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Autore: Padme Undomiel    06/06/2020    2 recensioni
[Soulmate!AU]
Miyako ha sempre avuto due grandi convinzioni, fin da quando ricorda. La prima: non c’è dono più grande, al mondo, di avere un’anima gemella che ti aspetta da qualche parte, e un modo per riconoscerla. La seconda: se sai come cercarla, dovresti iniziare a farlo senza indugiare.
Chissà perché, allora, la vita si diverte a cercare di disintegrare le sue convinzioni come se non fossero altro che castelli di sabbia.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Miyako Inoue/Yolei
Note: AU, Soulmate!AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Against the rules







5.





 
I suoi genitori sono sul divano l’uno accanto all’altra, e guardano distrattamente la tv.
E’ strano pensarci, ma Miyako non si sofferma mai a guardarli quando non stanno facendo altro che rilassarsi sul divano assieme. Finiscono per essere sempre altro, in qualche modo: i fautori delle leggi di casa, i responsabili, gli apprensivi, quelli che non capiscono.
Sempre qualcosa che ha a che fare con lei. Mai qualcosa che esiste di per sé.
Il pensiero le fa girare la testa.
Chi sono, quando non sono impegnati a fare i genitori? Cos’è che li rende felici quando hanno un’oretta di relax tutta per sé? Di cosa hanno paura? Hanno mai rinunciato a qualche sogno per lei, per tutti loro?
Loro non ne parlano, ma lei si è scordata di chiederglielo. Perché dev’esserci stato per forza un periodo in cui Miyako parlava con loro senza avere la mente obnubilata da conflitti o chiusure o dolori incomunicabili … solo che, in qualche modo, lo ha dimenticato.
Non le piace averlo dimenticato.
Non le piace questo mondo matto in cui essere adolescenti e scordarsi di guardare i suoi genitori, e vederli davvero, è considerato normale.
Così si avvicina.
I suoi genitori non si accorgono di lei se non nel momento in cui Miyako sale sul divano accanto a sua madre raccogliendo le gambe davanti a sé. Si voltano entrambi, sorpresi, come se non credessero ai loro occhi.
“Miyako-chan”, dice sua madre. “Tutto a posto?”
Miyako annuisce. “Posso restare un po’ con voi?”
Loro sgranano gli occhi, e Miyako si sente stupida.
“Cioè – se vi do fastidio me ne vado! Stavate facendo i piccioncini sul divano?” Ride, e dissimula, e guarda verso la porta. Forse ha commesso un errore e basta. Come ha potuto pensare che fosse una buona idea?
“Ma no, resta! Ci fa piacere”, dice precipitosamente suo padre.
C’è qualcosa nel suo tono di voce che costringe Miyako a guardarlo di sottecchi.
Suo padre ha l’espressione tesa di un uomo che teme che il suo vaso preferito, in bilico, possa cadere di sotto e andare in mille pezzi. E’ un’espressione curiosa da avere, se in bilico c’è solo una banale conversazione con sua figlia.
“Davvero?” Chiede Miyako sospettosa.
“Questo divano ha posto per tre”, dice sua madre, un sorriso troppo ampio e un lampo di speranza subito nascosto dal suo viso.
Non ci speravano più, capisce Miyako sconcertata. Stavano davvero aspettando che io mi fermassi a parlare con loro.
Si guarda le gambe strette al petto, e nota che inconsciamente ha coperto il polso destro con la mano sinistra. Come fa sempre. Come ha sempre fatto da quell’incidente a dodici anni.
In quel momento anche solo uno sguardo fugace al suo polso le faceva ribollire il sangue nelle vene, la faceva sentire esposta e vulnerabile, le ricordava le sue insopportabili debolezze. Non voleva sentirli più farle la predica prima, e cercare di parlarle preoccupati poi. Loro non potevano capire, loro non avevano provato quello che aveva provato lei, e se anche l’avevano provato l’avevano dimenticato.
Non potevano capire.
Eppure … eccoli lì, in silenzio, timorosi di dire qualcosa di sbagliato che porterà Miyako nella sua stanza in quattro e quattr’otto. Eccoli lì, a mostrarle supporto nel silenzio totale, fingendo di essere concentrati sulle immagini che passano alla tv.
C’è qualcosa, in questo silenzio, che commuove Miyako.
E allora si appoggia alla spalla di sua madre, la testa bassa e il cuore che le batte forte, e stringe i denti per impedirsi di fingere di essere forte, felice, normale.
“E’ che questo periodo fa un po’ schifo”, dice di pancia.
Sua madre le accarezza i capelli. Forse è una cosa un po’ per bambini, ma a Miyako non importa proprio nulla.
“Ti possiamo aiutare?” Dice sua madre dolcemente.
Miyako scuote la testa. “Naa. Ce la farò. Non è così grave.”
“Non devi essere forte per forza”, insiste suo padre.
“Non lo sono.” Risponde sinceramente Miyako. “Io penso davvero che ce la farò. E’ solo … credo di avere un po’ bisogno di voi. Mi basterebbe restare qui a vedere una sciocchezza alla tv con voi, solo per un po’.”
Cala un silenzio che Miyako non riesce a interpretare.
“Posso?” Insiste un po’ timida.
Sua madre la fa sollevare gentilmente dalla sua spalla, poi si alza in piedi. All’espressione smarrita di sua figlia sorride, e le fa un cenno con la mano. “Dai, spostati. Al centro vedi meglio.”
E’ una scusa, capisce Miyako. Ma va bene così. E’ perfetto così.
Miyako si avvicina a suo padre, e lascia che sua madre si sieda alla sua destra. La abbracciano entrambi, come facevano quando lei era piccola e guardavano assieme un cartone animato alla tv. 
Si sente un groppo in gola.
“Stanno facendo le repliche di Takeshi’s Castle”, le dice suo padre. “Adoro questa sfida.”
“Speriamo che non cada in acqua anche stavolta”, commenta sua madre. “Questo concorrente è un disastro.”
“Secondo me ci riesce”, commenta Miyako. “Guarda che faccia determinata che ha!”
“Eh, ma non basta. Ci vuole equilibrio, altroché. Non è facile per niente.”
“Scommettiamo che ce la fa? Cucino io se cade in acqua.”
“Oh, dovremmo vedere più spesso la tv con Miyako-chan”, commenta sua madre.
“Ehi! Questo è sfruttamento!”
“Te la sei cercata tu.”
Miyako finge di offendersi, si lamenta, dà gomitate ai suoi genitori che ridono. E’ così impegnata a tifare per il tizio mingherlino del game show che si scorda di coprirsi il polsino destro.
Non importa.
I suoi genitori non controllano se ha il polsino addosso neanche una volta.
Miyako sorride, guardandoli di sottecchi, illuminati dalla luce dello schermo.
Ha fatto bene a venire.
 
***
 
Taichi e Sora si sono lasciati.
Non è più una supposizione, un sospetto o un timore: Taichi e Sora non stanno più insieme, fine dei giochi. Non sa come sia successo, né quando, né quanto sia stata una decisione di entrambi o solo di una parte, ma forse non è neanche importante saperlo.
Fa solo tanto strano.
