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Autore: ellephedre    01/06/2020    13 recensioni
Mamoru ha lasciato Usagi e lei non smette di soffrire (e sperare). Ma cosa sarebbe successo se ad un certo punto avesse deciso di farlo ingelosire?
Questa storia è una versione alternativa della riappacificazione tra Usagi e Mamoru nell'anime storico.
È ambientata tra gli episodi 69 (Incubi, in cui Mamoru salva Usagi con un bacio) e 70 (la redenzione di Koan).
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Seconda serie
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Note iniziali: questa storia è una versione alternativa della riappacificazione tra Usagi e Mamoru nell'anime storico.

È ambientata tra gli episodi 69 (Incubi, in cui Mamoru salva Usagi con un bacio) e 70 (la redenzione di Koan).

Non mi ha mia soddisfatto la memoria in cui Usagi e Mamoru tornano insieme nell'episodio 77 della seconda serie. Se mi seguite sicuramente saprete che non è mio costume riscrivere la storia dell'anime - al massimo tento di spiegarla meglio con dei missing moments, perché l'intera mia saga si basa sul fatto che tutto quello che vediamo nell'anime è accaduto.

Questa storia è stata un piccolo esperimento - la mia prima what if.

Buona lettura!

 

 

Salvami

 

 

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 


 

Quando Usagi si sentiva giù, apriva il carillon che Mamoru le aveva regalato. Si raggomitolava tra le coperte e chiudeva gli occhi, perdendosi nel ricordo dei loro pochi, preziosissimi baci.

Ascoltava la melodia per darsi speranza, ma a volte la interrompeva a metà.

"Non voglio rimanere con te per quello che c'è stato in passato!"

Magari quel legame era davvero un peso per il suo Mamo-chan. Forse lui l'aveva lasciata perché stava cercando di capire se l'amava come Usagi, come Sailor Moon, o come Serenity. Era da Mamoru, no? Lui era un ragazzo a cui piaceva essere chiaro coi suoi sentimenti. Anche se nelle ultime settimane...

Lei cercava ancora di capire la ragione del suo comportamento.

Prima lui diceva di detestarla, poi veniva a salvarla. Dichiarava di farlo solo per dovere, poi però quando lei si buttava tra le sue braccia la stringeva per un secondo di troppo, come se anche a lui mancasse toccarla. Quando la allontanava lo faceva con una cattiveria che non gli apparteneva - ormai Usagi ne era sicura - e lei credeva sempre meno alle sue proteste.

Se lui fosse stato sincero nel non volerla più, sarebbe stato anche più gentile nel respingerla. Non le avrebbe detto che non poteva più sopportare la sua vista. Se davvero si fosse reso conto di non amarla, l'avrebbe presa da parte e le avrebbe spiegato che gli dispiaceva tantissimo non provare più i suoi stessi sentimenti. Avrebbe tentato di farle capire che non l'aveva fatto apposta; si sarebbe scusato, le avrebbe fatto vedere che stava soffrendo per averla illusa.

Sì, non sarebbe stato mai stato malvagio e offensivo di proposito, perciò quella era tutta una finta.

Più si comportava male, più lei si convinceva che lui fosse ancora innamorato.

Ne aveva avuto la prova definitiva solo il giorno prima. Mamoru l'aveva svegliata da incubi orribili prendendola tra le braccia; le sue amiche le avevano raccontato che l'aveva baciata con disperazione, quasi piangendo.

Lei non ricordava il bacio - quanto le sarebbe piaciuto - ma gli occhi di lui nel rivederla sana e salva sì.

Aveva visto il suo sollievo, la sua felicità.

Se solo il mostro non li avesse interrotti....

«Che cosa stai ascoltando?»

Chiuse con uno schiocco il carillon, cercando di nasconderlo da Chibiusa. «Una cosa mia!»

Lei aggrottò la fronte, incrociando le braccia. «Non è una cosa tua, quella musica l'ho già sentita!»

Ma figurarsi! «Avrai sentito male!»

«No, fammi vedere cosa nascondi!»

Nemmeno per sogno! «Non ti darò niente, sei una maleducata! Perché continui a intrufolarti in camera mia?»

«Perché tu mi nascondi tutto!»

«Ho la mia privacy, capito? Quando chiudo la porta non sei la benvenuta nella mia stanza!»

Chibiusa diventò rossa in viso, pestando un piede sulla moquette. «Sei noiosa e antipatica!»

«Senti chi parla!»

Nascose la testa sotto le coperte e non si pentì neppure per un secondo di aver cacciato la piccola pestifera. Non le avrebbe mai fatto vedere il carillon di Mamoru; Chibiusa non aveva già abbastanza di lui?

"Ti comporti come se avessi la sua età."

Risentì nella testa le parole di Mamoru. Lui le aveva pronunciate appena una settimana prima, mentre andavano alla scuola di Chibiusa a preparare insieme il curry. Usagi sapeva che in quell'occasione lui era stato sincero.

Sospirò mestamente.

Riuscirei a essere meno cattiva con lei se tu fossi più gentile con me.

Perché non puoi dirmi cosa c'è che non va?

Perché non puoi amarmi come prima?

Perché lui inventava modi sempre più complicati per farla soffrire? Certo, lo faceva per tenerla lontano, forse proprio quando aveva paura di avvicinarsi troppo, ma era tremendamente preciso nel farla stare malissimo. Magari prima o poi avrebbe finto davvero di trovare un'altra ragazza e Usagi non sapeva se sarebbe riuscita a reggere a tanto.

Piagnucolando riaprì il carillon, per lasciarsi consolare dalle sue note.

 

Due giorni dopo vagava da sola per la città, di ritorno da un'uscita con le ragazze. Sentiva l'aria carica di... qualcosa.

Quando provava quella sensazione stava per esserci un altro attacco nemico oppure Mamoru era nelle vicinanze. Si animava per l’aspettativa come una sciocca, senza saper distinguere cosa sarebbe accaduto.

Restando ferma in strada tirò fuori uno specchietto dalla borsetta, per guardarsi. Forse avrebbe davvero dovuto imparare a truccarsi un po'. Anche se Mamoru non provava niente per la sorella di Motoki, Unazuki era così carina. Aveva appena un anno più di lei, ma sembrava molto più grande. Sulla moto di Mamoru, seduta dietro di lui, Unazuki era apparsa come la fidanzata ideale: spigliata, disinvolta, a suo agio coi ragazzi...

Usagi non sarebbe mai salita sulla moto di un tipo che conosceva a malapena.

Se lo facessi, chissà come reagirebbe Mamo-chan...

Probabilmente non gliene sarebbe importato nulla. Lui poteva amarla - chissà quanto in fondo oramai - ma era anche convinto che nessun ragazzo potesse nutrire quel tipo di interesse nei suoi confronti.

Mettendo via lo specchietto, sospirò. Con la fortuna che aveva si stava sistemando la frangia per farsi bella coi nemici.

Si appoggiò contro un muro e frugò con una mano nella borsetta. Quanti soldi si era portata dietro? Aveva voglia di un altro gelato. Era il secondo della giornata, ma non aveva importanza. Le pene d'amore si curavano coi dolci.

Alzò la testa e non credette ai propri occhi.

Mamoru! Lui stava uscendo da una libreria, con due volumi sotto mano e un terzo aperto. Leggeva ed era distratto, non l'aveva vista.

Lei cercò di frenare l'entusiasmo. «Ciao.»

Lui si fermò di colpo, come fulminato. Cominciò a camminare di lato, per sorpassarla.

Non la salutava nemmeno più.

Lei deglutì e si fece coraggio. «Quello che è successo ieri...»

Lui raddrizzò il collo, senza voltarsi. «È stato un gesto di compassione umana.»

Ora si metteva a piangere.

Mamoru chiuse il libro. «Te l'ho detto: il fatto che non ti ami più non significa che voglia vederti morire.»

«Fino al punto di baciarmi?»

Lui chinò la testa, senza avere il coraggio di farsi vedere in viso. «Ho fatto quello che dovevo. Non è stato facile, ma non volevo averti sulla coscienza.»

Lei fece appello a tutte le proprie forze per non singhiozzare. Mamo-chan stava mentendo, erano tutte bugie... Doveva impedirgli di andarsene. «Unazuki mi ha detto che non è la tua ragazza!»

Lui si bloccò di nuovo.

Lei non volle più parlare con la sua schiena e fece il giro, per guardarlo in faccia.

Mamoru si indurì nel trovarsela davanti. Se gli fosse stata indifferente non avrebbe dovuto ricoprirsi di una corazza tanto gelida per affrontarla.

«Non ho mai detto che era la mia ragazza. Ci stavo uscendo.»

«Lei ha già un fidanzato.»

Questa volta lui non si lasciò cogliere di sorpresa. «L'ho scoperto dopo. Pazienza, ne troverò un'altra.»

Usagi non ne fu devastata solo perché ci aveva ragionato su. «Ne hai bisogno per dimenticarmi?»

«Non darti tutta questa importanza.»

Lo seguì mentre andava via, senza arrendersi. «Ce l'ho se d'improvviso diventi un dongiovanni. A te non piace stare con la gente.»

«Non credere di conoscermi.»

«Sei stato tu a dirmelo.»

