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Autore: Flying_lotus95    04/06/2020    2 recensioni
"In apparenza, agli occhi degli altri, quei due sembravano il sole e la luna. Kaworu il sole brillante e radioso, Shinji la luna silenziosa e riservata."
[Sono presenti alcuni personaggi del mondo di Slam Dunk]
[Ispirata al videoclip "Sabato" di Jovanotti]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kaworu Nagisa, Shinji Ikari
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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Comunicazioni di servizio

Salve a tutti! Finalmente sono tornata su EFP con una nuova avventura e una nuova coppia uscita dritta dritta dall'universo di NGE: i Kawoshin (galeotta la scena al piano e chi la ideò e creò XD)
Prima di accingervi a leggere questa mia piccola modesta creazione, vi appunto giusto qualche linea guida alla lettura, così da spianarvi (in parte) alcuni dubbi che potrebbero sorgervi:
  1. La one-shot non riprende le vicende della serie, sebbene si fa riferimento alla Nerv, agli EVA e agli Angeli in modo leggermente modificato. Diciamo che la ragione, oltre che di trama, è stata voler rendere l'ambientazione della storia un po' meno apocalittica e catastrofica. (Che i fan affezionati non se la prendano a male >w<)
  2. Piccola curiosità: nel corso della lettura, troverete due personaggi ispirati al mondo di Slam Dunk. Non ve ne farò menzione, sarete voi a scovarli ;) (ovviamente mi riferisco a chi conosce la serie manga/anime)
  3. Per ragioni di trama, Misato Katsuragi qui viene citata come zia materna di Shinji. 
  4. Kaworu potrebbe risultare troppo poco IC, causa la sua enigmaticità e poco spazio nella serie, ho fatto sì di concedermi qualche libertà sulla sua caratterizzazione. Avrete dunque a che fare con un Kaworu Nagisa inedito :D 
Come sempre, accetto qualsiasi tipo di critica o dubbio se qualcosa non vi risulta molto chiara o siete semplicemente curiosi :) ovviamente appellandomi alla vostra comprensione e clemenza nei toni :)
Detto questo, vi auguro una buona lettura :*

 


Only you can take me away
I can feel myself changing
I don't care what they say
For you, I'm ready to get up again

 

(Mirei - Take Me Away)
 


Mentre la sera calava piano, le luci della ruota panoramica irradiavano sovrane nei dintorni del luna park. Luci ad intermittenza, di ogni colore, illuminavano volti felici, bambini che piagnucolavano accanto ai genitori, coppie innamorate che passeggiavano tranquille…
Kaworu Nagisa osservava tutto seduto sugli scalini della sua roulotte, fumando tranquillamente la sua Marquise, con un sorriso di cortesia che rivolgeva a chiunque si accorgesse della sua presenza. Alcuni passanti lo avevano scambiato per un addetto del luna park, ne aveva riso con gusto.
Controllava l’orario sul cellulare, stava aspettando evidentemente qualcuno, qualcuno evidentemente in ritardo. Non sembrava crucciarsene troppo, però.
Fumava la sigaretta con pacatezza, assaporando ogni boccata come fosse un liquore dolce da assaporare con tutta calma.
Alla base Nerv, dove lui era stato reclutato come sostituto pilota dell’Unità 00, era vietato fumare, qualche volta era riuscito a rintanarsi con l’aiuto del sovrintendente Kaji per concedersi quella piccola distrazione, ma quando la dottoressa Ritsuko li scopriva, volavano urla da tutte le parti, sebbene anche lei fosse una fumatrice incallita. Ma qualcuno doveva pur dare il buon esempio…
Kaworu lanciò una seconda rapida occhiata al cellulare, si stava seriamente chiedendo che fine avesse fatto…
Dopo mesi di ingrippi mentali e incoraggiamenti allo specchio, approfittando dei giorni di licenza, era finalmente riuscito a rubare un’innocuo appuntamento a Shinji Ikari, suo taciturno compagno, pilota come lui, dell’arma umanoide EVA. Non si era mai fatto troppi problemi in passato a farsi avanti con qualcuno e chiedergli un’uscita, ma con quel ragazzo Kaworu aveva riscontrato inaspettatamente varie difficoltà di approccio, dovute all’ estrema riservatezza e timidezza dell’altro, che sembrava preferire di gran lunga la compagnia del suo walkman a quella di un’altra persona.
Per un breve attimo, prese in considerazione l’idea che potesse essere stato appeso dal compagno, quando avvertì alla sua destra dei passi veloci e l’affanno provocato dalla corsa.
“Nagisa, eccomi, scusami per il ritardo!”
Per la sorpresa, il ragazzo alzò lo sguardo sul proprietario di quella voce affannata, ma gentile. Riconobbe dalla capigliatura corvina e dall’aspetto sottile il soggetto principale dei suoi pensieri. Shinji era finalmente arrivato.
“Temevo avessi cambiato idea all’ultimo.” Esordì Kaworu. Non era adirato, forse solo un po’ preoccupato.
Invitare Shinji al luna park era stato un azzardo, come era stato un ulteriore azzardo confessargli di provare un interesse per lui, non solo di natura amichevole.
Kaworu era sempre stato limpido e schietto riguardo la sua omosessualità, non ne aveva mai fatto mistero con nessuno.
Sarà stato dettato dal fatto che vivendo da solo, si fosse sempre dovuto arrangiare come poteva, e non aveva tempo per compatirsi o fustigarsi. Aveva accettato di provare attrazione fisica verso gli uomini, non ne aveva mai provato fortemente vergogna, nemmeno durante la sua prima volta, avvenuta 3 anni prima, in un bagno con uno sconosciuto ubriaco. Almeno, come ricompensa del servizio, costui gli aveva lasciato qualche spicciolo. Con questi si sarebbe comprato successivamente il suo primo pacchetto di Marquise. Aveva da poco compiuto 15 anni all’epoca.
Aveva perso la famiglia, la casa, non aveva più nulla.
Prima di entrare alla Nerv, aveva fatto qualsiasi tipo di lavoro, dal fattorino al cameriere, contando anche un’esperienza da accompagnatore in un night club.
Ma, chissà per quale motivo, nell’ambiente della Nerv aveva sempre dato tutt’altra impressione: ragazzo serio, diligente, impeccabile. In confronto, Shinji sembrava un novellino inesperto davanti a lui.
In apparenza, agli occhi degli altri, quei due sembravano il sole e la luna.
Kaworu il sole brillante e radioso, Shinji la luna silenziosa e riservata.
“Ho avuto un contrattempo, spero tu non te la sia presa” rispose di rimando Shinji, aveva lo sguardo basso mentre si grattava dietro la nuca, mortificato.
Kaworu spense la sigaretta sul corrimano arruginito, si alzò dagli scalini e gli mise un braccio intorno al collo. Sorrideva con fare gentile alla volta del viso arrossato di Shinji.
“Non importa, alla fine sei qui. Lascio scegliere a te… che ti va di fare?” Ammiccò infine, provocando una reazione di forte impaccio nell’amico.
La presenza di Kaworu confondeva sempre l’animo di Shinji, scuotendolo come una scossa d’assestamento dopo un terremoto.
Quando l’amico gli confessò candidamente di essere interessato a lui, il suo corpo assunse sfumature di diverso colore.
Aveva avuto un percorso di vita diverso rispetto a quello di Kaworu: figlio promettente di Gendo Ikari, magnate della Nerv, aveva sempre avuto un carattere schivo e sulla difensiva. Sentiva sempre il bisogno di essere protetto e ascoltato.
Una volta Misato, la sua giovane zia con cui condivideva l’appartamento,  per scherzo e in preda ai fumi dell’alcool, lo canzonò dicendo che in alcuni frangenti il ragazzo assumeva atteggiamenti troppo delicati, femminili quasi… Spesso Shinji si era chiesto se Kaworu fosse rimasto colpito proprio da quel lato del suo carattere, tanto da spingerlo a buttarsi con lui… Non sapeva chiedersi però se ciò fosse un bene o meno.
“Facciamo un giro al luna park?” Domandò infine Shinji, divincolandosi dalla presa amichevole dell’altro, cercando di risultare il più naturale possibile. Sperava così di buttarsi nella mischia, per mantenere le giuste distanze, fisiche e mentali, tra loro.
Kaworu annuì, convinto, sebbene quel gesto lo avesse digerito un po’ male.
Quella sera la folla era abbastanza fitta, man mano che si attardava, il flusso di gente aumentava gradualmente.
 I due camminavano vicini, stavano bene attenti a non toccarsi, o meglio, Shinji stava bene attento a non sfiorare la mano di Kaworu. Perdersi in quel tumulto contenuto però li rendeva euforici, a modo loro, a gradi diversi.
A Kaworu brillavano gli occhi, vedere tanta vita circolargli intorno lo metteva di buon umore, ai bambini che gli passavano accanto non risparmiava una carezza veloce sulla testa, benedicendo quelle piccole vite appena sbocciate.
Nonostante la rigidità fisica dettatagli dalla circostanza, anche Shinji internamente si sentiva allegro, leggero, rivolgeva un sorriso stretto e mite a chiunque, si sentiva agitato, e anche se faticava ad ammetterlo, il buon umore di Kaworu lo stava lentamente contagiando. Sentiva improvvisamente il bisogno di saltare, mettersi a fare un girotondo improvvisato con i passanti accanto a lui… Qualcosa voleva esplodere dentro di lui, ma non sapeva dare un nome a quell’emozione…
Era perso nei suoi pensieri, quando sentì una musica allegra provenire da un piccolo rave improvvisato, proprio lì sullo spiazzale.
C’erano dei ragazzi che avevano messo la musica a palla dallo stereo, facevano qualsiasi tipo di mossa di breakdance, con il rischio di rompersi la noce del collo. Ma a Shinji sembrava che a loro non gli interessasse più di tanto correre quel rischio.
È così che si dovrebbe vivere… sempre! Senza provare mai paura.
Quando Shinji elaborò quel pensiero, gli sfuggì un debole risolino.
“Andiamo Shinji, vieni a ballare!” Kaworu scelse proprio quel momento per destarlo dai suoi pensieri, afferrandolo per un polso. “Nono, ti prego, non so ballare!” declinò l’invito Shinji, cercando di spostare la mano di Kaworu dal suo polso, senza apparire scortese. Temeva che lui avrebbe continuato ad insistere, per questo rimase sorpreso quando vide il compagno rivolgergli un sorrisetto sghembo e uno sguardo malandrino, ma comprensivo.
Kaworu mollò la presa, girò i tacchi con le mani in tasca, e si avviò sull’improvvisata pista da ballo, muovendosi a passo di danza. Non era solito forzare nessuno, concedeva tempo a iosa a chiunque ne avesse bisogno. Lo avrebbe fatto anche con Shinji.
Ben presto si unì ai ballerini di breakdance, rivelando una certa scioltezza nei movimenti. Era bello, leggiadro, agli occhi di Shinji parve addirittura libero… lo stava invidiando. Ma si sentiva bloccato, non riusciva a muovere un passo, era totalmente rapito da quella figura che si muoveva perfettamente in sincrono con la musica che rimbombava da tutte le parti… Il volume alto invadeva i timpani di Shinji, intontendolo maggiormente, non si sentiva più padrone delle sue stesse azioni, avvertiva i palmi delle mani sudate, li fissava con aria assente, sentiva il bisogno di stringere, di stringere qualcosa tra le mani…
 