Taichi e Sora sono stati sempre presenti, nei racconti di Mimi come in quelli di Hikari. Sono sempre stati un binomio indivisibile, tenuti insieme da anni di ricordi e da un legame che sembrava forte, nonostante non fossero anime gemelle, quasi dato per scontato. Mimi si chiedeva spesso se si sarebbero mai lasciati.
Ecco la risposta.
Sembrava che avrebbero resistito, e invece no. Il destino, a quanto pare, ha altri piani per loro.
“Al diavolo il destino”, dice Taichi con forza.
Miyako lo ha trovato vicino al campo di calcio della scuola, seduto su un muretto, il viso basso e gli occhi ardenti. E’ vestito con la maglia della squadra, ha uno zaino sportivo accanto, ma non sembra avere nessuna voglia di andare ad allenarsi col suo club, che vocia nel campo e sugli spalti.
“Ho sempre saputo che l’avrei persa. Ma non così. Non per lui.” Dice, e scuote la testa con una smorfia. “Quanto sono stato stupido ad avergliela presentata.”
“Takeru-kun dice che al momento lui e Sora-san non si sentono”, replica Miyako un po’ esitante.
“Cambia qualcosa?” Taichi la guarda di colpo, penetrante, e Miyako chiude la bocca.
Non conosce la risposta.
“Il fatto che sia Yamato la sua anima gemella rende solo le cose più difficili”, continua il ragazzo, e torna a guardare distrattamente davanti a sé. “Tanto lo so che prima o poi si metteranno insieme, e che lui la tratterà bene. Fortunatamente so che è un bravo ragazzo e avrà cura di lei. Ma ora come ora ti giuro che lo prenderei a pugni.”
Ride e ride ancora, e si passa una mano tra i folti capelli castani. E’ una risata insopportabile, che ferisce, e Miyako darebbe chissà cosa per sapere come spegnerla. Ma come può aiutarlo?
Davvero c’è qualcosa che possa consolarlo, dopo quello che è successo?
“Lo so anche io che non poteva continuare così”, bisbiglia poi.
“Così come?” Gli chiede Miyako.
“Ma sì, dai, lo sai anche tu. Lo sapevano tutti.” Taichi lascia cadere nuovamente la mano lungo il fianco, come fosse immensamente stanco. “Sora era infelice. Non importa cosa facessi per lei, i salti mortali che ero disposto a fare: non potevo farci nulla.”
“Tu hai fatto il possibile, Taichi-san!” Protesta vivacemente Miyako. “E sono sicura che Sora-san lo sapesse. Se lei era infelice non dipendeva da te …”
“Tutto questo non conta!” Sbotta Taichi, e Miyako si ferma. “Non conta nulla che sarei andato contro il destino stesso per averla al mio fianco. Non conta nulla che io sia stato innamorato di lei fin da quando ho capito cosa significasse amare. Non contano nulla i nostri tre anni assieme … nulla. Sai cosa conta davvero? Che avevo una possibilità, solo una, di farcela, ma ho perso. E’ finita.”
La mano di Taichi si stringe a pugno, e prima che Miyako possa anche solo pensare di fermarla, colpisce seccamente il muretto dove sono seduti.
“Ahi”, geme il ragazzo rabbioso, impotente, disperato, e stringendo i denti guarda in alto, verso il cielo, in un punto imprecisato tra le nuvole che si muovono rapide sulla loro testa.
Sembra un naufrago in mezzo all’oceano che non sa a cosa aggrapparsi.
“Taichi-san …”, tenta Miyako addolorata.
“Io sfido il destino”, dice tra i denti. “Lo sfido a trovare per me qualcuno di giusto quanto Sora … più di Sora, se ci riesce. Lo sfido! E spero davvero che vinca lui, perché … io non avrei voluto nessun’altra. Non voglio nessun’altra.”
La voce si rompe, il suo viso si contrae.
“Io avrei barattato le mie Parole per lei.” Dice.
E tace.
Taichi sembra di nuovo un uomo ora, maturo e sofferente e disilluso. Non c’è traccia della sua fanciullesca energia nei suoi lineamenti, nessun frammento di risata a piegargli gli angoli degli occhi: sembra cresciuto di colpo, in modo definitivo questa volta, senza possibilità di tornare indietro.
Come se Sora, andandosene, avesse portato via anche la giovinezza di Taichi.
Miyako non può credere che sia finita, neanche adesso che le sue credenze secolari sono state messe così in discussione. Non riesce neanche a pensare a uno scenario tanto brutto. Taichi si riprenderà, si leccherà le ferite, e forse non tutto tornerà come prima, ma forse questo non sarà un problema. E forse il suo lato giocherellone tornerà più forte di prima, e allora si sorprenderà a pensare di aver sofferto così tanto in passato.
E lo sa, oh, lo sa bene, che la sua anima gemella è lì da qualche parte. E forse non sarà tutto rose e fiori, forse Taichi soffrirà ancora, ma il semplice fatto che ci sia qualcuno per lui, pronto ad amarlo, non è già di per sé motivo di speranza?
Quel giorno Taichi avrà ancora amore da dare, forse più di ora, senza dover temere che il legittimo proprietario venga a riscuotere il suo prezzo ogni volta che presenta la sua ragazza a qualcuno. E la sua anima gemella potrà solo ritenersi fortunata ad essere stata destinata a lui fin dalla nascita.
Miyako lo sa, ci metterebbe la mano sul fuoco.
Ma sa di non poterglielo dire, non ora, non così.
Però c’è qualcosa che può e deve dirgli, ora più che mai.
“Mi dispiace tanto, Taichi-san. Davvero.”
Taichi si ferma, e si volta verso di lei. Miyako non può fare a meno di notare che i suoi occhi sono lucidi, appena un po’.
Lui la studia, sorpreso e un po’ interdetto, e Miyako sa a cosa sta pensando. Sta pensando che lei è la paladina delle anime gemelle, che lo è sempre stata. Forse si sarebbe aspettato che lei l’avrebbe rimproverato per il suo desiderio di rinunciare alla sua anima gemella, che avrebbe cercato di convincerlo che si tratti di un dono, anche ora che a lui sembra una disgrazia.
Miyako lo sa, e lo fissa. Vuole che lui capisca che è sincera.
E forse lo convince, perché Taichi sorride appena, e sembra grato, in modo un po’ impacciato.
Le dà una pacca sulla spalla. “Non stare a preoccuparti”, le dice. “Fortuna che non tutti hanno problemi così, eh? Vedrai che prima o poi Koushiro si convincerà a lasciarsi un po’ andare. Il destino è dalla tua parte, dopotutto.”
Miyako sente la gola serrarsi.
“Ah … beh …” Balbetta, senza sapere come continuare.
“Aggiornami se gli prende un attacco di cuore però!” Taichi le fa un sorriso sfuggente, per poi raccogliere la borsa e slanciarsi di sotto, sull’asfalto. Una mano alzata a mo’ di saluto e il ragazzo si allontana, le spalle chine e un peso invisibile addosso.
Miyako lo osserva andarsene, un po’ indecisa.
Non gli interessava davvero sapere dettagli, riflette. Non è importante spiegargli come stanno le cose.
Lo lascia andare, e non dice altro.
 
***
 
I cambiamenti ci mettono davvero poco tempo ad ammantarsi di normalità.
Sembra che sia passato un uragano su tutti loro, eppure sembra che tutto vada più o meno come sempre.