Mamoru si girò, determinato a distruggere le sue speranze. «Te l'ho raccontato per assecondarti e farti credere di essere speciale.»

Il groppo alla gola si trasformò in un singhiozzo. Lui riusciva ancora a dire cose in grado di spezzarla in due.

Mamoru strinse i denti e non distolse lo sguardo, per farle credere di essere serio.

«Non saresti così cattivo se davvero non mi amassi più.» Doveva credere che fosse così, doveva!

Lui sollevò gli occhi al cielo, esasperato. «Basta. Mi sono stufato di ripetere le cose mille volte.»

«Anch'io potrei stufarmi di volerti bene.» Lo disse solo come ripicca, per disperazione, ma le spalle di Mamoru sussultarono.

«Sarebbe anche ora.»

Possibile che...? «Allora addio, Mamo-chan.» Si allontanò indietreggiando e con la coda dell'occhio notò che era lei ad andare via, non lui. Si impose di non fermarsi e di continuare a scappare, lontano.

... gli aveva fatto male?

Ma era l'unico modo, se corrergli dietro non funzionava.

Servirà a qualcosa, Mamo-chan? Non la prenderai come una scusa per dirmi addio davvero, giusto?

    

«Mi sembra un'ottima strategia.»

A casa di Rei, Usagi rimase sorpresa. «Sei stata tu a dirmi che dovevo continuare a rispondergli con gentilezza.»

Rei aveva incrociato le braccia. «È vero, ma Mamoru se ne approfitta e a me non piace vederti piangere in continuazione. Fagli provare un po' della sua stessa medicina.»

«E se mi dimentica sul serio?»

Rei agitò una mano in aria. «Non accadrà. Mente un milione di volte se dice che ti ha salvato per pietà. Avresti dovuto vedere come ti stringeva l'altra sera... come ti accarezzava la mano... Quanto a lungo ti ha baciata.»

Ohh, così la faceva sognare! «Allora dici che faccio bene?»

«Certo. Ormai sono arrabbiata per te, vendicati un po’. Che ne dici di renderlo geloso come lui ha provato a fare con te?»

«Be’, non so se lo diventerebbe davvero. E non ho nessuno ad aiutarmi.»

Rei si era appoggiata all’indietro sui palmi. «Vuoi che andiamo insieme ad Harajuku? Facciamo un giro e accalappiamo un paio di ragazzi a caso, uno servirà allo scopo.»

Ne dubitava, inoltre… «Non voglio ingannare un estraneo. Il mio cuore è solo di Mamo-chan.»

Rei sospirò. «Ti fai troppi scrupoli.»

«Non voglio far soffrire nessuno.»

«Non segnerai a vita un ragazzo con una misera prima uscita. Comunque, pensandoci, non saresti credibile davanti a Mamoru. Già ti vedo tutta impacciata…» Rei lasciò cadere la mano con cui si stava accarezzando il mento, balzando in piedi. «E se...?»

«Cosa?»

«Hai ancora la penna lunare?»

Uh? «Sì, è qui con me.»

«Perfetto!» Rei si era illuminata. «Passamela.»

«Perché?»

«Vuoi che perda tempo a spiegarti o ti dimostro cosa ho in mente?»

Usagi estrasse la penna dalla borsetta, curiosa. «Eccola.»

Rei la sfregò tra le mani. «Sarà il tuo strumento karmico!»

«Eh?»

Con gli occhi che brillavano, Rei la sollevò al cielo, esaltata. «Moon power! In un bel ragazzo io mi voglio trasformare!»

A Usagi cascò a terra la mascella. Rei era impazzita, voleva davvero trasformarsi in un maschio?

Appena sparirono le luci la sua lingua rotolò al suolo.

I capelli di Rei si erano accorciati fino al collo, il suo seno era sparito, le sue spalle si erano allargate e l'intero suo viso...

Rei corse a guardarsi allo specchio, gonfiando il petto. «Però! Niente male!» Si guardò da dieci angolazioni diverse. «Sembro un idol! Ma non il leader della banda, piuttosto l’elemento carino che fa battere il cuore delle ragazzine di dodici anni. Non ci siamo!»

Usagi boccheggiava. «Mi sbaglio o ti piace essere uomo?»

Rei ragazzo afferrò un manga per tirarglielo addosso. «Te ne esci così quando un’amica vuole aiutarti?» Mentre lo diceva la trasformazione si sciolse, facendola tornare ragazza.

Usagi sospirò di sollievo. «Non è durata molto.»

«Perché ho chiesto alla penna di sciogliere l’incantesimo.» Rei le fece vedere il dito tenuto premuto sul pulsante. «Voglio essere più precisa questa volta.» Riprovò col braccio alzato. «Moon power! In un ragazzo più bello di Mamoru Chiba mi voglio trasformare!»

Usagi urlò in silenzio, coprendosi gli occhi.

Un ragazzo più bello di Mamo-chan? Non poteva esistere!

In sottofondo udì un'esclamazione maschile e aprì mezzo occhio. Il tipo che era apparso nella stanza era più alto di almeno dieci centimetri rispetto alla precedente trasformazione e stava afferrando lo specchio di Rei.

«Cavolo! Sarei perfetta per me stessa così, perché non incontro un tipo del genere!»

Usagi serrò forte le palpebre. «Perché sei tu! Sei impazzita? Come hai potuto usare il nome di Mamo-chan?»

«Perché con questa faccia e questo corpo...»

Usagi sentì che si avvicinava, con una voce profonda che la fece fremere d'imbarazzo.

Due mani le presero i polsi, imponendole di guardare.

Un paio di stupendi occhi viola la scrutavano da sotto due sopracciglia spesse, della forma di quelle di Rei.

«Lo faremo morire, Usagi-chan. Tornerà da te strisciando.»

Le lanciò un occhiolino che la fece avvampare.

Rei era fiera di se stessa. «Brava, è proprio così che devi reagire! La gelosia lo mangerà vivo!»

Usagi volle sotterrarsi sotto i tatami della stanza.

     


   

Con ogni giorno che passava Mamoru toccava nuove vette di depressione. Forse doveva smettere di uscire di casa - tanto, ovunque andasse, Usagi era capace di trovarlo e tormentarlo.

... avrebbe dovuto trovare un altro modo per salvarla dagli incubi in cui era rimasta intrappolata. Non avrebbe dovuto baciarla - così continuava a confonderla. Poi doveva essere crudele e strapparle il cuore a furia di lacrime.

Dovrei cambiare città.

Lo avrebbe fatto subito se da lontano avesse potuto continuare a proteggerla come Tuxedo Kamen.

Se non si fosse trovato a Tokyo, cosa sarebbe successo due notti prima? L'avrebbe lasciata morire. Allora a cosa sarebbe servito tenersi lontano da lei?

Se doveva finire così, tanto valeva stare insieme, stringerla, dirle che era stata tutta una bugia...

Ormai sono così credibile che non mi perdonerà mai.

Lui comunque non meritava alcun perdono. Non meritava nulla, era un essere meschino e codardo che non sapeva essere coerente. Avrebbe dovuto farla piangere una singola volta - quando l'aveva lasciata - e non a ripetizione.

Ma continuo a incontrarla...

La prossima volta sarebbe corso via e basta. Non le avrebbe più risposto. Le avrebbe fatto meno male che ricevere altro disprezzo da parte sua.

Andò al frigorifero, deciso a cenare con una singola frittata.

Scoprì di non avere nemmeno un uovo in casa.

Sospirò.

Doveva andare a fare la spesa ma prima avrebbe stilato una lista di quello che gli mancava, per comprare tutto in una volta sola. Il suo motto doveva essere 'uscire il meno possibile'. Così non avrebbe incontrato Usagi e forse, se avesse passato il tempo in casa a dormire, prima o poi sarebbe venuto a capo del significato di quegli odiosi incubi.

Ormai non gli restava altro.

    

Usagi era in ansia e al contempo emozionata. «Se lo pediniamo non si insospettirà?»

Al suo fianco Rei svettava di trenta centimetri su di lei, favolosa nei suoi nuovi panni maschili. Nel percorso dal tempio all'appartamento di Mamoru erano state fermate da due talent scout che aveva cercato di ingaggiarla per le loro agenzie di moda. Per non parlare del numero di mascelle femminili che si erano spalancate al suo passaggio.

Rei sbucava con la testa dal vicolo, per controllare la strada. «Non sei stufa di soffrire?»

«Sì, ma... tu somigli a te stessa, Rei. Mamo-chan si accorgerà che sei tu.»

«Te l'ho già detto, penserà che sono un mio parente. O gli hai raccontato che hai una penna lunare che può trasformarti in qualunque persona?»

«Ehm, no.»

«A posto. Funzionerà, vedrai.»

«Sì, ma questa non è la zona che frequento di solito...»

«Chi se ne importa! Da quando ti concentri su queste cose?»

Da quando era nervosa! «Mamo-chan non riuscirà mai a credere che un ragazzo come te si interessi a una come me! Nessuno ci ha creduto vedendoci insieme fino ad ora!» L'avevano squadrata come se fosse una specie di ranocchio repellente che camminava al fianco di un semi-dio.

«Solo perché ti ho trattata come un'amica.» Rei non vedeva l'ora di recitare e sfoggiare la propria avvenenza. «Vedrai quanto sarò credibile davanti a lui!»