Visto? Alla fine non ti muovi così male!
Improvvisamente, come la potenza di una detonazione, a Shinji balenò in mente un pensiero, o forse… era un ricordo?? Stava immaginando due persone, un ragazzo con i capelli corvini, talmente neri che alla luce assumevano sfumature bluastre, e una ragazza dai capelli ugualmente neri, magra, un po’ bassina e con un vestitino ocra con un cardigan e stivaletti neri. Erano al centro di una pista, le casse sparavano a palla Come On Eileen dei Dexys Midnight Runners… Li vedeva ballare con le mani intrecciate, lui sicuro di sé ed agile, lei impacciata ma sorridente… ad un certo punto, la ragazza mise male il piede sinistro rischiando di scivolare, ma il suo compagno l’aveva afferrata prontamente… la stringeva forte, lei quindi allungò il collo per raggiungere le labbra dell’altro, ma data la statura, nonostante si fosse messa in punta di piedi, sbagliò mira e gli baciò un punto specifico sul mento… a quel punto lui l’alzò da terra, facendola girare…
 
Investito da quella improvvisa sensazione di leggerezza e libertà dettata da quella visione, senza nemmeno rendersene conto, in completo stato di trance, Shinji si buttò nella mischia, cercando alla cieca Kaworu. Si sentiva eccitato, aveva il fiato corto e lo sguardo perso.
Quando lo raggiunse, lo vide ballare divertito con due ragazze, rideva e muoveva braccia e fianchi con un ritmo impeccabile. Shinji tremava… sentiva le lacrime agli angoli degli occhi, non riusciva nemmeno a spiegarselo, sentiva il bisogno di richiamare la sua attenzione…
Appena Kaworu si accorse della presenza dell’altro ragazzo, lo raggiunse con un sorriso a trentadue denti stampato sul bel viso serafico, facendosi largo tra gli altri ballerini improvvisati come lui.
“Finalmente, altri 5 secondi e sarei venuto a prenderti!” dichiarò allegro, prendendolo per entrambe le mani, trascinandoselo pericolosamente vicino. Shinji si destò da quella sensazione di oblio, temeva il commento delle due ragazze davanti a loro, ma per sua fortuna erano troppo impegnate a divertirsi, a godersi la vita. A Kaworu non sembrò sfuggirgli lo stato d’animo in cui l’altro versava, gli era parso come preoccupato per qualcosa…  Afferrò deciso il viso di Shinji tra le mani, come a volerlo risvegliare da quello strano torpore.
 “Va tutto bene. Sei con me adesso!” L’amico lo guardava fisso, con aria seria. Shinji non riuscì a distogliere lo sguardo da quelle iridi incandescenti, non sapeva però se fossero tali per il colore o per l’atmosfera onirica in cui si trovavano. Dopo qualche secondo di silenzio, Kaworu avvicinò il viso di Shinji al suo.
Fu un bacio lungo, ma si limitò a sfiorargli le labbra.
Shinji rimase per un po’ con gli occhi spalancati, aveva il terrore che qualcuno potesse riconoscerli, voleva urlare e dire all’altro di smetterla, ma l’unica sensazione che riusciva a percepire era l’aroma caldo e pungente di sigaretta che emanava il respiro di Kaworu, e il caos della musica alta in sottofondo, riusciva ad identificare una sorta di strofa, sembrava che qualcuno gliela stesse sparando di proposito nelle orecchie… “… in a hopeless place…” … Voleva resistere, voleva digrignare i denti, voleva spingere via l’amico… e allo stesso tempo non voleva farlo. Il cervello aveva smesso di collaborare, il mondo intorno a loro scoppiava di festa e felicità.
Perché mai lui avrebbe dovuto rovinare tutto??
Kaworu allentò il bacio, appoggiando con cautela la fronte a quella di Shinji. Aveva ancora le mani sulle sue guance, quasi temesse che potesse sfuggirgli via da un momento all’altro. Ma Shinji non sembrava per nulla intenzionato a fuggire… fu lui infatti a farsi avanti, per un secondo bacio.
Fu un gesto istintivo, quasi automatico…
Aveva ancora tanta paura Shinji, aveva ancora in mente quei due ragazzi, ma lì, su quella pista, assieme a Kaworu, tutto sembrava scivolare in secondo piano… Da quando lo aveva conosciuto, una piccola parte del suo cuore si sentiva serena, gli faceva piacere avere a che fare con lui. Solo, non riusciva ancora a far chiarezza riguardo la situazione che si era venuta a creare tra loro due… Quel secondo bacio aveva più il sapore di un debole Grazie che di un coinvolgente Ti amo…
Grazie, non sto avendo paura di me stesso, in questo momento.
We found love in a hopeless place cantava la canzone dalle casse del vecchio stereo…
 
Rimasero lì a ballare per una buona mezz’ora, Shinji parve destarsi sempre più da quella condizione di confusione in cui versava, anche la timidezza sembrò scivolare lontano, per lasciar spazio all’ebbrezza della novità. Poi, con fare totalmente naturale, i due decisero di continuare il loro giro per il luna park.
In quel momento Shinji appariva più tranquillo, rilassato, senza accorgersene, teneva stretta la mano di Kaworu, parlava a profusione di qualsiasi cosa, l’adrenalina ancora circolava nelle sue vene… L’altro fu ben attento a non fargli notare la spensieratezza che mostrava, per paura che quel meraviglioso sortilegio si sciogliesse proprio davanti ai suoi occhi. 
Alla Nerv Shinji era sempre così serio e impenetrabile… il suo modo di fare lo aveva incuriosito fin da subito. Si era chiesto tante volte cosa celasse dietro tanta riservatezza e pacatezza… Confessarglisi fu quasi un gioco, una piccola scommessa che Kaworu aveva stretto con sé stesso.
Chissà come reagirà se gli dico che mi piace aveva pensato candidamente.
In effetti, una risposta Shinji non aveva saputo dargliela, ma nemmeno aveva cambiato atteggiamento nei suoi confronti… però non gli era sfuggita quella nota di sollievo che si fece largo nel suo sguardo sempre pensieroso…
Non sono l’unico a provare sentimenti strani, a Kaworu parve di cogliere quel messaggio nello sguardo di Shinji.
Era come se la sua dichiarazione avesse alleggerito, anche solo di poco, il peso che Shinji sembrava portare sulle spalle chissà da quanto.
Kaworu aveva fatto caso al discreto spartiacque tra il prima e il dopo il suo gesto. Aveva sempre pensato che Shinji avesse qualcosa da nascondere, qualcosa che non aveva mai osato chiedere, non per paura, ma per semplice rispetto. Sentiva che con Shinji c’era una linea da non oltrepassare. Ma quella sera, cascasse il mondo, avrebbe provato anche solo a scalfire di poco il muro di Berlino che il compagno aveva eretto attorno a sé. Creare una piccola breccia sarebbe stato sufficiente.
“Guarda Kaworu, un tiro a segno!” Esclamò entusiasta Shinji. Il ragazzo rimase piacevolmente sorpreso: Shinji non lo aveva mai chiamato per nome prima di allora. Sorrise di quell’innocente leggerezza.
Shinji sembrava schiudersi come un piccolo bocciolo alla calda luce del sole.
La luna che beneficiava dei raggi solari per infondere chiarore anche alla notte più oscura.
Shinji trascinò Kaworu al tiro a segno, aveva puntato un tigrotto paffutello.
Kaworu non immaginava che a Shinji potessero piacere i peluche.
Gli rivolse così un’occhiata interdetta, ma divertita.
“Voglio vincerlo per zia Misato!” Blascicò il ragazzo, rosso in viso.
Kaworu non smise di guardarlo con aria incantata e l’ombra di un sorriso sulle labbra sghembe. Quando Shinji mentiva così ingenuamente, gli veniva sempre voglia di scombinargli i capelli. E rubargli un bacio a tradimento. Se solo glielo avesse permesso, lo avrebbe protetto da tutti i demoni che lo perseguitavano…
Shinji si mise subito in postazione, imbracciò il fucile consegnatogli dall’uomo dietro al bancone, e puntò verso il bersaglio. Se avesse centrato il colpo, il tigrotto sarebbe stato nelle sue mani.
Kaworu si accese una sigaretta nell’attesa, ma i suoi occhi non smettevano di fissare il giovane davanti a sé. Quell’immagine lo stava allietando più di quanto si aspettasse.
Fino a quel momento, aveva sempre visto l’Unità 01, pilotata dal compagno, imbracciare un fucile, qualche volta si era spinto ad immaginare come sarebbe stato vedere lo stesso Shinji impugnarne uno. L’idea lo aveva fatto sorridere, essendo Shinji un tipo totalmente avverso agli argomenti bellici. Infatti, notò subito le sbavature nella postura e l’impugnatura incerta del ragazzo sull’arma, mascherata magistralmente da uno sguardo concentrato e fisso davanti a sé.
L’unico motivo valido che aveva per pilotare un’arma di forma umanoide era perché la volontà di suo padre aveva avuto la priorità su tutto. La volontà di un padre che non conosceva affatto l’indole del proprio figlio… o forse, si rifiutava di conoscerla a pieno…
Shinji non parlava mai di suo padre, se in qualche discorso il nome di Gendo Ikari spuntava fuori, lui si limitava ad una smorfia di disgusto, e distoglieva lo sguardo.
Stando a quanto gli aveva raccontato Kaji, Kaworu ipotizzò che i loro rapporti si sarebbero incrinati dopo la morte della madre Yui.
Difatti Shinji era stato affidato a sua zia Misato, giovane sorella della madre defunta, l’unica persona che lui considerava a tutti gli effetti famiglia.
Intenerito da tanta goffaggine, Kaworu decise di andargli in aiuto. “Alza il braccio, abbassa la canna!” Immediatamente si posizionò alle spalle di Shinji, sigaretta tra le labbra, e mento poggiato poco più su della clavicola dell’altro. Aveva cancellato ogni distanza con un passo e poggiando le mani sulla postura incerta del ragazzo che imbracciava il fucile giocattolo.
L’odore della Marquise accesa investì le narici di Shinji, che tossicchiò leggermente.
Sopportava poco l’odore di sigaretta, gli ricordava il padre… ma su Kaworu sembrava assumere un altro tipo di significato. Gli conferiva un’aria adulta, indipendente… tutto quello che Shinji sarebbe voluto essere e che, molto semplicemente, ancora non era.
 
