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Autore: Minako_    04/06/2020    5 recensioni
Di cose strane nella vita, gliene erano successe.
Molte, a dire il vero.
Insomma, si era rimpicciolito. Era diventato un fottuto bambino delle elementari, una volta.
Aveva sgominato l’Organizzazione criminale più pericolosa del Giappone.
Era diventato un eroe nazionale.
Ma che un ragazzo gli chiedesse come provarci con la sua ragazza, quello le superava tutte.
Raccolta di one-shot RanxShinichi post cap. 1000
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Of course we're dating!
solo amici.



Ran Mouri si fissò insistentemente i piedi, dondolandosi su di essi. Si sentiva le guance calde, e un prepotente senso di colpa pesarle alla base dello stomaco. Si sentiva così irrimediabilmente stupida, e perfino un po’ vigliacca. Sospirò piano, cercando di riprendere il controllo di sé prima che qualcuno potesse accorgersi del suo evidente stato di disagio.
Si obbligò di stamparsi in viso un’espressione neutrale, e dopo esserselo imposta alzò nuovamente il viso. Con sollievo notò che nessuno dei presenti pareva essersi accorto del suo stato confusionale, e stava quasi per sentirsi meglio quando i suoi occhi intercettarono nuovamente la persona dall’altra parte della stanza.
Ran si ritrovò così a incatenare il suo sguardo con quello blu profondo di Shinichi Kudo, che la stava fissando senza farsi il minimo scrupolo che qualcuno potesse accorgersene.
A quei due occhi fissi su di lei, Ran si sentì avvampare e di nuovo il senso di colpa le provocò un grumo in gola. Cercò con gli occhi di trasmettergli il suo dispiacere, e probabilmente lui lo captò perché sorrise senza allegria, annuendo piano. Fu così che finalmente distolse lo sguardo da lei, e lo vide mentre si infilava dei guanti bianchi e cominciava ad esaminare la scena del crimine a poca distanza da loro.
Deglutì, prendendo fiato.
Non essere più sotto il suo sguardo accusatorio le diede un po’ tregua, che tuttavia durò davvero poco. Non se ne era accorta, presa com’era dai suoi pensieri distorti che le vorticavano prepotentemente nella testa, ma un ragazzo le si era appena accostato con un sorriso davvero luminoso.
« Allora », iniziò prendendola in contropiede, facendola sobbalzare. « Tuo padre dice che fai karate ».
Ran si paralizzò, e lentamente si voltò verso la persona al suo fianco. Lo guardò, e per un attimo rimase interdetta.
Ha gli occhi verdi.
Pensò, guardandolo un po’ meglio. Li aveva verdi, di una bella tonalità in realtà. Però… però…
Non mi guarda come mi guarda Shinichi.
« Ran-san? », la chiamò un po’ confusa, notando come la ragazza fosse rimasta imbambolata sul posto. Questa a sentir chiamare il suo nome si riprese un po’, per poi ridere nervosamente.
« Scusami Haruki-san », disse scuotendo la testa. « Comunque sì », avrebbe aggiunto qualcosa, ma non sapeva davvero che altro dirgli. Cercò di non far caso al ragazzo a poca distanza da loro, che pareva preso da qualcosa per terra e ora se lo rigirava fra le mani, ma che tuttavia sembrava ad ogni loro parola voltare leggermente il viso nella loro direzione.
« Sei una campionessa », continuò il ragazzo con tono entusiasta.
Troppo entusiasta.
Shinichi fece una smorfia, mentre provava a non sentire quell’assurda conversazione a poca distanza da lui. Provò con tutte le sue forze a concentrarsi sul caso, ma ogni qualvolta quell’idiota in uniforme dicesse qualcosa, sentiva le viscere contorcersi nella sua pancia.
« Non esageriamo », sentì dire Ran, e notò la sua voce nervosa.
Era a disagio, e lo poteva capire anche senza guardarla davvero. Tuttavia non riuscì a sentirsi comprensivo, per il semplice fatto che un po’, nel suo profondo, si sentiva offeso nei suoi confronti. Offeso, e un po’ escluso.
Sapeva bene che non poteva certo permettersi il lusso di essere in collera con lei, specialmente perché era l’ultima persona al mondo che poteva giudicare o offendersi davvero. In più il fatto che lei lo avesse perdonato per cose ben peggiori, non lo metteva nella situazione di giudicarla.
No, non poteva fare l’arrabbiato con lei.
« Magari una volta posso venirti a vedere ad una gara ».
Strinse convulsamente un pugno, per poi cercare subito dopo di riacquistare un po’ di concentrazione.
« O ad un allenamento ».