Al solo pensiero Usagi era già imbarazzata. «Io cosa devo fare?»

«Sii naturale. Basterà la mia sola presenza a mettere in agitazione Mamoru.»

«Okay, ma non cercare di baciarmi!»

A Rei cascarono le spalle. «Non ti voglio così bene, Usagi.»

«Lo so, ma ti stai immedesimando un po' troppo!»

Lei si lisciò la camicia sul petto. «È che vorrei baciarmi da sola! Sono troppo affascinante!»

«Sei narcisista.»

«Figurati, pure tu sbavi per me!»

«Solo perché hai detto alla penna di farti più bella di Mamo-chan! Altrimenti non potresti esistere, non sarebbe possibile!»

«Certo, come no! Esistono un sacco di uomini belli come me, ma tu vedi solo Mamoru! Meglio per noi altre, abbiamo meno concorrenza. Sarò io a beccarmi un ragazzo fantastico come- Ah, sta arrivando!»

Usagi si voltò di scatto. «Dove?»

«Ecco, è uscito di casa! Viene da questa parte, te l'avevo detto. Spostiamoci verso il supermercato!»

«Come fai a sapere che sta andando lì?»

«Non lo so, ma da quel punto può vederti da lontano! La tua pettinatura è troppo riconoscibile!»

Usagi riuscì a correre più veloce di lei nonostante la differente lunghezza delle loro gambe. «Non esagerare, va bene? Deve diventare un pochino geloso, non-»

«Arrivare a lasciarti?»

Usagi si intristì di colpo.

Rei ebbe pietà di lei. «Oh, Usagi. Non può andare peggio di così, credi a me.»

    

Mamoru aveva portato uno zaino da riempire con la spesa. Stava facendo mente locale su quello che gli mancava quando venne attraversato da un brivido. Usagi. La percepì ancora prima di vederla. Una parte di lui volle correrle incontro - una reazione che avrebbe avuto sino alla fine dei propri giorni.

Patetico.

Si bloccò e alzò lo sguardo solo per capire in quale direzione doveva allontanarsi.

Intravide le code di Usagi solo a metà. La figura di lei era quasi interamente nascosta da quella di un'altra persona - un ragazzo. Il tipo le parlava da meno di un metro di distanza e di schiena era così imponente che la prima reazione di Mamoru fu quella di gettarsi tra loro due per salvarla.

Rimase fermo dove stava, senza capire.

Usagi non stava scappando, parlava con l'estraneo.

Indicava esitante la strada, come se gli stesse spiegando come orientarsi nella zona.

Come mai? Chi era quello?

Come se avessero deciso dove andare, lei e il ragazzo si voltarono nella sua direzione, iniziando a camminare.

Mamoru vide in volto il tipo, ma soprattutto vide come reagiva Usagi alla sua vicinanza. Lei teneva gli occhi sulla strada. Era imbarazzata, confusa, e ogni tanto accennava un sorriso timido - come aveva fatto durante i loro primi appuntamenti, quando era stato lui a turbarla.

Il suo cervello smise di funzionare.

  

Usagi non aveva il coraggio di alzare lo sguardo.

«Ci sta osservando» sussurrava al suo fianco Rei, senza accelerare il passo.

«Non andiamogli incontro.» Usagi si rese conto di non poterlo fare. Forse era stupida e debole, ma si vergognava. Si sentiva una fidanzata fedifraga.

Rei lasciò scivolare una mano intorno al suo polso. «Usagi.»

Dal petto le uscì un sussulto che la fece sentire in colpa. La mano della versione maschile di Rei era troppo grande e calda. «Cosa?»

«Non stai facendo niente di male.»

Anche se la voce di lei le dava i brividi, Usagi riuscì ad andare oltre il timbro e a focalizzare l'anima della sua amica che le parlava. «Ho sofferto da morire quando lui l'ha fatto a me.»

Rei chinò la testa. «Ma non sei stata tu a lasciarlo.»

Certo, però... «Riesci a vedere cosa sta facendo?»

«Solo con la coda dell'occhio. Non voglio sembrare troppo ovvia.»

«Sta venendo verso di noi?»

«Credo che stia tornando a casa.»

Usagi aveva creduto che al dolore ci fosse un limite, ma si era sbagliata. Era vasto come la luna intera. «Andiamo via.»

«Usagi-chan...»

«Forse davvero non gli importa più niente di me.»

Rei la prese per le spalle. «Dài, non fare così. Non poteva funzionare al primo colpo.»

Usagi non voleva singhiozzare per strada. Avrebbe pianto così forte che Mamoru l'avrebbe sentita. «Per favore...»

«Okay, okay, andiamo.» Rei la prese per mano, quasi pentita della propria idea. «Oh, Usagi. Il tuo amore si vede a un chilometro di distanza.»

Usagi si permise di piagnucolare solo quando ebbero girato l'angolo. «Non posso farci niente...»

Rei le accarezzò la nuca. «Mamoru invece conserva il suo amore dentro una cassaforte in cemento armato. Non ci avrebbe mai mostrato una reazione oggi, ma vedrai: a qualcosa sarà servito.»

Usagi si lasciò abbracciare, senza sentire più nulla per la versione di Rei che stava stringendo. Le importava solo di Mamo-chan e di come lui l'avesse ignorata nel vederla con un altro ragazzo.

Pianse lacrime amare.

   

Quella sera Mamoru non cenò. A stento bevve un bicchiere d'acqua.

Andò a letto alle nove e se dormì non se ne accorse.

Di mattina osservò il riflesso delle occhiaie che aveva in faccia e pensò che doveva abituarsi all'immagine.

La realtà era appena diventata orribile quanto i suoi incubi - e lui non poteva fare nulla per cambiarla.

    


     

Per Usagi l'attacco di un nuovo droide capitò a puntino: stava affogando nella tristezza, nemmeno la torta al cioccolato preparata da sua madre l'aveva risollevata.

La prima ad unirsi a lei in battaglia fu Minako. Venus notò subito la maggior lentezza dei suoi movimenti e quasi rischiò la vita quando la spinse lontano, evitando per un soffio il raggio del droide di Berthier.

Usagi si risvegliò dalla sua apatia. Non poteva rischiare la vita delle sue amiche!

Berthier la osservava dall'alto, in volo. «L'ultimo droide delle mie sorelle ti ha quasi eliminato, Sailor Moon. Che ne dite, proviamo un altro trucchetto speciale?»

Minako strinse i pugni, preoccupata all'idea che si ripetesse l'incidente della volta precedente. «Non te lo permetterò! Venus Love-Me Chain!»

Berthier provò a schivare, ma si beccò una frustata luccicante sulla coscia.

«AHIA! Come avete osato, la mia bellissima pelle!» La loro nemica divenne rossa in viso. «Twin Droids, fategliela pagare!» Mentre svaniva la voce del droide si divise in due.

«Agli ordini!» Il mostro iniziò a colare materia verde dalle braccia, come in un film dell'orrore. «Moltiplicazione!» urlò.

Usagi materializzò nella mano il proprio scettro, preparandosi ad attaccare.

La clonazione del droide accelerò in un battito di ciglia: un secondo prima era una massa informe che si agitava al suolo, quello dopo era diventato la replica perfetta dell'originale.

Usagi roteò il braccio per aria. «Moon Princess...»

Il droide allungò un arto di almeno dieci metri, colpendo il suo Cutie Moon Rod e scagliandolo lontano. Usagi balzò in aria, per evitare la mazzata alle gambe. «Aiuto!»

«Sailor Moon!» Venus cercò di venire in suo soccorso, ma l'altro droide la impegnò subito in battaglia.

Dov'erano finite le altre guerriere?!

Usagi saltò sulla cima di un albero; dovette piegarsi in due per evitare che l'arto del droide la tranciasse come il ramo sopra la sua testa. Quella cosa era diventata affilata?!

Mamo-chan, Mamo-chan....

Lo chiamò per istinto, sapendo bene che lui non si sarebbe più presentato.

Al suolo il droide sogghignava. «Twinsss.» Con un sibilo si preparò all'attacco finale.

Tendendo i muscoli Usagi riuscì a saltare via un attimo prima che il tronco dell'albero venisse tagliato in due. Aveva puntato una seconda quercia, ma calcolò male la distanza. Atterrò sulla superficie di un ramo solo con la punta della scarpa. Le si storse la caviglia mentre tentava di aggrapparsi a qualcosa.

Aiut-!

Non impattò a terra. Si sentì afferrare e volò via, in alto nel cielo, ad almeno cinque metri dal suolo.

Oh.

Si aggrappò al mantello nero di Mamoru. Le sarebbe piaciuto da morire perdersi nel momento, ma appena atterrarono saltarono via di nuovo, col suo stomaco che ballava. Il droide continuava ad attaccarli con due specie di asce e dovettero balzare da un punto all'altro per ben tre volte.

Le stava venendo mal di mare.

«Lo scettro!» gridò a Mamoru, indicandolo.

Lui riuscì a saltare fino all'aiuola in cui era finita il suo rod. Depositò Usagi lì, riuscendo a bloccare uno degli attacchi del mostro col bastone. Alla successiva parata la sua arma non resse e finì tranciata, ma lui si era preparato. Scagliò contro il mostro una ventina di rose, tutte insieme - come aveva fatto con Rubeus un paio di settimane prima.

