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Autore: Kiki87    06/06/2020    0 recensioni
Una giovane ragazza si trasferisce a Glasgow per concedersi un anno sabbatico, alla fine del suo percorso universitario, con la sua migliore amica. Qui incontrerà il suo amico di penna, nuovi amici ma, soprattutto, imparerà a conoscere se stessa. Perché se è vero che tutto è iniziato da un "sogno", Sara deve ancora imparare cosa sia davvero l'amore e come possa essere diverso da ciò che ha sempre immaginato.
La fanfiction è una revisione di un progetto omonimo del 2013: molti personaggi di Harry Potter sono stati sostituiti con quelli di Merlin e ci sono stati significativi cambiamenti anche nelle diverse storyline dei protagonisti.
CROSSOVER CON LA SEZIONE: "CAST DI HARRY POTTER".
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Altri, Bradley James, Katie McGrath, Nuovo personaggio, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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18
Il tuo cuore è pieno di sogni infranti,
solo un ricordo sbiadito.
E tutto se n'è andato, ma il dolore va avanti.
Persa nuovamente nella pioggia,
quando finirà?
L'abbraccio del sollievo sembra così fuori portata,
ma io sono qui.
 
Io sono con te.
Ti porterò con me, attraverso tutto.
Non ti lascerò, ti prenderò,
quando vorrai lasciarti andare,
perché non sei sola.
 
Ti solleverò quando il tuo mondo
andrà in pezzi.
Quando sarai, infine, di nuovo tra le mie braccia,
vedrai il vero volto dell'amore.
 
Not Alone – Red[1]
 
Era stata una giornata molto lunga e intensa, ma non avevo alcun sentore di stanchezza. Mi sentivo ancora stordita e la mia mente era un brulicare incessante di pensieri e di ricordi da assimilare.
Fui quasi lieta di sentire la voce di Morgana e la esortai a entrare. Dopo aver congedato Sean, si era già struccata, fatta la doccia e aveva indossato la camicia da notte. Si fece avanti con passi leggeri e mi sorrise: “Vuoi che ti prepari qualcosa di caldo? Una tisana o una tazza di latte?”
Scossi il capo e sussurrai un ringraziamento.
“Anche la cioccolata se vuoi, te la sei meritata” aggiunse con un accenno scherzoso.
“Non ne ho voglia.” risposti laconica.
Sospirò e sedette ai piedi del letto, mentre io mi appoggiavo alla testiera. Allungò la mano verso la mia. “Mi dispiace davvero tanto...” mormorò.
“Anche a me...” ripetei la risposta che avevo già pronunciato almeno due volte in una simile conversazione con gli altri. “Mi sento anche in colpa,” ammisi con un sospiro, “so che dovrei essere felice e orgogliosa di quest'opportunità”.
“Nessuno potrebbe biasimarti: lui soprattutto” specificò lei in tono incoraggiante. “É giusto che affronti le tue emozioni, ma ti sconsiglio caldamente di prendere decisioni affrettate”.
In verità avevo già valutato diverse ipotesi, una più folle dell'altra, ma annuii a quel consiglio.  “Vorrei potermi addormentare di botto, con la sicurezza di non fare sogni”.
“Per quel che vale, sono molto orgogliosa di te e di tutto quello che hai affrontato quest'anno”.
Un sorriso mi affiorò alle labbra e, nonostante lo stato d'animo, un dolce calore mi riempì il cuore.  “Ti ringrazio di esserci sempre stata, specialmente in quest'anno scozzese”.
“Dovere” replicò con un ammiccamento. “Allora, se sei proprio insonne, potremmo fare quello che vuoi: guardare la tua stagione preferita di Grey's Anatomy o persino un rewatch di Glee o di quella miniserie di Orgoglio e Pregiudizio con Colin Firth o... ”
“Sei un tesoro, ma questa sera preferirei restare da sola...” le dissi, sperando che potesse comprendermi. Senza contare che non avrei voluto sentire altri riferimenti all'epoca vittoriana per almeno un mese.
Annuì e si alzò. “Sarò di là se avessi bisogno: ti autorizzo persino a svegliarmi e a interrompere il mio sonno di bellezza... ” si schermì con ironia.
“Lo terrò presente.” promisi con un sorriso. “Buonanotte”.
Attesi che uscisse dalla stanza e mi sporsi verso il cassetto del comodino da cui estrassi un raccoglitore in cui custodivo bozze di scritti, appunti e schemi. Iniziai a sfogliare quelle pagine, quasi sperando che un personaggio fittizio potesse suggerirmi che cosa fare in quella circostanza.
Non avrei mai potuto immaginare che quella notte, attesa da mesi, si sarebbe terminata in questo modo.
 
~
 
 
Qualche ora prima.
 