Ci vado già io, idiota.
Shinichi si morse un labbro, alzandosi di scatto in piedi e lanciando un’occhiata fugace alla coppia a poca distanza da lui. Distolse quasi subito lo sguardo, quando osservò come quel poliziotto fosse davvero troppo vicino alla sua ragazza.
Era ancora strano chiamarla così, eppure lo era. Da ben sei mesi.
Si rigirò fra le mani quel bottone insanguinato che aveva appena trovato a poca distanza, e si girò indispettito per uscire dalla stanza. Non che fosse davvero contento di lasciare Ran in balia di quell’imbusto, ma non poteva fare altrimenti. Prima avrebbe risolto quel caso, prima sarebbero andati via da lì, e da lui.
Ran guardò agitata Shinichi darle le spalle, e dopo poco lo vide sparire oltre la porta. Con il cuore pesante si dimenticò perfino di Haruki al suo fianco, che continuava a blaterare qualcosa circa il karate. La sua voce divenne così fastidiosa che avrebbe volentieri voluto portarsi le mani alle orecchie, e rincorrere quello stesso ragazzo che li aveva appena lasciati lì dentro soli.
Cosa che, purtroppo, non poteva davvero fare.
« Ran-san? », Haruki la richiamò per la seconda volta in pochi minuti, e si sentì decisamente stupida. Anche se non gliene importava poi molto in quel momento, le pareva di star passando per sciocca.
Fece per rispondere, ma in quel momento vide suo padre entrare nella stanza al fianco dell’ispettore Megure. Non poteva farlo in un momento migliore.
« Scusami Haruki-san, devo chiedere una cosa a mio padre », esclamò all’improvviso, e fin troppo velocemente filò lontano da lui. Lo vide rimanerci forse un po’ male, ma cercò di non preoccuparsi.
Affiancò suo padre facendo finta di dovergli dire qualcosa, ma per sua fortuna non dovette fingere oltre. Vide Haruki allontanarsi con un altro poliziotto oltre la porta, e per la prima volta da almeno quaranta minuti riuscì a respirare regolarmente.
Si concentrò così su suo padre al suo fianco, che stava parlando animatamente con l’ispettore Megure circa quell’omicidio, e senza volere le tornarono in mente le sue parole.
Haruki-san è il nuovo membro della quadra di polizia.
Già, lo era.
Laureato col massimo dei voti, una carriera brillante alle spalle seppur così giovane, e un carattere così amabile che perfino Kogoro Mouri era caduto nelle sue moine.
Lei è mia figlia Ran.
Si morse un labbro, e quasi non se lo tagliò da quanto stava premendo su di esso.
Guardò con stizza suo padre, trovandolo irrimediabilmente irritante. Sapeva bene che la colpa di quel trambusto era unicamente sua, ma in quel momento volle alleggerirsi la coscienza sentendo che era stato lui quel giorno a rovinare tutto.
E’ una brava ragazza, sai Haruki-san? Potresti chiederle di uscire, una volta!
Non era la prima volta che suo padre la spingeva nelle grazie di qualche ragazzo, si ricordava benissimo di quando era successa la stessa cosa con Araide-sensei. Ma quella volta era stato davvero tremendo, per il semplice fatto che lei non era davvero più disponibile a certe sceneggiate.
Non dopo ciò che era successo a Kyoto, almeno.
Davvero?, aveva esclamato il poliziotto, e stupito aveva lanciato un’occhiata fra Ran e Shinichi al suo fianco, che stava leggendo la cartella del caso con occhi sbarrati.
Pensavo che voi due… insomma, stesse insieme, aveva riso portandosi una mano alla nuca, mentre li indicava.
A quel punto avrebbe volentieri detto qualcosa per salvarsi dall’imbarazzo, ma suo padre l’aveva anticipata con un tono perentorio.
Ma no, Haruki-san. Quei due sono solo amici.
Solo amici.
Come aveva fatto male, quella frase. Specialmente al ragazzo accanto a lei, che a quelle parole aveva alzato di scatto la testa dal fascicolo nelle sue mani, e l’aveva guardata con sguardo indecifrabile.
Ci aveva letto di tutto, nei suoi occhi.
Stupore, confusione, un po’ di rabbia e gelosia perfino. Ma soprattutto domande.
Presa in contropiede aveva risposto allo sguardo con colpevolezza, e aveva sperato che lui stesse al gioco.
Dopo un attimo di incertezza, Shinichi aveva capito. Lui la capiva sempre.
Con espressione indifferente aveva finalmente distolto lo sguardo da lei e, rivolgendosi nuovamente ai fogli nelle sue mani, aveva parlato con voce atona.