Ah-ah! Non ci provare!
Un’altra immagine, un’altra scena davanti agli occhi… il ragazzo dai capelli corvini teneva tra le dita una sigaretta accesa, aveva alzato la mano in aria perché la sua ragazza voleva fargliela cadere… indossava una salopette corta e una maglietta a maniche corte, il caschetto di capelli lunghi e neri le ricadeva leggero sulle spalle piccole… Aveva un sorriso luminoso quella ragazza, persino gli occhi scuri irradiavano luce… L’altro le prese il bel viso tra le mani, baciandola dolcemente, Shinji la vide abbandonarsi a quel bacio… Quella scena gli provocò un calore inspiegabile, come se quel bacio lo stesse ricevendo lui stesso sulle labbra in quel momento… come se lo avesse ricevuto davvero…
 
Scacciò quel ricordo molesto, Kaworu lo scosse senza complimenti muovendo con una mano la canna del fucile, lo stava richiamando all’attenzione. 
Shinji puntò gli occhi sull’obiettivo. Quelle visioni improvvise gli stavano minando la salute mentale.
Nel mentre stava spingendo l’indice sul grilletto, sentì uno strano vociare provenire da un gruppo di ragazzi che sostavano vicino ad un cespuglio. Non erano molto vicini, ma Shinji poteva sentire bene ciò che dicevano. Sembravano emanare un’aura minacciosa…
“Ehi, ma quei due… fossero froci?”
Quella frase ferì indelebilmente l’udito di Shinji, a Kaworu non era sfuggito il suo sussulto. Aveva sentito anche lui quella frase ma, a differenza del compagno, non gli voleva dare alcun peso. Parlassero pure quegli stronzi, a lui non interessava minimamente il loro parere. Ma Shinji sembrava non essere dello stesso avviso.
“Guarda come se lo stringe… ha paura che qualcuno glielo ruba??” Inveì un altro, canzonatorio. Pareva proprio che quel gruppetto li avesse proprio presi di mira.
Shinji stava iniziando a tremare, quella briciola di sicurezza guadagnata nell’arco della serata stava pian piano scomparendo per lasciar spazio alla paura e al terrore.
“Non azzardarti a dargliela vinta!” Sussurrò Kaworu all’orecchio di Shinji, lo teneva ancora stretto a sé.
Shinji stava desiderando con tutto se stesso che si allontanasse da lui… non voleva incombere in risse inutili. Provava già troppa colpa e vergogna per sé stesso. Per aver creduto che la sua condizione fosse normale, che avesse diritto ad un briciolo di normalità in quella sua esistenza già di per sé complicata, per varie ragioni. Quella di maggior impatto, quella per cui provava un profondo senso di smarrimento, non l’avrebbe mai rivelata a nessuno. Anche se aveva avuto il sentore che sua zia avesse capito qualcosa… a quella donna non sfuggiva mai nulla, nonostante l’aria svampita e da immatura.
“Concentrati Shinji!” inveì Kaworu con voce sottile, labbra strette sulla sigaretta.
Per il ragazzo fu come un brusco risveglio dai suoi pensieri. Era lì, imbracciava un fucile giocattolo e il suo corpo era stretto a quello di Kaworu, il ragazzo che poco prima lo aveva baciato teneramente, quasi a chiedergli permesso, e tenuto per mano per tutto il luna park… Si ripetè mentalmente che non doveva fuggire, almeno non fino a quando non avrebbe ottenuto il peluche tanto agognato. Shinji chiuse gli occhi e sparò.
Il colpo centrò perfettamente l’ultimo cerchietto blu, a quella vista, Kaworu impazzì dalla gioia, soddisfatto.
“Cazzo Shinji, ce l’hai fatta!” Esultò Kaworu, agitando un confuso Shinji, ancora incerto del reale risultato ottenuto. Ma quando vide il venditore cedergli il pupazzo a forma di tigre, sul viso gli si stampò un sorriso enorme.
Spinto da un impeto di contentezza, abbracciò Kaworu con foga, per poco l’altro non si sarebbe ritrovato con il sedere a terra, ma aveva avuto prontezza di riflessi, dandosi equilibrio scivolando con un piede all’indietro, ricambiando l’abbraccio nel mentre.
Per sicurezza, dato che la visuale glielo permetteva, Kaworu buttò l’occhio sulla banda di tipi che poco prima si era divertita a deriderli e schernirli. Dovette constatare con disappunto che erano ancora lì, indefessi, intenti a bere birra e fumare, sghignazzando rumorosamente.
“Evvai!” Gridò Shinji, incurante del gruppetto di ragazzi che poco prima li fissava con aria minacciosa, con tutta l’aria di esser pronti alla rissa. Era in evidente stato di euforia estrema per aver vinto il tigrotto peluche, tanto da non porsi alcuna allerta.
Kaworu ricambiò l’entusiasmo stringendosi Shinji accanto, con un certo fare protettivo. Come temeva, quei tipi non avevano mai smesso di osservarli. Capì che era il caso di allontanare Shinji da una situazione che sarebbe potuta degenerare di lì a poco.
Così si allontanarono di poco dalla bancarella del tiro a segno, non potendo evitare di passare esattamente accanto al branco.
Mentre Kaworu cercava di accellerare il passo, Shinji aveva abbassato la guardia, si sentiva immune a qualsiasi sgarro… giocherellava con il suo piccolo premio, lanciandoselo in aria a mo’ di giocoliere. Un lancio troppo lungo, dettato dall’allegria incontrollata, fece sì che il peluche gli scivolasse dalle mani e cadesse esattamente alle sue spalle. Shinji fece giusto in tempo a voltarsi che si trovò di fronte un tizio nerboruto, con i capelli lunghi e la barba incolta. Sembrava un lottatore di wrestling, con la pelle abbronzata e lo sguardo minaccioso. Voltandosi, Kaworu constatò che l’omone stava calpestando il peluche di Shinji. Per lo sdegno arricciò le labbra con cui sorreggeva la sigaretta accesa.
“Ehi, piccole checche, non è tardi per farvi il giretto romantico?”
Quell’espressione fece raggelare il sangue a Shinji. Quel tipo voleva provocarli?
Istintivamente, si nascose dietro le spalle di Kaworu, che guardava sprezzante il presunto lottatore di wrestling, pronto sulla difensiva. Dove cacciasse tanto coraggio, Shinji non riusciva a spiegarselo. Lo invidiò anche per quello.   
“Tetsuo, vuoi davvero perdere tempo con questi due rifiuti del cazzo?”
Un brivido attraversò violento la colonna vertebrale di Shinji. Quella voce gli era parsa piuttosto familiare… Una voce calda, profonda…
Si vide bene dal mantenere lo sguardo puntato verso un punto indefinito della strada. Non aveva idea di chi fosse, ma in caso fosse stato un suo conoscente o, peggio ancora, un conoscente di suo padre, non ci teneva affatto a dare troppe spiegazioni.
 Così rimase fermo sul posto, colto improvvisamente da un brutto presentimento.
“Qualche problema amico?” disse Kaworu, risoluto. “A chi stai dando dei rifiuti del cazzo, se posso chiedere?”. Nonostante l’apparenza mingherlina, Kaworu conosceva bene le arti marziali e la boxe. Non aveva paura di fronteggiarsi con quel gruppo di idioti.
“Tu che dici? Andate ad amoreggiare da qualche altra parte, fa schifo vedervi!” Incalzò la voce del bullo, Shinji iniziò a tremare vistosamente. Si rese conto che conosceva davvero quella voce…
“Per tua informazione, non stavamo amoreggiando, stavo solo aiutando il mio amico ad impugnare meglio il fucile” disse enfaticamente Kaworu, aveva lo sguardo sfacciato e le mani in tasca. Sembrava totalmente incurante del pericolo, mentre Shinji continuava ostinatamente a nascondersi dietro di lui, lo sguardo inchiodato al suolo.
“Gentilmente, chiederesti a Rambo qui di spostare la sua enorme zampogna puzzolente dal peluche del mio amico?” Continuò a provocare Kaworu, accennando con un movimento del capo al tipo grosso di nome Tetsuo, che ancora teneva il pupazzetto schiacciato sotto allo scarpone. Kaworu sembrava rilassato, ma la voce tradiva qualche nota leggermente alterata e infastidita di troppo.
“Tsz, amico! Come se noi non sapessimo di che risma sono fatti i tuoi amici… Kaworu Nagisa!”
Sentenziò l’omone chiamato in causa, mettendo su un’espressione di sdegno totale nel pronunciare il nome del ragazzo che aveva di fronte. A quanto pareva, conosceva Kaworu e il suo passato per poter lanciare una provocazione simile.
Shinji continuava a farsela addosso dal terrore. Voleva aiutare Kaworu, ma non sapeva come.
Per tutta risposta Kaworu alzò lo sguardo fiero verso il diretto interessato, avanzando di qualche passo, la sigaretta ancora fumante sulle labbra sottili.
“Quindi ti sei visto bene dall’informare i tuoi cari compari facendomi pubblicità gratuita, eh?” Shinji non riusciva ancora a spiegarsi come Kaworu riuscisse a mantenere la calma. A lui stava salendo il sangue al cervello solo ad assistere a quella scena. Avvertì nuovamente i palmi sudati, solo che stavolta sentiva una strana energia irradiarsi dal polso fino alle dita, voleva sfogare tutto il nervoso che stava provando, se solo fosse riuscito a mettere a tacere la sua inettitudine…
Ma c’era qualcosa che lo teneva bloccato, un pensiero molesto… il pensiero che tra il branco ci fosse qualcuno che lo potesse riconoscere…
“Era da tempo che non ti si vedeva bazzicare in giro in cerca di clienti, puttanella…” continuò Tetsuo alla volta del biondino, seguito dalle risate dei compagni. Shinji digrignò i denti a quella frase. Non sapeva molto sul passato di Kaworu, ma non tollerava che venisse offeso in questo modo. Alla Nerv, Kaworu emanava un’aura tanto aulica, quasi mistica… nessuno s’immaginava che venisse da una realtà tanto diversa da quella che mostrava. Per questo motivo, secondo Shinji, a Kaworu si doveva portare il massimo rispetto.
Sentì un’ulteriore scossa al petto, ma non di paura stavolta. Con non poche difficoltà e a denti stretti, alzò lo sguardo, inspirò dal naso, e cacciò l’aria in eccesso dalla bocca, filtrando tra i denti.
“Non ti permettere, pezzo di merda!”
A quell’affermazione detta con rabbia, ma tono pacato e controllato, leggermente instabile, si voltarono tutti alla volta di Shinji. Il ragazzo, infatti, stava guardando il tizio che importunava Kaworu con aria di sfida.
“Che hai detto, mammoletta??” Chiese Tetsuo con fare interrogativo, provocando qualche risatina tra i componenti del gruppo, e stupore improvviso in Kaworu. La situazione stava degenerando nettamente.
Shinji raccolse tutto il coraggio che possedeva, e si frappose tra i due contendenti.
Per alcuni minuti, a Kaworu parve non riconoscere la persona che aveva davanti.
“Shinji!” Provò a richiamarlo, ma l’altro sembrò non sentirlo, sebbene fosse solo pochi centimentri davanti a lui.
“Ridammi il peluche e lasciaci in pace!” Esclamò il ragazzo, a pugni stretti, e un’ottava di troppo nella voce. Kaworu sentì uno schiocco di dita provenire dal gruppo di bulli, si stavano preparando all’ormai imminente rissa. Avrebbe dovuto salvare il salvabile. E avrebbe dovuto farlo in fretta.
“ Amico, se volevi un appuntamento, sapevi bene dove trovarmi!” tagliò corto il ragazzo, togliendosi finalmente la sigaretta dalle labbra, per buttarla sul selciato, quasi consunta. Poggiò una mano sulla spalla di Shinji, intimandolo ad indietreggiare. “È inutile che adesso tu te la debba prendere con Shinji…” Il suo intento era quello di spostare tutta l’attenzione del tipaccio e i suoi compari soltanto su di lui, in modo tale che almeno Shinji potesse riuscire a svignarsela. Ci avrebbe pensato lui a risolvere la faccenda. Non era la prima volta che arrivava alle mani per apparare una questione…
Punto sul vivo, il tizio afferrò quindi Kaworu per la collottola della blusa, scuotendolo con forza e urlandogli improperi di ogni tipo. Nell’impeto, Shinji venne scaraventato a terra senza troppi complimenti. Notò che nello spostarsi in avanti, Tetsuo aveva mollato la presa dal tigrotto. Approfittando di quel momento di distrazione, Shinji si rialzò velocemente, afferrò il peluche e con esso iniziò a colpire la spalla forzuta di quel Tetsuo.
“Lascialo stare, bifolco!” Urlò Shinji con tutta la rabbia che aveva in corpo, aumentando la rapidità dei colpi che su quel tizio sembravano sbuffi d’aria fresca. All’improvviso si sentì tirare via e prendere di peso da un secondo componente, con tutta l’intenzione di braccarlo e metterlo a tappeto.
“Non così in fretta, pivellino!” lo ammonì costui.
Il ragazzo si dimenava come un pazzo, aveva perso quel poco di lucidità che gli era rimasta.
Completamente accecato dalla furia, morse la mano del tipo che lo stava placcando, liberandosi momentaneamente dalla sua presa. Non fece in tempo a riprendersi, che un gancio sinistro lo colpì in pieno viso, facendogli perdere l’equilibrio, cadendo con la schiena a terra.
Shinji si ritrovò quel tizio a cavalcioni su di lui, ancora intontito per il colpo ricevuto. Sentiva altre grida in sottofondo, probabilmente Kaworu se la stava vedendo con il resto della banda completamente da solo. Si diede dell’idiota per essersi fatto atterrare così facilmente.
Con gli occhi ancora appannati, mosse le mani alla cieca, cercando di dimenarsi ulteriormente dalla presa forzuta ed opprimente di quel ragazzo che lo costringeva al suolo.
Shinji non voleva colpirlo, voleva solo allontanarlo da sé.
Vista la sua incredibile ma debole resistenza, il tipo sopra di lui aveva caricato il pugno, così da mettere fuori gioco quel moccioso una volta per tutte.
“NO! VATTENE, LASCIAMI STARE!” Ormai Shinji urlava sconnessamente, braccia e gambe si agitavano da sole, ma il caso volle che con la mano destra trovasse appiglio sul volto del teppista, che nel tentativo di svincolarsi, agitava il viso infastidito. Al tocco del pollice, Shinji avvertì qualcosa di familiare, un segno duro poco sotto il mento del ragazzo… tentò di riaprire piano gli occhi. Voleva, anzi doveva accertarsi di una cosa… Le parole gli si bloccarono in gola, il respiro si arrestò di colpo, occhi e bocca sgranati.
Quel tizio che lo stava placcando, ora ne era certo,  lui lo conosceva. Lo conosceva bene.
Quando realizzò di non essersi sbagliato ad immaginarsi la sua voce poco prima, fu colto dalla paura, dal terrore più puro. Shinji rabbrividì nel realizzare ciò che aveva scoperto.
Quel ragazzo aveva i capelli neri, alla luce dei lampioni assumevano sfumature bluastre, e quel segno… No, non era un semplice segno… Avrebbe riconosciuto quella piccola cicatrice sul mento tra altre mille… proprio perché apparteneva a…
Hisashi… sei tu?
 