Usagi ebbe il tempo di caricare il suo attacco. «Moon Princess...» Accelerò il balletto stringendo i denti. Le faceva male la caviglia. «Halation!»

Non permise al fascio di energia di esaurirsi alla prima scarica. Ucciso il primo droide e, mantenendo saldo il potere che stava sprigionando, saltellò come una cicala zoppa di un paio di metri a lato, per colpire il droide che stava tormentando Minako. «HA!» Si caricò con un grido per finirlo definitivamente.

La luce del suo attacco si dissolse assieme alla polvere che decretava la fine dei loro nemici.

Le uscì un lungo sospiro esausto.

Minako ansimava dalla contentezza. «Ragazze!»

Le altre stavano arrivando solo in quel momento, di corsa.

Usagi ancora non aveva appoggiato a terra il piede ferito.

«Tutto bene?»

Mamo-chan? Non se n'era andato?

Non seppe cosa la spinse a non voltarsi. Forse un misto di vergogna - per la scena a cui aveva dato vita il giorno prima - e un pizzico di intuizione. «Non so se riesco a camminare» mormorò.

«Ti porto dalle altre?»

... si offriva di toccarla a battaglia finita? «Sono vicina.»

Per la verità le sue amiche erano a una quindicina di metri di distanza. Rei in particolare si era bloccata dall'avanzare, osservandoli da lontano con grande attenzione.

Il cuore di Usagi batteva forte. Aveva risposto a Mamoru in maniera disinteressata, ma lui era ancora alle sue spalle. Non aveva più fretta di andarsene.

Rimanendo in equilibrio su una gamba sola, Usagi deglutì. «Ti interessa come sto solo perché, se fossi ferita, poi non riuscirei a combattere?»

Mamoru iniziò a indietreggiare. «È importante per tutti che tu sia in salute.» Il fruscio del suo mantello le comunicò che si era librato in aria, sparendo nella notte.

Rei le corse incontro, a bocca spalancata. «Cos'è successo?»

Usagi si appoggiò alla sua spalla per sostenersi. Era incredula. «Rei-chan... Io...»

«Che cosa ti ha detto?»

Un sorriso conquistò la sua faccia. «Penso che abbia funzionato.»

     

Venne accompagnata dalle sue amiche in tutto il percorso fino a casa.

Makoto non sapeva se ridere o boccheggiare. «Ti sei trasformata in un ragazzo?»

Rei non se ne vergognava affatto. «Lo farò ancora! Non avete sentito? Ci è cascato!»

Ami era ombrosa in volto. «Non mi sembra corretto usare simili sotterfugi per spingere una persona a-»

«AMI!» Il coro a tre fu unanime.

Minako la abbracciò per il collo, per zittirla. «Ma quale correttezza del cavolo! È lui che sta facendo il misterioso. Si merita questo trattamento, avrei dovuto pensarci per prima!»

Makoto ancora se la rideva. «E io che credevo che fosse un blocco di ghiaccio...»

Usagi sentì il bisogno di difenderlo. «Non è così. Mamo-chan fatica a esprimere i suoi sentimenti, si tiene tutto dentro.»

«Ah-ha!» la ammonì Rei. «Non metterti dalla sua parte proprio adesso! Dovrai farlo soffrire ancora!»

Usagi sapeva di doverlo fare - ormai era disposta a tutto - ma continuava a vergognarsi da impazzire. «Cos'altro dobbiamo fargli vedere? Una scenetta d'amore? Io non ce la faccio, non ce la-»

Rei la lasciò andare di scatto. «Ma quale scena d'amore! Non ti sarai davvero presa una cotta per il mio alter ego maschile?»

Minako saltellava dalla curiosità. «Devo vederti anch'io, andiamo a casa tua!»

«Usagi non riesce neanche a camminare!» la sgridò Makoto.

Ami stava armeggiando nella borsetta. «Le ci vuole una bella pomata, ecco una farmacia. Torno subito!»

Rei, Minako e Makoto furono molto felici di poter parlare senza avere la sua voce assennata che bloccava i loro piani più infidi.

«Niente scena d'amore!» esordì Minako. «Se ieri è bastato così poco, continuate sulla stessa strada.»

«Esatto!» Makoto fece accomodare Usagi su un muretto basso. «Non saresti credibile se lo avessi dimenticato dopo così poco tempo. Potresti ottenere la reazione contraria: dalla gelosia lui potrebbe passare al disprezzo.»

Usagi si morse un labbro. «No!»

Rei si stava sfregando metaforicamente le mani. «Non la disprezzerà mai, voi non lo conoscete quanto me. Mamoru Chiba è un ragazzo orgoglioso.»

Minako aveva appoggiato le mani sui fianchi. «Hai bisogno di ricordare ad Usagi che ci sei uscita insieme?»

«Zitta. Sto solo dicendo che, se sta ancora prestando attenzione ad Usagi dopo averla vista in compagnia del bellissimo me, il suo orgoglio è già sotto la suola delle scarpe. Non ci vorrà tanto per farlo capitolare. Ho l'idea giusta!»

«Quale?» domandò fremente Usagi.

Rei cercò di non ridacchiare troppo forte. «Chibiusa frequenta ancora casa sua?»

    

Per Mamoru le parole che riempivano i libri di testo non avevano più alcun significato - o importanza.

Non riusciva a dar loro un senso, ormai la sua vita era una landa grigia senza fine.

Usagi lo stava dimenticando. Non si era nemmeno voltata a guardarlo quando lui aveva cercato di aiutarla.

Il campanello di casa suonò due volte e uno spiraglio di luce rischiarò la sua giornata.

Chibiusa.

La piccolina aveva promesso di passare a trovarlo quel pomeriggio.

Andò ad aprirle. Lei entrò in casa colma di energia e felicità, stringendo le bretelle della cartella. «Ciao, Mamo-chan!»

«Ciao.» Le accarezzò la nuca piena di capelli rosa, soffermandosi sui codini a forma di cono.

Chibiusa somigliava così tanto ad Usagi... ma col suo carattere era così unica da rendere difficile confonderle l'una con l'altra.

Lei aveva levato le scarpine sull'ingresso. «Oggi ho tanti compiti da fare!»

«Ma certo, entra. Ti aiuto. Vuoi mangiare qualche dolcetto prima?»

«Sempre!»

Sorrise. Proprio quando pensava che Chibiusa non avesse nulla a che spartire con Usako...

Lei fece una giravolta nel salotto. «Ho una grande notizia!»

«Ah sì?» Si diresse in cucina, per recuperare la torta preconfezionata che aveva acquistato per nutrirla.

«Quella noiosa di Usagi non ti darà più fastidio! Non ti ama più!»

Fu come un colpo di pistola - una sentenza di morte che una voce infantile come la sua non avrebbe dovuto essere capace di pronunciare.

Le sue membra si erano irrigidite; riuscì comunque a muovere la gola, a malapena. «Hm?»

Chibiusa si era accomodata sul tavolino basso, aprendo la cartella. Era ignara di cosa gli aveva causato. «Rei mi ha raccontato che Usagi ha iniziato a uscire con suo cugino! Non sapevo che avesse un cugino, tu lo sapevi?»

... no.

«Comunque ora quell'antipatica di Usagi ti lascerà in pace! Non è bello, Mamo-chan?»

Svuotato, Mamoru fissò il vuoto.

«Mamo-chan?»

Si sedette solo perché da un momento all'altro non si sarebbe più retto in piedi.

Chibiusa smise di parlare.

... Usagi lo stava dimenticando?

All'orecchio gli arrivò una vocina risentita. «Sei tu che l'hai lasciata, perché ora sei triste?»

Già. 

Non ne aveva alcun diritto.

Era egoista, un tremendo egoista.

Chibiusa iniziò a scribacchiare furiosamente sul quaderno che aveva appoggiato sul tavolo. «Usagi è disordinata, sbadata, non aiuta mai mamma Ikuko...»

Mamoru empatizzò con la sua gelosia. «Non è così male.»

Lei lo guardò con occhi accorati. «Tu non la detesti come me?»

«No.» Mamoru le accarezzò di nuovo i capelli. «Io non la detesterò mai.»

  


    

Gi incubi di Mamoru avevano assunto una nuova forma: nei suoi sogni lui e Usagi non si sposavano più. Lei era sempre vestita da sposa, ma convolava a nozze con un altro ragazzo.

Mentre percorreva la navata Usako si voltava indietro, per cercarlo con le lacrime agli occhi. Soffriva, ma vedendo che lui non la raggiungeva avanzava comunque, mano nella mano con l'estraneo.

Quando Mamoru si svegliava la rivedeva coi gomiti appoggiati sul bordo del suo letto, come una delle volte in cui era passata a trovarlo a casa sua.

«Cosa vorrei diventare in futuro? Non posso dirtelo, riderai.»

Lui aveva scosso la testa, adorando il rossore sulle sue guance e il brillio dei suoi occhi. Usagi aveva portato la luce tra le ombre solitarie del suo appartamento.

«Vorrei fare la cantante ma non so cantare, vorrei fare l'attrice ma non so recitare...»

Gli era venuto da ridere.

«Ecco, visto?»