« Siamo amici, sì ».
Sentirglielo dire, sebbene sapesse bene che non fosse la verità, la aveva comunque lasciata tramortita.
E così quegli ultimi quaranta minuti erano trascorsi con uno Shinichi che l’aveva volutamente ignorata per tutto il tempo, se non fosse per quell’ultima occhiata di poco prima che le aveva fatto tremare le gambe. Aveva poi continuato a far finta di concentrarsi su quel caso che li aveva colti di sorpresa mentre si trovavano nei paraggi. Ovviamente nessuno sapeva che si trovavano lì per un appuntamento, visto che prontamente quella mattina aveva avvisato suo padre che quel pomeriggio avrebbe fatto tardi per delle lezioni extra a scuola.
L’ennesimo appuntamento andato male.
Con la cocente delusione a pungerle gli occhi, provò a non pensare più al loro pomeriggio rovinato.
Rovinato, sì. Ma non solo da quel corpo a poche stanze di distanza da loro, ma da lei.
Unicamente da lei, dovette infine ammetterlo.
Non era colpa di Haruki, né di Shinichi, e alla fine nemmeno di suo padre.
Era lei, che era una dannata vigliacca.
In quel momento ebbe l’irrefrenabile voglia di uscire a prendere una boccata d’aria, e così fece. Si tolse da quella stanza che era divenuta quasi claustrofobica, e andò nel cortile interno per assaporare un po’ di venticello fresco.
A poca distanza da lei, non poteva certo immagine che conversazione stava per avere luogo.
Riverso sul corpo senza vita della donna ai suoi piedi, Shinichi iniziò a studiarla con minuzia, cercando qualche dettaglio rilevante per la risoluzione del caso. Era quasi riuscito a concentrarsi senza incappare nel pensiero di Ran, quando sentì qualcuno far capolino alle sue spalle.
« Un pò difficile, la tua amica », sentì la voce di quel fastidioso poliziotto oltre la propria spalla, e per un attimo ebbe la prepotente voglia di tirargli una testata. Non lo fece, tuttavia, preferendo non girarsi e proseguire con lo studio del corpo.
« Difficile? », ripeté con finto disinteresse.
« Non parla molto, vero? », proseguì lui, non rendendosi conto del fastidio sul viso del detective davanti a lui.
« Con me parla », disse Shinichi con un’alzata distratta di spalle.
« Vi conoscete da molto? », si informò il poliziotto, mentre appuntava qualcosa sul fascicolo tenuto precedentemente da Shinichi.
« Un po’ », non aveva davvero voglia di raccontargli i suoi fatti privati, ragion per cui si rimise in piedi e con stizza riprese la cartellina dalle sue mani.
« Scusa », disse a quel suo gesto, appuntando qualcosa anch’esso. Per nulla intimidito dal suo fare scostante, lo guardò curioso.
« Posso chiederti una cosa? », iniziò incerto.
Shinichi mosse appena la bocca per rispondere, non volendo davvero guardarlo in faccia. Se lo avesse fatto, non sapeva se sarebbe riuscito a trattenersi dal tirargli un pugno.
« Visto che la conosci bene, puoi consigliarmi come fare con lei? ».
Shinichi sbatté più volte gli occhi sul foglio dinnanzi a lui, e lentamente alzò finalmente lo sguardo sull’uomo davanti a lui. Con fastidio dovette riconoscere che era perfino un bell’uomo, perfino più alto e ben assestato di lui, ma non per quello volle farsi vedere debole. Cercò di mettere su l’espressione più infastidita possibile, come per smorzargli l’entusiasmo. Tuttavia era così interessato a ben altro, che quasi non si accorse della sua seccatura.
« Fare cosa? », domandò sarcastico, stringendo forte la penna fra le dita.
« Beh, sai », Haruki sorrise sornione, dandogli una gomitata allusiva. « E’ carina, non so se mi spiego », accompagnò quest’ultima frase da un movimento delle mani che andava a creare per aria la silhouette tutta curve della ragazza.
A quel gesto, Shinichi sentì le mani prudergli.
Di cose strane nella vita, gliene erano successe.
Molte, a dire il vero.
Insomma, si era rimpicciolito. Era diventato un fottuto bambino delle elementari, una volta.
Aveva sgominato l’Organizzazione criminale più pericolosa del Giappone.
Era diventato un eroe nazionale.
Ma che un ragazzo gli chiedesse come provarci con la sua ragazza, quello le superava tutte.
Rimase così sorpreso, che per poco non si mise a ridere. Era tutto tremendamente divertente, in fondo.
Molto in fondo.
« Si, ti sei spiegato », sbottò dopo un po’.