Gli venne in mente quella volta che pioveva, si erano riparati entrambi sotto una pensilina, dopo aver corso sotto la pioggia senza ombrello, aveva freddo e lui lo teneva stretto a sé, sul petto ampio che emanava calore… gli occhi si posarono su quella cicatrice, gli infondeva un che di vissuto, una storia simile alla sua… Ricordò la sensazione di serenità che gli si propagò dalla testa ai piedi…  Shinji si era improvvisamente ricordato di lui. Avrebbe voluto chiamarlo per nome, ma non poteva farlo. Non poteva farlo, perché quel ragazzo non conosceva Shinji. O meglio, lo aveva conosciuto, ma sotto altre sembianze…
Nel frattempo, Kaworu stava avendo nettamente la peggio contro quella banda di manigoldi. Certo, era ancora in piedi, ma restava sempre solo contro altre cinque persone più grosse e forti di lui. Il suo unico pensiero era la sorte di Shinji, non era riuscito a far caso a lui da quando Tetsuo e compagni avevano iniziato ad inveire contro di lui.
Avrebbe dovuto mettere in conto che la serata sarebbe diventata movimentata, ironicamente iniziava a sospettare che sia lui che Shinji attirassero disgrazie una dietro l’altra. A sua discolpa, pensava che, almeno per quella sera, la maledizione della Nerv non li avrebbe perseguitati… Ci mancava solo l’apparizione a sorpresa di un altro mutante geneticamente modificato, in fuga da qualche laboratorio di periferia, comunemente conosciuto tra i loro colleghi come Angelo, e avrebbero reso quella serata davvero indimenticabile…
In quei momenti, il sarcasmo si rivelava sempre una vera e propria ancora di salvezza per Kaworu.
Approfittò di un pugno mancato da uno dei teppisti, per notare le condizioni in cui Shinji stava versando. Non riusciva a vedere bene, vide solo uno di loro costringere Shinji al suolo, il pugno in aria, bloccato dalla mano del ragazzo steso sotto di lui. Avvertì una strana sensazione alla bocca dello stomaco… non sapeva se essere preoccupato, oppure preoccuparsi più per la sua pelle che per quella del compagno. Agì d’impulso.
Si fece largo tra la banda, raggiunse i due e con un braccio, afferrò per il collo il bullo che stava aggredendo Shinji, tirandoselo al petto, col rischio di soffocarlo. Non sembrava, ma Kaworu possedeva una certa resistenza fisica. Shinji era ancora scosso dalla scoperta che aveva ottenuto, si limitò a rialzarsi col busto e fissare i due, l’aria nei polmoni tornò a circolare nuovamente, provocandogli dei leggeri colpi di tosse.
Fece giusto in tempo a notare un tizio dietro Kaworu imbracciare una bottiglia di birra, intenzionato a suonargliela in testa, per liberare il compagno dalla sua presa micidiale. Shinji scattò in avanti, riuscendo però ad afferrare il teppista per le gambe, facendolo cadere a terra. Nel frattempo, Hisashi riuscì a liberarsi di Kaworu, mettendolo fuori gioco con una gomitata nel fianco, approfittando di un suo momento di distrazione. In seguito, afferrò Shinji per il bavero della maglietta, liberando così il compagno dalla sua presa. Era ben intenzionato a rifilargli un gancio ben assestato, ma improvvisamente Kaworu sbucò fuori dalla visuale di entrambi, bloccando il pugno di Hisashi appena in tempo.
La banda stava ripartendo alla carica, più inferociti che mai. Shinji doveva fare qualcosa, qualsiasi cosa… la situazione non si sarebbe certo evoluta a loro favore se non avessero trovato una soluzione alla svelta.
“Hisashi…” quel nome scivolò tra le labbra di Shinji quasi incosciamente.
Chiuse gli occhi, cercando di farsi coraggio.
Hisashi lo teneva ancora per la collottola, ma non gli stava dedicando minimamente attenzione mentre tentava di divincolarsi dalla presa di Kaworu.
Riprovò con più forza… forse troppa.
“HISASHI!!!”
A quel punto, il mondo intorno sembrò arrestarsi per un momento che sembrò interminabile.
Tutti i presenti voltarono automaticamente la testa alla volta di Shinji e Hisashi, insistendo in particolar modo su quest’ultimo. Avevano tutti uno sguardo interrogativo negli occhi, Kaworu più degli altri.
Shinji aveva il fiatone, aveva gridato quel nome con tutta la forza che gli era rimasta. Aveva le mani sul polso del bullo, le lacrime in procinto di scendere… Non voleva piangere, non era quello il momento, ma era più forte di lui.
“Hisashi… ti prego…” Voleva cacciare più voce Shinji, avrebbe voluto urlare di nuovo, ma non riusciva a fare più di così. Lo sguardo che Hisashi gli stava rivolgendo lo stava intimidendo eccessivamente. Era contratto, sembrava rabbioso… Era come se in quel momento, per Shinji, esistesse solo la sua presenza. Tutto il resto non aveva abbastanza appiglio in quel momento. Non si accorse dello sguardo indagatore di Kaworu, delle domande che gli stava rivolgendo silenziosamente…
Tu lo conosci? Com’è possibile, Shinji?
Fu la durata di un attimo.
Shinji percepì meno forza nella presa di Hisashi, riuscì a svincolarsi con estrema facilità da essa, per buttarsi sul suo petto ampio, aggrappandosi alla sua giacca di jeans. Quel profumo familiare misto all’aroma pungente di fumo investì i suoi sensi. Altre immagini, altri ricordi si fecero largo nella sua memoria: passeggiate pomeridiane, serate al cinema, o in macchina ad ammirare il cielo stellato… Il ricordo vivido di una tiepida intimità, che Shinji aveva vissuto, senza alcun dubbio. Quanto gli mancavano quei momenti…
Nascose il viso in lacrime sul quel petto, lo stava supplicando. Da dietro le palpebre strette, la ragazza che aveva immaginato per tutta la sera lo stava fissando, non capiva però se con rimprovero o pena… La trovò bella, rassomigliava a qualcuno… finchè non si portò una mano in testa… Si stava sfilando qualcosa dalla testa…
No… No, ti prego, non farlo!
Le nocche erano diventate bianche a furia di stringere la stoffa pesante della giaccia del teppista interdetto.
Tetsuo e compari stavano già nuovamente tornando alla carica, se non fosse stato per il gesto in contemporanea delle braccia di Kaworu e Hisashi, invitandoli a mantenere la calma.
“Fermi lì dove siete!” Minacciò Hisashi, con tono fermo e grave.
Seguì un silenzio innaturale, interrotto dal vociare esterno di qualche passante in lontananza, Kaworu continuò ad assistere alla scena, incredulo. Doveva aver intuito qualcosa, a quanto pare forse entrambi si erano già conosciuti in precedenza…
Hisashi continuava a guardarlo, era sicuro che non avesse mai avuto a che fare con quel moccioso prima d’ora, eppure… quello sguardo malinconico… quella voce sottile… li ricordava sì… ma li ricordava su qualcun altro… Qualcun altro che non poteva essere assolutamente quel ragazzo, perché…
“Noi… Noi non stavamo facendo nulla di male…” Singhiozzò Shinji, stando bene attento a non incrociare nemmeno per sbaglio lo sguardo del giovane che stava implorando. La paura di essere riconosciuto era ancora alta, continuava a stringere i pugni sul petto dell’altro.
Intanto sembrò accendersi qualcosa negli occhi di Hisashi… gli balenò un ricordo…
Dove aveva già sentito quelle parole??
“Tu…” sussurrò Hisashi, nonostante fosse poco convinto di quello che stesse per affermare.
Di rimando, Shinji deglutì rumorosamente, si era fatto piccolo piccolo tra le sue braccia, nascose ulteriormente il viso sul suo petto, non ce la faceva più a trattenere le lacrime.
Scoppiò a piangere come un bambino. Sentiva di aver toccato il fondo in quel momento, era pronto a qualsiasi umiliazione gli avesse inferto.
Gli altri componenti della banda cominciarono a scambiarsi sguardi furtivi e mormorii complici, non riuscivano a spiegarsi cosa stesse succedendo.
Kaworu non riuscì a sopportare oltre. Sentì la bile salirgli in gola, non capiva perché mai Shinji dovesse dar di conto a quell’infame. Una rabbia silenziosa s’impossessò di lui, ma non lo diede magistralmente a vedere, si morse soltanto leggermente il labbro inferiore per la frustrazione. Decise che era arrivato il momento di finirla lì.
Per prima cosa, cercò un contatto visivo con il moro, che intercettò con inaspettata facilità.
Gli stava chiedendo silenziosamente di lasciargli portar via Shinji.
Nello sguardo di Hisashi vi lesse un rapido momento di confusione, per poi tramutarsi in un assenso impercettibile. A quel punto Kaworu mise dolcemente le mani sulle spalle di Shinji, scosse dai singulti, aiutandolo a spostarsi dal corpo dell’altro. Shinji avvertì immediatamente il freddo del distacco, aveva lo sguardo arrossato e vuoto davanti a sé, tirò su col naso un paio di volte, le mani faticarono a staccarsi.
Hisashi non seppe spiegarsi l’impulso di alzare una mano e asciugargli con le dita le lacrime che rigavano copiose quel bel viso pulito, dall’aria innocente. Si era ben guardato dal farlo, ovviamente.
Ne era certo, gli era terribilmente familiare adesso…
 