Al mattino scuola, al pomeriggio studio intervallato da aiuti al konbini, mentre febbraio volge al termine e si avvicina sempre più l’incubo degli esami di fine anno, per cui sa già che dovrà passare qualche notte più o meno insonne. Ci sono i soliti pomeriggi con Iori, quelli in cui si studia tanto ma si chiacchiera tanto, e si finisce sempre per mangiare qualche dolce buono fatto dalla signora Hida o semplicemente qualche snack di marca Inoue.
Eppure non ci sono più riunioni a casa di Daisuke – nonostante lui l’abbia proposto più volte, perché tanto lo studio lui non sa cosa sia.
Eppure parlare con Hikari a scuola è difficile e poco soddisfacente: lei è apparentemente normale e interessata a quello che viene detto, eppure i suoi occhi sembrano guardare un mondo tutto suo, uno per cui nessun altro ha la chiave.
Eppure Takeru ha smesso di rispondere ai messaggi e non si fa mai trovare a casa: le poche volte che lo ha incontrato per caso nel suo condominio lui era sempre di fretta, sempre sorridente, e sempre lontano anni luce. Miyako-san, va tutto bene. E’ solo un momento un po’ incasinato, tutto qui.
Se lo dice lui.
Eppure i libri che ha preso in biblioteca le fanno ancora venire un vago senso di nausea, e non riesce ad aprirli perché non ne ha il coraggio. E’ assurdo, perché sa benissimo che se mai lo facesse adorerebbe quegli argomenti. Ma non ce la fa, non ancora.
Eppure sono giorni che non sente Koushiro, e non se la sente di scrivergli.
In compenso oggi è qui, seduta al tavolino di uno dei suoi café preferiti, a giocherellare con una ciocca di capelli, a guardarsi intorno un po’ nervosamente e ad aspettare qualcuno che non avrebbe mai pensato di dover aspettare.
Se non è assurdo questo …
La porta si apre, e Ichijouji compare, i capelli perfettamente in ordine e gli occhi azzurri che si guardano rapidamente intorno. Miyako si raddrizza, qualcosa che senza motivo le strizza lo stomaco.
“Buonasera, hai bisogno di un tavolo?” Gli si rivolge gentilmente un cameriere.
Miyako solleva una mano per farsi vedere, un sorriso sulle labbra, e Ichijouji la nota: le sue sopracciglia scattano in alto nell’espressione più sorpresa del mondo.
Lo sa cosa sta pensando: che è in anticipo. Ma non dovrebbe parlare, visto che è in anticipo anche lui. Probabilmente sono entrambi pedine inconsapevoli manovrate da questo strano, strano mondo capovolto che si maschera da realtà quotidiana.
“Dovrei incontrare qualcuno”, lo sente dire al cameriere, e con un cenno impacciato del capo attira l’espressione dell’altro sul tavolo dove Miyako si sta sbracciando. Ichijouji sembra un po’ imbarazzato.
“Prego”. Il cameriere sorride, lo invita ad accomodarsi, e va a prendere un altro menu.
Ichijouji, rimasto solo, sembra per un istante non sapere cosa fare. La guarda.
Miyako fa un sorriso più ampio, confusa, e con la mano lo invita a raggiungerla.
Lui obbedisce.
Arriva al tavolo, la guarda ancora, sorride timidamente e solleva una mano per salutarla.
“Che ci facevi lì fermo come uno stoccafisso?” Gli chiede Miyako gioviale, e gli allunga la sedia accanto a sé. “Scusa se ho già ordinato qualcosa. Ero un po’ in anticipo ed ero in seria carenza da frappè – te li consiglio, a proposito! Sono davvero buoni qui, soprattutto quello alla nocciola.”
Ichijouji aggrotta le sopracciglia mentre si siede, e guarda prima il frappè, poi lei. Sembra confuso.
“Cosa?” Chiede Miyako. “Ah. E’ perché fa freddo fuori e non è ancora stagione di frappè? Beh, chissenefrega, un buon dolce è buono sempre. Non credi?”
Lo guarda trepidante, e aspetta una risposta.
Ichijouji arrossisce. Apre la bocca, prende un respiro, si blocca. Scuote la testa.
E poi, con sommo orrore di Miyako, tira fuori il cellulare e comincia a scrivere.
“No dai”, esclama. Ichijouji solleva il capo di colpo, l’aria di un bambino colpevole. “Non vorrai dirmi che neanche stavolta vuoi parlarmi! Pensi di scrivermi le tue risposte per mail per tutto il pomeriggio?”
In realtà stava esagerando, non pensava sul serio fosse un’opzione possibile. E invece Ichijouji assume un’espressione di scusa, confermandole silenziosamente le sue supposizioni.
Miyako spalanca la bocca.
“Fai sul serio?” Gli chiede. “Ma … ma perché?”
Ichijouji abbassa di nuovo lo sguardo, e scrive rapidamente. Pochi secondi dopo Miyako riceve una mail.
“Mi rendo conto che possa sembrare scomodo. Vorrei fare diversamente, ma non ci riesco.”
Questo ragazzo non è reale.
“Beh, questo non risponde alla mia domanda”, ribatte Miyako scrutandolo.
Ichijouji fa un mezzo sorriso ironico.
“Se rispondessi alla tua domanda probabilmente chiameresti uno psichiatra.
Miyako lo fissa.
Ichijouji è sempre più mortificato.
Comunque se non avesse un viso così carino quando è imbarazzato non la passerebbe liscia, ecco.
Miyako fa un gran sospiro, abbandonandosi sulla sedia. “Ok. Ok, facciamo come dici tu, d’accordo? Spero però che tu non me la stia facendo pagare per quella faccenda di tre anni fa, perché non so più come scusarmi e dirti che voglio ricominciare da capo!”
Ichijouji sembra farsi di colpo serio. China in fretta il capo, le sue dita che corrono rapidissime sul telefono. Miyako si trattiene a stento dal sbirciare il messaggio prima che le venga inviato.
“Miyako-san, non ho nessuna intenzione di fartela pagare per un comportamento aberrante che, tra parentesi, ho messo in atto io e non tu. Ti giuro che non è una punizione, e mi dispiace, non sai quanto. Vorrei parlarti con la mia voce ma non posso. Però capirò se non vorrai più vedermi dopo oggi. Devo sembrarti un gran maleducato.”
Miyako non è preparata allo sguardo penetrante che Ichijouji le rivolge non appena mette giù il telefono: sembra pronto ad alzarsi e ad andarsene al minimo segno di disgusto da parte sua.
Non dovrebbe fare così, pensa. Non dovrebbe rendersi così vulnerabile pur mantenendosi così misterioso su quello che pensa o che fa, perché la verità è che questo strano mix la confonde.
Lui attende, paziente, senza tentare di scriverle altro.
Miyako capitola.
“Non esagerare adesso”, replica. “Sembri solo decisamente matto.”
Ichijouji fa un mezzo sorriso.
“Mi è andata bene”.
Miyako sorride a sua volta, incredula.
“Chiedo scusa. Ho portato un altro menu, se può servire”. Il cameriere sbuca di colpo alle spalle di Miyako, e porge il menu a Ichijouji. “Ti lascio un po’ di tempo per pensare a cosa ordinare.”