« Allora, mi aiuti o no?  », lo incitò Haruki speranzoso.
Gli era già capitato di tirare una testata a qualcuno per Ran, in passato. Tuttavia dall’ultima volta erano passati almeno tredici anni, e quello davanti a lui non era davvero un bambino innocuo. Ragion per cui cercò di controllare la sua furia almeno per non finire ammanettato contro il muro, e con una pistola contro la tempia.
Quell’idiota era, dopotutto, un poliziotto.
« Ora sarei un po’ occupato », disse con un sorriso davvero molto falso, e fece per superarlo quando Haruki lo afferrò per un braccio.
« Stasera stacco presto, potrei proporle qualcosa », insistette speranzoso.
Shinichi prese un respiro molto profondo, e per l’ennesima volta scacciò la voglia di pestarlo.
« Davvero, non saprei ».
Si sganciò dalla sua presa non riuscendo più a trattenere la sua rabbia, e non fece nemmeno caso se lui si fosse accorto del suo palese fastidio. Non aveva intenzione di starlo a sentire ulteriormente fare apprezzamenti davvero poco galanti su Ran, men che meno spiegargli come flirtare con lei.
Non c’era mai riuscito lui, figurarsi invogliare un altro ragazzo a farlo al suo posto.
Era così fuori di sé che per poco non travolse la domestica di casa, e non si curò nemmeno di domandarle scusa. Nella sua testa continuavano a vorticargli immagini di Ran con quell’idiota e con suo sommo rammarico capì che se non si fosse concentrato al più presto sarebbe finito per farci notte.
Dopotutto, l’altro detective presente era Kogoro. No, decisamente doveva arrivare alla soluzione lui.
Si rimise ad indagare, cercando indizi in giro, finalmente solo. Qualcosa catturò la sua attenzione infine quando trovò lo studio della vittima in fondo al corridoio. Si rintanò dentro, e iniziò a perlustrare gli innumerevoli mobili all’interno e, solo dopo un po’ notò qualcosa luccicare appena sotto la scrivania di legno massiccio sotto la finestra. Si accovacciò a terra, e cercò di assottigliarsi per poter recuperare l’oggetto del suo interesse. Cercò di acchiappare quel ciondolo appena adocchiato, ma constatò dopo poco quanto fosse incastrato. Quasi si strozzò con la cravatta della divisa quando gli rimase anch’essa bloccata sotto quella scrivania così ingombrante e con stizza si tolse la giacca, buttandola malamente lì a fianco. Cominciava ad avere caldo, e quel ciondolo davvero non aveva intenzione di collaborare.
Era così preso dal borbottare parole davvero poco eleganti e dare colpi a quel mobile, che non si accorse di una figura alle sua spalle far capolino abbastanza di soppiatto.
Ran entrò piano nello studio, cercando di non farsi vedere da nessuno. Poco prima, dal cortile, aveva visto Shinichi dirigersi trafelato lì dentro, e senza pensarci due volte lo aveva seguito. Aveva l’irrefrenabile voglia di spiegargli come stavano le cose, e sentiva che se non lo avesse fatto a breve le sarebbe esploso il cuore nel petto.
Era entrata così silenziosamente che lui nemmeno se ne accorse, e quasi non le venne da ridere quando lo vide a terra, in ginocchio sotto quel mobile a sovrastarlo, cercare di prendere qualcosa a lei ignoto. Continuava a dare spallate al mobile tentando di tenerlo sollevato, e alla fine sentì un verso soddisfatto.
Shinichi si guardò fra le mani il ciondolo a forma di cuore appena ritrovato, ma quando sentì la porta alle sue spalle chiudersi trasalì stupito. In allerta si voltò velocemente, per poi rilassarsi quando vide Ran appoggiata alla porta a poca distanza da lui. Fece addirittura per iniziare a spiegarle i suoi progressi sul caso, quando si ricordò di essere offeso con lei. Così serrò le labbra, e le fece solo un cenno del capo prima di rimettersi in piedi. Velocemente prese dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto e ci mise il ciondolo dentro, prima di appoggiarlo delicatamente alla scrivania. In religioso silenzio recuperò la giacca a terra, e notò in quel momento come la camicia gli si fosse spiegazzata quasi totalmente fuori dai pantaloni quando si era accovacciato poco prima, così iniziò a sistemarsela. Dopo poco, sempre di spalle, sentì un sonoro sospiro.
« Non dirmi che non mi parli, ora ».
Ran guardò Shinichi mentre finiva di sistemarsi la camicia, e si impose di non fissargli eccessivamente quella schiena così ampia. Doveva cercare di rimanere lucida, dopotutto. Eppure quando infine si voltò e le rivolse un sorriso sornione, sentì il suo stomaco fare le capriole.