Che schifo, non hanno la benchè minima idea di cosa sia la decenza!”
Hisashi ricordò quella frase che aveva pronunciato soltanto poche settimane prima, mentre passeggiava per le strade della città, mano nella mano con la sua ragazza. Doveva essere accaduto nel primo pomeriggio. Stavano uscendo insieme da poco tempo, lei era minuta e composta, con una chioma nera che gli ricadeva a caschetto sulle spalle, un sorriso mite stampato sul volto delicato, aveva sempre un buon profumo di mughetto e muschio, ci si inebriava le narici ad annusare quel profumo che sapeva di buono e purezza… Le stava sorridendo anche in quel frangente, finchè non aveva visto una coppia di ragazzini, seduti scompostamente su di una panchina.
Avevano l’aria di essere due skater, con tanto di skate e berretti alla mano. Si erano scambiati un innocentissimo bacio a stampo, sorridendosi reciprocamente per l’imbarazzo.
Ad Hisashi quella visione così tenera gli provocò un moto di fastidio incontrollato.
Vomitò quella frase senza pensare, abituato a dire tutto quello che pensava senza riflettere prima alle conseguenze… Non ci sarebbe stato sicuramente nulla di male se i due giovani in questione non fossero stati assolutamente due maschi, aveva pensato…
Qualcosa nello sguardo della sua ragazza cambiò, gli rivolse un’occhiata triste, interrogativa. “Perché dici queste cose?” gli rispose mestamente, sembrava come se in quel momento quella frase ingiuriosa Hisashi l’avesse rivolta a lei.
“Ma dai, certe cose le facessero a casa propria! Non si rendono conto di dare spettacolo?” Era ancora accecato dal ribrezzo quando Hisashi cacciò quella sparata con tono velenoso, non si accorse del cambiamento d’umore della ragazza che teneva per mano, aveva abbassato lo sguardo e stretto i pugni.
“Stai dicendo che quando mi viene voglia di baciarti in mezzo alla gente, perché non riesco a farne a meno, sto dando spettacolo?” esordì la giovane, mostrandosi offesa e irritata, nonostante il tono di voce usato fosse ancora sotto controllo.
Come destatosi da un sogno, Hisashi si voltò verso di lei, non riuscendo a cogliere alcun nesso. Non era da lei mostrarsi così nervosa…
“Ma che dici, vuoi comparare noi a lo-“
“DOVE CAZZO STAREBBE LA DIFFERENZA???”
Hisashi sobbalzò sul posto. Non riusciva a credere che a lanciare quell’urlo fosse stata proprio la ragazza che aveva davanti agli occhi. Nell’impeto, la giovane aveva divincolato la piccola mano da quella grande di quest’ultimo. Era la prima volta, da quando la conosceva, che la vedeva comportarsi in quel modo… Non riusciva a spiegarsi il motivo di tanta rabbia… davvero se l’era presa per una frase così scontata, di circostanza?
“Non stanno facendo nulla di male, Hisashi! Che c’è di male in due persone che si amano e se lo vogliono dimostrare? Se io voglio dimostrarti il mio amore, devo essere motivo di scherno? Devo essere legittimata a venire schernita dal primo idiota che passa?”
La ragazza continuava a gridare tutto il suo disappunto, Hisashi trovò esagerato il suo modo di esprimersi… poteva benissimo non essere d’accordo, lo capiva, solo non si spiegava il perché di tanto fervore in lei… per una frase che lui aveva buttato così, senza pensarci troppo.
In quel momento realizzò che, forse, avrebbe dovuto farlo.
Continuava a guardarla intontito, non sapeva davvero come rimediare al danno che aveva generato involontariamente.
La vide così accellerare il passo, aveva i pugni chiusi e la testa bassa, doveva aver iniziato a piangere, perché la sentì tirare su col naso…
“Ehi Yui, aspetta un attimo, parliamone..” aveva provato a raggiungerla Hisashi, era riuscito ad afferrarla per un polso.
“Non mi toccare! Non voglio essere più toccata da te!” Inveì la ragazza in lacrime.
Avevano attirato l’attenzione di alcuni passanti, compresi i due giovanotti seduti sulla panchina dall’altra parte della strada, pronti ad intervenire se fosse stato necessario. D’altronde, Hisashi aveva una mole notevole, poteva benissimo usare la forza nei confronti di lei… sembrava quasi scontato lo facesse.
Nessuno poteva invece immaginare che stesse provando un forte moto di vergogna dentro di sé. Non aveva certo intenzione di rovinare quel momento speciale in quel modo infantile…
Tra tutti i modi possibili, mai si sarebbe aspettato di vedere Yui piangere per un motivo simile. Non era arrabbiato, ma spaventato… Si era spaventato della sua stessa cattiveria.
Non pensava di averla ferita così profondamente… Voleva rimediare, doveva rimediare…
“Scusami.” Hisashi cercò di cancellare le distanze tra loro, voleva tranquillizzarla, dirle che non era un mostro, soltanto un povero sciocco con la bocca larga.
Ma Yui non ne voleva sapere, lo spingeva via, tra le lacrime e i singhiozzi… Hisashi, da parte sua, non voleva alzare la voce con lei, aveva paura a farlo, temeva di spaventarla ulteriormente… Aveva sempre fatto il gradasso con tutti, soprattutto se era in compagnia di Tetsuo e gli altri componenti del suo gruppo di amici, ma da quando aveva iniziato a frequentarla, qualcosa di diverso iniziava a farsi spazio in lui.
Veniva facilmente frainteso a causa dei suoi modi un po’ bruschi, ma con Yui si era ripromesso di comportarsi meglio… quella ragazza emanava una strana aura, sembrava reclamare affetto, protezione… Potevano stare anche ore senza parlare, si sentiva appagato lo stesso.
Bastava tenerla vicina, stringersela un po’ al petto, baciarle il naso e scostarle i capelli dal volto, per sentirsi carico di energia positiva, in pace…
Tuttavia, in quel frangente non potè fare a meno di alzare la voce, quasi dovesse riportarla indietro, si accorse troppo tardi di averla afferrata per le spalle e urlato di smetterla.
“SCUSAMI, VA BENE? Sono uno stronzo, hai ragione tu… però ti prego, perdonami.”
A quelle parole, Yui lo fissò con gli occhi arrossati e i capelli scombinati, aveva le mani poggiate sulle sue braccia possenti, strinse impercettibilmente le dita sulla stoffa della giacca di Hisashi.
Lui notò prontamente che le sue ginocchia stavano cedendo, l’accolse in un abbraccio disperato, la strinse forte, voleva piangere anche lui… nel metterle la mano sul capo per sorreggerla, avvertì uno strano spostamento, ma non vi fece troppo caso…
Continuò a sussurrarle parole di scusa, lasciandole baci delicati sul collo e la guancia umida di pianto…
Gli astanti non sapevano come comportarsi a quella visione, quei due apparvero come isolati al resto del mondo… Hisashi non avrebbe dimenticato lo sguardo arrossato e sofferente che la fidanzata gli rivolse quel giorno, quella frase urlata in difesa di quei ragazzi… gli parve addirittura come se avesse urlato quasi per difendere sé stessa..
 
