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Autore: villainsarethebest    06/06/2020    1 recensioni
Manipolazione, inganno, disperazione: Firestorm li conosce tutti, li ha vissuti tutti sulla propria corazza e li ha repressi tutti nel buco più profondo della sua memoria. Dopo tutti i secoli di soprusi che l'hanno spezzata e segnata, solo poche cose ha deciso di tenere sempre in mente: ogni volta che cadrà, si rialzerà; quando proveranno a zittirla, lei parlerà ancora più forte; se qualcuno oserà incatenarla lei si ribellerà con tutte le sue forze.
Ricordi e decisioni che tiene segrete dentro di sé come il suo passato, nascosto a tutti, anche al suo signore, Lord Megatron.
Il confine tra lucidità e pazzia non è mai stato più allineato e per uscire sana e salva dalle sfide che stanno per presentarsi dovrà essere più forte di quanto sia mai stata.
Lei non è schiava. Lei non è un'assassina. Lei non è una guerriera.
Lei è una protettrice. Questo non glielo potranno mai togliere.
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Megatron, Nuovo personaggio, Predaking, Starscream
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Transformers: Prime
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«Tesoro, cosa stai facendo?»

La giovane seeker si voltò, accogliendo con un sorriso il mech appena rientrato. «Un esperimento» rispose entusiasta sollevando un vassoio. «Dolcetti all’energon! Assaggia» lo invitò a prendere uno di quei biscotti che splendevano come gemme.

Il mech ne prese uno, lo ispezionò con occhi curiosi, lo annusò e infine gli diede un morso. «Mmh, è non raffinato quello che sento?»

«Sì! Ti piace?»

«Biscotti alcolici, come si fa a non amarli?» le si avvicinò, chinandosi per posarle un bacio sulla tempia. «La mia ingegnosa principessa. Ora però ho bisogno che lasci stare la dispensa. Vorrei che mi assistessi per un esperimento.»

«Mi farai vedere il tuo laboratorio?» domandò emozionata la piccola.

«Oh, no, è più una cosa pratica… ma vedrai una volta arrivati.»

 

«Dove credi di andare? Torna qui!»

«Stai lontano da me mostro!»

«Firestorm, alle tue spalle!»

All’improvviso fu come se la sua schiena e le sue ali stessero andando a fuoco; il dolore la stava divorando, ma tenne lo sguardo fisso sul suo nemico anche una volta caduta in ginocchio.

«Non puoi più fuggire ormai.»

«Tsk» mugugnò sputando a terra energon. «Questo lo dici tu.» Si rialzò, non senza sentire fitte lancinanti in ogni parte del corpo, ma non le importava. Sarebbe fuggita, sarebbe stata libera da quell’incubo, ma per riuscirci non doveva arrendersi. Poteva ancora farcela, solo un ultimo sforzo…
 


«Che cosa faremo adesso?»

«Non abbiamo altra scelta. Dobbiamo nasconderci.»

«E dove? Ci troverà ovunque tenteremo di nasconderci!»

«E con la guerra appena scoppiata non riusciremo a farci aiutare da nessuno. Siamo soli, come sempre del resto.»

«E noi stessi ci siamo sempre bastati» disse Firestorm. Rilasciò una ventata, stanca. «Credo che dovremmo separarci.»
 
 

Firestorm riaprì le ottiche di scatto, il trillo della sveglia a rimbombarle nella testa. Fu grata per essere stata svegliata, come ogni mattina, prima che altri ricordi le invadessero la mente; averla impostata alle quattro del mattino (secondo il meridiano di Greenwich) era la cosa migliore che le fosse venuta in mente. Erano sempre là in agguato dietro ogni angolo della sua mente, pronti a palesarsi nei momenti meno opportuni – ovvero sempre. La notte era il momento peggiore di tutti: non aveva alcun controllo sul suo processore e quello faceva di testa sua, facendole rivedere scene di un passato lontano contro la sua volontà. Voleva solo sbarazzarsene, eppure ritornavano ad angosciarla senza sosta, tormentando la sua scintilla già di per sé stressata.

Si mise seduta, portandosi le gambe al petto e stringendole tra le braccia. Appoggiò la fronte sulle braccia, sentendosi stanca e non per le scarne ore di sonno che si concedeva, che erano decisamente troppe poche, ma per tirare avanti l’intera giornata normalmente bastavano. Se poi accadevano imprevisti ed era costretta a scendere in campo… di solito si faceva bastare le energie che aveva. Un altro modo per limitarsi, alla fin fine: se era troppo stanca per combattere non avrebbe fatto l’esibizionista, saltando da un lato all’altro del campo di battaglia abbattendo un nemico dopo l’altro in una danza mortale, veloce come un fulmine e con la ferocia di un uragano.