Fin dal risveglio, ben prima di quanto programmato, avevo percepito la morsa dell'ansia. Mi trovavo in uno stato d'animo simile a quello che avevo sperimentato alla vigilia delle discussioni di tesi o dei primi esami, quando ero ancora preda dell'emotività. Le ore precedenti erano indubbiamente le peggiori: cercavo, in tutti i modi possibili, di distrarmi e di rilassarmi, ma la mente non faceva che proiettarmi al momento in cui avrei fatto il mio ingresso in scena. Avrei voluto saltare quella fase antecedente e trovarmi direttamente sul palcoscenico e “buttarmi”: qualunque fosse stato l'esito di quella serata, dal giorno successivo sarei tornata alla normalità.
Avrei dovuto ringraziare gli sforzi congiunti dei miei amici che mi avevano proibito categoricamente di ripassare il copione e mi avevano coinvolto nelle attività più disparate.
Ci siamo, mi ero ripetuta nel camerino, mentre contemplavo il mio riflesso: avevo indossato il primo abito di scena e mi avevano acconciato i capelli in una pettinatura idonea. Il vestito era di una delicata tonalità rosata, accollato e con delle rifiniture bianche: dalle lunghe maniche, alla cintura che si stringeva alla vita, fino alle balze della lunga gonna[2].
Mancavano pochissimi minuti all'inizio, preceduto da una breve presentazione da parte di Lupin, ma riuscivo a percepire il brusio eccitato e curioso delle persone in platea. Cercai di concentrarmi sugli amici e sui colleghi del pub, per non soffermarmi sugli ospiti di riguardo e sui giornalisti.
Sussultai a un tocco gentile sulla schiena e incontrai lo sguardo di Bradley che, ancora una volta, sembrava indossare lo smoking come un modello professionista. Si chinò per parlare al mio orecchio, dopo essersi assicurato che non fossimo osservati: “Te l'ho già detto che se fossimo vissuti nell'epoca vittoriana, ti avrei corteggiato in modo spietato?”
Mi sentivo troppo agitata persino compiacermi della lode. Lui sembrò intuirlo e mi appoggiò le mani sulle spalle: “Adesso fai un bel respiro profondo. Lentamente... ” mi incoraggiò.
Scossi il capo e sollevai le mani. “Lo farei, ma ho paura che questo corpetto esploda e che possa ferire accidentalmente qualcuno con una delle stecche!” Allusi a quanto fosse stretto quel capo, soprattutto se associato alla biancheria che era stata sapientemente studiata per rispettare i canoni dell'epoca.
Ridacchiò, ma mi sollevò leggermente il mento: “Guardami”.
Lo feci e sentii il cuore tambureggiare fin troppo intensamente. “Se posso essere sincera, questo è tutto l'opposto del rilassamento”.
Ammiccò e mi sorrise: “Andrà tutto bene, dico sul serio. So che la tensione dal vivo è terribile, ma sfruttala a tuo vantaggio per mantenere la concentrazione”.
“E se dimenticassi una battuta?” lo incalzai con voce agitata.
Inarcò le sopracciglia e contrasse le labbra in una smorfia al pensiero. “Non succederà”.
“E se invece accadesse?” insistetti.
“Abbiamo i suggeritori, ricordi?” sussurrò paziente. “Inoltre conosci bene la storia e il tuo personaggio: potrai anche modificare leggermente le frasi, pur mantenendo il significato originale. Nessuno se ne accorgerà”.
“Certo, a parte i colleghi, Lupin e te!” enfatizzai in tono sarcastico.
“Vorrà dire che rimanderemo il tuo linciaggio a domani e ci accontenteremo dei pomodori della Signora Weasley” affermò con espressione seria e con tono sibillino tale da strapparmi una risata stridula. “Fidati di me, ma soprattutto, di te stessa”. Mi sfiorò la guancia con un tocco soffuso e clandestino, prima di lasciarmi. “D'accordo?”
“Avrei dovuto insistere con Luna per il rito anti-malocchio: ricordi le ultime parole di Emma, vero?”
Vi auguro tanta felicità” la scimmiottò con una smorfia e con voce petulante, prima di scuotere il capo. “A dire il vero, credo che alludesse alla nostra storia. Facciamo così: dimentica tutto e tutti: fingi che ci siamo solo noi due in questo teatro, che ne dici?”
La sua mano scivolò a stringere la mia e a sfiorarne il dorso, inducendomi a trattenerla, quasi sperando di poter cogliere la sua forza d'animo e la sua intraprendenza da quel semplice contatto.
Sollevai nuovamente lo sguardo e annuii. “D'accordo”.
Sostò nel mio sguardo fino a trovarvi un barlume di determinazione e mi sorrise di rimando. Lupin, che non avevo mai visto così distinto e curato nell'aspetto, richiamò la nostra attenzione e ci disponemmo a capannello intorno a lui. Bradley gli si mise di un lato e Allock, con una mise di un brillante color arancione, dall'altro. Sembrava lui stesso trepidante seppur fosse abituato ad apparire in pubblico.
“Sono ormai parecchi mesi che ci prepariamo a questa serata, ma tranquilli, non vi farò un'altra ramanzina...” esordì l'insegnante. Una volta tanto mi parve che persino Tom avesse abbandonato quell'espressione di sufficienza e lo stesse ascoltando seriamente.  “So quanto impegno avete investito e voglio solo applaudirvi, prima di chiunque altro, per il vostro percorso di crescita sia come attori sia come persone e voglio ringraziarvi dal profondo del cuore.” commentò in tono solenne, battendo simbolicamente le mani. Fu istantaneo il gesto che nacque anche dal cast in un reciproco atto di fiducia e di stima. “Vuoi aggiungere qualcosa, Bradley?”
Lui annuì e si schiarì la gola. “Mi sono unito a voi quando metà del lavoro era già stato fatto, ma è stato un privilegio e un onore assistere un professionista e lasciarmi colmare dalla sua passione...” Appoggiò una mano sulla spalla di Lupin che sembrò emozionato e scosse il capo vigorosamente.
Allock, dall'altra parte, gli rivolse un inchino e si profuse in una risatina compiaciuta, lisciandosi la giacca. “Vi prego, così mi mettete in imbarazzo...” si schermì con falsa modestia, senza accorgersi che tali parole erano rivolte a qualcun altro. Nessuno dei presenti ebbe cuore di smentirlo ed io soffocai una risatina.
“Inoltre è stato un piacere condividere ore di lavoro con molti di voi e mi sento altrettanto orgoglioso... ” riprese Bradley con un alone più dolce nel sorriso, prima di indicare il palco con un cenno del mento. “Andate là fuori e pensate solo a gustarvi ogni momento: divertitevi”.
“Ben detto...” approvò Lupin, dopo avergli stretto la mano. Si volse all'altro collaboratore con una punta di apprensione: “Maestro?”
“Oh, io?” domandò e parve realmente sorpreso di essere interpellato: in caso contrario, immaginai, avrebbe già avuto un discorso alla mano o un suo libro da citare. “In realtà dopo il professor Lupin e Apollo...”
“Il Signor James...” lo corresse Bradley con la mascella più tesa del consueto.
“Non mi resta che aggiungere un augurio: rompetevi una gamba!” ci augurò con entusiasmo, citando uno dei motti più consueti nell'ambiente teatrale.
Applaudimmo quasi per abitudine in sua presenza, prima che Lupin richiamasse la nostra attenzione.  “Cominciate tutti a prendere posizione”.
 
