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Autore: dramy96123    04/06/2020    0 recensioni
Sugakookie!AU Past- Actor Kabuki Yoongi/ Samurai Jungkook
Le vicende sono ambientate prima del 1682, in Giappone
"Il Kabuki era qualcosa dai colori chiassosi, colorati, così riccamente vestiti che confondevano Jungkook, di questo si rese conto. Eppure gli autori si muovevano con una grazia che lo stupì. Al contrario di quando ascoltava con interesse le spiegazioni del giovane padrone, tuttavia, non riusciva proprio a comprendere quell’entusiasmo che sembrava animare il suo accompagnatore.
Quando apparve, si era ormai al secondo atto. Quella figura attirò gli occhi di tutti gli spettatori, quando alzò il volto. Il viso era finemente dipinto e gli occhi sottili scrutavano la stanza. Aveva le labbra piccole, e le dita erano affusolate, quasi interamente nascoste dalle larghe maniche del kimono rosso che indossava. Era un abito tanto lussuoso che la sua sola presenza metteva in ombra tutte le altre figure, persino il demone all’altro capo del palco. Dai capelli raccolti della figura pendevano gioielli d’oro, che decoravano un pettine brillante. Una fascia azzurra dai motivi floreali fasciava l’esile corpo. Quando si muoveva, l’abito creava un fruscio che bastava da solo a far scendere il silenzio nella sala. I piccoli pendenti scintillavano e tintinnavano [...]"
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Viveva d’onore, Jungkook. L’onore, quello gli aveva sempre detto il suo nobile padre, era una cosa importante. Nobile d’animo, era stato suo padre. Aveva dato la vita per il suo padrone, accogliendo a braccia aperte la bella morte. Anche Jungkook aveva sempre sognato per sé quella fine. L’onorevole fine.

 

 

Jungkook serviva un giovane padrone, daimyo di quelle terre. Nonostante fossero entrambi di origine coreana, mentre il suo padrone aveva conosciuto la sua terra d’origine, Jungkook era nato lì, in Giappone.  Erano così vicini d’età, nonostante Jungkook fosse il più giovane, che mentre lui e il daimyo, Jung Hoseok, camminavano per le strade, se non fosse stato per i vestiti chissà chi avrebbe distinto di classe i due. Jung Hoseok era sempre stato diverso. Amava gli abiti di squisita fattura, e amava ancor di più farne sfoggio. L’unico vanto del samurai erano invece i suoi capelli. Lunghi, chiusi nel suo codino, nobilitavano la sua figura.  L’unico modo per far sorridere soddisfatto Jungkook era nominare i suoi capelli.  

Jungkook era il favorito del suo padrone, e spesso lo portava con sè nei suoi viaggi. Perché era valoroso, sì, ma anche perché aapprezzava la sua compagnia.

E apprezzava ancora di più il fatto che con lui potesse indugiare nelle sue debolezze. Sake’, teatro, geishe, fanciulli... Jungkook era sempre lì con lui, la katana al fianco e lo sguardo attento. Il suo onore non aveva mai fatto vacillare il suo sguardo davanti alla più affascinante geisha, al più inebriante sake, alla più fuggevole tentazione. No, lui aspettava paziente che il suo padrone si addolcisse con quei vuoti piaceri, e si prendeva cura di lui nel riportarlo alla sua dimora.   

Uno dei piaceri più grandi del suo padrone era andare agli spettacoli Kabuki. Ah, amava il teatro, il suo padrone. Amava vedere sulle scene gli ingegnosi inganni dei giovani fanciulli, degli uomini che con luce soffusa e bianco trucco davano adito alla loro femminilità. In quell’ombra, i polsi sottili degli attori avrebbero fatto sfigurare le agili zampe di una volpe del dio Inari. I loro occhi avrebbero fatto impazzire il più stoico dei monaci, e la loro voce appena più alta di un sussurro avrebbe fatto tremare il più pericoloso dei briganti. Questo era, il teatro Kabuki. E Hoseok si ubriacava di quel posto.

Jungkook lo accompagnava, ma tante volte aveva preferito aspettare fuori. Passeggiava per il mercato, scambiava saluti e inchini con chi si presentava a lui, e quanto, quanto preferiva il sapore della polvere delle strade, più del dolciastro profumo all’interno dei teatri. Jung Hoseok lo sapeva, e non insisteva mai troppo.