“No, posso ordinare subito”, risponde Ichijouji, e Miyako è così sorpresa dal risentire la sua voce che sussulta leggermente. “Facciamo …”
Miyako indica il suo frappè con aria allusiva, e Ichijouji si ferma.
“Dai, è buono, giuro!” Insiste lei. “Cos’è, hai paura di congelarti il cervello?”
Negli occhi di Ichijouji passa un lampo improvviso.
“Un frappè all’ananas. Grazie.” Risponde.
E così le sfide gli piacciono.
“Subito.” Il cameriere fa un piccolo inchino e si allontana.
Al tavolino cala di nuovo il silenzio. Ichijouji giocherella con il suo cellulare con aria fin troppo intenta.
“Ah!” Esclama Miyako all’improvviso, battendosi un pugno sul palmo. Lui fa un piccolo salto sulla sedia. “Ora capisco perché non parli con me! Ha a che fare con l’anima gemella, giusto?”
Ichijouji sbianca, come se fosse stato scoperto. Prende il cellulare e scrive, cancella, riscrive.
“Che intendi?”
“Puoi anche smettere di fingere. Ti ho smascherato, caro mio.” Gongola Miyako, e si sporge verso di lui per osservarlo meglio. Ichijouji si pietrifica. “Tu non mi parli perché sono una donna. E siccome ti piacciono le donne, ma hai paura di incontrare la tua anima gemella – visto quello che mi hai scritto qualche giorno fa -, preferisci non parlare con le donne a meno che tu non sappia già che non potranno mai essere la tua anima gemella!”
Ichijouji la fissa senza muovere un muscolo.
“Ci ho preso?” Incalza Miyako fiera di sé. “Dopotutto ti ho sentito parlare a voce solo con maschi e con Hikari-chan. E tutto torna con le cose che mi hai detto!”
Ichijouji non dà molta soddisfazione quando viene scoperto, purtroppo. Si limita a sgonfiarsi, a sospirare, e a scrivere lentamente: “In un certo senso potrebbe essere vero, sì.”
“Bingo!” Miyako ride, per poi scuotere la testa. “Incredibile, non credevo che avrei mai sentito di altre persone che si comportano così. Credevo che Jyou-san sarebbe stato l’unico di cui avrei conosciuto la storia!”
Ichijouji aggrotta le sopracciglia, interrogativo.
“Jyou-san?”
“E’ il fratello minore di Shuu-san, il ragazzo di mia sorella maggiore Momoe”, gli spiega. “Qualche volta quando viene a cena ci racconta così tante storie su Jyou-san che mi sembra quasi di conoscerlo … non viene spesso in realtà, perché lavora a Kyoto. Fa il ricercatore!”
Ichijouji sorride, timido. “E’ Jyou-san o Shuu-san a fare il ricercatore?”
“Oh scusa, mi stavo ingarbugliando. Shuu-san è ricercatore, e collabora con il padre di Sora-san.” Miyako si sente la testa un po’ leggera: si schiarisce la voce prima di riprendere. “Jyou-san sta studiando per diventare medico. E’ una persona molto intelligente e molto coscienziosa, ma ha un problema: alcune volte gli va in corto il cervello per il troppo pensare. E direi che è anche un po’ sfortunato e imbranato, quindi puoi immaginare l’effetto.”
Ichijouji la osserva curioso, invitandola silenziosamente a continuare.
Ha decisamente occhi assurdi, pensa Miyako. Sembrano immergersi completamente in quello che dici.
“Insomma, questa è una delle mie storie preferite”, continua. “Riguarda l’anima gemella di Jyou-san. Sì, ha incontrato la sua da un paio di mesi: è una sua collega di corso, dovrebbe chiamarsi Nahoko. Lui ha rotto una penna mentre era a lezione, bam, completamente andata e inchiostro ovunque: questa ragazza gli era casualmente seduta accanto, e casualmente aveva una penna di riserva. Hai presente quel tipo di persone che è sempre impeccabile, sempre ordinato, ha sempre ricambi di penne, matite, gomme, quaderni, eccetera?”
Ichijouji fa una smorfia. “Temo di doverti annunciare che faccio parte di quel tipo di persone.”
“Ma dai, ma come fate?” Esclama Miyako aprendo le braccia, teatrale. “Siete alieni, per caso?”
“Non saprei. Forse in futuro ci studieranno in laboratorio: ti farò sapere.”
“Comunque sia”, continua Miyako cercando di non ridere. “Jyou-san rompe la penna, Nahoko gli presta una delle sue e gli dice: Non preoccuparti, ho un astuccio pieno. E ovviamente erano le sue Parole, come puoi immaginare. Ovviamente nell’ovvio, poi, Jyou-san si è innamorato a prima vista di lei. Dove sta il problema, diresti tu? No, in effetti forse tu potresti indovinarlo. Prova!”
Miyako attende, e prende a sorseggiare il suo frappè ormai caldo con aria misteriosa.
Ichijouji sembra in difficoltà. Ci pensa un po’, la osserva di sottecchi, scrive lentamente.
“Se posso indovinarlo sicuramente si tratta di una problematica con le anime gemelle. Non so, aveva forse paura di incontrarla?”
“No, sbagliato.” Miyako lo osserva, curiosa. “Quindi tu e Jyou-san non avete le stesse questioni irrisolte … no, era più semplice di così, e anche più assurdo: voleva semplicemente dirle qualcosa di bello, come prime Parole. Così per settimane è stato zitto e ha risposto a gesti o scappando, pur di non dire nulla! Capisci, voleva che fosse qualcosa di memorabile per lei.”
Ichijouji resta sorpreso.
“In effetti può avere senso, ho letto di molte persone con Parole banali che non hanno avuto la Ricerca facile.”
“Sì, ma non è questo il punto!” Insiste Miyako scuotendo la testa. “Cioè, la sua anima gemella era lì, a lui piaceva da matti, ma non si palesava perché voleva essere poetico?!”
Ichijouji sorride appena. “Siamo tutti fuori di testa per le anime gemelle.”
La semplice verità di quel messaggio la fa fermare.
“Ecco il frappè all’ananas.” Ritorna il cameriere, un bicchierone di frappè posizionato davanti a Ichijouji. Il ragazzo ringrazia – a voce, ovviamente: che razza di ingiustizia – e l’uomo si allontana portando con sé i due menu presi dal loro tavolo.
Ichijouji le fa un piccolo sorriso di scusa, come a chiederle una breve pausa dal discorso, e titubante assaggia il frappè. Lo sorseggia, si ferma, la guarda. Per un attimo non si muove.
“Beh? E’ o non è il miglior frappè del quartiere?” Incalza Miyako.
Ichijouji si stacca dalla cannuccia, e scrive un breve messaggio.
“Non posso risponderti, ho il cervello congelato.”
“Che faccia tosta!” Miyako fa l’indignata. “Eppure riesci a scrivere dei messaggi!”
“A fatica.”
“Non mi pare per niente!”
Ichijouji china il capo sul cellulare, ma non abbastanza in fretta da nascondere un lampo divertito nello sguardo.
“E’ molto buono, Miyako-san. Ti ringrazio del consiglio.”
“Mm. Così va meglio.” Miyako lo guarda con aria sospettosa, e poi ricade contro lo schienale della sedia. “Comunque non mi stai dando soddisfazione con la storia di Jyou-san. Avresti dovuto sconvolgerti o ridere, invece sei lì ad analizzare tutto come se fosse normale.”