« Lo stai dicendo tu », asserì.
Si morse un labbro, mentre quel sorriso ora iniziava a infastidirla. Sapeva benissimo di essere nel torto, e il fatto che lui la stesse prendendo in giro la faceva sentire solo peggio. La stava stuzzicando, accidenti.
« Senti, volevo spiegarti », abbassò la voce, facendo un passo verso di lui. Lo vide con un’espressione indifferente mentre sistemava come meglio riusciva la giacca stropicciata della divisa, e si stringeva la cravatta al collo.
Si impose di non fissarlo ancora, per il semplice fatto che ogni qualvolta si soffermasse su di lui si sentiva attratta davvero fin troppo, e spesso perdeva il filo del discorso.
« Mmm », disse lui sardonico, alzando un sopracciglio.
« Smettila di guardarmi con quella faccia », sputò infine Ran, perdendo un po’ la pazienza. Lui a quell’affermazione fece un sorriso ancora più profondo, e la guardò fingendo stupore.
« Che faccia? ».
Lo uccido.
« Mi stai prendendo in giro! », lo accusò puntandogli un dito contro.
« Veramente ti sto ascoltando ».
« Togli quel dannato sorrisetto dalla faccia! ».
« Ma quale?! ».
Ran sbuffò sonoramente, fissandolo con gli occhi che emanavano scintille. Shinichi alla sua vista la trovò irrimediabilmente carina, ma volle comunque evitare di farglielo notare. Invece mise su l’espressione più neutra possibile, e le si rivolse nuovamente con tono pacato.
« Allora? Cosa volevi dirmi? ».
Ran si morse un labbro, e lanciò un’occhiata nervosa alla porta. Dopo aver appurato che le loro voci non avessero attirato qualche curioso, riprese a parlare.
« Volevo solo dirti che… », arrossì visibilmente, mentre Shinichi rimaneva impassibile di fronte a lei con le mani nelle tasche. Sebbene stessero insieme da così tanti mesi, ancora esternare i suoi sentimenti le costava un’immensa fatica.
« Insomma… mio padre non sa… di noi ».
Evitò a posta di pronunciare le frasi “ siamo fidanzati” o “stiamo insieme”, fondamentalmente perché non le aveva mai dette a voce alta. D’altronde, sebbene da quel giorno a Kyoto fossero passati sei mesi, in realtà il tempo trascorso realmente insieme era appena di due. Il lasso di tempo in cui lui era tornato e le aveva detto tutta la verità. E fra il metabolizzare la situazione, e cercare di digerire le sue bugie, in realtà erano usciti solo due volte insieme. Una di quelle, era quello stesso pomeriggio.
Era ancora immersa in quei suoi pensieri frenetici, che Shinichi mise su un ennesimo sorriso storto.
« Noi due, cosa? », domandò sarcastico.
Ran inarcò un sopracciglio, e sentì le mani pruderle. Quando faceva così, lo avrebbe volentieri preso a calci.
« Hai capito benissimo cosa intendo », disse a denti stretti, stringendo i pugni lungo i fianchi.
Vedendo che si stava davvero troppo arrabbiando, e capendo di star superando il confine, Shinichi sospirò.
« Sì, lo avevo intuito », disse infine, alzando gli occhi al cielo. « Non c’è problema, comunque », ripensò a tutte le bugie che aveva detto lui, e in confronto alla fine quella gli sembrò improvvisamente una sciocchezza. Tuttavia, senza poterci davvero far qualcosa, il fastidio si impadronì nuovamente di lui, così per non farsi vedere da Ran le diede nuovamente le spalle. Ricominciò a prestare nuovamente attenzione a quel ciondolo, solo per calmare il suo incontrollabile nervosismo.
« Sì, che c’è! », esclamò lei di rimando, guardando la sua testa china di spalle.
« No, Ran, davvero », riprese lui, guardando in controluce l’oggetto fra le sue mani. « Non devi preoccuparti ».
Quasi avrebbe preferito che fosse arrabbiato con lei, invece di ostentare così poco interesse. Aveva forse solo sognato il suo fastidio, poco prima? Non seppe perché ma sentì improvvisamente le lacrime pungerle gli occhi, di fronte al suo menefreghismo.
« Pensavo ci fossi rimasto male… », abbassò la voce, solo per non far emergere il tremolio causato dalle sue labbra tirate in una smorfia.