Lei si era sbagliata. «Un tempo ti criticavo solo perché devo rovinare tutto quello che di buono c'è intorno a me. La troppa speranza mi confonde. Mi sembra più sensato farla svanire, così... così anche gli altri possono prepararsi per tempo alla delusione, non restandoci male quanto me.»

Usagi era scivolata verso di lui sulla moquette. «Che cosa ti ha deluso?»

Troppe cose. «Non finirei più di parlare. Era solo per dire che non devi darmi retta quando smonto delle speranze in maniera troppo razionale. Io non riesco a sognare come te, ma la verità è che... mi piace vedertelo fare. È un dono, Usako.»

Lei aveva preso una sua mano - un po' per consolarlo, un po' per giocarci. Si era imbarazzata con grande dolcezza.

«Quello che sogno io è... sposarmi con te, Mamo-chan. Un giorno, quando saremo più grandi.»

Lui aveva sentito un'ondata di calore diffondersi nel petto.

Usagi aveva appoggiato la testa sul bordo del materasso, guardandolo trasognata. «Tu indosserai uno smoking meraviglioso... bianco, così non sembrerai troppo Tuxedo Kamen. E io... mi piacerebbe un vestito con una gonna ampia e un lungo velo che mi scende sulla schiena. Truccata sarei più carina di come sono ora...»

«Non puoi essere più carina.»

Usagi aveva premuto la faccia contro il lenzuolo, morendo di felicità. Mamoru aveva stampato in testa l'immagine del suo volto che tornava a guardarlo di sottecchi, con un sorriso commosso.

«Ci sarà tanta gente a festeggiarci! E dopo quel giorno... Sogno di diventare la moglie migliore del mondo per te. Non so fare quasi nient'altro, ma questo... Ci riuscirò sicuramente, non ti deluderò!»

Lui aveva sfiorato la ciocca di capelli che le era sfuggita da dietro l'orecchio. «Ci credo.»

Non era stato solo lui a baciarla, lo aveva fatto anche lei - e tra loro vi era stata una promessa, uno scambio, una dichiarazione.

Sentendosi come se stesse sanguinando dolore, Mamoru non badò ai raggi del sole che lo colpivano sulla faccia.

Era riuscito a rovinare anche quel ricordo.

Lo aveva reso insignificante con la propria fuga. Aveva calpestato e mandato al macero ogni singola parola d'amore che le avesse mai rivolto.

Non si era mai aperto con nessuno come con Usagi e ora lei lo credeva un bugiardo - al punto che, per smettere di soffrire, stava passando il suo tempo con un altro ragazzo.

Inevitabile.

Stava succedendo ora, ma se davvero lui doveva stare lontano da lei per sempre... prima o poi Usagi avrebbe amato un altro. Si sarebbe sposata con un altro. Sarebbe stata la moglie migliore del mondo per qualcun altro.

... a che era servito rinascere come Endymion e Serenity, se doveva finire così?

Lui avrebbe preferito non sapere mai, non ricordare mai...

No.

Se non avesse ricordato, non avrebbe potuto salvarla. Non avrebbe mai potuto aiutarla.

Usagi sarebbe stata sola nelle sue battaglie.

Ha le sue amiche.

Ma loro non potevano proteggerla come lui. A volte lui non era capace di fare niente, ma anche senza grandi poteri era in grado di proteggerla da colpi mortali. La sua vita non valeva niente se quella di lei non proseguiva.

Con quel ragionamento prima o poi sarebbe morto facendole da scudo umano, ma... aveva senso. Almeno la sua sofferenza sarebbe terminata.

Si tirò su, schiacciandosi la testa tra le mani.

No, non voleva morire. Non doveva nemmeno pensarlo.

Si era scelto un percorso prima di Usagi. La sua vita aveva avuto un senso prima di lei.

Magari un giorno le battaglie sarebbero terminate e se gli incubi fossero continuati...

Se riuscissi a scoprire chi li manda, Usako, e come vuole farti del male...

Non avrebbe avuto più importanza.

Usagi si stava già dimenticando di lui.

Faceva bene. Aveva pianto anche troppo per la loro brevissima storia. Non doveva versare altre lacrime per lui - lui che rovinava tutto quello che toccava.

    

«I nemici non fanno più nulla da almeno una settimana.»

Minako non capiva cos'avesse Ami da lamentarsi. «Saranno in vacanza. Scommetto che stanno aspettando settembre per tornare a lavorare, come tutti gli altri.»

Makoto si fece una sana risata. «Mi sembrava di aver sentito dire a Koan che non sopportava il caldo afoso di questo mondo.»

«Già, come se non l'avessero mai conosciuto. Chissà da dove vengono in realtà...»

Comoda sulla panchina in pietra, Ami digitava sul suo computer, persa in strani calcoli.

Nei suoi nuovi panni maschili, Rei soffriva l'afa come mai in vita sua. Farsi aria con la maglietta non bastava. «Tra dieci minuti usciamo da questo parco. Sto crepando

Minako se la spassava. «Chi te l'ha fatto fare di uscire così anche oggi?»

«La speranza che quell'idiota di Mamoru mi vedesse con Usagi. Ma pure lui si sarà rinchiuso in quel buco che chiama casa.»

Seduta accanto a lei, Usagi non si erse in difesa dell'amore della sua vita. Contemplava depressa le mattonelle del sentiero sotto le sue scarpe, studiando come ardevano sotto il sole cocente.

Rei era sdraiata dietro la sua schiena, spaparanzata al suo fianco come potevano fare solo due persone che erano in una certa intimità. Ami, Minako e Makoto si erano posizionate strategicamente a un paio di metri di distanza, in un gruppetto a parte, segnalando di ritenerli una coppia. Le stavano pedinando da giorni, per pura curiosità. Anche loro volevano cogliere il momento in cui Mamoru avesse visto di nuovo Usagi e il suo presunto nuovo corteggiatore.

Purtroppo anche lui, come i nemici, non si vedeva più in giro. Non andava né al Crown né alla sala giochi.

Avevano chiesto a Motoki se avesse lasciato la città, magari per farsi una piccola vacanza, ma Motoki non sapeva nulla.

«Sono proprio amici» aveva ironizzato Makoto.

Usagi aveva di nuovo spiegato che tipo fosse Mamoru. «Non parla tanto di se stesso. Crede che a nessuno importi.»

«Fortuna che non gli manca l'autostima, altrimenti...»

Usagi non aveva visto difetti in lui. «È perfetto così com'è.»

Makoto non aveva ribattuto: impossibile discutere con una ragazza innamorata. Tuttavia, da quel che vedeva, quell'amore non recava altro che infelicità ad Usagi. «Mi viene voglia di andare a prendere Mamoru a casa sua e portarlo qui di forza, così che possa vederti con...»

«Sora» le ricordò Rei. «Sora Hino. Frequento il secondo anno di legge all'università con ottimi voti. Mi sono trasferito a Tokyo da poco e ho un debole per le bionde simpatiche.»

«Rei» la apostrofò Minako. «Non so cosa darei per farti rimanere così per sempre. Magari potrei sabotare la penna lunare.»

Per il disgusto Rei lasciò cadere la lingua fuori dalla bocca. «Pensi che mi metterei con te? Continuano a piacermi gli uomini, sai?»

La frase stuzzicò la fantasia di Makoto. «Certo che tu e un altro bel ragazzo, magari un senpai... Tutti soli, in una sera d'estate....»

Ami stava cercando di non ascoltarle. «Ragazze!»

«Quanto sei noiosa, Ami. Tu non hai ormoni!»

Ami trovò la frase quantomeno imprecisa. «Li ho come tutti. Forse il mio ippotalamo produce meno dopamina in questa fase della mia vita, ma-»

Minako le cantò sopra. Ami si sarebbe arrabbiata se con la coda dell'occhio non avesse visto, all'entrata del parco, una testa dai capelli neri che le era nota.

Mamoru era apparso e da lontano si era fermato a guardarle.

Ami fece finta di niente, senza avvertire le altre. Controllò di soppiatto cosa stessero facendo Usagi e Rei. Proprio in quel momento Rei stava parlando ad Usagi, preoccupata, guardandola in apprensione dal basso verso l'alto, col capo a pochi centimetri dai suoi fianchi. In risposta Usagi le stava confidando qualcosa.

L'inganno era ingiusto nei confronti di Mamoru, ma col passare dei giorni Ami si era convinta che, se davvero lui lo avesse voluto, aveva tutte le possibilità di ribaltare la situazione. Gli bastava parlare con Usagi e aprirsi un pochino.

Mamoru si rese conto di essere osservato e sparì verso la strada, portandosi via l'aura di infelicità da cui era circondato.

Minako era passata dai gorgheggi giocosi a una vera e propria canzone, nel tentativo di dimostrare le proprie abilità musicali a tutte quante.

Ami si preparò al loro assalto. «Ragazze.»

Il suo tono incuriosì Makoto. «Che c'è?»

«Ehm... Mamoru è passato di qui un minuto fa.»

Usagi saltò in piedi. «DOVE?!»

«Di là, ma-»

«Mi ha visto?»

«Sì, però-»

Rei non riuscì a fermarla, Usagi era già corsa via.