~
 
A fine serata, ripercorrendo ogni istante, avrei ricordato le rapide palpitazioni del mio cuore al mio ingresso in scena. Era curioso come si avesse una percezione “reale” dei propri movimenti e del proprio corpo, quando si indossavano i panni e si entrava in un personaggio così distante da se stessi. Avevo messo in pratica tutti i consigli che mi erano stati dati nel tempo: avevo mantenuto l'attenzione sul “qui e ora”, avevo scandito ogni parola lentamente e avevo prestato attenzione a ogni movimento.  Aspettavo il silenzio e l'attenzione totale da parte degli spettatori prima di calarmi nei dialoghi: da quelli più rapidi e impulsivi alle sequenze più statiche ma pregne delle emozioni dei protagonisti. Avevo realmente cercato di assaporare ogni istante e, come aveva suggerito Bradley, di divertirmi. A lui avevo pensato nel tentativo di dar vita al turbamento sentimentale del mio personaggio, facilitata anche dalla brillante performance di Tom.
Eravamo giunti all'ultima scena. Mi raccolsi per rendere al massimo l'espressione idonea al volto della protagonista che, a discapito dei propri sentimenti, stava cercando faticosamente di resistere e di celare la sofferenza.
“Ve lo dissi poche settimane fa, Lord Pendlenton...” pronunciai le parole con la pacatezza che era parte della sua personalità. “La mia risposta non è mutata da allora”.
Il ragazzo, di slancio, ricoprì la distanza per guardarmi dritto negli occhi e costringermi ad ascoltarlo un'ultima volta.  “Vi sbagliate, Lady Crawford,”  rivelò con tono più carezzevole del consueto, “chi vi è fronte, in vero, è un uomo diverso da quello a cui alludete”. 
Aggrottai le sopracciglia e un sorriso serpeggiò sulle mie labbra in un'incrinatura sarcastica. “Sapete perfettamente che cosa intendo: non sarà la vostra ben più conveniente condizione sociale a intaccare il mio giudizio su di voi” replicai.
“Vi ripeto che non sono la stessa persona!” esclamò e la sua voce si levò di un'ottava a testimonianza del tormento del personaggio.
Distolsi lo sguardo, perché sarebbe divenuto difficile per Elisabeth, in caso contrario, mantenere fede ai propri principi, ma parlai nuovamente con voce gelida. “Perché dovrei essere disposta a crederlo?”
In netto contrasto, i modi del giovane divenivano più calorosi, seppur intaccati dal riserbo dell'epoca e mi cinse la mano per indurmi a osservarlo in volto. “Perché sono pronto a dire ciò che avete atteso da tutta la vita...”
Sbuffai, mi liberai da quella pressione e la risposta fu persino più tagliante: “Se pensate di lusingarmi con qualche parola che avete certamente rivolto per diletto a qualcuna delle vostre nuove ammiratrici... ”
“Vi prego di tacere” mi interruppe bruscamente.
Sgranai gli occhi per simulare l'indignazione e l'oltraggio: “Ma come vi permettete, razza di villano, giuro che vi-”
Non finii la frase perché, con un gesto più spontaneo e istintivo, mi aveva incorniciato il volto tra le mani. Misi tutta me stessa nel dare vita all'incredulità e, al contempo, all'agitazione, evidente nel rossore delle guance e nel timbro più tremulo.
“Lasciatemi andare...” riuscii a proferire seppur senza la medesima autorità di poco prima.
Il sorriso sulle labbra del giovane si ammorbidì, ma lo sguardo serbava quell'ironia che aveva contraddistinto ogni momento cruciale della loro vicenda. “Siete una donna caparbia, orgogliosa, capricciosa e insopportabile per la maggior parte del tempo che si passa in vostra compagnia...”
Mi incupii, ma mi sfiorò lo zigomo con il pollice. “Ma ciononostante non desidero mai essere altrove...” ammise. Mi trattenne in quella posizione, approfittando del mio smarrimento, prima di cingermi più devotamente le mani e portarsele alle labbra. “O almeno è ciò che mi auguro, se mi vorrete concedere la vostra mano...”
Sembrò che un silenzio teso scendesse sull'intero auditorium: nonostante gli astanti fossero stati in grado, fin dalle primissime battute, di indovinare la soluzione dell'intrigo, la magia del teatro imponeva che restassero col fiato sospeso. O almeno era ciò che mi auguravo. Tom fu abile a calcolare i tempi prima di riprendere il discorso, parlando in modo ancora più appassionato.
“Vi prometto solennemente che mi impegnerò ogni giorno per divenire un marito degno del vostro rispetto e, soprattutto, del vostro affetto incondizionato...”
Mi presi a mia volta un istante e lasciai che la voce uscisse con un anelito più rauco e flebile. “Non mi avete ancora concesso di rispondere, Signore”.
