni in cella.

Goemon si arrese alle cure dell’ispettore senza fiatare né fare resistenza e un silenzio strano ma confortevole li avvolse. Zenigata per un attimo dimenticò di essere in una prigione e di essere davanti a uno dei criminali più pericolosi al mondo, ed ebbe la sensazione di trovarsi in compagnia di un vecchio amico, di quelli con cui non serve parlare per intendersi.

Quand’ebbe finito con la barba e il volto del samurai fu tornato liscio, gli fece cenno di girarsi e azionò l’acqua calda. Quando il getto ebbe raggiunto la temperatura idonea, Zenigata si arrotolò le maniche della camicia fino ai gomiti e spostò i capelli neri dell’uomo sotto l’acqua.

Li bagnò e li frizionò con cura con uno shampoo per pulirli dalla polvere e al sudiciume della cella, poi li risciacquò abbondantemente e li strizzò con delicatezza.

Usò l’asciugamano che aveva disposto sulla divisa da carcerato del samurai per sfregare i capelli ed asciugarli. Fu un’operazione piuttosto lunga, data l’umidità della stanza, e l’ispettore non faticava ad immaginare le guardie che li osservavano sui monitor ridere a crepapelle davanti a quello spettacolo, ma non se ne curò. Quegli uomini non erano in grado di capire il rispetto che un giapponese prova nei confronti di un valoroso avversario, soprattutto nel momento della sconfitta, e nulla sarebbe stato più disonorevole e irrispettoso del negare a Goemon Ishikawa la dignità che meritava di fronte al suo boia.

Conclusa quell’operazione, l’ispettore lasciò che Goemon indossasse i suoi abiti e non fu necessario il suo intervento.

Soddisfatto, Goemon ringraziò l’ispettore con un cenno del capo, che Zenigata ricambiò e i due si separarono, in attesa di ritrovarsi il giorno dopo nella stanza dell’esecuzione.

A una notte insonne seguì una mattina inquieta per l’ispettore Zenigata, sul cui viso si leggeva la disapprovazione per la condanna mentre veniva scortato nella sala dell’esecuzione.

Ad assistere all’ultimo atto della vita di Goemon Ishikawa vi erano il governatore, il giudice Gaiman, una mezza dozzina di ufficiali militari, un medico e, naturalmente, il boia.

Lo stomaco gli si attorcigliò quando vide il condannato venire condotto nella stanza e fatto sedere sulla sedia elettrica, mentre il giudice Gaiman leggeva da un foglio di carta la condanna che aveva emesso poco più di una settimana prima.

Gli occhi di Zenigata incrociarono quelli del samurai e non videro nemmeno l’ombra della paura, al contrario gli parve di vedere la fiamma dell’orgoglio e… dell’attesa?

Qualcosa dentro di lui lo mise in allarme e il suo istinto di poliziotto iniziò a fremere: il medico che stava esaminando lo stato di salute del samurai non aveva forse qualcosa di familiare? Quei lineamenti simili a quelli di una scimmia e le folte basette ai lati della mascella non somigliavano forse a quelli di qualcuno di sua conoscenza?

E non aveva forse già visto la barba nera e pettinata in avanti del boia, sui cui occhi era calato un cappello a nasconderne l’espressione?

Guardò di nuovo il samurai, che non aveva smesso per un istante di osservarlo, e vide che sul suo viso si era aperto un accenno appena percettibile di sorriso davanti alla sua realizzazione.

Zenigata capì e quando venne azionata la sedia elettrica e al posto della corrente venne emessa una spessa coltre di fumo che invase la stanza, iniziò a ridere di gusto.

 

Nota dell’autrice: Ciao a tutt* e benvenut* alla fine del terzo capitolo di questa raccolta. Grazie mille a Fujikofran per la sua recensione del capitolo precedente!

Devo ammettere che questa oneshot mi ha reso piuttosto emotiva nello scriverla e spero davvero che vi sia piaciuta. Non capita spesso di vedere Goemon e Zenigata interagire tra loro e ho immaginato che in una situazione come quella che ho descritto, l’ispettore avrebbe mostrato un lato quasi paterno. Cosa ne pensate? Credete che le cose sarebbero andate diversamente?

Fatemelo sapere, se vorrete, in una piccola recensione, che farà la gioia del mio cuore.

Il prossimo capitolo si intitolerà Falling asleep in other’s lap e non vedo l’ora di ritrovarvi lì!

A presto,

Desma

 

   
 
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