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Autore: metformin_86    04/06/2020    4 recensioni
Non aveva paura, non era pessimista, il problema era solo quella nausea.
La nausea non voleva decisamente lasciarlo in pace
(aka una oneshot a tema MitKo)
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hisashi Mitsui, Kiminobu Kogure
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nausea. Una nausea infinita. La nausea della chemio.
“Porta pazienza, hai quasi finito” gli dice gentile la voce di Kogure, mentre gli allunga un asciugamano per tamponarsi la bocca. Mitsui annuisce poco convinto, mentre si piega per l’ennesima volta sul lavandino.
A volte, per farsi forza, cerca di immaginare di essere sul retro di un bar, con Tetsuo e la vecchia banda, dopo una sbronza colossale. Ma quella nausea e questa nausea hanno due sapori diversi.
Quella nausea era come un epilogo, rovinoso ma glorioso, di giornate intense, che bruciavano veloci nella cappa umida dell’estate di Kamakura. Era violenta, liberatoria, viva.
Questa nausea è subdola, strisciante, sempre pronta a fargli compagnia. E’ come una vita grigia da impiegato: ferma, piatta, senza prospettiva né alternativa.
E’ proprio questo piattume infinito a snervarlo.
Appena diagnosticato, si era guardato allo specchio e aveva sorriso.
‘Tranquillo – si era detto – Sei forte. Ce la farai’
Si era preso l’aspettativa dal lavoro e aveva chiesto a Tetsuo di rasargli i capelli a zero.
Sei mesi di trattamento. Dodici cicli di terapia e sarebbe tutto finito.
Ma il cancro ha un modo tutto suo di fiaccarti. Le giornate in casa ad aspettare che la conta dei globuli bianchi risalga, quel perenne senso di stanchezza e , sopra a tutto, quella nausea continua….Non è spaventato, non è pessimista, semplicemente non ne può più.
Un altro conato di vomito, la mano di Kogure che gli sorregge la fronte.
Solo tre mesi fa non glielo avrebbe mai permesso, ma ora è semplicemente contento che Kogure sia lì. Non ha senso fare l’orgoglioso con lui, tanto Kogure lo sa come stanno le cose. L’ha sempre saputo.
“Grazie” dice semplicemente.
Kogure annuisce, incoraggiante. “Sarai pure stufo”
Mitsui solleva la testa. La nausea sembra essersi attenuata. Cautamente, fa qualche passo indietro e si lascia scivolare lungo il bordo della doccia. Lentamente, annuisce. “Un po’ “ confessa.
Il rumore di un corpo che scivola sul vetro. Kogure gli è seduto accanto. Gli afferra la mano.
Contrariamente a quanto potrebbe pensare chi lo conosce superficialmente, Kogure non fa mai la chioccia ansiosa, non si agita, non gli sta continuamente addosso. Sta semplicemente lì, fermo con lui, ad aspettare che tutto finisca.
E’ un silenzio che fa un rumore quasi assordante.
Mitsui lo guarda. “E tu – gli chiede , passandogli un braccio attorno alla spalla – tu sei stufo?”
Guardandolo negli occhi, Kogure annuisce. “Ma non nel senso…”
“Lo so” lo rassicura Mitsui dandogli un bacio sulla fronte.
Il reparto di oncologia è pieno di depliant al riguardo. Per Mitsui sono tutte colorite seghe mentali attorno ad un’unica, inconfutabile verità: il cancro fa schifo.
Restano un po’ in silenzio, mano nella mano. Sembra davvero finita per il momento. Chissà, magari riusciranno ad avere qualche ora di tregua.
 