Sbadigliò, chiudendo le ottiche e facendo una lista delle cose che avrebbe dovuto fare quel giorno: una mattinata tranquilla senza impegni seguita, nel primo pomeriggio, dall’addestramento col blaster delle truppe, che l’avrebbe intrattenuta fino a sera. Se era abbastanza fortunata, nessuno l’avrebbe infastidita quel dì; non era in vena di scherzi o cose del genere. Sarebbe volentieri rimasta in camera sul suo letto a cercare di evitare di pensare, specialmente a quello che era successo negli ultimi disastrosi giorni.

Dopo qualche minuto si alzò dal letto e uscì dal suo alloggio, muovendosi silenziosamente lungo i corridoi ancora semi illuminati. Sapeva che i vehicon addetti al turno notturno di sorveglianza l’avrebbero vista attraverso le minuscole telecamere nascoste ovunque sulla Nemesis, ma non se ne preoccupò: lei si alzava sempre a quell’ora e stava fuori per diverse ore. Non aveva mai raccontato a nessuno dove andasse e non ci teneva. Erano fatti suoi e soprattutto non voleva rischiare che a qualcuno venisse la brillante idea di seguirla.

Salì sulla pista di decollo della nave e si lasciò cadere nel vuoto, trasformandosi in un fiammante Lockheed SR-71. Attualmente la Nemesis era stazionata nell’esosfera del pianeta, lontana dagli occhi indiscreti degli umani.

Si fermò a osservare la Terra, metà illuminata dal Sole e l’altra avvolta nell’oscurità della notte. Le tornò in mente la miniera scoperta il giorno prima; ricordò il vehicon affermare che si trattasse di una zona turistica. Abbandonò lo stallo e si diresse alle coordinate, sorvolando l’oceano Indiano diretta verso l’Australia.

Sorvolò l’immensa isola a lungo, planando verso lo sconfinato deserto e volando a raso terra per chilometri, sollevando un polverone dietro di lei. Riprese quota e velocità, piroettando nell’aria con grazia e rituffandosi verso il suolo, ripetendo il ciclo dozzine di volte senza mai stancarsi. Sebbene l’orizzonte fosse libero da interferenze od ostacoli di qualsiasi natura, fu come volare in mezzo alla nebbia: non vedeva niente di ciò che la circondava, era assolutamente confusa e non sapeva in quale direzione proseguire.

Aveva così tanti pensieri per la testa e la sua scintilla era un tumulto che non riusciva a sedare.

Megatron era vivo e la cosa aveva i suoi lati positivi e negativi. Era in condizioni pietose, forse non si sarebbe mai ripreso, oppure Starscream glielo avrebbe impedito… ma diamine, le serviva vivo!

E adesso?

Era a corto di idee.

Megatron ha un piede nella fossa, Starscream è al comando, c’è un Autobot di meno, Megatron è risuscitato dei morti, l’energon oscuro esiste, il ponte spaziale è distrutto… che diamine dovrei fare adesso?

Cambiò direzione spingendo sui propulsori e risalendo velocemente verso l’alto fino a quando non sentì più la presa della gravità tirarla verso il basso. Si ritrasformò, lasciandosi fluttuare nel vuoto mentre guardava la Terra e le sue immense distese d’acqua. Era così incantevole da lassù, la Terra sembrava così pacifica e serena…

Firestorm sospirò. Pro e contro, ragionò. Non devo perdere la testa. Lei era forte. Aveva superato sfide ben peggiori, sia fisicamente che mentalmente. Doveva smetterla di divagare e iniziare a essere analitica. Pro e contro, si ripeté con maggiore convinzione.  

Pro: non dovrò sorbirmi i deliri di Megatron ancora per un po’; contro: non può rispettare l’accordo nelle sue condizioni. Pro: la guerra finirà in stallo fintanto che Starscream continuerà a comportarsi come suo solito; contro: la guerra non terminerà fintanto che Starscream continuerà a comportarsi come suo solito. Sospirò nuovamente. Pro: Megatron non mi coinvolgerà più in spiacevoli chiacchierate; contro: nessuna possibilità di scoprire qualcosa di nuovo su di lui e nessuna chance di manipolarlo. Pro: Soundwave si concentrerà molto di più su Megatron e sulle mosse di Starscream che su tutto il resto; contro: potrebbe rivelarsi nervoso.