Sarebbe stato superfluo, in verità, ma le labbra del giovane si incresparono di un sorriso più complice che sembrava una perfetta sintesi di tutto ciò che era stata la loro crescita.
“Dunque, Lady Crawford?”.
La mia ultima battuta, realizzai con il cuore in gola. Sollevai una delle sue mani fino ad accostarla al mio viso e ne percepii la morbidezza. Solo allora incontrai nuovamente i suoi occhi. “A dispetto di quanto pensiate, non sono né troppo orgogliosa né troppo testarda per ammettere che avete ragione”. Sorrisi del suo sguardo ironico e annuii. “Ho di fronte un uomo diverso che mi impegnerò a rispettare e, soprattutto... ad amare per ogni giorno della nostra vita”.
Lo sentii appoggiare la fronte alla mia e socchiuse gli occhi mentre proferiva la sua ultima frase: “Esattamente come avevo previsto”.
 
É finita, pensai con sollievo, mentre riecheggiavano gli applausi finali. Il sipario era calato ed eravamo rimasti solo io e Tom al centro del palcoscenico. Mi presi un lungo istante per assaporare quella sensazione: seppur avessi passato quasi nove mesi a imparare come dare vita a Elisabeth, capii che ne avrei sentito la mancanza. Entro pochi istanti, tutti i colleghi ci avrebbero raggiunto per ricevere l'ultimo omaggio del pubblico. Mi sentii artigliare il polso e fissai Tom. Faticai, tuttavia, a riconoscerne lo sguardo: non vi era più quell'alterigia e quella rabbia che vi avevo scorto nel mio appartamento. Aveva un'espressione quasi febbrile: sembrava che fosse inquieto e desideroso di trovare le parole su cui forse aveva meditato da tempo.
“Mi dispiace.” disse di getto, desideroso di essere ascoltato. “Di tutto quanto.
Trattenni quasi il fiato: speravo con tutto il cuore che quella nuova scintilla indicasse un desiderio sincero di cambiare e di crescere.
“Mi rincresce davvero, anche se so che sarà difficile da credere.” aggiunse di fronte al mio prolungato silenzio.
Io stessa faticavo a processare il mio stato d'animo: una parte di me aveva atteso a lungo simili scuse, ma mi resi conto che, mettendo da parte recriminazioni e torti subiti, ero riuscita ad andare avanti e a lasciarmelo alle spalle.
“Lupin aveva ragione su di te: sei stata perfetta.” Lasciò andare il mio braccio e si allontanò senza aspettarsi una risposta, tanto meno un perdono.
“Lo apprezzo davvero...” sussurrai nel guardarne la nuca.  “Per la cronaca, sei stato straordinario questa sera”.
Sembrò voler replicare, ma fummo interrotti. Mi sentii cingere con vigore e fui letteralmente stordita dal profumo fin troppo intenso di Allock. “Trottolina, sei stata magnifica! Parfaite!” mi lodò con voce lacrimosa. “Potrei persino iscriverti a una gara di valzer della mia compagnia”.
“In tal caso sarei ben lieto di offrirmi come Cavaliere...” aggiunse Bradley con un sorriso più allusivo. Ne ricambiai il gesto e mi rilassai istantaneamente, seppur dovessi trattenermi dall'abbracciarlo.
Oh-mio-Dio!” scandì lentamente Allock che, alla prospettiva, parve quasi in procinto di svenire, mentre ne contemplava la figura. “Questo sì che sarebbe un sogno che si avvera!” continuò con voce sognante. Il ragazzo divenne improvvisamente pallido e sembrò imprecarsi mentalmente contro a giudicare dallo sguardo quasi vitreo.
“Sapevo di non avere torto su di te...” soggiunse la voce di Lupin che mi abbracciò brevemente, facendomi quasi commuovere. “Ora vai dal pubblico: è il tuo momento” alluse agli altri che si stavano già allineando per i saluti.
Raramente avevo provato una simile sensazione di mero orgoglio personale e di trionfo, ma volevo godermene ogni istante e camminai lentamente per avvicinarmi e occupare il posto che mi era assegnato: al centro e accanto a Tom. Gli spettatori erano a pochi metri da noi e sentii Lupin impartire l'ordine di riaprire il sipario.
“E complimenti per quell'ultimo lancio...” mi giunse la voce del ragazzo, riferendosi al mio personale congedo per Emma.
Ebbi pochi secondi per ridere, prima di ritrovarmi di fronte a una marea di persone che stavano applaudendo vigorosamente. Ci prendemmo tutti per mano e ci inchinammo di fronte a loro. La sala sembrava letteralmente esplodere per l'ovazione e il brusio: osservai il Preside Silente, la signora Lupin al suo fianco, riconoscibile per il pancione prominente e gli insegnanti. Cercai lo sguardo e i sorrisi dei miei amici e la sagoma inconfondibile del Signor Riddle.
 