 

Tranne quella volta.

 

Hoseok era arrivato ad afferrare la sua manica di lana grezza, del colore della strada battuta, e aveva sorriso incoraggiante. Il suo volto si era illuminato e le labbra a forma di cuore si erano rivolte verso l’ins§, dandogli un’aria bambinesca.

- So bene che non è nelle tue inclinazioni. Eppure... ho bisogno di compagnia oggi. Accompagnami e rendimi felice. - aveva detto, senza farlo sembrare un ordine.  Era una cortese richiesta, e Jungkook non aveva avuto cuore di rifiutare. Non che avesse potuto, comunque. Ad ogni modo non gli sembrava una gran penitenza, ed entrò con lui.

Appena entrati, imitò Hoseok e si sedette sui talloni, guardando verso il piccolo palco. Tutto lì era piccolo e costruito in legno chiaro, con rosate venature. Lo spazio maggiore lo prendeva il pavimento, dove potevano sedersi gli spettatori. Il palco era invece piuttosto lungo e stretto. Era un luogo così intimo, e suggestivo, e si sentì immediatamente costretto in quel piccolo spazio. Lui non era tipo da rimanere fermo e silente, quietamente seduto. Avrebbe preferito di gran lunga aspettare fuori, si ripetè sospirando. Hoseok dovette intuire quello che stava pensando in quel momento, perché gli sorrise soddisfatto e iniziò a conversare con lui dell’opera  a cui stavano per assistere.

Il Kabuki era qualcosa dai colori chiassosi, colorati, così riccamente vestiti che confondevano Jungkook, di questo si rese conto. Eppure gli autori si muovevano con una grazia che lo stupì. Al contrario di quando ascoltava con interesse le spiegazioni del giovane padrone, tuttavia, non riusciva proprio a comprendere quell’entusiasmo che sembrava animare il suo accompagnatore.  

 

 

Quando apparve, si era ormai al secondo atto.  Quella figura attirò gli occhi di tutti gli spettatori, quando alzò il volto. Il viso era finemente dipinto e gli occhi sottili scrutavano la stanza. Aveva le labbra piccole, e le dita erano affusolate, quasi interamente nascoste dalle larghe maniche del kimono rosso che indossava. Era un abito tanto lussuoso che la sua sola presenza metteva in ombra tutte le altre figure, persino il demone all’altro capo del palco. Dai capelli raccolti della figura pendevano gioielli d’oro, che decoravano un pettine brillante. Una fascia azzurra dai motivi floreali fasciava l’esile corpo. Quando si muoveva, l’abito creava un fruscio che bastava da solo a far scendere il silenzio nella sala. I piccoli pendenti scintillavano e tintinnavano quando il capo si inclinava graziosamente.  

Era la fanciulla più bella che Jungkook avesse mai visto.

 

 

Dovette cambiare qualcosa nella sua espressione, perché il suo padrone si avvicinò al suo orecchio - Incantevole, vero? - disse soltanto, lasciando che un ghigno malizioso gli si disegnasse sul viso.  Jungkook si limitò ad arrossire, ma non potè fare a meno di seguire con gli occhi l’incantevole figura.

 

Fu qualcosa che scosse profondamente l’animo di Jungkook. Se prima non prestava che la minima attenzione alla scena, adesso la fissava voracemente, seguendo con famelico ardore ogni minimo movimento della ragazza. Al suo movimento del collo, al suo più lieve sospiro, sentiva il cuore battere violentemente, tanto forte che temeva di perdere qualche sua parola. Quando lei lasciò la scena, sentì il cuore lacerarsi. Fissò il lato del palco, sperando disperatamente che tornasse.  Pensò che non c’erano aggettivi per descriverla, se non  eterea visione.

Jungkook non era mai stato innamorato.

 

Quando uscirono, sembrava stordito. Jung Hoseok sorrise e lo guidò con lui, verso la strada.  Mai l’odore dell’aria aperta gli era sembrato così detestabile. Non osava parlare, ma le sue guance si tinsero d’imbarazzo, rivelando la sua giovane età. Il suo padrone scoppiò a ridere, ma non gliene spiegò il motivo. Jungkook decise di rimanere in silenzio, cercando di non dimenticare neanche un singolo dettaglio di ciò che aveva visto in quella piccola sala.