Si sdraiano sul letto, Mitsui coricato su un fianco e Kogure che gli accarezza gentilmente una guancia. Mitsui ricorda che i primi tempi sbagliava sempre e d’istinto cercava di accarezzargli i capelli. Sorride. Kogure è diventato proprio bravo.
Lo sguardo cade sul calendario appeso al muro. Domani inizia il quarto ciclo. Altri tre mesi e , forse, riprenderanno a crescergli i capelli.
Più che altro spera che gli ricrescano in fretta le sopracciglia. E che le unghie gli tornino in fretta di un colore normale. Conciato così si vede un po’ come un alieno dei film anni ’70.
Si gira a guardare il suo ragazzo. Kogure lo fissa con il solito sguardo preso di sempre e a Mitsui viene quasi da ridacchiare, mentre si chiede che cosa ci trovi di bello in lui, preso come sta preso. L’occhio gli cade sui capelli di Kogure e il sorriso gli si allarga. Si chiede come mai non ci abbia fatto caso fino ad allora.
Kogure ha cambiato taglio. Non ha più le solite ciocche che gli cadono sulla fronte.
Certo è ben lungi dall’essere una rasatura ma Mitsui ci vede qualcosa di vagamente solidale o , forse, gli piace solo pensare che sia così.
Allunga una mano verso quella chioma color castano e la scompiglia un po’. Per tutta risposta, Kogure si china su di lui ed inizia a baciargli il collo e le spalle.
Per i primi due cicli riuscivano anche a fare l’amore. Ora per un po’ dovranno accontentarsi solo delle coccole.
 Lui lo sa, Kogure lo sa, l’oncologa l’ha spiegato gentilmente ma in modo molto chiaro.
E’ un effetto collaterale comune della chemio. Passerà, come la nausea. Ricresceranno i capelli. Bisogna solo aspettare.
 
Un forte senso di nausea, ma stavolta è diverso.  Stavolta è come un macigno che gli pesa sullo stomaco. E il cuore gli va a mille. Vorrebbe muoversi, anche solo stringere un po’ i pugni per scaricare la tensione. Ma non si può. Il tecnico è stato molto chiaro e comunque ci sono le cinghie che lo tengono fermo. Senza possibilità di fuga, mentre quella macchina va su e giù per il corpo, cercandogli eventuali linfonodi ancora malati, si rende conto di avere paura. E’ una paura forte, ver,a come quella che mai ha provato prima. Nemmeno lo sapeva che si potesse essere così spaventati. Ed è certo che, se lo raccontasse a qualcuno che non ci sia passato di persona, quel qualcuno non potrebbe capire.
Quando finalmente l’esame è finito il tecnico lo fa accomodare in corridoio. Per un tempo infinito aspetta il referto ma almeno può tamburellare col piede sul pavimento e questo gli dà un sollievo immenso.
Se puoi muoverti la paura non è mai totale o , almeno, così gli viene da pensare.
Finalmente il radiologo compare in corridoio. Gli consegna una busta bianca.
“Mi raccomando – gli dice serio – aspetti l’oncologa per aprirla”
Mitsui annuisce e , appena uscito dall’edificio di radiologia, si mette ad armeggiare con la busta.
Kogure lo guarda un po’ preoccupato, ma non dice nulla. E, se non fosse impegnato a leggere con ansia quelle righe, a Mitsui quasi verrebbe da ridere.  Kogure sotto sotto è ancora il quattrocchi  vicecapitano che odia disobbedire alle regole.
Finalmente i suoi occhi riescono ad afferrare il senso di ciò che c’è scritto in quel referto.
Esame PET negativo per patologia neoplastica’.
Il cuore riprende a battergli a mille. E’ libero.
L’oncologa non sembra per nulla sorpresa di ricevere la busta già aperta. Lo fanno tutti, dice. Tutti vogliono sapere. Di quello che dice poi, Mitsui non ascolta nulla. Non riesce a concentrarsi su parole tipo ‘esami di controllo’ o ‘follow up’. Sa solo che il tempo ora può ricominciare a muoversi e che la nausea per un po’ non tornerà.
Appena usciti dall’ospedale, Kogure scoppia a piangere. Mitsui sorride. Se l’era aspettato. Quel ragazzo è esausto e , nel vederlo così, Mitsui sa di non essere mai stato solo.
Vorrebbe correre in lungo e in largo per Kamakura ma per quel giorno aspetterà. Kogure ha bisogno di riposare. Per quella sera, una pizza davanti alla Tv sarà più che sufficiente.
Sono stati mesi lunghissimi, può aspettare un giorno ancora. Solo qualche ora.
E’ la fine della chemio.
 
NdA: ABVD è il nome del protocollo terapeutico utilizzato per la cura del linfoma di Hodgkin.
La fine della chemio è anche una canzone di Sick Tamburo ma questa one shot è ispirata più a uno storia vera, o meglio, a tre storie vere che si sono intrecciate nella mia vita.
Me l’ha suggerita la mia testa in una giornata un po’ così e la dedico a chiunque sia mai stato in un  corridoio ad aspettare un referto.
#livestrong
   
 
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