Avevo perso la cognizione del tempo: dopo essere scesa dal palco, ero stata avvicinata dai giornalisti. Tom sembrava perfettamente nel suo elemento, ma io ero intimidita, soprattutto di fronte agli occhi scrutatori di una donna dai capelli acconciati in riccioli biondi che contrastavano con il viso dalla mascella pronunciata. Indossava degli occhiali incorniciati da strass e aveva le unghie lunghe almeno cinque centimetri di una tonalità di rosso cremisi. La sua stretta di mano era stata piuttosto energica e non smetteva di sorridere in modo sfrontato[3].
“Quindi lei non aveva mai recitato a questi livelli?” mi domandò in tono avido.
“No” risposi in tono pacato. Fino a poche ore prima, era stato un pensiero fisso che mi aveva fatto desiderare di fuggire di fronte alle mie responsabilità. “Il merito è soprattutto delle persone che mi hanno istruito e guidato per tutto questo tempo, il Professor Lupin e-”
“Era piuttosto... palpabile la tensione tra te e il tuo coprotagonista...” mi interruppe e mi irrigidii istintivamente. Mi sembrava piuttosto chiaro che stesse cercando qualche notizia succulenta e non si sarebbe accontentata di buoni sentimenti e di aforismi. “ I nostri abbonati morirebbero dalla voglia di sapere se si è trattata solo di finzione... oppure no”. Aggiunse con aria complice.
Si chiama recitazione[4]” mi ritrovai a pronunciare la frase di Tom e cercai di imitarne il tono quasi annoiato e saccente. Mi ricordai che fosse prudente parlare poco e in modo inequivocabile.
Inclinò il viso: immaginai che stesse cercando un modo di arginare le mie difese e cogliere uno spiraglio per far breccia. “Mhm, quindi se chiedessi ai tuoi colleghi, immagino che tutti confermerebbero-”
“Che il nostro cast è stato formato da persone estremamente responsabili e professioniste...” ci interruppe il Preside. Esibiva il suo sorriso amabile e lo sguardo azzurro baluginava verso di me con aria d’intesa, quasi promettendomi che mi avrebbe aiutato contro quell'implacabile reporter.
“Silente, che piacere!” squittì quest'ultima seppur gli occhi restassero freddi.
“La gioia è mia, Rita, come sempre. Speravo di incontrarla e di ringraziarla personalmente dell'attenzione che ha rivolto di recente alla nostra Accademia” le disse con la sua tipica signorilità.
Solo in quel momento capii che si trattava della donna che aveva gettato fango su di lui e dovetti trattenermi dal peggiorare la situazione con un insulto.
Lei parve intuire cosa si celasse dietro quelle maniere garbate, ma si mise istintivamente sulla difensiva, giocherellando con la sua penna stilografica, abbinata al tailleur. “Come di certo conviene, è mio dovere informare i lettori di ciò che accade: nel bene e nel male”.
“Naturalmente,” le concesse Silente, “ma spero di poter approfittare della sua deliziosa disponibilità per annunciare un progetto su cui il Professor Lupin ed io stiamo riflettendo da mesi...”
“Un nuovo progetto?” lo incalzò la Skeeter che si affrettò a cambiare pagina del suo taccuino e mi resi conto, con grande sollievo, di essere stata accantonata.
“Credo che il successo di stasera sia l'occasione perfetta: anzi, devo ringraziare la nostra protagonista che ne è stata l'ispirazione” rivelò con un baluginio di affetto nei miei confronti.
“Io?!” domandai incredula.
“Proprio tu, mia cara” mi disse con un sorriso più dolce, prima di tornare a osservare la sua interlocutrice. “Dal prossimo semestre, offriremo lezioni di recitazione ad attori amatoriali che saranno abbastanza coraggiosi da mettersi alla prova e da sottoporsi al giudizio degli esperti in uno degli spettacoli di fine corso[5]”. Sentii il singulto sorpreso della Skeeter e dei colleghi più vicini che si affrettarono ad accerchiare il Preside per strappargli ulteriori dettagli.
Lo ringraziai con un sorriso e provai un moto d'orgoglio all'idea di esser stata, inconsapevolmente, parte di un piano che sarebbe divenuto ufficiale. Sperai di tutto cuore che altri potessero essere altrettanto fieri e gratificati da quell'esperienza.
 