 

 

Fu solo qualche settimana dopo, quando il suo padrone lo ebbe portato al teatro diverse altre volte, che arrivò la seconda rivelazione.

Avrebbe voluto dire che non aveva avuto dubbi, nel riconoscerne magari l’esile figura,  la forma delle sue dita, o magari - sì - il suo profumo. Ah, sarebbe stato qualcosa di degno di ciò che provava, la dimostrazione della forza del suo sentimento.

E invece fu assalito dal dubbio, quando vide quel giovane dai capelli neri e la figura minuta, che gli passava accanto in abiti modesti.  

Non ebbe che un secondo, per osservarlo. Era libero dal pesante trucco bianco. Le labbra erano più sottili, gli occhi nudi. Collo e braccia erano scoperti e così le mani affusolate. I  vestiti erano al limite del modesto, e ne coprivano generosamente  il corpo. I capelli erano sciolti, lunghi, e nascondevano parte del viso.

Era un ragazzo, senza dubbio. Ma quando  Jungkook incontrò i suoi occhi ebbe lo stesso brivido di desiderio.

Possibile che fosse la stessa persona che gli aveva rapito il cuore, a teatro?

Lo trovava bellissimo.  Comunque fosse, qualunque fosse la verità, quello non cambiava.

Lo vide correre insieme ad un giovane, probabilmente del teatro anch’egli, e lo seguì con lo sguardo sino   che non scomparve nei vicoli. Fu solo la voce dei suoi compagni che lo riscosse.

 

Nei suoi sogni, dalla prima volta che era entrato a teatro, la giovane fanciulla gli aveva fatto compagnia. Quella notte invece fu la figura sfocata del ragazzo a tormentarlo.

 

Arrivò il giorno in cui si fece coraggio e, seduto sui talloni, si fece più vicino al suo giovane padrone. Non ebbe bisogno di molte parole, Hoseok aveva un buon intuito, e Jungkook era così ingenuo da mostrare ogni emozione.  Quando lo indicò, discretamente, Hoseok non potè far altro che ridacchiare.

- Ah, parli di Yoongi.  E’ la rosa di questo teatro. Il motivo per cui questo posto si salvò dai debiti - gli sussurrò - Tutte le fanciulle di questo quartiere lo invidiano e aspettano solo che la sua pelle diventi ruvida. Aspettano invano, non ho mai visto un ragazzo tanto bello. -  si fece più vicino al suo orecchio e continuò a parlare, mentre lei - lui - faceva la sua apparizione. Il suo kimono era azzurro come il cielo, e un ventaglio copriva parte del viso, lasciando nudi solo gli occhi sottili.  Jungkook dovette fare un certo sforzo per rimanere concentrato.

- Si dice che la sua pelle sia tanto bianca da non aver  bisogno del trucco. - gli stava dicendo Hoseok  - si dice che non esista in tutto il sud del Giappone qualcuno dai capelli così profumati, o dalle labbra così morbide. - sorrise e lo guardò di sottecchi, spiando la sua espressione. Il giovane samurai era di nuovo immancabilmente rapito dalla figura del ragazzo. Hoseok sorrise e tornò allo spettacolo, lasciando Jungkook ai suoi pensieri.

 

Quando il suo padrone lo portò ai quartieri di piacere, insistendo perché entrasse, Jungkook davvero voleva rifiutarsi. Se anche prima del suo nuovo amore per il teatro non fosse particolarmente interessato ai piaceri caduchi della vita notturna, ora aveva ancor meno desiderio di andare per le strade. Hoseok insistette tanto però, che in poco tempo si ritrovò a seguirlo, un paio di passi indietro, tra le luci rossastre delle lanterne.  Risate sguaiate di uomini di mezz’età si univano al mormorio divertito di donne dalle capelli raccolti e il viso volgarmente truccato. Fu quando Hoseok si unì a lui e gli indicò un locale, che Jungkook si rese conto di dove si trovasse esattamente.

Sembrava che quel luogo volesse nascondersi dalle luci delle lanterne che illuminavano soffuse le strade. Un uomo sedeva fuori, riscuotendo il necessario per entrare, e scacciava via in malo modo chi non poteva pagare.

- Qui si paga anche per vedere. Proprio come a teatro - gli sussurrò Hoseok, guidandolo verso quel luogo.