« Ma figurati », esclamò lui girandosi finalmente verso di lei. Provò perfino a sorridere comprensivo, ma ciò che davvero non si immaginava di vedere era una Ran con il viso arrossato e gli occhi lucidi fissarsi le scarpe con i pugni chiusi e tremanti. In quel momento si accigliò, e si rese conto di aver detto qualcosa di sbagliato.
Tuttavia, cosa esattamente non lo capì.
« R-ran? », mormorò dubbioso, e dopo aver riposto il ciondolo nuovamente sulla scrivania, si avvicinò a lei rapidamente, togliendosi i guanti bianchi un po’ nervosamente.
« Non ti ha minimamente dato fastidio?! », la ragazza alzò di colpo la testa, aggredendolo con un tono di voce decisamente più alto e facendo un passo avanti con fare minaccioso. A quella vista Shinichi arretrò di un passo, alzando le mani a mo di resa.
E finalmente, capì.
« Abbassa la voce, scema! », ribatté e cercò di usare un tono scontroso solo per non farle notare il suo imbarazzo crescente.
« Questo è il problema? Vuoi la verità? », riprese subito dopo, ricomponendosi e avvicinandosi a lei. Fu così che si ritrovarono uno di fronte all’altro, entrambi con espressione fiera e dura.
« Sì, mi ha dato fastidio! Molto, anche », Shinichi arrossì, ma di fronte al suo sguardo dispotico non se ne curò poi molto. Voleva solo calmarla ed evitare di farle versare ancora lacrime per lui, specialmente perché in quel frangente non ce ne era davvero bisogno.
« Mi ha dato fastidio che a quanto pare tu non abbia ancora detto a tuo padre che stiamo insieme, come mi ha dato fastidio che quell’idiota mi sia venuto a chiedere consigli per provarci con te! ».
Quando finì la frase si ritrovò senza fiato, così si zittì e cercò di riprendere il controllo di sé. Gli pareva di averla già vissuta una scena del genere, e in quel momento si sentì esattamente come si era sentito a Londra.
Messo con le spalle al muro.
Ran a poca distanza con un cipiglio rabbioso e gli occhi lucidi.
La sua bocca che sputava parole senza poter davvero pensare a cosa stesse dicendo.
E, come allora, vide i suoi occhi sgranarsi e la sue labbra aprirsi in un’espressione stupita. La sua bocca formò una o perfetta, mentre notava come le sua spalle si rilassavano e un lieve rossore faceva capolino sul suo viso.
Ancora un po’ stordito per ciò che aveva appena pronunciato, cercò in fretta nella sua testa qualcos’altro da aggiungere per sdrammatizzare la situazione, ma non ebbe il tempo semplicemente perché qualcuno in quel preciso momento aprì di scatto la porta, e ne emerse un Takagi accigliato e un Haruki confuso. Ran e Shinichi rimasero immobili ancora a pochissima distanza l’uno dall’altro, mentre alla loro vista avvamparono, se possibile, ancora di più.
« Oh, scusate », disse Takagi, arretrando. « Sentivamo litigare, e pensavamo fossero dei testimoni ».
« Non stavamo litigando », borbottò Shinichi, e nervosamente fece qualche passo indietro.
Ran abbassò la testa, visibilmente in imbarazzo. Capì che Haruki li stesse fissando quando lo guardò di tralice, e preferì continuare a guardarsi i piedi.
« Ho trovato questo, comunque », vide Shinichi farsi avanti e porgere qualcosa a Takagi, ignorando volutamente l’altro uomo al suo fianco.
« Potresti farlo analizzare, per favore? », lasciò cadere nelle mani di Takagi quel fazzoletto contenente il ciondolo, e quest’ultimo colse la palla al balzo per uscire rapidamente dalla stanza. Sentiva di aver interrotto qualcosa, e l’atmosfera tesa ne era la prova.
Peccato che lo stesso non lo capì l’altro poliziotto, che invece rimase congelato sul posto troppo occupato a lanciare occhiate confuse fra Ran e Shinichi.
« Ma… voi due… », mormorò dopo un po’ di silenzio, e Ran sentì un brivido lungo la schiena.
Dannazione.
« Ho capito tutto », riprese indicandogli, e Shinichi lo fissò nervosamente. Lanciò un’occhiata preoccupata a Ran, e in quel momento si sentì un idiota. Avrebbe dovuto stare al gioco, solo quello, e non c’era riuscito. Haruki pareva aver capito, e si sentì maledettamente in colpa per non aver fatto ciò che Ran silenziosamente gli aveva domandato solo guardandolo.
« Stavate parlando di me, vero? ».
Per poco Shinichi non si mise a ridere, e Ran lo fissò perdendo ogni traccia di imbarazzo. Haruki sorrise un po’ rosso, iniziando a grattarsi il viso con sguardo colpevole.