«No, no, no! Quella ragazza non mi ascolta mai! Non deve inseguirlo, così rovina tutto. Adesso li raggiungo e-»

«Rei.» Ad Ami bastò quella parola per bloccarla. «Rimani qui, concedi loro un'altra possibilità.»

«Lui ne ha avute a decine, non fa che ferirla!»

«È vero, ma... oggi sembrava devastato. Lascia che le parli da solo un'ultima volta.»

Fremendo, Rei rimase dove stava, sperando ardentemente di non pentirsene.

     

«Mamoru!»

Mamoru non riuscì a credere che Usagi lo avesse seguito. Si voltò, senza dover nemmeno modulare l'espressione: si sentiva spento e indifferente. Ormai lei usciva in maniera stabile con un altro ragazzo, per cosa lo cercava?

Usagi indossava i propri sentimenti in maniera trasparente: era nervosa e lo guardava addolorata. Abbassò la mano che aveva teso nella sua direzione, rimanendo di proposito a distanza.

Non gli era venuta dietro per tentare l'ennesima riconciliazione.

«Volevo che sapessi...»

«Ti sei trovata un altro fidanzato.» E ovviamente si sentiva in colpa.

Lei chinò la testa, unendo le mani. «È che io...»

«Ti sei rimangiata le promesse che mi avevi fatto.»

Le causò un sussulto.

«L'ho fatto per primo» chiarì lui.

Usagi scuoteva la testa.

«Eri sincera.» Lo ero anche io. Lo sono ancora. «Non hai niente da rimproverarti.» Lo pensava sul serio. Usagi non lo aveva deluso. Era stato il destino a farlo.

Lei lo fissava con una patina lucida sugli occhi. Cercava infruttuosamente di non piangere. «Finisce così?»

Ti preferisco viva piuttosto che in coppia con me. «Come ti avevo detto, sì.»

Nel suo sguardo, per la prima volta, vide una scintilla di risentimento.

Si preparò ad andarsene, per non esserne travolto.

«Non gli avevo ancora permesso di baciarmi.»

L'immagine lo bloccò sul posto.

Usagi stringeva i denti nel parlare. «Ma mi ha già abbracciata. Mi ascolta e mi fa sentire bene. Quello che prova per me è più vero del sogno di un principe che diceva di essere rinato per amarmi.»

Infatti io non sono Endymion, sono Mamoru. Avrebbe dovuto essere una risposta per sottolineare la differenza, ma non riuscì a farsela uscire. Era fraintendibile: come Mamoru lui la amava molto più di Endymion. Il principe che era stato non avrebbe mai avuto la forza di lasciarla. Sarebbe rimasto aggrappato alla speranza, alla felicità, pur di non starle lontano.

Usagi deglutì, asciugandosi le guance rigate da due singole lacrime. «Non venire più a salvarmi.»

Era una richiesta che lui non poteva accontentare. «Rimango Tuxedo Kamen.»

«Perciò devi tenermi in vita per il bene del mondo?»

Avrebbe detto qualunque cosa pur di continuare a difenderla. «Sì.»

«Ti odio, Mamo-chan.»

Spezzata, lei scappò. Mamoru rimase solo, a lasciarsi inghiottire da una voragine di afflizione.

 

«Lo ammazzo.»

Usagi aveva appena terminato di raccontare tra i singhiozzi. «Anche se lo fai non tornerà da me.»

A Rei non importava affatto. «Lo ammazzo lo stesso.»

Minako soffriva per la sua amica. Sapeva cosa significava veder finire un amore. Aveva creduto che non sarebbe successo tra Usagi e Mamoru, ma... «Usagi.» Prese una sua mano. «Forse sarebbe meglio lasciar perdere per ora. Non significa che devi perdere ogni speranza per il futuro, ma...»

«Non puoi permettergli di continuare a farti male» si intromise Makoto.

Minako annuì, ma Usagi non la lasciò riprendere il discorso. «Ho già deciso.» Mandò giù il nodo di devastazione che le bloccava la gola. «Quello che c'era tra noi era troppo bello perché lui lo rovini in questo modo. Non gli darò più la possibilità di dirmi cattiverie.»

«Brava.» A Rei sembrava un buon proposito.

«Smetterò di parlargli. Mi girerò dall'altra parte quando lo incontro.»

Ad Ami pareva un piano razionale, ma anche una sconfitta enorme per una persona fiduciosa e positiva come Usagi. «Fai quello che ti senti, senza prendere decisioni definitive.»

Usagi aveva smesso di piangere e guardava con apatia davanti a sé. «Devo prenderle, Ami-chan. O finirò davvero con l'odiarlo.»

   


    

La prima volta che accadde, Mamoru soffrì ma non se la sentì di biasimare Usagi.

Lei lo incrociò per strada e appena lo vide cambiò direzione, attraversando al semaforo per allontanarsi il più possibile da lui.

La seconda volta lui udì solo la sua voce. Stava ordinando un onigiri in un nuovo locale e alle sue spalle la sentì commentare con entusiasmo la bontà dei prodotti in vendita. Usagi si interruppe di colpo mentre parlava e Mamoru non ebbe nemmeno il tempo di girarsi: lei era già sparita, scappando via.

Non riesco nemmeno a guardarti.

Gli mancava vederla ridere.

... lei lo stava facendo col suo nuovo ragazzo?

Si era già scambiata un bacio con lui?

Io non voglio baciare nessun'altra. Mai più, per il resto della mia vita.

Stupidamente, se la prese un po' con lei per non aver dimostrato la stessa dedizione.

Ma come avrei reagito io se fosse stata lei a lasciarmi? Se mi avesse disprezzato a ripetizione?

Probabilmente non si sarebbe arreso e l'avrebbe cercata, per capire.

Proprio come aveva fatto Usagi.

Non la biasimava. Gli errori erano tutti una sua responsabilità.

Un pomeriggio non resistette più. «Come sta Usagi?» domandò a Chibiusa.

La piccola mise il broncio. Prima di rispondergli contemplò il foglio dei compiti. «Non mi parla più di te. Non vuole più accompagnarmi quando vengo a trovarti.»

Oh.

Non si accorse che Chibiusa lo guardava. «Ora sei triste come lei.»

Mamoru deglutì. «Volevo solo essere sicuro che...» Non seppe che scusa inventare.

«Ridevi tanto quando eravate ancora fidanzati.»

Non commentò.

Chibiusa aveva iniziato a colorare, mogia. «Se le vuoi bene non dovresti farla piangere.»

Si sentì un mostro. Persino una bambina aveva capito che era lui la fonte dei dispiaceri di Usagi. Era riuscito a trasformare una persona buona e pura come la sua Usako in una creatura che si crogiolava nella pena e nel risentimento.

Chibiusa aveva ripreso a fissarlo, infelice ma determinata. «Le dirò che la ami ancora e che stai mentendo.»

Mamoru sussultò. «No! Non puoi capire cosa succede! Sei ancora piccola e-»

Chibiusa saltò in piedi. «Sono piccola ma amo la mia mamma e il mio papà!» Il suo urlo riempì il salotto. «Se fossero qui non li caccerei via! Rimarrei sempre con loro e vorrei stare tutto il tempo in braccio! Sei uno stupido, Mamo-chan, perché tu puoi e non lo fai!» Fuggì verso l'ingresso. Pochi secondi dopo Mamoru sentì sbattere la porta.

Inebetito, restò seduto sul pavimento, senza muoversi.

    

La sera in cui percepì l'arrivo di una nuova droide, Usagi si armò di coraggio.

Aveva paura - non di combattere, ma di rivedere di nuovo Mamoru. Era riuscita a evitare completamente il suo intervento nella battaglia precedente, combattendo con efficienza e velocità, coadiuvata dalle altre.

Ma questa volta? Sarebbe riuscita a non cadere, a non venire colpita e a non essere salvata? Il peggio sarebbe stato essere presa in braccio da Mamoru. Anzi, da Mamo-chan.

Come aveva immaginato il suo livore non aveva forza, dopo pochi giorni già si struggeva al pensiero di avergli fatto male con la sua indifferenza. Inoltre non poteva nemmeno vederlo o parlargli...

Quando aveva fatto finta di niente e non aveva insistito troppo, almeno era riuscita a passare del tempo con lui grazie a Chibiusa. Non si era potuta permettere di fissarlo, ma aveva camminato al suo fianco, a neppure un metro di distanza. Aveva udito la sua voce, aveva assistito a piccoli gesti di gentilezza. Non rivolti a lei, ma...

... era una ragazza debole.

"Usako" Ricordava il braccio di lui intorno alle spalle e la sua bocca premuta sulla fronte. "Non ti lascerò andare mai più."

Era stata sciocca per settimane.

Mamoru la amava - forse tantissimo o almeno un pochino. Per chissà quale ragione però lui aveva deciso che non meritavano una possibilità. Perciò, con ogni parola che le rivolgeva, distruggeva la purissima bellezza dell'amore che si erano scambiati.

Presto i 'ti detesto' avrebbero superato in numero i 'ti amo'. Anche se erano palesi bugie, lei non voleva più lasciarglielo fare.

Accelerò il passo verso la battaglia, decisa a concludere lo scontro più in fretta che poteva.

Prima di pensare a Mamoru, doveva occuparsi delle persone che erano in pericolo. Era una guerriera, il suo compito era combattere e proteggere gli indifesi. Già, era Sailor Moon.