“E’ che esistono così tante situazioni particolari con le anime gemelle che non mi sorprende più nulla. Ma mi interessava il finale.”
La guarda, come se cercasse di capire se Miyako se l’è presa sul serio – come se non fosse palese che sta scherzando. Inspiegabilmente anche in modo molto spontaneo, poi.
“Se non ridi sul finale sei una brutta persona, sappilo.” Gli punta un dito contro, a mo’ di avvertimento. “Questo episodio risale a un mesetto fa circa. E’ un normale lunedì mattina pieno di pioggia e vento, sai, di quelli che ti inzuppano dalla testa ai piedi qualsiasi cosa tu faccia per evitarlo. Jyou-san sta andando all’università con un ombrellino che ha sicuramente visto momenti migliori, e lotta invano per evitare che il vento glielo rompa. Davanti a sé c’è Nahoko insieme ad alcune sue colleghe, che si affrettano verso l’entrata chiacchierando allegramente. Jyou-san l’ha vista eccome: diciamo che non ha alcuna voglia di farsi vedere da lei in quelle condizioni, inzuppato, con gli occhiali a penzoloni, la borsa fradicia e un ombrello che si ostina a rivoltarsi al contrario. Così decide di fare un disperato tentativo per aggiustarlo, almeno il tempo necessario per entrare dignitosamente nel complesso universitario. A fatica inclina l’ombrello … e, proprio in quel momento, una folata di vento improvvisa e violenta glielo strappa dalle mani. Indovina verso dove!”
Ichijouji sgrana gli occhi con un’espressione empatica. “Verso la sua anima gemella ignara?”
“Ovviamente.” Miyako cerca di trattenersi dallo scoppiare a ridere. “Tragedia! Jyou-san tenta di inseguire l’ombrello il più in fretta che può, ma il vento va troppo veloce, e sembra puntare proprio la testa di Nahoko! Così Jyou-san, disperato, urla d’istinto: No no no attenta, l’ombrello ti viene addosso! E Nahoko si gira, gli occhi spalancati e il viso acceso, ed evita per un soffio l’ombrello, che le sfiora i capelli e poi cade a terra, come se niente fosse. E Jyou-san …” Niente, non riesce a trattenersi: inizia a ridere, cercando comunque di continuare a parlare. “Jyou-san sbianca, perché si rende conto di aver parlato, di – di averle detto una cosa idiota, e che Nahoko dev’essere cresciuta aspettando di sentire quelle parole, delle Parole che la mettono in guardia contro un ombrello! Si agita così tanto che non guarda dove mette i piedi, e scivola rovinosamente a terra.”
Ichijouji le fa presto compagnia nella risata: lui ride in modo sommesso, portandosi una mano al viso come se avesse paura di ridere troppo. Miyako non lo fa apposta: si ferma, vuole sentire la sua voce, per sapere che suono ha la sua risata. Ma c’è poco che riesca a distinguere.
Si chiede se lui rida sempre così, anche con gli altri. Anche con Hikari.
E si chiede perché se lo stia chiedendo.
“Ma poverino”, le scrive lui, interrompendo i suoi pensieri.
“Oh sì. Shuu-san dice che non si riprenderà mai più dal trauma”, risponde vivacemente Miyako. “Però Nahoko non si lascia scoraggiare, anzi. Raccoglie l’ombrello, si avvicina a Jyou-san e si piega verso di lui. Gli porge la mano per aiutarlo ad alzarsi e gli dice: Ora si spiegano tante cose.
“Pare che Jyou-san si sia scusato per tutto il giorno, ma andava tutto bene anche così, con fango e pioggia dappertutto. Erano felici. Si erano trovati.”
Sente quella familiare stretta al petto che la accompagna ogni volta che pensa alle anime gemelle che si ritrovano, quella specie di commozione sospesa che per tanti anni l’ha resa più agguerrita e più determinata a trovare la sua. Oggi la sente più dolorosa, come qualcosa che le pizzica anche gli angoli degli occhi.
Da ragazzina non avrebbe mai avuto paura per il destino di due anime gemelle innamorate.
“Lo sai”, continua senza pensarci, giocherellando con la cannuccia abbandonata nel bicchiere vuoto. “E’ strano ripensarci, perché mi sembra tutto diverso da un mese fa, eppure … storie come queste mi fanno ancora emozionare. Cioè, è come se dentro di me fosse rimasta una parte testarda e romantica che, nonostante tutto quello che è successo in questi giorni, nonostante le cose che ho scoperto e che non avrei voluto scoprire … comunque mi dice che incontrare la propria anima gemella sia un dono. Secondo te è sbagliato?”
Ichijouji la guarda, assorto, e c’è qualcosa che lei non comprende della sua espressione.
“Non è sbagliato. Non conosciamo la fine della storia, no? Magari quello che è successo sarà la parte peggiore della vicenda, e da adesso in poi le cose andranno meglio.”
“Tu dici?” Miyako sorride, piegando la cannuccia con le dita. “Lo spero davvero.”
Ichijouji la fissa ancora.
“Tu stai bene?”
E’ un messaggio semplice e molto conciso, ma Miyako si sente scrutata nell’anima, senza sapere perché. Ripensa alle confidenze che gli ha fatto senza pensarci qualche giorno prima, ripensa alla naturalezza con la quale ha riversato tutte le sue insicurezze e le sue sofferenze sulla tastiera di un cellulare.
Ancora non sa spiegarsi cosa le sia passato per la testa.
Però non è pentita.
Guarda l’espressione intensa del ragazzo seduto di fronte a lui, la sua preoccupazione, la sua presenza silenziosa e cauta mentre sembra chiedersi come aiutarla senza essere invadente.
No, non è pentita proprio per nulla.
“Sì, sto bene. E’ ora di smettere con le bambinate”, dice sinceramente, e gli sorride. “Lo sai che il tuo messaggio dell’altra sera mi ha fatto un sacco bene?”
Ichijouji arrossisce di colpo, e abbassa in fretta lo sguardo sul cellulare. “Ma non ho detto nulla di che.”
“Però ci sei stato.” Gli risponde. “E’ sufficiente.”
Lui la sbircia, un po’ confuso. Lei gli fa l’occhiolino.
“Grazie, Ken-kun. Dico sul serio.”
Magari è un’illusione ottica, o magari è solo frutto della sua immaginazione, ma le sembra che l’averlo chiamato con il suo nome invece che con il cognome lo abbia reso felice.
Forse è la piega del suo sorriso, un po’ più accentuata del solito, o forse sono i suoi occhi. Sono sempre i suoi occhi, che di colpo le parlano più di quanto le parole potrebbero mai fare.
“Grazie a te”, le scrive. “Per avermi dato una seconda possibilità.”
E Miyako, per un attimo, ripensa a quel ragazzo arrogante e algido che ha incontrato tre anni fa, quello che avrebbe calpestato chiunque avesse incontrato sul suo cammino, senza pensarci, senza guardarsi indietro.
Quel ragazzo non l’avrebbe mai guardata così.
Con quel ragazzo non avrebbe mai voluto avere nulla a che fare.
Ma con questo … con questo sì.
Miyako gli sorride, e i conti in sospeso tra loro sembrano, finalmente, chiudersi.