Il suo giovane padrone sembrava estremamente a proprio agio, in quell’ambiente che comprendeva giovani donne in abiti leggeri, e ragazzi dai capelli sciolti. Venne loro servito da bere, e mentre Hoseok si faceva versare il sake’ da un giovane dal viso rosato, Jungkook cominciò a guardarsi intorno.

Fu lì che lo vide.

Non sapeva se il suo padrone lo avesse portato in quel luogo di proposito. Forse sì, o forse aveva semplicemente pensato di aver trovato un compagno per le sue serate. Non importava, Jungkook gli sarebbe stato eternamente grato, perché lui era lì, seduto, con una coppa di sake in mano.  Stava servendo un altro uomo. Le labbra accennavano un sorriso, e la pelle spiccava bianca fra gli altri volti, come se avesse mantenuto il trucco da teatro. Jungkook trattenne il respiro.

La verità gli piombò addosso tutta insieme, quando vide il suo giovane alzarsi e seguire l’uomo al piano di sopra. Ebbe il tempo di vedere le dita spesse del cliente frugargli sotto la veste, prima che i due sparissero oltre le scale.

Jungkook distolse lo sguardo.

 

 

Si era chiesto più volte, in seguito, perché l’immagine idealizzata di quel ragazzo non fosse rimasta intaccata dall’accaduto. Non aveva risposta. Il pensiero - improvviso, egoista, famelico - fu che se Yoongi  vendeva il suo corpo, forse avrebbe potuto averlo anche lui.

 

Quando tornò lì, andò senza Hoseok. Pagò per entrare senza batter ciglio e cercò con lo sguardo Yoongi e lo vide. Si chiese se lo avrebbe riconosciuto, se avrebbe riconosciuto quel giovane samurai che lo guardava quando faceva l’attore. Fu quando i loro sguardi si incontrarono, che perse ogni insicurezza.

 

 

Quel samurai era tornato. Di nuovo.

Più giovane di lui, a vedersi. I lunghi capelli raccolti in un semplice codino, gli occhi più espressivi che avesse mai visto. Animato da qualcosa di bruciante, di un calore che lo sorprendeva ogni volta. Se lo aveva notato a teatro? Ah, sarebbe stato difficile non notarlo. Un nobile samurai, che guardava solo lui. Si chiedeva a volte dove si trovasse, se avesse una donna ad aspettarlo. Ci pensava distrattamente, mentre seguiva a versare coppe di sake’. Non era una geisha, lui. Non c’era bisogno che imparasse a suonare lo shamisen, o che fosse virtuoso nella danza o nella conversazione. Doveva solo sorridere, versare sake, alzarsi al momento giusto.

Ciò non successe, quando il giovane samurai si palesò davanti a lui. Era così sconcertato dall’averlo così vicino, che rimase ammutolito dallo sguardo intenso.

- Posso aiutarvi? - chiese alla fine, cortesemente. Non che fosse mai stato timido, o a corto di parole, ma quegli occhi lo spiazzavano.

Lui seguitava a guardarlo, ignorando le persone attorno a loro.

- Ti ho visto a teatro. - disse soltanto, alla fine. Era così diretto, così aggressivo nell’esternare quella fame. Yoongi non sapeva come comportarsi.  

- Vi è piaciuto? -

- Posso pagare. Posso avere il vostro tempo? Mi darete il vostro tempo? - chiese invece lui. Yoongi sbattè le palpebre, guardando la bottiglia di sake piena, nelle sue mani, le coppe vuote. Non era così che funzionava.

Quando lo portò alla camera, però, il samurai non fece segno di toccarlo. Niente. Semplicemente si sedette sul futon e lo guardò intensamente, alla luce della lanterna.  Sembrava perfettamente contento in quel modo. Yoongi sedette accanto a lui e sbattè le palpebre, lentamente. Che quel samurai lo avesse scambiato per una geisha?

- Volete conversare, forse? - provò a chiedere. Non sapeva se essere offeso per la sua mancanza di contatto fisico, o grato per lo stesso motivo.

La risposta tardò ad arrivare.

- Voglio conoscervi. Se mi è concesso. - il samurai continuava ad osservarlo - Voglio avere tutto di voi. Permettete? - E tuttavia, parole così dirette non seguirono nessun gesto. Il samurai rimaneva al suo posto, diligente e rispettoso. Yoongi sedette suoi talloni e non potè far altro che annuire, non capendo.

Iniziò a capire in seguito.  