Ho un dovere da compiere e posso farcela anche senza Tuxedo Kamen.

   

Aveva chiamato le sue amiche sul luogo della battaglia - un negozio di antiquariato - ma la strategia della nuova droide di Kalaveras la rese una precauzione vana.

«Vieni a prendermi se hai il coraggio, Sailor Moon!»

Il mostro si dileguò nella notte, tenendo sotto braccio una ragazza.

Usagi lo inseguì a bocca aperta. «Aspetta, dove la porti?»

Saltò di tetto in tetto all'inseguimento della droide, sempre più lontano dal punto iniziale di combattimento.

Che volevano fare a quella ragazza?

Forse niente. Aveva il dubbio che fosse una trappola pensata per attirare lei. Tenne il suo scettro sguainato, a portata di mano, per non farsi cogliere impreparata.

La droide si fermò di colpo. «Ci siamo!» Sbatté lontano la sua vittima, mandandola oltre il parapetto del condominio di cinque piani su cui erano arrivati.

«NO!» urlò Usagi. Si gettò in avanti, ma era troppo lontana, era troppo tardi per-

Alle spalle della droide vide un mantello nero che volava nella notte; fu genuinamente felice di vedere Mamoru - che stringeva tra le braccia la giovane svenuta.

Kalaveras apparve in cielo. «È arrivato il bamboccio con la tuba, ma non disturberà i nostri piani! Spazium, crea il tuo vortice!»

«Agli ordini!»

Usagi non aspettò che il mostro in gonnella desse forma al suo attacco. Cominciò ad agitare lo scettro. «Mooon princess...!»

Con la coda dell'occhio vide che il bastone di Mamoru si era allungato fino a colpire allo stomaco Kalaveras. Indignata la nemica gli stava urlando contro e forse si preparava a-

Nel momento in cui scagliò il suo attacco contro la droide, vide a cosa aveva dato vita la creatura: era una sorta di buco scuro e infinito che deformava lo spazio. Attirava a sé qualunque cosa, compreso il suo potere. Cominciò ad assobirlo come un aspirapolvere. Più Usagi direzionava l'energia verso il suo centro, più sentiva di perdere la presa sul terreno, spinta in avanti.

Stava per essere risucchiata.

Scorse una luce in aria - Kalaveras che spariva - ed ebbe solo un momento per essere felice che la donna non si fosse scagliata contro Mamoru. Il suo piede sinistro scivolò in avanti. «Ahhhhh-!»

Il risucchio cessò di colpo.

La droide si stava coprendo gli occhi: una rosa li aveva presi di striscio. «Maledetto!»

Usagi era a terra e non riuscì a rimettersi in piedi immediatamente. Il mostro si voltò verso Mamoru.

«Finirai nell'immensità di questo buco nero! Spazium!»

No! Senza neppure pensarci le gettò in faccia il suo scettro - così, senza neppure provare ad usarlo.

«Ahi!» La droide si teneva il naso. «Come hai osato? Ah, ma adesso sei senza armi, è arrivato il tuo turno di-»

Mamoru la colpì al corpo con tre rose, in rapida sequenza.

Saltando in piedi Usagi portò la mano alla fronte, afferrando la sua tiara. «Moon Tiara Action!» Adattò il suo vecchio attacco alla necessità, usando la banda di energia come un anello gigante con cui stringere la droide per la vita. Sapeva che non sarebbe durata e, mentre il mostro si dimenava, corse verso il punto in cui era finito il suo scettro.

Mamoru lo raggiunse per primo, afferrandolo e lanciandoglielo. «Eccolo!»

Usagi lo prese al volo, senza errori né esitazioni. «Moon Princess...»

La droide si liberò dal suo giogo - troppo tardi per sopravvivere.

«Halation!»

L'attacco di luce la polverizzò all'istante.

Nel silenzio che seguì Usagi rimase a guardare i resti scintillanti del potere lunare che svanivano nell'aria.

Aveva il fiatone. «Come sta la ragazza?»

Si rese conto di aver parlato solo quando le parole le erano ormai uscite di bocca. Fu un grande sforzo non coprirsi le labbra con le dita.

Nel combattimento Mamoru aveva perso la tuba. Andò a raccoglierla da terra, poco più che una sagoma nell'oscurità della notte, con la luce dei lampioni troppo lontana per illuminarli. «Sta bene. La riporterò indietro.»

Usagi vibrava per il nervosismo. «Okay. Me ne vado.»

«Aspetta.»

Si era voltata e non si girò.

A Mamoru non servì vederla in volto per parlare. «Non inseguire più i nemici. Questo era un piano per allontanarti dalle altre - così che nessuno potesse aiutarti.»

Ci era arrivata da sola. «Avrei dovuto lasciare che prendessero quella ragazza?»

«Sì. In casi come questi interverrò io. Tu rimani dove sei.»

Riuscì a farla arrabbiare. «Tu non ci sei sempre!»

«Invece prima o poi arrivo.»

«Non è vero! Comunque non fai parte della nostra squadra, tu vieni e vai come ti pare!»

Non seppe se gioire o sentirsi un verme per lo choc che gli aveva suscitato. Non che riuscisse a scorgerlo, ma l'aveva percepito. Anche per via del fatto che lui si stava avvicinando - a pugni stretti e col mantello che sventolava alle sue spalle.

«Te lo prometto adesso, mi occuperò io di faccende come questa.»

Una promessa? Da parte sua? «Perchè dovrei fidarmi? Tu non mantieni quello che dici.»

Lui non replicò.

Usagi si sentì cattiva come mai in vita sua. Indietreggiò, preparandosi ad andare via.

«Limitati a rimanere dove le altre possono assisterti.»

Insisteva! «Che diritto hai di chiedermelo?»

«Nessuno!» sbottò lui. «Ma se vuoi che non ti aiuti più in battaglia, lasciami fare almeno questo!»

Il petto di lei grondò dolore. «Quando non ci saranno cose da fare nei dintorni, che farai? Rimarrai a guardare, fino a che non avrò bisogno di te?»

Mamoru rimase immobile nella penombra. «Sì.»

Usagi si permise una smorfia di sofferenza, solo perché nell'oscurità lui non poteva vederla. «Non è questo quello che voglio da te.»

Il silenzio fu così totale che venne sovrastato dal fruscio del vento.

Era stata respinta di nuovo - ancora una volta.

Un'altra ferita inflitta al sentimento che avevano condiviso. «Ho deciso di non pensarti più» dichiarò. Fu lapidaria e testarda per la rabbia che l'aveva invasa. «Oggi ho dato il mio primo bacio a Sora-kun. Pensavo che non avrei più dato un altro primo bacio in tutta la mia vita, ma... mi hai costretto. Ho fatto bene, ho scoperto che un bacio vale l'altro.» Non piangere, non piangere. «Tra poco i suoi baci mi piaceranno come i tuoi - anzi, più dei tuoi! E io lo amerò tanto e pensare a te non mi farà più...»

Mamoru chiuse le dita attorno al suo polso. «Non farlo» mormorò.

Usagi non smetteva di tremare. «Cosa?» domandò con un filo di voce.

«Non baciare un ragazzo che non ami.»

Perché no? «Se non sei tu, che differenza fa?»

Bagnò di lacrime le guance. Ansimò a scatti, devastata, ancora di più quando si accorse che Mamoru continuava a tenerle la mano.

Lui non se n'era andato. Era rimasto, la stava ascoltando.

Lo amò così tanto da rimanere senza fiato. Boccheggiò per riuscire a parlare. «Anche se non vuoi più stare con me, io ti amerò ogni giorno, Mamo-chan.»

Lui scosse la testa. «No.»

«Sì. Qualunque cosa tu dica, qualunque cosa tu faccia...»

«Devi odiarmi.»

«Non posso. Ti amerò da lontano se è quello che ti serve. Non ti chiederò più niente...»

Mamoru aveva stretto la presa, avanzando di un passo. «Sono io che ti chiedo di aiutarmi.»

Era disperato. «In cosa?» Usagi voleva stringere il suo volto al petto, consolandolo.

«Non pensare più a me.»

Era una preghiera accorata che lei non poteva esaudire. «Dovrei morire per non farlo.»

«È quello che rischi!»

Usagi non capì. Non le importò. «Rischio sin da quando sono Sailor Moon. Tu mi hai dato forza sin dall'inizio. Anche oggi.»

Per lo sforzo di trattenersi lui rabbrividiva. «E se un giorno fossi io la tua debolezza?»

Lei lo strinse per le braccia. «Come potresti? Tutto ciò che tocchi in me diventa luce, Mamo-chan. Tu mi rendi invincibile.»

Si sentì schiacciare contro il suo corpo. Al buio andarono a memoria, lei sollevando la testa, lui chinandola. Si sfiorarono la bocca. Usagi si era accasciata contro di lui e col suo aiuto Mamoru la tirò su, per un bacio più intenso, infinito.

Il sapore, il calore delle sue labbra.

Gli avvolse le braccia intorno al collo, stritolandolo per non perderlo più, per non permettergli più di staccarsi.

Spirò sul posto, di felicità.

Sentì dell'umido sulle guance. Comprese che non era lei a piangere appena udì Mamoru singhiozzare.