 
***
 
Gli paga il frappè, ovviamente: è stata lei a invitarlo questo pomeriggio, e quindi lei offre. Non le importa proprio un bel niente se lui protesta, se si agita, se tira fuori il portafogli o prova a scriverle messaggi il più velocemente possibile.
“Mi dispiace, ma paga chi parla”, gli dice Miyako con una linguaccia.
Il suo accompagnatore sembra prenderla malissimo.
“Allora facciamo così. La prossima volta offri tu, che ne pensi?” Gli concede, accomodante. Lo vede sollevare di scatto la testa alla menzione di una prossima volta, sorpreso come se gli avessero detto che la Terra ha preso a girare al contrario. E’ un’espressione così buffa che lei non può che ridere.
“Guarda che non sei così antipatico come credi!” Esclama. “Dovresti volerti un po’ più bene, sai?”
La risposta è uno sguardo eloquente, e un messaggio.
“Difficile, se sai di essere uno scemo.”
E poi la guarda con l’espressione più rassegnata del mondo.
Miyako soffoca dalle risate, tanto da sentire male alla pancia. E’ costretta a uscire in tutta fretta, perché tutti al cafè si girano per guardarla e capire cosa stia succedendo. Quanto a Ichijouji, poveretto, raggiunge tonalità di viola impressionanti alla velocità della luce.
E ora sono qui, a camminare l’uno accanto all’altra, a guardarsi di sottecchi e a distogliere lo sguardo.
Parlano di argomenti leggeri, e di Daisuke, che in qualche maniera è terreno stabile per entrambi. Si raccontano gli episodi più assurdi, le sue incongruenze, la sua semplicità di pensiero che spesso lo mette nei guai e spesso ce lo tira fuori: una a voce, l’altro tramite uno schermo, procedono a conoscersi cellulari alla mano. I passanti che sentono Miyako parlare senza avere risposta gettano loro occhiate confuse e diffidenti.
Ichijouji – Ken: si chiama Ken – non fa che scomparire dietro i suoi capelli lisci che gli cadono sul viso quando scrive, e riapparire quando cerca di scorgere l’espressione di lei mentre legge il messaggio che gli ha inviato. Sembra sempre un po’ sull’attenti, come se si aspettasse che, senza preavviso, Miyako possa voltarsi e mollargli un ceffone sulla guancia. Eppure ad ogni risata di Miyako le sue labbra sorridono un po’ di più, appena un po’ alla volta.
Accorgersene la rende un po’ felice.
Forse perché il sorriso, a Ichijouji Ken, dona più del viso serio.
“Ecco, ora che mi stavo abituando a comunicare chattando siamo arrivati a destinazione”, esclama Miyako quando si accorge di essere arrivata di fronte all’entrata della stazione metropolitana che riporterà Ken a Tamachi.
Lui fa un sorriso di scusa. “Lo so che non sono stato di grande compagnia.”
“Ti dirò. Non so se tu sia particolarmente bravo dopo anni di pratica, ma è stato molto simile a una conversazione normale”, riflette lei, una mano sotto al mento. “Questo non è un invito a continuare così in eterno, eh! Dovrai pur sbloccarti prima o poi.”
Ken abbassa lo sguardo, e sembra malinconico per qualche motivo.
“Forse è solo questione di coraggio.”
“Se è così siamo a cavallo”, gli sorride Miyako incoraggiante. “Non sei tu quello che ha avuto tanto coraggio da lottare per cambiare l’opinione che avevamo di te?”
Gli occhi di Ken volano su di lei, spalancati, scoperti. C’è un lampo di meraviglia e gratitudine al loro interno, talmente intensa e profonda che lei quasi non è capace di gestirla.
“Non credo che quello fosse coraggio. Penso si trattasse di un bel po’ di faccia tosta”, le scrive in fretta. Miyako può scorgere l’emozione nel modo in cui lui muove le dita per digitare.
“Appunto”, commenta lei con il sorriso che si allarga. “Proprio quello che ci vuole.”
Ken la guarda, fa per scrivere, si ferma. Sospira, come per arrendersi, e le sorride.
“Un giorno ti parlerò”.
Miyako incontra gli occhi seri e sicuri di Ken, una promessa determinata nascosta tra le labbra serrate. Gli crede.
“Non vedo l’ora che accada”, gli risponde vivacemente.
Ken sorride ancora, poi i suoi occhi si muovono dietro di lei per un istante, e lì si fermano, si spalancano.
“Ken-kun?” Miyako è confusa dal cambiamento d’umore repentino del suo accompagnatore; aggrotta le sopracciglia, segue il suo sguardo, si volta dietro di sé. “Che succede? Cosa stai-”
E poi, di colpo, li vede.
Sono sul marciapiedi di fronte, poco più avanti di loro, seduti su una panchina fianco a fianco. Hikari è raccolta su se stessa, le mani in grembo, il viso stanco. Takeru è chinato verso di lei, le parla concitato, sembra volerla convincere di qualcosa in ogni modo che può. Ma non è la concitazione della rabbia o delle discussioni accese. E’ quella di quando ti senti impotente, perché la persona più importante per te ti taglia fuori dai suoi pensieri.
La gola di Miyako si serra.
Si volta verso Ken, segue nuovamente il suo sguardo, spera in tutti i modi che lui stia guardando altrove. Ma non c’è modo di negare l’evidenza: li ha visti, li ha visti eccome.
E il suo viso sembra un sacco distante, ora.
“Caspita, com’è tardi!” Esclama con finto entusiasmo e tanta, realissima angoscia. “Non dovresti andare? Non ti aspettano a casa?”
Ken non risponde, e continua a guardare la coppia.
Miyako sposta lo sguardo da lui a Takeru e Hikari, il cuore che le batte forte. Non sa cosa fare. Pensa disperatamente a Taichi, a Yamato e Sora, al bel pomeriggio che ha appena trascorso con Ken, al sorriso che è appena sparito dal suo viso, e si chiede perché certe cose succedano sempre nel momento sbagliato e nel posto sbagliato.
Che cosa diamine fanno quei due? Si sono evitati per tutto questo tempo, hanno fatto gli scemi finora, e ora stanno lì a chiacchierare da soli a pochi metri di distanza davanti al ragazzo di Hikari?
Miyako non riesce a capire l’espressione di Ken, o a indovinare cosa stia pensando.
C’è qualcosa che le chiude lo stomaco in una morsa, e non sa nemmeno perché. Fatto sta che non vorrebbe guardare, vorrebbe solo andarsene e scordarsi tutto questo.
Però guarda, immobile accanto a Ken.
Guarda, mentre Takeru sembra aver addolcito i toni, sembra parlarle ancora più preoccupato, ancora più vicino. Hikari gli dice qualcosa a bassa voce, si volta, incontra gli occhi di Takeru, si ferma. Sembra piegarsi, come se l’avessero spezzata.
Le braccia di Takeru le si avvolgono attorno, la stringono dolcemente, e Hikari si abbandona a lui. Anche a distanza si vede benissimo che piange.
Takeru le appoggia il mento sul capo, affonda le dita tra i suoi capelli, i suoi occhi guardano lontano senza vedere altro che dentro di sé. Hikari sembra piccola, un sacco piccola in quell’abbraccio, ma anche lei lo cerca, anche lei lo stringe come fosse l’unico rifugio sicuro in mezzo a un tornado.