Per un solo, assurdo istante, lo sguardo di Yui si era frapposto a quello di Shinji, che adesso lo stava fissando con la stessa intensità, carico dello stesso rimprovero…
Hisashi realizzò di aver deluso nuovamente la sua amata Yui… come avrebbe fatto a guardarla ancora in faccia, dopo quanto accaduto?
Aveva seriamente paura della sua reazione, se avesse saputo…
“Andiamocene, Nagisa.” L’esclamazione laconica di Shinji ridestò Hisashi e compagni dai loro pensieri.
Kaworu asserì col capo, non mollando le spalle di Shinji neanche per un istante.
Solitamente se ne sarebbe uscito con una delle sue battute sarcastiche, ma Kaworu quella sera aveva dato abbastanza.
Voleva solo portare Shinji al sicuro, senza intoppi, lontano da quel posto e da quei tipi poco raccomandabili.
“Beh, li lasciate andare così?” esclamò un tizio del gruppo, alla volta di Hisashi e Tetsuo.
“Mi sono scocciato di prenderle…” blascicò Hisashi, lo sguardo puntato verso le schiene dei due ragazzi.
“Non finisce qui, Nagisa!” Minacciò Tetsuo, dandosi arie. “Se ti ritrovo davanti, ti faccio un culo grosso così!” aggiunse enfaticamente, con tanto di gesto delle dita.
Pian piano, la banda placò i bollenti spiriti dettati dall’adrenalina della lotta intrapresa, prendendo la strada del ritorno, dove avevano parcheggiato i motorini.
Prima di lasciare quel posto però, Hisashi notò a terra il peluche calpestato da Tetsuo. Si avvicinò con l’intenzione di coglierlo.
“Ehi, Hisashi?? Non vieni??” Lo chiamò uno dei manigoldi.
“Andate pure avanti. Mi fumo una sigaretta e vi raggiungo.” Senteziò quest’ultimo, ancora chino a terra.
Il tizio fece spallucce e continuò a seguire lentamente il branco.
Una volta rimasto solo, Hisashi prese tra le mani il tigrotto peluche, che aveva assistito impotente alla rissa. Si era un po’ sporcato, ma tutto sommato non si era rovinato del tutto.
Gli balenò un’intuizione improvvisa.
 
 
I bagni pubblici si trovavano a metà strada tra il parcheggio e la roulotte di Kaworu. I due si erano rifugiati lì per recuperare le forze e il fiato. Kaworu ne appròfittò per pulirsi il viso, aveva perso sangue dal naso, ma constatò che non si era rotto, per fortuna.
In cambio, si sarebbe ritrovato un bell’occhio nero per un paio di giorni.
Shinji si era chiuso in uno dei cunicoli, accovacciandosi sul pavimento logoro e sporco di chissà cosa. Si era rannicchiato su se stesso, cercando di recuperare un po’ di lucidità…
Era stremato, stanco e sconvolto. Quanto accaduto non sarebbe riuscito a raccontarlo con parole semplici… in quel momento avrebbe pagato monete sonanti pur di sparire e dimenticare.
Non era tanto la rissa l’oggetto delle sue elucubrazioni, quanto il coinvolgimento in essa dell’ultima persona che Shinji avrebbe voluto incontrare quella sera: non si era aspettato di rivedere Hisashi così presto.
Quando Kaworu gli aveva proposto un’uscita in tutta tranquillità, il suo primo impulso era stato quello di rifiutare.
Si diede due ragioni: la prima era che non voleva creare false illusioni nel compagno, sempre gentile e buono nei suoi confronti, e la seconda… beh, la seconda era ben più difficile da spiegare. Shinji cercava di darsi delle risposte convincenti ogni sera prima di addormentarsi, o mentre era sotto la doccia, intento a fare i conti con un corpo che non accettava, il solo pensiero di condividere con suo padre lo stesso genere lo ripugnava, ripudiava suo padre attraverso sé stesso…
Sul comodino della sua stanza, vi era una foto di sua madre, scattata pochi anni prima che morisse. Quando si sentiva perso, quella foto era la bussola che lo avrebbe sempre aiutato ad orientarsi, a ritrovare la retta via… ma era da tempo ormai che Shinji l’aveva smarrita. Volontariamente o no, non sapeva dirlo.
Aveva iniziato ad indossare vestiti femminili quasi per gioco, quasi volesse riprodurre attraverso se stesso l’immagine della madre, ricordandosi il sorriso, i lineamenti delicati…
Da sempre si sentiva dire che le rassomigliava ogni giorno di più.
Per lui, vestirsi e acconciarsi da ragazza era diventato un modo per sfuggire alla realtà, per fuggire a delle responsabilità capitategli tra capo e collo, senza possibilità di scelta.
La realtà alla Nerv per lui era un incubo ad occhi aperti: pilotare l’EVA, le estenuanti esercitazioni militari, la responsabilità di portare sul groppone il peso di una missione riuscita…
Aveva dovuto digrignare i denti, ingoiare innumerevoli attacchi di panico ed eseguire a capo chino ciò che suo padre gli aveva imposto di fare. Provare a parlargli era stato inutile fin dall’inizio. Quante volte aveva soffocato grida disperate nel cuscino della sua stanza, quante volte aveva provato a diventare invisibile, a cancellare la sua esistenza… Solo quel trucco gli aveva regalato una valvola di sfogo, per un po’ poteva essere libero di non essere Shinji, non essere assolutamente nessuno… un comune mortale che conduce la propria vita come tutti gli altri.
E tutto procedeva tranquillo, senza intoppi, finchè un giorno, per puro caso, non entrò Hisashi nella sua vita, stravolgendogliela completamente.
Era avvenuto durante una delle ore d’aria che si concedeva con quel travestimento, in quei momenti si limitava a camminare per la città con il walkman nelle orecchie, voleva confondersi tra la gente, dimenticarsi persino chi fosse stato soltanto poche ore prima, per poi tornare a casa e spezzare l’incantesimo.
Era il compromesso che aveva raggiunto per poter continuare a respirare, per continuare a sopravvivere.
Quando i loro sguardi s’incrociarono alla fermata del pulmann, Shinji ebbe seriamente paura che quel ragazzo alto e dallo sguardo torvo avesse colto qualcosa di strano… lo fissava con insistenza, con la schiena ampia poggiata al palo della pensilina. In quel frangente, Shinji finse indifferenza, ma appena notò un accenno rude di sorriso sulle labbra dell’altro, il ragazzo tornò a respirare normalmente… probabilmente lo aveva scambiato per una ragazza vera.
Probabilmente la stava anche trovando piuttosto carina. A quel pensiero spostò una cioccia della parrucca dietro l’orecchio, ricambiando il sorriso dello sconosciuto.
Nei giorni successivi, susseguirono altri sorrisi, altri sguardi, altri messaggi silenziosi, incontrandosi casualmente sempre alla solita pensilina: Shinji iniziò a uscire più spesso vestito a quel modo, sperando di incontrarlo ancora, anche solo per accertarsi che fosse ancora lì, a respirare la sua stessa aria, e a calpestare lo stesso suolo. Avvertiva una strana euforia al solo pensiero, ogni passo era come passeggiare tra le nuvole…
Quando finalmente lo sconosciuto trovò il modo per avvicinarsi, lo fece goffamente, ma con premura.
“Ehm, ti dispiace se mi siedo qui?” Esordì un giorno Hisashi, con un lieve rossore in viso e un borsone sulle spalle.
Shinji s’intenerì nel vederlo così impacciato, il cuore gli batteva così forte in petto che temette sarebbe esploso da un momento all’altro…
“No, figurati, è libero…” Fu la risposta di Shinji in rimando, gli sfuggì un sorriso delicato.  
Quel travestimento non lo metteva per attirare l’attenzione, anzi, tutt’altro: eppure quel giovane si era accorto di lui/lei, nel modo più inaspettato e sorprendente possibile.
Avrebbe dovuto seguire la sua testa, restare con i piedi a terra, non pretendere di volare troppo vicino al Sole… ma il suo cuore urlò e pretese più forte.
Aveva sempre avuto fame d’affetto, e Hisashi non lo lasciava mai insoddisfatto.
Le sue passeggiate solitarie si riempirono di colore, vita e spensieratezza.
Si era presentato usando il nome di sua madre, Yui, in cuor suo lo usò come portafortuna.
I risultati di quell’inaspettata amicizia cominciavano a farsi notare sia a scuola che alla base: Shinji non aveva perso la sua riservatezza, stava bene attento a non far trapelare nulla, ma affrontava tutto con spirito decisamente diverso dal solito.
Fu più o meno in quel periodo che conobbe Kaworu.
Quel ragazzo gli parve fin da subito la sua perfetta antitesi: brillante e affabile, parlava con facilità con chiunque, era sempre gentile e disponibile con tutti.
Shinji pensò che uno come Kaworu non si sarebbe mai interessato davvero ad un musone taciturno come lui, e tutto sommato gli andava anche bene.
Per quel motivo rimase colpito quando invece gli si confessò con aria spensierata, senza filtri. Gli disse candidamente che gli piaceva, e che gli sarebbe piaciuto uscire con lui.
A quelle parole, Shinji si sentì improvvisamente di fronte ad un bivio: stava vivendo momenti idilliaci in compagnia di Hisashi, occultandogli però il suo vero io, mentre invece Kaworu gli aveva esplicitamente fatto capire che lui, Shinji Ikari, gli piaceva e gli interessava per ciò che era.
La percepì come se gli fosse stata posta bellamente una dichiarazione di guerra al principio, ne ebbe paura. Tutti i suoi muri, le sue debolezze, le avrebbe scoperte tutte… non doveva permetterlo.
Perciò continuò a mantenere un comportamento a metà tra il distacco professionale e la vicinanza dettata dall’affetto crescente e dalla stima.
Ma ben presto, tra la paura si fece largo la curiosità, che si tramutò poi in ammirazione verso il compagno apparentemente perfetto.
Aveva cominciato ad apprezzare Kaworu, la sua forza, la sua indole indomabile… lui non aveva paura di amare, osare, metteva la faccia in ogni cosa.
Ma Shinji sarebbe stato abbastanza forte per fare lo stesso?
L’apice lo raggiunse quel fatidico giorno, il giorno in cui litigò apertamente con Hisashi, apparentemente per un futile motivo, una frase detta con noncuranza verso una coppia di ragazzi, ma che per lui era il perno centrale della sua stessa condizione: Shinji si stava condannando ad una vita ristretta, non per colpa di Hisashi, certo, poichè si stava costruendo la propria gabbia dorata da solo, nel quale si sarebbe probabilmente rinchiuso per sempre…
Era debitore ad Hisashi per avergli fatto riscoprire sensazioni che, dopo la morte della madre, aveva sepolto lontano dal suo cuore.
Aveva scoperto la gioia di sentirsi importante per qualcuno, avere la certezza che la sua spalla sarebbe stata sempre lì a sorreggerlo… Ma comprese che, a lungo andare, avrebbe sorretto solo un fantoccio.
Con Hisashi aveva vissuto il sogno più bello della sua vita… ma anche i sogni prima o poi svaniscono, se non si fa nulla per donargli sostanza…
 