Questo è davvero un idiota.
Shinichi lo guardò provando quasi pena, e cercò in tutti i modi di non sbeffeggiarlo.
« Hai davvero capito tutto, Haruki-san ».
Il poliziotto sorrise energicamente, e a quel particolare entusiasmo Shinichi avvertì il pericolo in agguato.
« Allora che ne dici per stasera? ».
Come aveva previsto, il suo tornare all’attacco gli causò nuovamente il mal di stomaco. Improvvisamente lo scherno di poco prima sparì, per lasciar spazio a una fortissima gelosia.
Lanciò un’occhiata allusiva a Ran, e non seppe davvero cosa fare. Da una parte avrebbe voluto sostenere la sua bugia, per il semplice fatto che dopotutto glielo doveva. Non aveva ancora detto a Kogoro niente, probabilmente e soprattutto per imbarazzo, o per qualche altra ragione sicuramente valida. Dall’altra, l’idea che uscisse con lui lo mandava su tutte le furie. Per di più ci stava provando spudoratamente davanti a lui!
Prese un lungo sospiro, e cercò di mantenersi indifferente perfino quando Haruki prese le mani di Ran e la scosse speranzoso.
« Che ne dici del cinema? ».
Ran lo guardò completamente nel panico, e provò a ragionare velocemente sul da farsi. Tuttavia la sua vicinanza e il suo continuare a tenerla per i polsi iniziava a darle davvero fastidio, e l’unico pensiero che le venne in mente fu quello di spingerlo via e urlargli la verità.
« S-stasera non posso, mi spiace », provò a strattonarlo per svincolarsi dalla sua presa, ma questa rimase solida. Da sopra le spalle del poliziotto poteva notare ancora Shinichi, che li fissava con cipiglio sempre più cupo.
« Domani? ».
« In realtà, sono un po’ impegnata questa settimana », riprovò a sfilare la sua mano, che iniziava quasi a farle male.
« Ma d- ».
Quando infine lo sentì sbuffare e ricominciare a insistere, Shinichi non ci vide più. Si fece avanti solo per strappare la sua presa su Ran, ma quando fece per afferrargli il braccio notò con stupore come questo si mosse velocemente lontano da lui. Un po’ confuso, vide Haruki indietreggiare goffamente all’indietro, fino a sbattere contro la libreria appena dietro di loro. Rimase così con una mano per aria, a guardarlo non capendo davvero come fosse finito lì. Finchè, almeno, non sentì una voce cupa arrivargli dietro le spalle.
« Ti ho detto di no ».
Sebbene fosse consapevole che Ran non fosse in collera con lui, comunque avvertì un brivido quando si voltò e notò la sua espressione rabbiosa.
Faceva seriamente paura.
« Smettila di insistere », sentenziò infine, e Shinichi capì che doveva essersi liberata poco prima del suo intervento, e averlo spinto lei contro quel mobile.
Alla vista di Ran così infuriata, Haruki deglutì improvvisamente intimidito, e annuì come paralizzato. Emanando scintille, Ran uscì dalla stanza sbuffando e borbottando qualcosa, con una camminata che pareva più una rincorsa alla battaglia. Trattenendo a stento le risate, Shinichi fissò soddisfatto Haruki, il quale gli rivolse uno sguardo spaesato.
« Accidenti », bofonchiò infine, con sguardo perso. « Permalosetta la tua amica ».
« Tantissimo », asserì Shinichi annuendo convinto. « Volevo avvertirti, ma non ci sono riuscito. E’ un tantino violenta ».
La soddisfazione gli stava solleticando ogni angolo del corpo, ma cercò di non darlo troppo a vedere.
« Ho visto… eppure sembra così carina », si portò una mano al viso.
« Sembra », ripetè Shinichi con espressione comprensiva. « Dovresti vedere come riduce le altre ragazze alle gare. Glielo dico sempre che esagera, ma non mi dà mai retta. Forse è meglio lasciar perdere », concluse con tono fintamente grave.
« Hai ragione…  », gli diede una pacca sulla spalla, guardandolo intensamente. « Ora ho capito perché eri così poco collaborativo prima, volevi solo avvertirmi ».
Ancora una volta, hai capito tutto.
« E dire che… no, niente », Haruki sorrise e scosse la testa, interrompendosi. Shinichi alzò un sopracciglio, mentre uscivano insieme da quella stanza.
« Cosa? », lo incitò curioso.
Al suo tono interessato, Haruki si bloccò e lo afferrò per un braccio, per poi avvicinarsi al suo orecchio con fare sospetto.