 

 

Jungkook veniva tre, quattro giorni la settimana, a volte con il suo giovane padrone, a volte da solo. E non lo toccava, quando andava lì, non osava. Spendeva i suoi averi, per averlo davanti agli occhi. Seguitava ad andare a teatro, e quelle volte Yoongi lo riconosceva. Non ne faceva parola, ma i suoi occhi lo cercavano nella piccola sala, da sopra il palco. Jungkook sapeva che era così.

Piano piano iniziarono a parlare

(- Ho iniziato a recitare da quando avevo nove, dieci anni. Un minuscolo bimbetto che inciampava nel kimono -

- Gli allenamenti come samurai iniziano da quando si hanno tre anni. Ho viaggiato molto. Inizialmente non avevo neanche la forza per reggere la katana - )

A parlare

( - Perché non mi toccate? Vi vergognate forse? Non avrete paura di rompermi -

- Non oso. - )

 

A parlare ancora

( - Dalla prima volta che vi ho visto vi ho sognato ogni notte -

- Come attrice di teatro? O come oggetto di piacere? -

- Come Yoongi. - )

Passavano notti intere solo a conoscersi, come Jungkook aveva voluto. Yoongi avrebbe voluto toccare i suoi capelli, andargli vicino e sentire l’odore della polvere sulla sua pelle, ma lui non glielo permetteva. Così Yoongi imparò ad immaginarne la sensazione.

( - I tuoi capelli... -

- Sono il mio vanto e il mio onore. -

- Rappresentano il tuo onore? -

- Rappresentano ciò che sono, al servizio del mio giovane padrone. - a Yoongi tremavano le dita dal desiderio di sfiorarli.)

 

Jungkook iniziò ad amare non solo la figura eterea di quel giovane. Lo vide ridere oh, così poche volte, ma le ricordava perfettamente, come quando gli raccontò di ciò che gli aveva confidato il suo padrone

(- Le ragazze, invidiose di me? -

- Così si dice. La vostra femminilità mentre recitate. - un ghigno divertito aveva iluminato il volto di Yoongi. Jungkook aveva perso un battito. )

 

Ironicamente, era Jungkook quello che parlava di più, durante quelle notti. Yoongi ascoltava, e per lui diventava geisha.  

Il samurai spendeva tutto in quel luogo, solo per stare un’intera notte con Yoongi. Sapeva che anche Yoongi aspettava quei momenti. Lo sapeva, se lo sentiva. Non aveva bisogno di chiederglielo.

Sentiva il suo sguardo indugiare su di lui, lo vedeva cercarlo con gli occhi nella sala, quando lui arrivava. Vedeva il suo sorriso spuntare più spontaneamente, quando lo portava in camera. Lo vedeva persino rattristarsi, quando non lo sfiorava, neanche casualmente. Rimaneva a debita distanza, ubriacandosi della sua presenza, e tanto gli bastava.

 

Poi, una notte, lo aveva trovato già impegnato con un uomo che continuava a chiedergli da bere ridendo e abbracciandogli le esili spalle possessivamente.  Un uomo dai vestiti curati, dalle rifiniture in oro pacchiane, e dalla risata rumorosa.

Per la prima volta, sentì la morsa della gelosia. E fece qualcosa che una volta, forse, non avrebbe mai fatto.

Avanzò a passi decisi, fermandosi davanti a loro. Con un solo, semplice gesto, prese la mano di Yoongi, tirandolo a sè. Non si erano mai toccati, prima di allora. Non aveva mai sentito delle dita tanto fredde. La pelle di un ragazzo non poteva essere così liscia. Doveva essere un demone, aveva pensato distrattamente.

- L’arroganza di questo Chonin, prendersi qualcosa che mi appartiene. - Jungkook lo fissava freddamente, mentre l’uomo si alzava, tanto più grosso di lui. Jungkook fece scattare la lama, lo sguardo tagliente.

- Ricorda il tuo posto, mercante, o assaggerai il filo della mia lama. - disse soltanto. Ah, era di certo più povero di lui. Più esile di quel tipo dalla grossa stazza. Aveva meno anelli alle sue dita, ma la sua classe era nobile, e la sua spada veloce. Non aveva mai fatto sfoggio del suo rango, prima.

Avrebbe potuto, ma lui non era così.  