Credo dovremmo finirla qui.”
Shinji, nei panni del suo alter ego Yui, aveva esordito così, qualche pomeriggio prima, mentre era in macchina con Hisashi. Erano andati alla spiaggia, e sebbene fossero solo rimasti seduti sulla battigia ad osservare le onde del mare infrangersi su di essa, erano comunque sporchi di sabbia, un profumo di salsedine inondò l’abitacolo.
Per Hisashi fu un fulmine a ciel sereno.
“Finirla con cosa, con le gite fuori porta??” Tentò di scherzare, aveva avvertito un’aura pesante aleggiare intorno a loro, e voleva a tutti i costi farla sfumare il più possibile.
Temeva ancora gli strascichi di quel litigio, dopotutto.
“No… dovresti smetterla di incontrarmi. Non penso di essere alla tua altezza.”
Hisashi frenò bruscamente nel sentirla parlare in quel modo.
Rimase di sasso, da qualche parte in fondo all’animo si sentiva colpevole di qualcosa, qualcosa a cui non riusciva a dare un nome.
“Ma cosa stai dicendo?” Una risata nervosa gli sfuggì dalle labbra.
“Hai voglia di scherzare?” Hisashi voltò lo sguardo verso Yui, voleva guardarla negli occhi per capire cosa le stesse frullando per la testa. Ma lei continuava a tenere ostinatamente il viso abbassato, lo sguardo puntato fisso sul cruscotto.
“Sono seria. Ho vissuto dei mesi meravigliosi in tua compagnia, ma sento che sia arrivato il momento di tornare alla realtà, non posso continuare così.”
Shinji aveva tutta l’aria di raccontare ad Hisashi la verità sul suo conto, voleva raccontargli chi fosse in realtà, prima che lui prendesse decisioni di cui si sarebbe sicuramente pentito.
Ci aveva impiegato tempo e lacrime a rassegnarsi a quella scelta: non sapeva dirsi con certezza se oltre quell’affetto stesse iniziando a provare anche dell’altro.
Di certo non poteva negare il tremore alle gambe e il vuoto allo stomaco che puntualmente si verificava quando Hisashi era nei paraggi… più di una volta era dovuto stare attento a non andare oltre nell’intimità, per paura che scoprisse la verità in quel modo imbarazzante.
Shinji sentiva di non farcela più, voleva liberare Hisashi dal quel giogo, e voleva scappare ancora una volta alle responsabilità di quel gesto, anche a costo di farsi odiare ferocemente.
Il ragazzo, che non aveva smesso di fissare la giovane seduta al suo fianco, afferrò svelto il mento di Yui, costringendola a guardarlo negli occhi. Notò che le lacrime erano ferme sulle palpebre, pronte a scendere inesorabili.
“Hai iniziato ad essere strana da quel pomeriggio” ringhiò Hisashi a voce bassa, lo sguardo puntato nelle iridi scure di Shinji “Se ci sono problemi, perché non mi affronti come hai fatto quel giorno?” continuò ad incalzare, il pollice e l’indice premevano sul mento di Shinji con durezza, facendolo deglutire sonoramente.
Quel bel viso era così vicino al suo, che per un attimo temette che sarebbe accaduto l’irreparabile. Lo stesso Shinji non avrebbe saputo frenarsi e frenarlo in tempo…
Poggiò quindi una mano su quella di Hisashi, allontanandolo mestamente.
Ma le loro dita s’intrecciarono in automatico, quasi non volessero accettare la distanza che si stava creando.
“Io non sono quello che pensi.” Fu tutto quello che Shinji/Yui riuscì a dire.
Voleva andarci piano, ma allo stesso tempo voleva chiudere quella farsa quanto prima una volta per tutte.
Di rimando, Hisashi gli lasciò un bacio leggero poco sotto lo zigomo, una lacrima solitaria benedì la purezza di quel gesto.
“Hai tutto il tempo del mondo per mostrarti per ciò che sei… non ho fretta. E non ho nessuna intenzione di lasciarti indietro. Sei una delle cose migliori che mi siano capitate negli ultimi tempi, e non lascerò che tu mi sfugga di mano.” Un altro bacio, stavolta sulla fronte lievemente sudata della ragazza, immobile. Le loro dita continuavano a stringersi convulse.
Il magone alla gola di Shinji non tardò a farsi sentire. Un singulto gli sfuggì dalle labbra tremanti.
Hisashi si era avvicinato più del dovuto, incominciava a sortirne gli effetti anche fisicamente… quella linea stava per essere superata senza remore…
Fu colto da un’improvvisa paura. Ma se le cose sarebbero dovute andare a finire così, tanto valeva abbracciarne le conseguenze e sperare in una conclusione quanto meno agrodolce.
Fortuna volle che i suoi nervi non ressero a tanta tensione, scoppiando a singhiozzare sulla maglietta dell’altro, che prese ad accarezzarle la schiena con delicatezza…
 
Quel giorno Shinji non riuscì a rivelargli la verità, il suo egoismo aveva prevalso ancora una volta. Ricevere affetto da quel ragazzo era stata la priorità assoluta.
E adesso, in quel bagno logoro, si sentiva sporco, cattivo.
Avrebbe di gran lunga preferito infilare la testa nel water e tirare l’acqua putrida dello sciacquone, sarebbe stata una punizione più che degna per la sua mancanza di carattere.
Era talmente assorto dai suoi pensieri, che non sentì il fliebile bussare di Kaworu alla porta. Quando entrò nell’abitacolo, Shinji sollevò lo sguardo sorpreso verso il ragazzo.
Notò che Kaworu aveva una palpebra ammaccata, ma continuava a sorridergli con premura. Sembrava quasi che tutto il putiferio avvenuto solo pochi minuti fa non lo avesse minimamente toccato, sebbene fosse stato lui quello preso e buttato nel mirino, a causa dei suoi gusti personali.
“Mi dispiace…” Sussurrò Shinji, non riusciva a guardare fisso l’altro senza provare vergogna e senso di colpa.
“E di chè?? Guarda che non è la prima volta che ho a che fare con tipi del genere… diciamo che ormai mi ci sono fatto le ossa sopra!” Kaworu concluse quella frase con un lieve risolino, Shinji aveva percepito che aveva detto quella frase perché lo pensava davvero, e non per mera circostanza. Si sentì leggermente rincuorato.
“Adesso alziamoci da qui. Se vuoi, puoi restare a dormire alla mia roulotte… Prometto che non ti assalterò nel sonno!” Esclamò il biondino, con una mano all’altezza del cuore e l’altra verso l’alto, in segno di giuramento. Shinji sorrise di quel gesto. Si fece forza e si alzò dal pavimento.
 