« Non te la prendere, ma quando  ti ho visto così seccato prima », trattenne una risata, abbassando ancora di più la voce.
« Pensavo fossi geloso », gli scappò infine un risolino. Shinichi strinse la mascella, sforzandosi di sorridere divertito. Tuttavia, il meglio che riuscì a fare fu una smorfia.
« Geloso », ripeté.
« Sì, sembravi davvero cotto di lei, amico », gli diede una pacca così forte sulla spalla che per poco Shinichi non perse l’equilibrio, mentre Haruki non riusciva più a trattenere le risa.
« Non è così »,  contestò Shinichi, massaggiandosi il braccio dolorante con un lieve rossore sulle gote.
« Ora mi è chiaro… anche perché, diciamocelo », riabbassò la voce. « Se anche ci provassi, quella ti spezzerebbe in due! ».
E continuando a ridere, il poliziotto si allontanò, lasciando Shinichi un po’ perplesso.


« Grazie, Kudo-kun ».
L’ispettore Megure gli sorrise grato, mentre si allontanava con la squadra di poliziotti al seguito. Shinichi ricambiò il sorriso, interiormente soddisfatto. Aveva risolto da poco il caso, e ora stavano finalmente uscendo da quella villa infernale. Per tutto il tempo Haruki aveva evitato accuratamente di stare nelle vicinanze di Ran, e questo gli aveva permesso di concentrarsi e risalire alla dinamica dei fatti. Sentendosi un po’ stanco, si stiracchiò, per poi ripensare alla scena di appena un’ora prima. Rise sommessamente, mentre Ran lo affiancava e lo guardava confusa.
« Perché ridi? », domandò.
« Stavo ripensando… lo hai spiaccicato contro quella libreria », cercò di frenare la sua ilarità, ma non riuscì davvero a trattenersi ulteriormente. Scoppiò in una risata rumorosa, e ben presto contagiò anche Ran.
« Ma smettila », disse dopo essersi ripresa da quell’attacco di risate, cercando di non attirare l’attenzione delle persone a poca distanza da loro.
« E’ che continuava a strattonarmi », disse a mò di scuse.
« Lo hai terrorizzato ».
« Non è vero! ».
« Fai paura, lo sai? Non sei per niente femminile ».
« Sta zitto! ».
Shinichi rise ancora, dandole un colpetto sulla fronte. In quel preciso momento, tuttavia, Kogoro gli lanciò un’occhiata di fuoco alla vista di quel loro siparietto davvero troppo confidenziale. A quella vista, Shinichi deglutì e di istinto si allontanò un poco da Ran.
Quando lei lo notò, e osservò anche suo padre fissarlo male, si morse un labbro a disagio. Si sentì improvvisamente sicura di sé e non riuscendo a sopportare ulteriormente quella farsa, prese per braccio Shinichi. Si strinse a lui, lanciando uno sguardo di sfida a suo padre, che era trasalito a poca distanza da loro.
« Domani glielo dirò ».
Shinichi, sentendola così vicina, arrossì lievemente. Si girò per guardarla in faccia, e notò che ora lo stava fissando con espressione determinata.
Non era la prima volta, ultimamente, che si ancorava al suo braccio, eppure ogni volta le provocava la stessa sensazione. E il fatto che accidentalmente premesse il suo petto contro di lui non lo aiutava a non avvampare ogni volta. Tuttavia di fronte al suo sguardo deciso, sorrise.
« Va bene », asserì con tono dolce.
Si fissarono per un pò completamente in trance, finchè, dopo un bel pò, Shinichi sospirò. Un pò preoccupata per quel cambio repentino di umore, Ran inclinò la testa confusa.

« Che c'è'? », domandò sulle spine, stringendo il suo braccio ancora di più.
« Per il momento, potresti staccarti? », domandò lui candidamente.
« Ti dò fastidio? », lo accusò offesa Ran, divenendo improvvisamente cupa.
« No, ma i poliziotti sono ormai andati via, ed è rimasto solo tuo padre. E ci sta fissando ».
In quel momento, Ran deglutì e lentamente guardò dove Shinichi le aveva appena indicato con un cenno del capo. Fu lì che trovò suo padre da solo sul marciapiede, mentre picchiettava nervosamente un piede a terra con cipiglio minaccioso.
« Forse, non c'è bisogno di dirglielo, sai », disse Shinichi, fissandolo a sua volta. « Sei abbastanza chiara », le indicò qualcosa appena sotto il mento, mentre arrossiva.
E, finalmente, Ran si rese conto di star schiacciando il suo petto contro il suo braccio con una confidenza che, constatò, non era davvero da "solo amici".



 
   
 
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