Avevo totalmente smarrito la cognizione del tempo, mentre parlavo con altri reporter fino a sentirmi stremata nel dover continuare a formulare frasi in inglese e a rispondere a quesiti piuttosto impegnativi sulla mia preparazione, sullo studio della dizione fino anche ai rapporti interpersonali con gli altri studenti e con gli insegnanti. Altrettanto stancante fu la sessione di fotografie con ancora addosso gli abiti di scena. Mi parve letteralmente di rinascere quando, finalmente, potemmo ritirarci nei camerini e tornare alle vesti quotidiane. Mi presi, tuttavia, un istante per contemplare quel vestito e sfiorarne la stoffa.
“Addio Elisabeth e grazie di tutto” mormorai tra me e me.
Tornai in auditorium e mi guardai attentamente attorno, riconoscendo alcuni attori con i rispettivi familiari, alcuni insegnanti e spettatori. Aguzzai la vista e cercai qualche viso familiare, domandandomi dove fossero finiti i miei amici.
“Sembri esserti persa...”
Sorrisi nel riconoscere la voce di Bradley e mi voltai, ma prima che potessi formulare una risposta, mi cinse la mano e mi condusse con sé all'esterno, cercando un'aula vuota. A quel punto, con un sorriso più suadente, mi attirò a sé e si chinò per baciarmi. Sorrisi sulle sue labbra, trattenendolo per qualche istante.
“Sei stata eccezionale, lo sai?” bisbigliò contro il mio orecchio.
“L'ho sentito dire...” mi schermii con un sorriso.
“Come ti senti?” mi domandò curiosamente, giocherellando con una ciocca ondulata.
A fatica riuscii a trovare le parole, ma non riuscivo a smettere di sorridere.  “Orgogliosa e piena di energie: è come se questa sera mi sentissi invincibile!”
Dalla sua espressione e dallo sguardo fu evidente che riuscisse perfettamente a comprendere e che lo avesse sperimentato pochi mesi prima e durante i suoi anni di formazione. Mi trattenne contro di sé e disegnò forme astratte con le dita sulla mia schiena. “Immagino che dovrei portarti dai tuoi amici e dai tuoi colleghi che smaniano dalla voglia di vederti e di congratularsi” commentò con espressione pensierosa.
Gli avvolsi nuovamente le braccia intorno al collo: “Penso che potranno attendere altri cinque minuti”.
Ammiccò con un guizzo più complice. “Speravo che lo dicessi”.
 