 

Portò Yoongi al piano di sopra. Da quella prima volta in cui lo toccò, non ebbe modo di smettere.  

- Le persone dicono che non esista al sud del Giappone chi abbia capelli più profumati dei tuoi - aveva sussurrato. Le dita avevano sfiorato per la prima volta i suoi capelli, poi il suo viso - nè pelle più bianca, nè labbra più morbide - ripetè. Yoongi era rimasto in silenzio, non fidandosi della fermezza della sua voce. Complimenti gliene avevano fatti di più poetici, ma mai tocco era stato più delicato.

- Storie. - rispose infine in un mormorio. Ma finalmente aveva potuto toccare anch’egli i capelli del samurai. Aveva passato le dita tra le ciocche, delicatamente.

- E’ vero, mentivano. - fu la risposta di Jungkook. Yoongi aveva fatto un suono con la bocca, offeso, e gli aveva tirato leggermente i capelli.  A jungkook era scappato un sorriso. Non aveva aggiunto altro, ma aveva unito le proprie labbra alle sue.

Mentivano, perché non avevano saputo dirgli di più. 

 

Poi Jungkook aveva finito il suo riso. Non poteva più pagare. Non poteva più vedere Yoongi, non in quel modo. Non poteva sopportarlo, lo sapeva. Aveva continuato ad andare a teatro, a guardarlo con una tale intensità da far imbarazzare persino il suo giovane padrone.

Aveva funzionato, una volta, far valere il suo rango. Aveva quasi sguainato la spada, aveva camminato con arroganza e preteso Yoongi per sè, nel silenzio del locale. Quando erano entrati insieme nella camera Yoongi lo aveva stretto forte, silenziosamente. Yoongi non parlava molto.

Poi si era indebitato. Aveva chiesto prestiti, prestiti ai Chonin che tanto disprezzava. E allora non erano più notti intere, quelle in cui poteva vedere il suo amato attore. No, centellinava il loro tempo in poche ore, pochi minuti. In quei momenti non parlava. Lo tratteneva tra le sue braccia, senza dire una parola.

Non osava.

 

 

E poi, nonostante la cosa lo ferisse profondamente, chiese aiuto a Hoseok. Il giovane si accigliò visibilmente.

- Debiti? Jungkook. - disse solamente. Jungkook rimase in silenzio, accecato dal bisogno tanto da non provare vergogna. Hoseok sospirò.

- Ti aiuterò, ma... Jungkook. Dovresti sapere... che in quel posto, è bene non affezionarsi a una persona. Un’unica persona. Non è.. .-

- Onorevole. Affatto. - concluse, con una pausa, Jungkook. Tenne lo sguardo basso, ma non fece un passo indietro.

Hoseok lo guardò a lungo. Poi la sua voce si addolcì.

- Puoi divertiti, ma... non potrete unirvi. Non in questa vita. Spera in altre esistenze, per voi due. Trova una moglie. Ci sono tante bellissime dame che non aspettano altro che un tuo sguardo nella loro direzione.  -

Jungkook rimase in silenzio.

 

 

 

 

Entrambi lo sapevano. Yoongi non trovava più sopportabile, condividere il futon con qualcun altro. Jungkook aveva a malapena il tempo di vederlo. Tremava di gelosia, ma lo fissava, impotente, le volte in cui spariva dal piano di sopra. Lo guardava da fuori il locale, stringendo i pugni.  

Quando si vedevano, Yoongi non si lasciava andare. Non poteva. Sapeva che, se lo avesse fatto, sarebbe finita per lui.

 

Fu una di quelle sere, quando la luna fredda illumava debolmente la stanza, e i due sedevano vicini, l’uno davanti l’altro.

- Cos’è per te l’onore? - aveva chiesto Yoongi. Il tono era quieto.

Jungkook era rimasto in silenzio.

- Non c’è vita senza l’onore. Nessuna vita merita di essere vissuta senza quello. E’ la dignità umana. - aveva risposto alla fine, meccanicamente.  Yoongi aveva sorriso, vacuo.

- Non c’è soluzione, allora. - aveva detto. Fu quando i loro occhi si incrociarono.