Si ritrasformò, frantumando il sottile strato di ghiaccio che aveva iniziato a rivestirla, abbandonando la tranquillità dello spazio per dirigersi verso la Groenlandia. Voleva ammirare gli ultimi stralci dell’aurora boreale prima che il sole sorgesse e volò alla massima velocità, infrangendo con un boato tremendo la barriera del suono. Se fossero stati altri tempi, avrebbe davvero goduto degli incantevoli paesaggi che la Terra proponeva, ma tentare nonostante fosse ben cosciente di non riuscirci non le costava nulla. Sempre meglio della tetra Nemesis.

Atterrò elegantemente sul terreno ghiacciato. La temperatura era incredibilmente bassa e non c’era un soffio di vento. Era ancora notte in quella zona e l’assenza di luci artificiali permetteva di godersi appieno il paesaggio; il candido bianco della neve contrastava con l’oscurità del cielo, attraversato dalle luci del nord, danzanti nel cielo come foglie nel vento.

Pro: avrò più tempo per gustarmi questo posto.

Gli umani li evitava come la ruggine, ma il pianeta in sé… era semplicemente stupendo, pieno di meraviglie dietro ogni angolo.

Si sdraiò con le mani dietro la testa, sentendo i suoi sistemi raffreddarsi mandandole un piacevole brivido lungo le ali. Erano passate poco più di due ore, sprecate scervellandosi fiaccamente anziché a farsi coinvolgere dal brio dell’esplorazione, perciò aveva ancora tempo prima di rientrare. Tanto per quella mattina non aveva incarichi, sempre che non l’avesse contattata Starscream per qualche assurdità a cui non voleva neanche provare a pensare.

Robin si sbaglia, non sono così perfetta come crede; infatti non credo di essere mai stata più confusa…

Conosceva un modo per liberarsi dei tanti pensieri che la stavano incasinando, capace di spazzare via la confusione, l’unico che avrebbe avuto effetto…

NO.

La femme rabbrividì, ignorando l’improvvisa sensazione di nausea e stropicciandosi le ottiche con una mano. Quant’è difficile…

Un metodo meno efficace c’era, ma ubriacarsi già di prima mattina non le sembrava il caso, inoltre che esempio avrebbe dato? Non che sarebbe importato a molti. Tanto Megatron era fuori dai giochi, non poteva riprenderla, e fintanto che assolveva i suoi doveri senza intoppi nessuno avrebbe avuto da ridire.

Prese tra le mani la neve, setacciandola con le dita semplicemente perché le piaceva la sensazione, giocandoci ancora qualche minuto prima di ripartire.

Ai poli del pianeta il campo magnetico era così intenso da interferire con le comunicazioni, perciò una volta allontanata abbastanza contattò la Nemesis per farsi dare la sua posizione. Volò veloce e in men che non si dica stava atterrando sul ponte superiore del vascello. Al contrario di come si era mossa fino ad ora, camminò lentamente lungo i corridoi verso i suoi alloggi, decisa a farsi un bel bagno d’olio che sperava l’avrebbe rilassata un po’.

I bagni d’olio erano rari per tutti, compresi gli ufficiali; non c’erano abbastanza risorse per periodici bagni ed era condiviso il pensiero che non era la stessa cosa farlo lontano da Cybertron.

Patetici. Dovevano pensarci prima di distruggerlo.

Riempì l’ampia vasca e ci si infilò dentro finché ancora non era piena. Appoggiò le braccia sul bordo così come la testa, ascoltando il rumore generato dal flusso.

Quel giorno non aveva voglia di fare niente. Ogni tanto le capitava: si svegliava e organizzava come sempre la sua giornata ma senza la forza di muovere un muscolo, troppo stanca o stressata per andare incontro a ciò che l’attendeva quel dì. Solo il desiderio di sprofondare la testa nel cuscino e non aprire le ottiche restava. Qualche volta l’aveva fatto: era rimasta chiusa in camera per diverse ore, lontana dal caos che la guerra comportava, in compagnia di qualche cubo di non raffinato e il silenzio. Poi il silenzio era diventato troppo e si era seduta in bagno ad ascoltare lo scroscio della doccia, sempre con un cubo in mano.

Era depressa? Probabile. Sicuramente era stanca, e se qualcuno le avesse chiesto di cosa fosse stanca avrebbe risposto di tutto e tutti, specialmente di quel caprone. Ovviamente nessuno avrebbe capito di chi si riferisse; ipotizzandolo, la risposta più logica sarebbe stata Starscream. Quasi le faceva pena quanto il seeker venisse denigrato, deriso e disprezzato, però quello non aveva mai provato a fare qualcosa di diverso per cambiare il pensiero della gente, non cambiava mai e quindi era un problema suo. Firestorm non era mica lì per risolvere i problemi altrui; non riusciva a risolvere nemmeno i suoi!