Lui gemeva. «Morirai se rimani con me...»

Lei premette un bacio soffice sulle sue labbra e accanto al suo naso. «Chi lo dice?»

Mamoru stringeva le palpebre, tenendole la testa tra le mani. «Lo sogno tutte le notti...»

Un incubo? Non avrebbe potuto arrabbiarsi con lui, non vedendolo in quello stato. «Non succederà.»

«Non sai quanto sembra vero. Non sai cos'ho visto fare a questo sogno nella realtà-»

Usagi lo costrinse ad aprire gli occhi. «So chi sono io. E so cosa posso battere quando sei con me. L'unica cosa che mi rende debole è non averti accanto, Mamoru. Rimani con me e salvami. Combatti al mio fianco.»

Il suo assenso fu una resa - per entrambi una vittoria, anche se lui ancora non lo sentiva.

Usagi voleva coinvolgerlo nell'estasi assoluta che stava provando. «Non hai mai smesso di amarmi?»

Lo baciò e si lasciò baciare convulsamente prima di permettergli di rispondere.

«Mai.»

«Erano tutte bugie?»

«Sì. Tutte - tutte quante, Usako.» Mamoru strofinava la faccia contro la sua. «Mi sei mancata come l'aria.»

Per quel momento, pensò lei, era quasi valsa la pena di soffrire così tanto - quasi.

«Non mi lascerai più, vero?»

Lui le accarezzava forte la schiena. «Mai più. Non ti permetterò di morire. Morirò per primo, nessuno ti farà del male.»

Era una dichiarazione d'amore troppo cupa! «Non morirà nessuno! Io e te vivremo felici per così tanto tempo che ad un certo punto ti stancherai davvero di tutte le smancerie della tua Usagi-chan.»

Mamoru teneva la fronte premuta contro la sua, a occhi chiusi per il sollievo del peso che lo aveva abbandonato. «Della mia Usako. E non mi stancherò. Amerò tutto quello che ti verrà in mente.»

A lei quasi non pareva vero udirlo. «Verrò a cucinare a casa tua.»

«Hm-hm.»

«Ti starò appiccicata giorno e notte.»

Le labbra di lui si distesero in un sorriso agognato. «Questo è un premio. Non me lo merito.»

Usagi lo avvolse a sé con le braccia, per custodirlo. «Certo che tu sì. Tu ti meriti tutto l'amore del mondo, Mamo-chan.»

    


      

Minako saltò in piedi nell'udire la notizia. «Davvero? Avete fatto pace?»

Rei non si raccapezzava. «Ieri sera, giusto? Perché non ce l'hai detto?»

Nel piazzale del tempio Usagi arrossì, tormentandosi le dita. «Volevo stare da sola con lui.»

A Makoto veniva da piangere per lei.

Ami era immensamente felice, ma anche preoccupata. «Ti ha detto perché...?»

«Sì. Ha fatto degli incubi.»

«Degli incubi?» Rei non riusciva a credere alle proprie orecchie. Strinse i denti, per non esplodere.

Usagi capiva la ragione della sua rabbia. «So che detta così... mi spiegherà meglio oggi. Riguardavano me, pensava di tenermi al sicuro. Ieri, dopo che abbiamo riaccompagnato al negozio la ragazza, mi sono fermata a dormire con lui per un po', per tranquillizzarlo.»

Non proseguì, perché tutte le sue amiche avevano sbarrato gli occhi.

Usagi comprese e avvampò fino alla punta degli chignon. «Ma cosa avete capito?! Abbiamo dormito - dormito! L'ho abbracciato come un bambino, per assicurarmi che non facesse più brutti sogni!»

Minako ridacchiava senza pietà. «Ceeerto. Come un bambino!»

«Minako!»

Rei era impressionata. «Non avevo capito fino a che punto fossi disposta a spingerti per riaverlo.»

«Rei!»

Makoto smise di ridere con le altre. «Se tu sei sicura che d'ora in poi sarà tutto a posto, Usagi...»

Lei annuì senza esitazioni. «Ne sono certa. Mamoru sa di aver sbagliato. Penso che sarà pentito per il resto della sua vita di essersi comportato così male.» Cercò di buttarla sullo scherzo. «Immaginate tutto quello che potrò fargli fare? Accontenterà tutti i miei capricci.»

Rei lo sperava, altrimenti la prossima volta non l'avrebbe avvertita e lo avrebbe menato senza pietà. «A proposito di questo... dimmi che sei stata furba e non gli hai detto la verità sul mio alter-ego.»

«Ecco...» Usagi sentì crescere un enorme sorriso sulla faccia.

   

«Allora, com'è andata?»

Si ricongiunse a Mamoru mezz'ora dopo. Fu molto contenta di trovarlo tranquillo e rappacificato con la decisione che aveva preso. Se per caso lui aveva fatto ancora quell'incubo nelle prime ore della mattinata, non ci stava più pensando.

Seduto sulla panchina del parco, lui le prese le mani, attendendo il responso.

Usagi non si sentì in colpa nel mentire. A paragone la sua era una piccola bugia innocente. «Sono andata da Sora-kun e gli ho detto che non possiamo più vederci.»

Mamoru annuì, soddisfatto ma ancora lievemente inquieto.

Era una cosa carinissima vederlo lievemente geloso.

Lui aveva un'altra domanda. «Questo Sora rimarrà ancora molto a Tokyo?»

«Oh no. Parte domani, ha detto che senza di me non ha più motivi per restare.» Pensò di essersi spinta troppo in là con la menzogna, ma Mamoru la trovò una versione credibile.

La sua autostima crebbe a mille.

«Non ha cercato di baciarti di nuovo, vero?»

Uhh, su quello poteva essere clemente. «In verità...» Dondolò con le loro mani unite.

«Cosa?»

«Ho esagerato la storia del bacio. Lui non mi ha mai baciata.»

Mamoru rimase interdetto. «Veramente?»

«Veramente. E sappi che mi ha ferita che non sia stato questo a farti cedere. Io insistevo a raccontarti di questi altri baci e tu niente.»

«La tua vita valeva più della mia gelosia.»

«Allora ti dava fastidio?» azzardò lei.

Mamoru la osservò. Con grande consapevolezza, sorrise. «Avresti dovuto dire che era stato più bravo di me. Finché conservavo il primato...»

Usagi gli scompigliò i capelli con entrambe le mani. Vederlo ridere fu un balsamo per tutto il dolore che avevano provato.

Tornando seria, lo guardò dritto negli occhi. «Hai bisogno che dorma un po' con te anche questa notte?»

«No, Usako. Ho fatto di nuovo quel sogno, ma questa volta tu non sei volata via tra le macerie. Hai preso il tuo scettro e hai combattuto contro tutti i nemici in abito da sposa. Poi, quando hai vinto, ti sei sistemata il velo sulla testa e mi hai condotto verso l'altare.»

Felice, Usagi lo travolse in un abbraccio. «Farò proprio così!»

Abbracciandola, Mamoru seppe che sarebbe andato tutto a posto.

Di sottecchi, all'entrata del parco, vide una piccola figura dai capelli rosa che stringeva le bretelle della cartella.

Chibiusa non era imbronciata. Incontrando il suo sguardo sorridente gli lanciò una linguaccia allegra e scappò via.

"Te l'avevo detto, avevo ragione io!"

Udendola nella propria testa, Mamoru annuì e riposò contro la spalla di Usagi.

  

  

Salvami - FINE

 


 

NdA: Io sceglo sempre il titolo alla fine, perché non sono brava a inventarli. Tuttora non sono così convinta che questo sia il titolo più azzeccato, ma ad un certo punto me lo faccio andare bene perché ho voglia di pubblicare :)

'Salvami' comunque potrebbe essere riferito sia a Usagi che a Mamoru. Lei gli chiede di salvarla alla fine, rimettendosi con lei e dandole forza. Ma secondo me era Mamoru che aveva bisogno di essere salvato da lei, in molti sensi.

Ecco, sono piuttosto convinta che se Usagi e Mamoru si fossero riappacificati in questo modo, lei nella quarta serie non sarebbe stata gelosa come nell'episodio in cui lui dormiva a casa di Rei, ma soprattutto non avrebbe avuto la crisi della quinta serie, in cui era arrivata a credere che Mamoru non le stesse parlando per mesi solo perché era troppo impegnato. Andiamo, era una cosa terribile! Personalmente riconducevo l'insicurezza del loro rapporto alla riappacificazione fatta male.

Posto che nella mia saga (o meglio, nella mia testa) le ho dato una sistemata - e secondo me Usagi e Mamoru appunto si sono capiti al suo ritorno dopo la quinta serie (in 'Oltre le stelle') - mi dispiace che non sia andata come ho scritto in questa storia.

Ho già paura di confondermi col resto delle cose che ho detto su questa coppia, per questo di solito non scrivo AU.

Comunque tutto ciò era partito come una storiellina leggera leggera, in cui Mamoru doveva tornare di corsa da Usagi dopo aver scoperto che lei aveva un altro ragazzo. Invece, come al solito, devo scrivere cose serie e commoventi, altrimenti non sono felice :D

Grazie di sopportarmi e mi raccomando: i commenti sono il mio premio ;)

  

Elle


 

Il gruppo facebook dedicato alle mie storie: Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...

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