 
Il Signor Riddle aveva organizzato, con la professionalità e l'efficienza consuete, un ricevimento nella sala che aveva ospitato il ballo di qualche mese prima. Appena ne varcai la soglia, fui letteralmente sommersa dagli abbracci e dalle congratulazioni degli amici e delle persone che avevo incontrato e conosciuto in Accademia in quei mesi. Fu altrettanto commovente scorgere le espressioni fiere di Madama Bumb, della Signora Sprite e della Signora Weasley che, da “mamma chioccia” del pub, mi strinse in un abbraccio affettuoso. “Siamo tutti orgogliosissimi di te!” mi disse con calore. “Un vero peccato che i tuoi familiari non siano potuti venire”.
“La ringrazio” le sorrisi di tutto cuore. “Ho dovuto giurare solennemente di ingaggiare qualcuno per una ripresa video e per inserire i sottotitoli in italiano...” mi schermii in una risatina, vista la poca dimestichezza dei miei parenti con la lingua.
Di fronte al Signor Riddle mi sentii persino più in soggezione del solito: la sua opinione, in quanto ex attore, sarebbe stata tra le più accurate e costruttive. Mi scrutò con la consueta serietà, ma le labbra si ammorbidirono e mi porse un bouquet. “Da parte di tutti noi del Pub: le mie sincere congratulazioni per la sua splendida performance” mi disse in tono solenne. Aggiunse in un sussurro: “Potrei averle concesso dei punti extra che le saranno proficui per la competizione mensile”.
“Non so davvero come ringraziarla” mormorai con le guance infiammate, stringendo i fiori e rivolgendo sguardi affettuosi a tutti i presenti che quella sera erano venuti a mostrarmi il loro affetto. “Il suo sostegno è stato indispensabile: dagli orari di lavoro flessibili, ai consigli e anche ai giusti rimproveri” aggiunsi con una risatina per stemperare l'imbarazzo.
Mi appoggiò la mano sulla spalla: era sempre stato di poche parole, seppur avesse saputo sorprendermi in diverse situazioni. Gli fui grata perché ero certa che avesse compreso più di quanto riuscissi a esprimere senza sentirmi ancora più a disagio. “Si goda la serata” mi augurò.
A pochi metri, ma con lo sguardo fisso su di noi, avevo notato Morgana e Amy: la prima stava sorridendo con aria gongolante e, spesso e volentieri, si chinava verso la seconda. Dai suoi modi, era facile intuire che la stesse stuzzicando. Quest'ultima le aveva rifilato un'occhiata di sbieco, aveva borbottato qualcosa e tracannato un bicchiere di vino. Stavo per raggiungerle, ma mi riscossi al richiamo di Bradley, in compagnia di un uomo distinto ed elegante che riconobbi come il suo mentore. “Le mie congratulazioni...” mi disse Anthony Head e allungò la mano per stringere la mia.  “La sua interpretazione è stata ancora più sorprendente se si considera che non ha una formazione teatrale come i suoi colleghi. A questo proposito, se mai cambiasse idea...”
“Caro Anthony, mi riterrei mortalmente offeso se scegliesse un'Accademia diversa da questa...” intervenne Silente con una garbata strizzatina d'occhi.
Guardai dall'uno all'altro con espressione incredula e le guance nuovamente infiammate, ma mi ravviai i capelli e scossi il capo. “Siete tutti così lusinghieri che rischio che mi giri la testa...” mi schermii con una risata. “Ma sono onorata che provengano da voi”.
Ci intrattenemmo in una breve conversazione, prima che Silente appoggiasse una mano sulla spalla del suo ospite. “Dovremmo lasciare che Sarah si goda la compagnia dei suoi cari...” convenne. “Ma, parlando di altri allievi che avresti voluto rubarmi, ti ricorderai senz'altro di Tom Riddle...”
Quest'ultimo era concentrato nel coordinamento del catering insieme a Madama Bumb mentre le Signore Weasley e Sprite, aiutate da alcuni dei più giovani, stavano finendo di disporre il cibo sui tavoli.  Anthony sgranò gli occhi e fu ben lieto di farsi accompagnare a salutarlo.
“Sara, diglielo anche tu...” mi riscossi alla voce di Morgana che stava letteralmente trascinando Amy, parlando in italiano. Notai l'espressione profondamente infastidita di quest'ultima che tratteneva ancora il calice da cui aveva bevuto poc'anzi.
“Convincerla di cosa?”
“Dovrebbe andare a parlare con il Signor Riddle per chiarirsi!” esclamò con vigore.
Prima che potessi esprimere una mia opinione, la diretta interessata si liberò dal suo braccio e la fissò con aria bellicosa. “Dopo il modo in cui mi ha trattato?!” gracidò con voce acuta. “Col cavolo! Dovrebbe essere lui a scusarsi con me!”
Morgana sollevò gli occhi al cielo e aggiunse a mio beneficio: “Lo fissa in continuazione!”
L'altra arrossì e sgranò gli occhi. “Non mi interessa proprio per niente, perché ne parli ancora?!” la sgridò, puntandole il dito contro. “Diglielo anche tu, Sara, per favore!”
Mi passai una mano tra i capelli, osservando dall'una all'altra, ma soffermandomi sulla mia coinquilina prima di parlare in modo calmo, ma convincente. “Sono d'accordo con lei: per quanto ti piacerebbe, non puoi controllare le azioni e le intenzioni altrui. Soprattutto se ci dovrebbero essere di mezzo delle scuse sincere...”
“Grazie! Questo è parlare!” esclamò Amy.
La moretta mi rivolse un'occhiata di puro biasimo e di scontento ma sembrò ingoiare la replica che aveva già pensato. Si strinse nelle spalle: “Come dite voi...”