Ma questo nessuno lo sapeva. A volte immaginava come sarebbe stato cambiare qualcosa, provare a comportarsi diversamente, vedere come ci si sentiva e come gli altri avrebbero reagito a lei e subito gettava nel dimenticatoio quei pensieri. Non aveva certezze che sarebbe andata meglio, che sarebbe stata meglio. Era più sicuro continuare come stava già facendo.

Quel giorno però aveva impegni improrogabili – Starscream non permetteva a nessuno di cambiare la propria agenda se non la sua e Firestorm si affidava sempre ai suoi programmi – così, dopo aver controllato l’ora e aver scoperto di essere rimasta lì una buona mezz’ora, si asciugò e sistemò il bagno. Aveva ancora tempo; lo avrebbe speso finendo i ritocchi al suo diadema.

I primi solitamente si svegliavano intorno alle sette, con uniche eccezioni lei e Starscream; erano seeker, ce lo avevano nel CNA l’essere mattinieri. Poi c’erano alcuni vehicon con le loro quotidiane attività: José risistemava il suo bar e faceva l’elenco dei liquori finiti o scarseggianti dopo l’ultimo party “segreto” in una delle sale al piano inferiore; Jeremy dava da bere alle piante del suo giardino – un hobby davvero bizzarro – riempito di fiori esotici di rara bellezza; poi c’era il duo di fanboy composto da Steve e Robin, ognuno a spiare da lontano la routine mattiniera di Starscream e Firestorm. Assieme a pochi altri c’era Breakdown, che si alzava presto quando aveva intenzione di cucinare biscotti per chiunque ne volesse. Firestorm a volte si domandava da dove provenisse quella passione.

Rompendo invece la sua routine a sorpresa di tutti, Knock Out era già in piedi ben trentasei minuti prima dell’inizio del suo turno di lavoro, un record che non teneva a superare. Lui non era per niente un tipo mattutino. Assolutamente. Avrebbe volentieri dormito altre quattro ore, ma il suo letto si era alleggerito all’improvviso e l’accogliente tepore con cui si era addormentato sparito. Non poteva restare ancora un po’? Perché diamine doveva alzarsi? Tanto non c’era Megatron a riprenderli per il ritardo, anche se Starscream sapeva essere davvero fastidioso...

Sbuffando, tentò di allungare più che poté il braccio per lucidare ogni centimetro di schiena, con scarsi risultati.

«Andiamo… ma dov’è Breakdown quando ne ho bisogno?»

Lo sapeva bene dov’era, e se non fosse che dopo ne avrebbe beneficiato anche lui non gli avrebbe permesso di lasciare il letto. I suoi biscotti erano i migliori, specie quando ci aggiungeva quel pizzico di zinco… Si leccò le labbra al pensiero.

«Oh vabbé, finirò di sistemarmi quando avrà finito» decise il dottore. Tanto, con Megatron fuori dai giochi per un tempo che si sarebbe assicurato lui stesso restasse indefinito il più a lungo possibile, i Decepticon sarebbero rimasti in pausa per un po’, o almeno lo sperava. «Quanto vorrei una vacanza.»

Sospirò e uscì dalla stanza, raggiungendo la mensa per prendere un cubo di energon per sé e forse per il suo partner, se si sentiva abbastanza gentile. Dopotutto, la gentilezza aveva il suo prezzo e Knock Out aveva prezzi molto elevati. Breakdown lo sapeva, Knock Out lo sapeva, così si decise a prendere un secondo cubo per lui.

Quando varcò la porta non fu sorpreso di vedere davanti al distributore la femme fatale per eccellenza. «Ma buongiorno mon maravelleux! Dormito bene?»

Adorava appellare la gente con nomignoli divertenti o caratteristici, ma per la seeker tirava fuori il meglio dei complimenti; i vehicon erano troppo intimoriti per farlo e qualcuno doveva pur ricordarle quanto fosse bella! Era sua credenza che la femme scarseggiasse in autostima, altrimenti perché mai tralasciava sempre di curare quelle seducenti curve?

Firestorm mugugnò in risposta, prendendo il suo cubo ora pieno e avviandosi fuori.

Ahi, brutto segno. «A quanto pare il malumore è tornato, eppure avrei detto che con Megatron in quelle condizioni…»

«Mi stai disturbando per un motivo in particolare o solo per infastidirmi?»

Knock Out fece prudentemente un passo indietro. «Non oserei mai, mi conoscete Comandante! Vi vedo stressata, permettetemi…»

«Non ora Knock Out!» disse con foga e il dottore sarebbe volentieri corso via; non era buona cosa far arrabbiare la femme, poteva reagire davvero male. «Ho da fare» aggiunse più calma.

