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Autore: Lancia Delta    31/05/2020    0 recensioni
Pareva che Xana fosse morto. Il sacrificio di Kiwi, il botolo di Odd, forse era servito a qualcosa.
Tutto sembrava risolto, ma Xana è duro a morire, e tenterà di distrarre i suoi nemici per colprli alle spalle.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, X.A.N.A.
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il momento di agire 

 

Città della Torre di Ferro 

21 settembre, ore 02:47

 

Tutto il Kadic  dormiva. Non c'era nessuno che non fosse nella propria stanza. 

Era proprio il momento giusto. 

Xana, che si trovava nel corpo di Kara, sapeva bene che doveva evitare qualsiasi tipo di rumore. 

Sapeva anche che il signor Jim, professore di educazione fisica e  guardiano della scuola,  aveva il suo appartamento proprio vicino all'uscita del retro e che aveva il sonno molto molto leggero. Un minimo rumore e si sarebbe svegliato. 

Ma pur in qualche modo doveva agire.

Aveva studiato il suo piano alla perfezione. Non sarebbe stato un totale trasferimento, ma avrebbe trasferito oltre il novantanove  percento di sé, per poter mantenere doti più che sovrumane sulla Terra.

La porta della sua stanza era aperta, così come quella che dava sulle scale. 

Tale decisione è stata presa per facilitare l'evacuazione in situazioni di emergenza. 

Xana prese il completo controllo del corpo.

Si muoveva a passi leggeri lungo il corridoio, nessuna doveva sentirla.  

Scese, altrettanto silenziosamente, le scale. E ora le si presentava il primo ostacolo.

La porta era chiusa da catene e da un lucchetto. 

Non poteva semplicemente romperle, avrebbe potuto fare rumore.

Doveva ingegnarsi. Era un imprevisto. La più potente I.A del mondo, messa fuori combattimento da un banale imprevisto?

Assolutamente no. 

Usò i suoi poteri elettrici per far aprire, senza rompere, il lucchetto, che raccolse prima che potesse cadere e che potesse creare un gran fracasso, poi, con un campo elettromagnetico, creato dalle due mani, fece srotolare, silenziosamente,  la catena, che raccolse, per non far rumore. 

Quindi, altrettanto silenziosamente, fece scattare la serratura dell'ingresso.

Ora era fuori.

Era una notte particolarmente umida, e c'era quasi freddo.

Ma a Xana non importava.

Raggiunse il parchetto nel retro della scuola. 

Ora si trovava davanti al tombino.

Lo scoprechiò, il più piano possibile.

Quindi si calò nella fognatura. 

Corse il più velocemente possibile. 

E finalmente aveva raggiunto il posto che l'avrebbe fatto tornare potente come prima.

Era dentro. Precisamente di fronte alla scala tranciata.

Spiccò un salto.

Era al piano terra, con un un atterraggio morbido, da un impatto che, per una persona normale sarebbe stato letale. 

Prese il montacarichi e si diresse alla sala di comando. Senza nemmeno sedersi sulla poltrona, impostò il programma di autovirtualizzazione.

Un conto alla rovescia della durata di tre minuti iniziò.

Ancora 180 secondi e Xana sarebbe tornato alla sua potenza originaria. 

Prese il montacarichi e entrò nello scanner centrale.

Mancavano centoquaranta secondi. 

Interminabili. 

Luce verde. 

Iniziò la scansione.

E subito dopo la virtualizzazione.

Si ritrovò su Lyoko con l'aspetto che avrebbe avuto la ragazza.

E, curiosamente era piuttosto diversa da come appariva nel mondo reale, quasi come in un gioco di ruolo, di cui la vera Kara è appassionata. La ragazza, nel mondo virtuale, appariva pallida e vestita di nero, con un abito coprente, contrapposto alla sua carnagione scura e al suo vestire allegro e colorato. 

Indossava una collana in pelle nera con degli spuntoni appuntiti, idem poteva dirsi dei bracciali.

Indossava dei grossi stivali in pelle nera, e  delle calze dello stesso colore.

La sua principale arma era una mazza chiodata, e al suo volere poteva creare delle catene,  con cui imprigionare il suoi avversari. 

Si trovava al confine della banchisa, un settore costituito principalmente da ghiaccio, ricchissimo di gallerie e anfratti. 

In alcune zone c'erano delle pozze d'acqua, dove ci si poteva specchiare.

Chiamò il teletrasporto a Cartagine.

Xana era, in un certo senso il padrone di casa, per cui non aveva bisogno di digitare la password SCIPIO.

In pochi istanti una palla bianca, con il suo simbolo blu stampato sopra, raggiunse la ragazza. 

La trasportò fino a Cartagine.

Doveva raggiungere la cupola celeste, per aprire la porta di casa.

Poteva fare con calma, ora non c'era più il conto alla rovescia. 

Ma decise comunque di prendere la via più breve. 

In circa cinque minuti raggiunse la cupola. Il sottile schermo della plancia di comando apparve come di consueto.

La mano della ragazza, in un gesto quasi robotico, si appoggiò sullo schermo. 

Era stato riconosciuto. 

La ragazza si mise in ginocchio, quasi in adorazione. 

Dalla sua bocca uscì del fumo nero. I tranquilli flussi di dati, di colore azzurro, divennero, per un buon minuto, rossi.

Dopodiché la ragazza svenne.

Rimase lì per circa cinque minuti,  prima che Xana, per mezzo dello Scyphozoa, non le insillasse nuovamente una scintilla di vita.

Una minima percentuale di sé. 

Comunque sufficiente a darle tutti i poteri che possedeva prima, dal momento che Xana era tornato alla sua originale potenza.

L'I.A, dalle pareti della cupola, fece schiudere delle mante volanti.

Dei mostri blu e bianchi. 

Sottili ed eleganti. Separavano raggi laser dalle corna sulla bocca.

Ordinò loro di attaccare la ragazza. 

Le sarebbe stata utile sulla Terra, per continuare l'operazione di recupero della memoria. 

Assente pure negli archivi del supercomputer.

I mostri obbedirono. La ragazza, controllata dallo stesso Xana, non oppose la minima resistenza.

Era stata devirtualizzata.

Xana non aveva la minima idea di quanto questo processo fosse traumatico, ma ben presto se ne rese conto. 

Dovette riprendere il fiato per qualche istante. 

Era come se il suo corpo sodde stato crivellato di colpi di arma da fuoco, e, in un certo senso era così.

Riuscì a riprendersi.

E non aveva tempo da perdere. 

Raggiunse il piano terra. E poi, con un salto impossibile per un qualsiasi essere umano, raggiunse il ballatoio. 

Raggiunse il ponte della fabbrica e si calò per le scale.

Corse, nuovamente per i canali fognari e raggiunse il parco. Il tombino era ancora come lo aveva lasciato. 

Uscì e lo richiuse.

Fece attenzione a rimetterlo esattamente come l'aveva lasciato. 

Si diresse, lentamente e silenziosamente alla porta.

Con delicatezza la richiuse e sfruttando i suoi poteri fece sì che la catena e il lucchetto fossero posizionati come prima. 

Con lo stesso passo felpato, salì le scale e tornò in camera sua, dove si coricò. 

Il suo piano aveva funzionato alla perfezione. 

Doveva comunque continuare con le operazioni di recupero della memoria e trovare un alleato che gli permettesse di realizzare il suo sogno. 

Diventare umano a tutti gli effetti. 

Ovviamente sarebbe stato ben ricompensato.

   
 
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