- Potremmo incontrarci nuovamente.. in un’altra esistenza. - aveva sussurrato Yoongi. Gli aveva preso le mani, e mai era stato tanto sincero. - Un’altra vita, dove la nostra unione è permessa. - silenzio, poi - Non ti chiederò mai di fuggire. Sarebbe una morte disonorevole, che continua e si trascina nel ciclo della nostra vita. Ma se accettiamo la nostra fine, ci incontreremo di nuovo, dopo aver abbandonato insieme questo triste mondo. - la sua voce aveva tremato. La sua voce non aveva mai tremato prima di allora.

Lo stava pregando. Jungkook si chiese davvero se quel ragazzo fosse un demone. Una volpe tentatrice, forse. Poteva spiegarsi, così, la sua debolezza per lui?

Jungkook guardò il suo viso. E stava per annuire, per seguirlo e fare insieme quel viaggio, ma la voce non gli uscì. Non riuscì a sopportare la mera idea del corpo di Yoongi, inerte. Gli occhi privi di ogni vitalità, lo sguardo spento nella sua mente lo fecero gemere e negò, negò più volte.

- Mai. Mai vorrò vederti in quel modo, anche facendolo insieme. Io ti voglio in questa vita, non in altre.  -

Che i demoni se lo prendano,  il mio onore. 

- Fuggiremo. Non ci troveranno. Vivremo in questo modo. -

Perdendo tutto, ma avendo noi. Perchè sono egoista e ti voglio, ti voglio ancora, non sopporterò l’attesa di un’altra vita.  

Yoongi lo aveva abbracciato. Aveva calmato il suo cuore, promettendogli la loro fuga, mormorando nel suo orecchio promesse, e scacciando via quell’idea. Si lasciò andare. Gli promise che l’amava, l’amava, l’amava. Quella notte si arrese alla volontà del suo samurai.   

 

 

Il mattino dopo, Yoongi non c’era. Non c’era il suo bel kimono rosso, nè il suo pettine dorato. Non c’erano le sue calzature di legno, come era sparita la fascia azzurra con cui copriva la sua vita.  Rimaneva una debole scia del suo profumo, e una lettera.

Trovarono l’inerte corpo del giovane ragazzo sulle sponde di un fiume, trascinato lì dalla corrente.

 

 

Yoongi sa scrivere. Ha una bella scrittura, sottile e stretta, ordinata. I suoi caratteri sono delicati e semplici, pensa Jungkook distrattamente.

Lo ha liberato, scrive. Ora può vivere con onore, perché senza onore non sarebbe Jungkook, il suo Jungkook.

Non saresti stato felice. La mia pelle sarebbe diventata ruvida, le mie labbra dure. Ti sarei venuto a noia. Forse le voci dicevano il vero

Lo ama, scrive. Così tanto che fa male. Farà meno male, dopo.

Trova una fanciulla graziosa. Trovala, e amala, senza rimpianti. Per quanto riguarda noi, nelle prossime vite staremo insieme, staremo insieme per sette esistenze

Da una parte, scrive, è felice. Sarebbe stato doloroso vederlo lasciare la vita con lui. Yoongi non aveva nulla per cui vivere, a parte il teatro, e a parte il suo amore. Jungkook avrebbe trovato la felicità, senza rinunciare all’onore.

Puoi dimenticarmi. La memoria non se ne fa niente della cenere. La cenere non tratterrà i ricordi. 

 

 

 

- Cosa fai...? No, aspetta! Jungkook, i tuoi... -

Hoseok rimane senza parole, quando guarda la lunga katana tranciare di netto i lucenti capelli del suo servitore. Jungkook rimane fermo, fissandoli. Tiene la ciocca tra le dita.

- I tuoi capelli. Jungkook, ora tu... -

Ben poca cosa, pensa Jungkook. Yoongi ha dato la sua vita per me, io a lui posso dare solo questo.

- Non ho saputo rinunciare alla mia vita. Ora non ho niente.  -

Hoseok guarda Jungkook inchinarsi profondamente dinanzi a lui. I capelli sono corti, tagliati rozzamente. Lo sguardo è perso, come se fosse svuotato.  Sembra l’opera di un demone.

 - Rinunci al tuo onore, dunque? -

E’ il sorriso amaro del giovane samurai che spezza il cuore al suo padrone.

- E’ il pagamento per il mio debito. Vivere senza onore, e vivere senza di lui. - risponde. Poi va via, lontano, con il solo ricordo di quell’attore di kabuki a fargli compagnia.

Hoseok lo guarda allontanarsi e sparire tra la polvere dei vicoli.

   
 
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