«O-ovviamente. Se vi serve qualcosa, il mio numero privato lo avete» replicò cercando di mantenere i nervi saldi. Si è svegliata con la luna storta.

Odiava quando era così scorbutica; non solo perché si intestardiva e non lo lasciava operare la sua calmante magia, ma soprattutto perché correva il serio rischio di rovinare le sue finiture. Fu attraversato da mille brividi al pensiero.

Fortunatamente Firestorm se ne andò senza toccarlo. Chissà quale circuito le si era sconnesso per essere così irritata. Knock Out scrollò le spalle: non era un suo problema. Se più tardi però sarebbe venuta da lui per sbollire non glielo avrebbe negato; dopotutto i dottori devono sempre prendersi cura dei loro pazienti.

Passarono alcune ore di pura calma prima che accadesse ciò che Firestorm aveva previsto.

Con un sospiro, Firestorm lasciò la tranquillità della sua stanza per raggiungere Starscream sul ponte. Arrivata le fu riferito che Soundwave aveva appena intercettato una comunicazione Autobot e come al solito Starscream era deciso a metterci le mani sopra.

«Firestorm, a te l’onore» Starscream le concesse un sorriso radioso.

«Agli ordini Comandante.»

Firestorm radunò immediatamente una piccola squadriglia di seeker e la mandò a intercettare la navicella nemica, seguendoli a distanza per supervisionare l’attacco. Nel giro di pochi minuti i soldati riuscirono ad abbattere il mezzo, che si schiantò su una piana deserta, e da questa uscì un’indenne Wheeljack. Lei sapeva che fosse un combattente tenace e distruttivo; dopotutto era un membro del gruppo dei Demolitori, e Firestorm non dubitava delle sue capacità. Restò in attesa dell’occasione propizia sopra il campo di battaglia, innotata dall’Autobot.

È piuttosto agile e scattante; dovrò ricorrere alla forza, rifletté osservandolo in azione.

Quando restarono solo due seeker ancora in piedi si portò esattamente sopra l’Autobot e si ritrasformò, sfruttando la gravità per prendere velocità e avvicinandosi silenziosamente al nemico. Firestorm atterrò su di lui con una forza tale da schiantarlo al suolo frantumando il terreno sottostante; si spostò muovendosi nella nube di polvere che si era innalzata e verificò che il ‘bot fosse incosciente.

«Soundwave, rientro con il prigioniero» avvisò via comm-link.

Immediatamente a pochi metri da lei si aprì un ponte da cui uscì Makeshift, già pronto con le sembianze dell’Autobot appena steso. Il falso Wheeljack le sorrise facendole un cenno col capo che Firestorm ricambiò. Attraversò poi il ponte trascinando il prigioniero per un braccio, che consegnò ai vehicon che l’attendevano dall’altro lato per rinchiuderlo in una cella.

«Un lavoro rapido e pulito» squittì Starscream alle sue spalle annuendo compiaciuto. «Non potevo aspettarmi niente di meno da te.»

«Grazie Comandante.»

«Voi, portatelo in cella. A breve ci riuniremo a lui per interrogarlo, fate in modo che non possa muoversi!»

«Sissignore!»

«Soundwave, Firestorm, con me. Andiamo ad accogliere il nostro prigioniero» ordinò il seeker guidandoli attraverso quel labirinto che era la Nemesis. «Immagino che tu non abbia avuto problemi nella cattura.»

«Nessuno» confermò la femme. «Abbiamo quattro soldati feriti e il Jackhammer da ispezionare, se Makeshift non lo sposta.»

«Non ha importanza. Lascia Makeshift fare il suo lavoro e vedrai che a fine giornata avrai tutto il tempo per ispezionare quella navicella» Starscream si lasciò a una cupa risata. «E per lo stesso tempo avremo anche la testa degli Autobot ad abbellire la prua della Nemesis. Oppure la sala del trono? Dove credi che starebbero meglio?»

Ma che mi importa? «Sala del trono» rispose Firestorm.

Starscream mugugnò qualcosa, perdendosi nelle sue elucubrazioni che riuscì magistralmente a non esplicare – una volta su un milione. Quando Starscream aprì la porta della cella dove era stato rinchiuso Wheeljack non si trattenne dal congratularsi nuovamente con lei.

«Impeccabile come sempre Firestorm!» disse sfregando le mani. «La nostra talpa è già riuscita a introdursi*.»

«Di’ a Megatron che è un ingenuo se crede che Bulkhead non sappia fiutare un impostore» si fece sentire Wheeljack, ripresosi.

«Forse tu non hai ancora capito: ci sono io ora a capo dei Decepticon!» puntualizzò con un tono arrogante il SIC.