Takeru le posa dei baci sul capo, sulla fronte. Il suo viso è turbato, come se avesse finalmente capito qualcosa di fondamentale, ma non scioglie l’abbraccio. Sembra non potere.
Nessuno potrebbe mai fraintendere cosa ci sia tra loro. Nessuno potrebbe mai sperare che quei due possano allontanarsi e continuare la loro vita come hanno sempre fatto.
“Ken-kun, mi dispiace”, si ritrova a dire Miyako, arrendendosi alla realtà dei fatti.
Si arrischia a guardarlo, e scopre che i suoi occhi azzurri sono di nuovo su di lei.
“Di cosa?”
“Beh … per Hikari-chan, tu-” Si interrompe, balbetta, non sa come continuare. Come glielo spiega che lei ha tifato per Takeru e Hikari fin da quando li conosce? Come glielo spiega che, guardandoli ora, ha avuto la sensazione che fosse andata come doveva andare, a discapito di Ken?
E’ pur sempre il suo ragazzo. E’ pur sempre un altro Taichi.
Non è giusto che sia giusto così, e che qualcuno debba sempre rimetterci.
“Takeru-kun è la sua anima gemella”, sussurra impotente, scusandosi con gli occhi.
Ken fa un mezzo sorriso.
“Lo so. Me lo hai fatto capire al concerto.”
Il senso di colpa di Miyako si acuisce. “Oddio, scusa, io parlo sempre troppo, quella volta mi è sfuggito! Non volevo ferire nessuno, è solo che-”
Ken solleva un dito a mezz’aria, come per chiederle di aspettare. Miyako ammutolisce, mentre lo vede scrivere lentamente, il cuore che le batte all’impazzata.
“Sapevo che Yagami-san conoscesse già la sua anima gemella, e sapevo che prima o poi questo momento sarebbe arrivato. L’unica cosa che non conoscevo era il suo nome.”
“Eri innamorato di lei?” Gli chiede precipitosamente, prima che possa impedirselo. E poi si morde la lingua, perché che le è saltato in mente? Lei non vuole saperlo, non vuole in nessun modo …
Ken rimane immobile, le labbra chiuse e un’espressione strana sul viso. Sembra rifletterci un po’ – ma cosa ci sarà mai da riflettere? E’ sì o no, che senso ha non saperlo?
Poi lo vede sospirare, praticamente inudibile, e chinarsi nuovamente sul cellulare.
Invia il messaggio, la guarda, aspetta.
Il messaggio recita: “Mi dispiacerà non starle più accanto.”
E basta.
“Ti rendi conto che non rispondi mai alle domande in modo chiaro?” Si lamenta Miyako.
Ken si stringe nelle spalle con aria di scusa.
“Mi ha fatto piacere incontrarci oggi, Miyako-san. Buon ritorno a casa.”
Miyako ha appena il tempo di sollevare lo sguardo che Ken comincia a scendere le scale che lo porteranno alla metropolitana.
“Ehi, non andare via così!” Cerca di fermarlo.
Ken si volta, e il suo viso si apre in un sorriso. Sembra malinconico, ma sereno: lei rimane interdetta.
Così, quando lui solleva una mano per salutarla e riprende a camminare, lei non ha neanche il tempo o la forza di ricambiare in tempo.
Non ha senso.
Miyako si volta ancora verso Takeru e Hikari, verso lo spazio che hanno creato solo per loro.
Lei sarebbe stata distrutta, a osservare quella scena, se avesse amato davvero Takeru o Hikari. Altro che malinconia e dispiacere. Avrebbe pianto, avrebbe fatto la matta, avrebbe mandato all’aria tutto … avrebbe lasciato stare, perché sarebbe stato giusto così.
Però avrebbe fatto male assistere, sicuramente.
Che razza di relazione hanno, lui e Hikari?
E’ così che doveva andare, oppure è semplicemente capitato tutto troppo in fretta, senza avere il tempo di spiegare?
Davvero si può semplicemente prendere atto, e andare avanti con le proprie vite?
Domande, troppe domande. Così tante da potercisi rompere la testa, ma per quanto possa sforzarsi non cambierebbe nulla.
Perché Takeru e Hikari sono ancora lì.
Guardandoli ora, fronte contro fronte, le guance accese e un sorriso consapevole sulle labbra, Miyako può scommettere che i suoi amici stiano sentendo qualcosa, qualcosa di solo loro – qualcosa che dev’essere per forza simile a quello che hanno sentito Sora e Yamato giorni fa.
E allora la colpisce un pensiero, quasi un fulmine che illumina tutto a giorno.
E’ stato quel dolore, il disastro relazionale di questi ultimi giorni tra Taichi, Sora e Yamato, che ha avvicinato Takeru e Hikari, infine. Dopo tanto rincorrersi, e tante pressioni fatte e ignorate, e tante gelosie e tanti non detti, eccoli lì, a mettere da parte tutto e tutti di colpo, apparentemente senza preavviso.
Miyako pensa, dal nulla, che il dolore abbia strani modi di farti crescere.
Forse perché ridimensiona tutto, e ti fa capire cosa stai per perdere, cosa potresti, invece, ottenere se non avessi tanta paura.
Forse è per questo che incontrare la propria anima gemella può farti soffrire tanto?
Forse Ken aveva ragione.
E guardando Takeru e Hikari, nella loro semplice felicità originata dal dolore, Miyako non può fare a meno di sentire il cuore scaldarsi, con la stessa semplicità che scorge nei loro gesti, nei loro sguardi.
Solleva un pollice nella loro direzione, anche se non potranno mai vederla – ed è giusto così.
Sorride.
“Siate più felici che potete, razza di tonti”, sussurra. “E non arrendetevi se le cose si fanno dure.”
Poi si volta, e cammina nella direzione opposta per tornare a casa.
Troverà una strada differente. Quei due ci hanno messo così tanto a trovarsi … il minimo che può fare per loro è lasciarli a loro stessi.
Chissà quante cose avranno da raccontarsi, dopotutto.
 
***
 
“Prima o poi dovrai spiegarmi come fai ad avere sempre ragione.”
Iori la guarda, seduto ai piedi del letto con un quaderno di appunti aperto davanti a sé.
“Io non ho sempre ragione, Miyako-san”, ribatte tranquillo. “E’ solo che tutto questo non dipende da me, e neanche da te.”
“Sì, ma io non sapevo che non dipendesse da noi, Iori-kun.” Miyako si issa a sedere sul letto, decidendo che se rimane sdraiata ancora a lungo sul materasso non troverà mai la voglia di essere produttiva; forse non è stata una grande idea decidere di restare a casa sua invece che andare dagli Hida, per una volta. “Tu invece sai sempre quando è il caso di darsi da fare, e quando invece è bene lasciare che il destino faccia il suo corso. Sei un veggente, per caso?”
“Ma no che non sono un veggente”. Iori riprende a sottolineare i suoi appunti distrattamente. “Il criterio è molto semplice: devi aver fiducia nelle persone, perché sanno tirarsi fuori dai guai da sole. E comunque … se si sono comportati così finora avranno avuto i loro buoni motivi.”
“Sì, ma è così difficile restare a guardare se i tuoi amici fanno gli autodistruttivi!” Si lamenta Miyako.
Iori le rivolge una lunga occhiata eloquente.
“Lo so bene.”