Camminarono vicini, Kaworu aveva le mani in tasca, voleva fumarsi l’ennesima sigaretta ma nel trambusto aveva perso l’accendino; Shinji si massaggiava lo sterno con una mano, doveva dolergli particolarmente in quel punto.
Kaworu moriva dalla curiosità di sapere cosa legasse Shinji a quel tipo con cui avevano fatto a botte, voleva chiederglielo, ma conoscendolo, Shinji si sarebbe chiuso nel suo mutismo, cambiando discorso o abbassando lo sguardo tristemente.
“Se ti confesso un segreto, tu mi prometti che non lo dirai ad anima viva?”
Al suono di quelle parole, Kaworu sussultò appena. Era la prima volta che Shinji gli parlava di sua iniziativa: solitamente era sempre stato lui a sollecitarlo a parlare, a chiedergli pareri, consigli… a volte lo faceva semplicemente per accertarsi che quel giovanotto avesse l’uso della parola.
Tuttavia, regalò all’amico uno dei suoi classici sorrisetti sghembi, dandogli conferma che sì, il suo segreto sarebbe stato al sicuro con lui.
Shinji ricambiò mestamente il sorriso, sentiva il bisogno di parlare di sé, di Hisashi, di quei giorni speciali a qualcuno, qualcuno che non lo giudicasse, qualcuno che, anche se per vie traverse, lo avrebbe compreso. In quel momento, sentì che Kaworu sarebbe stata la persona giusta per quel compito.
Una volta giunti nei pressi della roulotte, Shinji notò una strana ombra appoggiata sulla parte posteriore del veicolo: mentre Kaworu era impegnato a cercare la chiave che avrebbe aperto lo sportello, l’altro si allontanò di poco, incuriosito da quella sagoma. Non riuscì a trattenere un sospiro di sorpresa nel riconoscere chi si celava nella penombra della roulotte.
Kaworu raggiunse immediatamente Shinji, preoccupato che un ladro o un malvivente si fosse appostato fuori dalla sua roulotte per derubarlo.
Rimase impietrito quando riconobbe al buio il giovane che, soltanto pochi minuti prima, stava facendo a botte con loro.
Hisashi aveva la schiena appoggiata alla parete del veicolo, la sigaretta arrivata a metà tra le dita, guardava entrambi con un’aria torva, preoccupante.
Kaworu era pronto alla difensiva, quel tipaccio era nel suo territorio e lo avrebbe cacciato via con la coda tra le gambe. Ma Shinji, che conosceva bene quello sguardo, sapeva, anzi sentiva, che non c’era nulla da temere. Hisashi era venuto in pace.
“Sono solo venuto a riportarvi questo…” esordì il ragazzo, mostrando il pupazzetto che aveva nella mano destra. A Shinji gli brillarono gli occhi per un istante.
“Sei venuto da solo?” volle accertarsi Kaworu, la vita gli aveva ormai insegnato che la prudenza non era mai troppa.
“Stai tranquillo, per stasera ho già fatto troppe stronzate… vi chiedo scusa anche a nome dei ragazzi” dichiarò Hisashi, sembrava realmente dispiaciuto e stanco.
Shinji provò un moto di tenerezza avvampargli in petto, voleva abbracciarlo, dargli dello stupido e dirgli che era acqua passata… ma quei gesti soltanto Yui era in grado di farli. Per Hisashi, Shinji era un completo estraneo.
“Accetto le tue scuse se anche Shinji lo farà” sentenziò Kaworu, richiamando Shinji al presente. Di rimando, il ragazzo annuì svelto.
Hisashi si staccò dalla parete per consegnare il tigrotto al suo proprietario, che lo accettò con sguardo basso e mani tremanti.
“Anche alla mia ragazza piacciono i peluches…” Mormorò il ragazzo, increspando un sorriso mesto sulle labbra.
Nell’udire quella voce tanto vicina, a Shinji venne un brivido lungo la schiena, non seppe dire se fosse di paura o di emozione.
“Ultimamente non faccio che deluderla con i miei comportamenti idioti… ce la sto mettendo tutta per migliorare, ma faccio solo buchi nell’acqua.” Hisashi continuò il suo flusso di coscienza, non sapeva esattamente perché, ma quelle parole gli erano sgorgate dal cuore, la somiglianza tra quel ragazzino e Yui lo avevano sconvolto a tal punto da non riuscire ad avere freni inibitori. Si sentiva più imbranato del solito, nonostante la mole apparentemente minacciosa.
Shinji non smetteva di rigirarsi quel pupazzetto tra le mani, era un’ottima tattica per non guardare l’altro in faccia, sia per paura che potesse riconoscerlo, sia perché stava riflettendo su cosa dire o non dire. Ma le parole, anche in questo caso, uscirono da sole.
“Capita a tutti di sbagliare… l’importante è rendersi conto dell’errore e non ricascarci di nuovo.”
Kaworu constatò che, forse, Shinji avesse pronunciato quella frase non solo ad Hisashi, ma anche a se stesso.
“Continui a sbagliare, è vero, ma almeno ti metti in gioco… e penso che di questo la tua ragazza sia fiera di te.”
 È questo quello che ho sempre apprezzato di te Hisashi: nonostante gli sbagli, gli errori, ti rialzi sempre, non sempre con ottimi risultati, ma ogni volta sai come uscirne fuori.
Non sei mai fuggito, come ho fatto io.
Shinji elaborò quel pensiero, ma non ebbe il coraggio di esprimerlo, sarebbe risultato troppo ambiguo e voleva chiudere quella faccenda il più velocemente possibile.
Non si aspettò il gesto di Hisashi, che con una mano gli sollevò il mento, costringendolo a guardarlo negli occhi. Sembrò un minuto interminabile.
Kaworu osservò attentamente quello scambio di sguardi, sentì di non dover interferire, era una faccenda loro, poteva solo limitarsi ad intervenire se le cose fossero sfuggite di mano.
Tuttavia non potè non provare una certa sensazione di fastidio allo stomaco, dovette constatare che quella scena gli stava facendo male, sotto molti punti di vista. Non sapeva dire se stesse provando gelosia nei confronti di Shinji, quella tipica gelosia che si prova quando aspetti qualcosa che non ottieni ma in cambio la ottiene qualcun altro, o fosse la presenza stessa di Hisashi a renderlo nervoso.
Sentì come se, quella sera, qualcosa gli fosse stato strappato brutalmente dal petto, lacerandogli la pelle. Ma avrebbe fatto finta di niente, come al solito, come aveva ormai imparato a fare con il tempo…
“Non so perché, ma tu me la ricordi molto.”
Improvvisamente Hisashi spezzò il silenzio che si era venuto a creare, mollò il mento del ragazzo, mettendo una certa distanza tra loro.
Guardò Kaworu un’ultima volta prima di girare i tacchi e andarsene nel cuore della notte.
Quest’ultimo non tolse lo sguardo dalla sua schiena finchè non sparì definitivamente dalla sua visuale, per poi spostare lo sguardo su Shinji, che continuava a stringere il tigrotto tra le mani, anche lui con gli occhi fissi nel buio.
“Shinji…” tentò di chiamarlo Kaworu…
“Sai, a volte indosso vestiti da ragazza, indosso una parrucca e giro per la città in quel modo…”
Shinji vomitò quelle parole con tono apatico, ma Kaworu avvertì il pericolo che sarebbe sicuramente sopraggiunto.
“… era solo un modo per scappare da me stesso, da mio padre, da tutte quelle responsabilità soffocanti…”
“Shinji, basta così…”
“…L’ho incontrato per caso, non avevo idea di quello che sarebbe successo…”
“Shinji, non hai fatto nulla di male…”
“Non pensavo che sarei arrivato a provare qualcosa per lui… Hisashi è sempre stato gentile con me, mi rispettava, mi faceva sentire a mio agio, non ho mai pensato di essere gay o qualcosa di simile…”
“Per favore, Shinji…”
“Quando tu mi hai detto che eri interessato a me, non sapevo cosa provare, che risposta darti, temevo di ferirti, e tu non ti meriti questo, come Hisashi non merita le mie bugie… non faccio altro che ferire tutti, perché sono un inetto senza palle, sono così affamato d’affetto da essere un perfetto egoista… voglio tutto ma allo stesso tempo non faccio nulla per ottenerlo, sono soltanto un bambino viziato, che alla prima difficoltà cerca rifugio dal resto del mondo, che cede la propria dignità alla prima dimostrazione d’affetto, ad una carezza improvvisa o ad una qualsiasi-“
“Shinji smettila, basta!”
Quella conversazione era stata un crescendo di emozioni tenute sopite troppo a lungo nell’animo, Shinji aveva iniziato a parlare come un fiume in piena, la voce perdeva equilibrio man mano che proseguiva con le sue scottanti confessioni, Kaworu da parte sua cercava di proteggere gli argini di quell’inondazione improvvisa, voleva disperatamente tenerlo ancorato al suolo, temeva che il ragazzo sarebbe stato investito dalle sue stesse ondate violente di parole cariche di rabbia, tristezza e dolore.
Kaworu era arrivato a scuoterlo con forza, Shinji era come entrato in trance.
“Io… io ti invidio, Nagisa” Confessò all’ultimo Shinji, sguardo sgranato puntato a terra, Kaworu lo teneva stretto per le spalle, lo guardava attento.
“Tu… tu sei quello che sei… non hai paura di essere te stesso” la voce di Shinji s’incrinò appena, sarebbe scoppiato a piangere nuovamente.
Kaworu sapeva benissimo dove sarebbe voluto andare a parare.
“Non hai un nome ingombrante da proteggere, non sei responsabile di dover portare a termine una missione nel migliore dei modi possibili…”
Kaworu sentì che di lì a poco qualcosa sarebbe esploso dentro di lui.
“Nagisa, tu… tu sei una persona libera!”
Non ci vide più dalla foga, Kaworu lo afferrò per la collottola e lo avvicinò pericolosamente a sé. Il suo viso non tradiva alcun segno di rabbia o tensione in atto. Appariva serico anche in momenti come quelli.
“Una persona libera, eh?” Sibilò Kaworu, puntando lo sguardo sul viso stravolto di Shinji.
“Davvero pensi di doverti giustificare con me?? Con una persona che è arrivata ad insudiciarsi senza limiti a soli 15 anni??” Adesso era lui a partire come un fiume in piena.
“Non ho mai avuto paura di me stesso, perché non ne ho avuto scelta. Tutto quello che ho ricevuto dalla vita mi è capitato, e ho dovuto fare del mio meglio per non affogare! Anche se questo comportava raggiungere un punto di non ritorno, rischiare la vita e la reputazione!”
Kaworu non stava gridando, era calmo, eppure Shinji avrebbe giurato che quelle parole l’amico avrebbe voluto urlargliele contro.
“Tuttavia, non ho nessun rimpianto… dopotutto sono ancora vivo, posso ancora rimettermi in gioco! E anche tu sei ancora vivo, Shinji, anche tu hai il diritto di sentirti umano a volte… hai semplicemente rincorso la tua felicità, hai avuto le palle di farlo… e hai il coraggio di dire o pensare di sentirti inferiore a me?!”
Shinji iniziò a capire dove Kaworu volesse puntualizzare.
“Una persona davvero libera possiede anche la libertà di poter scegliere se agire o nascondersi… quando questa libertà viene meno, non hai altro modo che intraprendere la strada meno impervia, ma non necessariamente la più facile…” Kaworu era arrabbiato, certo, ma non stava rimproverando Shinji; voleva solo che lui si rendesse conto di ciò che ai suoi occhi era apparso ovvio sin dall’inizio: non era la mancanza di libertà o il peso della responsabilità a schiacciare Shinji, ma il profondo giudizio che aveva di sé ad opprimerlo.
Shinji era schiavo di sé stesso, della sua debolezza, e fin quando non sarebbe sceso a patti con il lato fragile del suo carattere, affrontandolo a cuore aperto, non avrebbe mai raggiunto quella tanto agognata libertà. Non sarebbe mai stato felice con Hisashi, con Kaworu o con nessun altro.
Si sarebbe soltanto condannato alla solitudine più nera.
“Non posso prometterti che non ti sporcherai nel processo, ma so per certo una cosa: ci sarà sempre qualcuno là fuori disposto a pulire le tue chiazze di sporco sui vestiti e sulla pelle, e a trovarti bellissimo così come sei, che non avrà ribrezzo e paura delle tue macchie incrostate.”
Quanto avrei voluto che qualcuno là fuori lo avesse fatto per me, tempo fa…
Kaworu concluse quel discorso accarezzando a palmo aperto la guancia umida di Shinji, non smettendo di guardarlo con profonda dolcezza, scostandogli i capelli della frangia dagli occhi languidi.
Con quel gesto, Kaworu voleva dirgli che, se Shinji avesse acconsentito, quel qualcuno sarebbe potuto essere lui, nonostante le sue di macchie molto più vistose e ripugnanti, ma per le quali aveva pagato il giusto prezzo a suo tempo.
“Non temere di essere te stesso con me mai più, capito?” Detto questo, lo abbracciò calorosamente, si sentiva in dovere di proteggerlo, di guidarlo verso un cammino incerto, ma che lo avrebbe portato verso una meta ben precisa. E Kaworu decise che, con o senza di lui, voleva esserci in quell’esatto momento, anche se quella strada lo avesse indirizzato dritto verso Hisashi o qualcun altro.
Shinji, d’altro canto, non riuscì per l’ennesima volta in quella serata movimentata a trattenere le lacrime che, impetuose, gli bagnavano il volto a fiotti.
Ricambiò l’abbraccio di Kaworu, scoppiando in singhiozzi rotti sulla sua esile spalla, era da tanto che non si liberava a quel modo con altri.
Ogni tanto, sua zia Misato lo stringeva a sé lasciandolo sfogare, mentre guardava la foto della sua povera sorella sul comodino, pregandola silenziosamente di badare su quel ragazzino timido e insicuro, che le somigliava sempre di più.
“Dovrai avere tanta pazienza con me, Kaworu…”
Shinji lo chiamò nuovamente col suo nome proprio, lo fece volutamente.
Kaworu la vide chiaramente, la piccola breccia di quel muro impenetrabile aprirsi e vedere un filo di luce fuoriuscire dal suo interno.
Gli si riempì il cuore di gioia, e gli occhi di rugiada fresca.
Non ho fretta. Abbiamo tutto il tempo del mondo.
 
Hai tutto il tempo del mondo per mostrarti per ciò che sei… non ho fretta. E non ho nessuna intenzione di lasciarti indietro.
 
Come un flash improvviso, Shinji ricordò quelle parole che Hisashi dichiarò a Yui, dichiarandole la sua decisione a pazientare e ad aspettare i suoi tempi.
Si sentì fortunato, per la prima volta in vita sua, capì davvero il valore di quei sentimenti di cui era circondato, senza mai avergli attribuito la giusta importanza.
Di rimando, Kaworu poteva ritenersi soddisfatto di ciò che era riuscito ad ottenere nell’arco di una sera, sebbene fosse dovuto scendere a patti con l’imprevedibilità della vita.
Un qualcosa a cui, suo malgrado, era ormai abituato, e non lo intimoriva minimamente.
 
Le luci del luna park in lontananza illuminavano la notte, la luna in confronto sembrava un mite bottoncino bianco sospeso nel cielo. Kaworu, ammirandola, non potè che apprezzarne la forza e la caparbietà di continuare ad emanare luce, nonostante l’imponenza visiva delle luci artificiali la sovrastassero nettamente.
 
Continua così, luna… non arrenderti.
 
Non arrenderti e caccia fuori la tua di luce, Shinji.
   
 
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