«Tu? Ah!»

La sua reazione fece infuriare Starscream che tentò di colpirlo, ma il suo braccio venne trattenuto da Soundwave. «Oh, si, sì! Forse potrebbe ancora tornarci utile» rifletté per poi rivolgersi al prigioniero. «Makeshift è molto bravo in questo genere di trucchi. Deve solo convincere i tuoi amici quel tanto che basta affinché aprano il ponte dall’interno, così finalmente riuscirò a localizzare la posizione della loro base. Ci penserà poi la squadra d’attacco a dipingere le pareti con l’energon perso da Optimus Prime.»

Dovrebbero dargli un Oscar per questi monologhi.

Wheeljack voltò il viso verso Firestorm. «Ma guarda chi abbiamo qui, la fiammante Firestorm. Immagino che debba a te il piacere della mia cattura.»

«Niente di personale» asserì lei.

«Tsk, non sei cambiata affatto in tutti questi anni. Lo sai, considerato il tuo nome avrei detto che fossi una tipa più focosa e irruenta, invece sei un blocco di ghiaccio. Non ti farebbe male scioglierti un po’.» Wheeljak aspettò che la femme replicasse e rimase deluso quando non ricevette altro che la sua espressione imperturbabile. «Come sei noiosa! E andiamo, fammi sentire il dolce suono della tua voce!»

«Basta cincischiare!» si intromise Starscream. «Se non sbaglio devi supervisionare l’addestramento delle truppe, dico bene?» continuò voltandosi verso la femme.

«Sì» confermò lei.

«Allora vai, al caro Wheeljack ci penserò io. Sia mai che si dica in giro che non sappia come trattare gli ospiti.»

Firestorm avrebbe dovuto aspettarsi che la cosa sarebbe finita male. I soliti bastardi fortunati.

Era già tanto che solo Makeshift ne fosse uscito offline assieme a qualche anonimo vehicon; ma comunque, non le faceva né caldo né freddo. Quella missione era stata come un salto nel vuoto, sebbene avesse avuto la sua percentuale di probabilità di successo. Tenendo però conto degli Autobot e della loro attitudine – nonché del fatto che Wheeljack li aveva avvisati che Makeshift sarebbe stato smascherato – il fallimento era previsto.

Firestorm scrollò le spalle. Starscream avrebbe avuto altre occasioni per eliminare gli Autobot. Lei avrebbe avuto altre occasioni per infischiarsene e pensare a salvarsi le ali.

La femme aveva anche previsto che qualcuno avrebbe bussato alla porta a fine giornata e sapeva perfettamente di chi si trattasse, perciò inserì il codice di sicurezza alla porta senza pensarci e lo lasciò entrare.

«Ma perché le cose non vanno mai come dovrebbero andare?»

Starscream si lasciò sprofondare nel suo letto a pancia in giù, le ali abbassate amareggiato e il suo campo EM una mistura di emozioni corrosiva. Firestorm si sedette accanto a lui, poggiandogli una mano sulla spalla rassicurante. «Ci saranno altre occasioni.»

«Si, certo» sbuffò. «Pensavo che questa fosse la volta buona. Ero sicuro di farcela! Dove ho sbagliato?»

«C’è sempre qualcosa che ci sfugge. Le variabili sono infinitesimali, nemmeno il grande Prowl riuscirebbe a prevedere tutto.»

«Lo dici solo per consolarmi.»

La femme portò le mani sulla sua schiena, tra l’attaccatura delle ali, e passò la mano in dolci movimenti circolari. «Non fissarti su questa missione-»

«Questo fallimento vorrai dire.»

«Non interrompermi. Forse non avremo vinto questa battaglia, ma la guerra non è ancora perduta.»

«Sembra tanto una frase fatta» borbottò Starscream. «Ma cosa vuoi che cambi? I miei piani non funzionano mai!»

«Questo non è vero, semmai il merito non ti viene sempre riconosciuto.»

«Per te è facile parlare! Tu sei Firestorm, non sbagli mai, sei perfetta!»

«Sono tante cose, ma di certo non perfetta» replicò pacatamente Firestorm.

«Tsk, ma chi vuoi prendere in giro? Megatron ti ha tenuta vicino a sé per tutto questo tempo non certo perché glielo hai chiesto e sicuramente non perché hai aperto le gambe per lui!»

«Sei tu lo stratega, il Comandante dei Cieli e attuale Lord dei Decepticon, non io.»

«Ma potresti esserla. Non sono stupido, so che nascondi più di quel che lasci trasparire. Potresti avere molto di più.»