“Ehi.” Miyako gli lancia un cuscino, che Iori afferra prontamente prima che possa colpire i suoi appunti, la sua testa o semplicemente il pavimento. “Che cosa vorresti dire? Io non ho passato mesi e mesi a far finta di non avere un’anima gemella, flirtando con chiunque altro o addirittura trovandomi un ragazzo dal nulla invece che provare ad accettare la realtà dei fatti!”
“Miyako-san, stai di nuovo giudicando solo in base alla tua visione delle cose.”
Miyako sbuffa, ributtandosi sul letto a braccia aperte. “Va bene, va bene. Takeru-kun e Hikari-chan avevano e hanno tutto sotto controllo. Sei più contento così?”
“Più o meno. C’è solo una cosa che secondo me non è stata molto corretta da parte loro.” Iori aggrotta le sopracciglia, in quella che è sempre stata, da che lo conosce, la sua espressione da non è così che ci si comporta. “Hikari-san e Takeru-san non avevano delle relazioni? Avrebbero dovuto chiudere le loro rispettive storie prima di pensare di costruire qualcosa assieme.”
Miyako fa una smorfia. “Guarda, se parliamo di Mina-chan non credo avesse molte speranze neanche prima”, ribatte. “Avresti dovuto vedere Takeru-kun al concerto dei KoD: a stento ricordava che quella povera sfortunata esistesse … E’ stato davvero pessimo.”
“Non è stato carino da parte sua trattarla in quel modo, se le cose stanno così. Spero solo che lui non l’abbia illusa.”
“Più che altro… è Hikari-chan a sorprendermi”, riflette lei, gli occhi fissi sul soffitto. “Forse mi ero fatta un’idea strampalata fin dal principio, ma pensavo che a Ken-kun ci tenesse.”
Iori si volta di scatto verso di lei. “Ken-kun?”
“Insomma … tutte quelle strette di mano, quei sorrisi complici … non me lo spiego, ok? E neanche il comportamento di Ken-kun quando li ha visti insieme. Avevo capito che fossero innamorati, e invece boh? Tranquilli e sereni. E’ cambiato qualcosa nella logica delle relazioni o sono loro ad essere fuori di testa?”
“Scusa, ma da quando lo chiami Ken-kun?” Scandisce Iori, gli occhi spalancati.
Miyako lo guarda senza muoversi dalla sua posizione. “Che vuoi dire? Si chiama così, come altro dovrei chiamarlo?”
Iori sembra aver visto un mostro verde spuntarle dall’orecchio.
“Insomma, che ti prende?” Miyako torna a sollevarsi su un fianco.
“Cosa prende a te!” Esclama il ragazzo. “Fino a poco tempo fa neanche riuscivi a fare il suo nome, poi gli hai rivolto un paio di parole al concerto. E poco altro, no? E adesso è Ken-kun.”
“Va beh, ma non sono mica una bambina, le cose cambiano”, ribatte vivacemente Miyako, e si sente arrossire sotto lo sguardo indagatorio di Iori. “Piantala di guardarmi come se fossi un detective di fronte a una falsa testimonianza, Iori-kun. Ci ho parlato, è simpatico. Ci sono anche uscita assieme.”
Che cosa?” Trasecola Iori.
“Ma non in quel senso!” Il rossore sulle guance di Miyako si intensifica. “Nel senso che ci ho parlato! Ci siamo sentiti via mail in questo periodo, lui è stato carino con me, così ho voluto ringraziarlo!”
Iori tace, fissandola a bocca aperta.
“Ma non eri tu quello che diceva che dovevo provare a dimenticare l’incidente Ichijouji?” Miyako apre le braccia esasperata. “Ecco, l’ho fatto! Certo che sei incontentabile, eh.”
“Non ho detto che non avresti dovuto farlo”, risponde Iori. “Sono solo sorpreso, tutto qui.”
“Beh, smetti di essere sorpreso.” Miyako incrocia le braccia al petto. “E’ tutto a posto tra noi, tra parentesi. Credo sia davvero cambiato rispetto ad anni fa. Vuoi vedere che Daisuke per una volta ci abbia visto giusto?”
Iori non sembra molto convinto. “Quindi non hai più dubbi su di lui?”
“No, non direi.” Miyako ci pensa su. “Sembra un’altra persona: ti sta a sentire, ha senso dell’umorismo, ha preso il frappè nonostante faccia ancora freddo… ci si parla bene.”
E poi ride, scuotendo la testa. “Cioè. Parlare si fa per dire.”
“Cioè?” Iori sembra sempre più sconcertato.
“Non mi parla.” Lei solleva le spalle, noncurante. “Non a voce, se non altro. Immaginaci: abbiamo passato un pomeriggio intero con un cellulare davanti agli occhi. Io parlavo e lui scriveva. Gli ho chiesto che follia fosse questa, e lui ha detto che è una cosa che riguarda le anime gemelle, e qualcosa relativo al trovare il coraggio di parlare. Vai a capire che significa. Tanto più che continua a dire che vuole conoscermi …”
All’improvviso Iori sembra sbiancare. “Ha detto proprio che c’entrano le anime gemelle? E’ per questo che non vuole parlarti?”
“E’ eccentrico, ma non so perché mi ci trovo a mio agio.” Miyako fa spallucce. “E poi mi ha scritto: prima o poi ti parlerò. Solenne, capito? Come fosse poi questo grande evento.”
Eppure, il pensiero che lui lo consideri un grande evento la fa sorridere.
Iori, all’improvviso, è zitto. La fissa, una strana meraviglia negli occhi verdi, e non dice nulla.
“Iori-kun, ti senti bene?” Incalza Miyako, seriamente preoccupata dallo stato d’animo del suo migliore amico. “Sei strano.”
Iori scuote la testa, incredulo, e poi sospira, passandosi una mano sugli occhi.
“Le persone sanno tirarsi fuori dai pasticci da sole”, borbotta tra sé.
“Eh?” Miyako aggrotta le sopracciglia. “Ma che fai, parli da solo?”
“No, no.” Iori la guarda ancora, poi torna ai suoi appunti, con una bizzarra espressione imperscrutabile. “Miyako-san, sei davvero brava a preoccuparti delle vite degli altri, ma a volte sei totalmente inconsapevole di quel che succede nella tua.”
Miyako ci resta di stucco.
“Ma che significa?” Esclama sconcertata. “Di cosa dovrei essere inconsapevole?”
“Dovremmo studiare, gli esami si avvicinano.”
“Iori-kun, non puoi sentenziare cose sulla mia vita senza spiegarti decentemente! Ora parli, da bravo!”
“Non posso dirtelo io.”
“E chi dovrebbe dirmelo? Non so neanche cosa tu stia farneticando!”
“Dovresti pensarci.”
“Iori-kun, sei cattivo!”
Miyako lo prega, lo supplica, gli tiene il broncio, protesta, cerca di sottrargli l’evidenziatore e ottiene solo un’occhiataccia dal ragazzo più giovane e un silenzio ostinato.
Così è costretta, suo malgrado, ad arrendersi.
Non sa proprio che cosa Iori volesse dire, nonostante continui ad arrovellarcisi in silenzio, ma una cosa la sa per certo.
Iori non sarà un veggente, ma gli piace un sacco far finta di esserlo, accidenti a lui.



 
   
 
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