«Ma non lo voglio» ammise massaggiandogli le ali, sentendolo rilassarsi sotto il suo tocco. «Lo sai che ho poche pretese.»

«E che mi dici di Megatron?» ribatté Starscream voltando il capo quanto bastava per guardarla. «Ti ricordo che c’ero quando Cliffjumper è stato rianimato, so che quello che Megatron ha fatto ti
disgusta. Lui ti disgusta.» Riposizionò la testa sulle braccia, pensieroso. «Solo che non capisco perché ti ostini a fingere il contrario.»

«Mai sentito dire “fare buon viso a cattivo gioco”? I benefici sono maggiori che mostrarsi apertamente ostili nei suoi confronti.»

«Almeno io sono onesto!»

«E con un pozzo di metallo fuso col tuo nome inciso sopra.»

«Se è il prezzo da pagare per ottenere ciò che voglio, ben venga.»

Firestorm sospirò. «Ti farai ammazzare. Non riuscirò a coprirti le spalle sempre.»

«E allora non farlo!» sbraitò il mech.

Firestorm fermò il suo lavoro, afferrò la spalla del seeker ancora disteso e lo girò, ottenendo un gridolino sorpreso dal mech. «Ascoltami bene Starscream: qualsiasi pensiero stupido ti stia annebbiando il processore in questo momento tu sai bene che hai bisogno di me, che vuoi il mio aiuto, anche se sei troppo orgoglioso per ammetterlo.»

«Se davvero volessi aiutarmi a quest’ora Megatron sarebbe solo un lontano ricordo!» ribatté quello strattonandosi dalla sua presa.

«Se anche riuscissi a ucciderlo finiresti comunque ammazzato o da Soundwave o da Lugnut o da Tarn o da chiunque altro gli è fedele. Fattene una ragione: non puoi farcela.»

«Questo lo dici tu! Ho passato i peggiori anni della mia esistenza a cercare di prendermi ciò che è mio di diritto e sono stato vicinissimo alla vittoria un’infinità di volte! Ora Megatron è alla mia mercé più che mai e degli Autobot non resta che una manciata di nullità, ormai nulla può separarmi dal trono!»

«È già capitato che ti mancasse poco per sopraffare Megatron e tutte le volte quando eri più vicino a farcela i tuoi schemi ti si sono ritorti contro» puntualizzò Firestorm.

«Visto che sei in vena di precisare quando sbaglio, perché non mi dici anche che cosa sbaglio? A quest’ora dovrei già essere il leader da un pezzo!»

Solitamente a questo punto cercherebbe di volgere l’argomento verso altro, perché discutere con Starscream dei suoi complotti e di come migliorarli non rientrava tra i suoi obiettivi, ma Firestorm era stanca di vederlo entrare e uscire dall’infermeria per mano di Megatron e per sua stessa mano. Con il suo complottare si tirava la zappa sui piedi, uno spettacolo angosciante che era stufa vedersi ripetere.

«Il tuo problema è che non ti adatti. Ogni volta che vieni punito non cambi condotta, non cambi il tuo modo di pensare ma ritorni sui tuoi passi e li ripercorri. Questo ti condanna. Sei testardo, lo capisco, ma devi accettare che non puoi fare diversamente.»

«E arrendermi? Non se ne parla! Io voglio far valere le mie idee, sono assai migliori di quelle di Megatron e se solo ne avessi la possibilità glielo farei vedere a tutti!» disse ostinato prendendo a gesticolare.

«Ma non ce l'hai, finché Lord Megatron non te lo permetterà» gli fece notare. «È lui ad avere il controllo.»

«E a te sta bene così?! E smettila di chiamarlo Lord, non mi pare che abbia mai fatto nulla per guadagnarsi quel titolo, anzi se l'è dato da solo!»

«Perché, tu non ti sei autoproclamato Lord quando credevamo che fosse morto?» lo rimbeccò lei.

«Beh, ho solo seguito il protocollo, la catena di comando è quella, io sono il suo diretto successore… ma non è quello il punto! Megatron non si merita niente, niente! Meno di tutto la mia devozione: non fa altro che picchiarmi brutalmente anche quando non me lo merito affatto, solo perché non sa reggere il peso della sconfitta e allora si riversa su di me senza motivo! È un'ingiustizia bella e buona!»

«Ammetto che ha reagito erroneamente diverse volte, punendoti anche quando non centravi nulla» disse la femme «tuttavia, altrettante volte te la sei cercata.» Che cosa le toccava dirle. Te la sei cercata. Nessuno cerca mai di autodistruggersi, specialmente non attirando l'ira di Megatron. Cosa mi tocca dire per farlo ragionare e calmare... mi faccio schifo da sola. «Hai tentato di ucciderlo quante volte ad oggi?»

«Beh...»

«Ti piacerebbe se qualcuno cercasse di uccidere te per sostituirti?»

«Certo che no! Quale miserabile verme oserebbe- oh» le ottiche di Starscream si sgranarono all’inverosimile.

La femme incrociò le braccia guardandolo stoicamente. «Non fare agli altri quelli che non vorresti venisse fatto a te.»

«E questa dove l'hai sentita?» sbuffò Starscream incrociando a sua volta le braccia.

«Non importa la fonte, concentrati piuttosto sul contenuto» lo interruppe bruscamente. «Capisci cosa voglio dirti? Non cacciarti nei guai solo perché-»

«Perché inseguo i miei sogni?»

«La tua risolutezza è ammirabile, ma devo farti un appunto: cosa vuoi esattamente tu, Starscream? E non dire essere a capo dei Decepticon» aggiunse vedendo che l’altro stava già per rispondere. «Cosa aspira la tua scintilla, che cosa brami?» Le sue parole misero un freno al vociare del seeker. Firestorm sperava davvero di riuscire a farlo ragionare, perché non aveva alcuna intenzione di vederlo crollare. Non poteva abbandonarlo a se stesso; lo sentiva sbagliato. «Cosa non vuoi?»

Seguirono diversi minuti di silenzio. Starscream vagò con lo sguardo ovunque tranne che sulla femme, come in cerca della risposta a quella domanda scritta sulla parete o sul lenzuolo arrotolato tra le sue gambe. Che cosa non voleva? Erano tante le cose che non voleva. «Non voglio perdere» disse incerto. «Non contro Megatron. E non voglio che mi faccia del male» ammise stringendo il morbido tessuto fra le mani. Non avrebbe mai osato rivelare informazioni, emozioni così personali a nessuno; ma qui si trattava di Firestorm. Erano entrambi seeker, entrambi costretti a quella vita dalle circostanze, entrambi – anche se non ne era sicuro al cento per cento – a pezzi. Lei lo ascoltava. Lei probabilmente capiva.

E Firestorm capiva veramente. Non le serviva la telepatia come Soundwave per empatizzare con Starscream. «Non tenerti dentro niente, butta tutto fuori, parla. Ti ascolto.»

Starscream accettò l’invito. «Sono stufo di questa vita. Non voglio essere debole. Non voglio sottomettermi» prese un profondo respiro. «Io sono padrone della mia vita, delle mie scelte, o quantomeno dovrei esserlo.»

Firestorm gli posò una mano sulla spalla, sentendo il dolore irradiato dal seeker risuonare nella sua scintilla. «Credimi, ti capisco fin troppo bene. È per questo che devi adattarti e accettare tutto questo, perché purtroppo non hai possibilità di scegliere.»

Starscream chinò il capo, nascondendo le ottiche lucide. «Mi sembra di essere in catene.»

Firestorm abbassò le ottiche. «Lo so.»

Altro silenzio. Questa volta carico di sconforto e amarezza, che li avvolse come rovi.

«Quindi… chino la testa, sto zitto e annuisco? Come un… bravo cagnolino?»

NO! «Sì.»

«Tsk, che stronzata!» non mancò di commentare.

«La vita è una stronzata» rimarcò l’altra col tono di chi la sapeva lunga.

Starscream si abbandonò nuovamente al comodo letto, sfinito. «Eggià.»

Firestorm abbassò le ali. Non le piaceva mentire e manipolare Starscream quando parlavano di quello. La faceva sentire un verme. La sono, si ricordò. Le lasciava l’amaro in bocca, ma cos’altro poteva fare per aiutare il seeker? Di certo non se ne sarebbe lavata le mani, non dopo tutti quei millenni a lavorarci assieme per cercare di tirare fuori il meglio di lui, per resettare ciò che quella lunga ed estenuante guerra aveva seminato in lui, per aiutarlo a far riaffiorare la sua vera essenza. C’era ancora tanto da lavorare, ma lo Starscream di un tempo era vivo dentro la sua scintilla. Gli serviva solo il giusto aiuto. Firestorm non era certa di essere quell’aiuto, ma voleva tentare.

Ma se la guerra non si concludeva al più presto tutti i suoi sforzi sarebbero stati vani.

Con quel pensiero in mente, le venne da dire l’unica cosa che avrebbe fatto scomparire almeno temporaneamente quel senso di nera angoscia che li assillava. «Andiamo a sbronzarci?»

«Ma sì.»
 
 
 
 
 
* dialoghi presi e alcuni rivisti e modificati dall’episodio 8 della prima stagione “Raggiro”
 
   
 
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