Si mise a osservare la tavola che veniva imbandita. Inarcai le sopracciglia: la conoscevo fin troppo bene per potermi illudere che si sarebbe arresa.
“Oh Signore...” sentii esalare dalla Signora Weasley alle nostre spalle con voce implorante. “Ti prego, abbi pietà delle mie povere ovaie![6]” annaspò quasi a fatica. Si stava facendo aria con un vassoio. Aveva gli occhi fissi su Anthony al centro di un'animata conversazione con diversi ospiti.
“M-Ma Signora Weasley, che cosa dice?!” la rimproverò il Signor Riddle con lo sguardo atterrito e sconvolto insieme.
“C-Come? H-Ho parlato ad alta voce?” si riscosse e sbatté le palpebre, mentre un rossore colpevole le chiazzava le guance e il collo. Dovetti soffocare la risata di fronte all'espressione del marito che si era posto le mani sui fianchi con aria indignata, mentre il figlio Bill sollevava gli occhi al cielo.
Per sua fortuna, l'attenzione generale deviò su Silente al centro della sala: “Grazie a voi tutti per essere qui, ma in modo particolare allo staff della Camera dei Segreti che ha preparato queste leccornie per tutti voi. Lungi da me perdere tempo in lunghi discorsi: dateci dentro!”
In breve tempo la sala si riempì di un chiacchiericcio piacevole e, coi gemelli Phelps subentrati nel ruolo di dj, si creò un'atmosfera simile a quella del ballo, seppur in questo momento mi trovassi in un perfetto mix tra i colleghi di scena e quelli del Pub. Almeno per quella sera, Rankin, uno dei prevedibili assenti, non avrebbe bacchettato nessuno. Fui invece piacevolmente sorpresa dal Signor Riddle che sembrava aver dismesso gli abiti da datore di lavoro: quella sera era soltanto Tom, l'ex pupillo di Silente, che sembrava essersi ripreso il suo posto tra quelle mura. Mi sembrava sereno, rilassato e spensierato, mentre era circondato dai suoi colleghi di studio dell'epoca, tra i quali Lupin, Black e Sibilla Thompson.
“Signore e signori” prese la parola Oliver Phelps. “É giunto il momento di rispolverare le scarpe da ballo: abbiamo una bella lista di canzoni da proporvi. Quindi, signori avvicinatevi alle vostre dame e concedetevi qualche minuto di smancerie gratuite...”
Mi lasciai condurre da Bradley con gioia all'idea che si era sciolto quel legame “professionale”. Ne cinsi il collo e costatai che sembrava un ballerino provetto, anche senza aver ceduto alle molteplici suppliche di Allock di diventarne un allievo. Con il mento appoggiato sulla sua spalla, avevo osservato le altre coppie sulla pista: Morgana, tra le braccia di Sean, sembrava momentaneamente distratta dai suoi propositi. Neville aveva calpestato involontariamente il piede di Luna, ma quest'ultima cominciò a condurlo dolcemente e amorevolmente, facendolo arrossire. Notai con piacere che Colin si era avvicinato ad Amy per chiederle galantemente di danzare: quest'ultima gli sorrise e accettò con le guance arrossate.  Ad eccezione di Sean e Morgana gli altri abbinamenti erano decisamente cambiati.
“Mi dispiace essermi perso il vostro primo ballo...” disse Bradley.
“Stavo pensando la stessa cosa...” ammisi. “Ma avrei atteso anche di più se necessario” confessai e mi rilassai fino alle note finali del brano, dopo averne baciato la guancia.
“Ma torniamo alle cose serie!” ci giunse la voce energica di James. “Adesso abbiamo una dedica speciale al nostro amico Daniel per il suo compleanno” indicò il ragazzo che si era appena sciolto dall'abbraccio con Bonnie. Aggrottai le sopracciglia: a quanto ricordavo, compiva gli anni a Luglio.
“Ma cosa dici?” lo rimproverò Oliver con uno sbuffo plateale. “Lo sai che sei in anticipo”
Oh, è vero!” recitò James con fin troppa enfasi. “Allora dobbiamo festeggiare la sua nuova conquista...”
“Chi lo conosce, sa bene che si tratta pur sempre di un miracolo!” ribatté Oliver, suscitando una risatina generale a cui i diretti interessati si unirono volentieri e con bonarietà.  “A proposito, mi devi cinque dollari, fratello”.
“Questa è per te, Dan, con tutto il nostro affetto...”
 
There's a woman crying out tonight
her world has changed...
 
L'espressione lusingata ma sorpresa di Daniel cedette il posto a un evidente incupimento nel riconoscere le note dei Good Charlotte.
Mi parve nuovamente di sentirne la voce e di ricordare l'indignazione e la rabbia per la disastrosa conclusione della sua trasferta con Amy. Tra gli episodi che mi aveva citato, vi era stato l'incontro con “un tizio che, detto tra me e te sicuramente fa uso di steroidi”, ma il momento culminante era stato vederli ballare sugli spalti sulle note di quella melodia.
 
We believe
we believe
in this love
 
“Non voglio mai più sentire quella canzone in vita mia![7]”.
 
Soffocai una risata contro la spalla di Bradley che esibiva un'espressione adorabilmente confusa e perplessa. Lanciai uno sguardo ad Amy che aveva gli occhi sgranati e le guance infuocate e, per lo shock, sputacchiò lo champagne che stava bevendo che le sgorgò anche fuori dal naso.  Scambiò uno sguardo con il suo ex che sollevò il braccio in segno di saluto, dopo aver indicato i gemelli con uno scuotimento del capo. Scoppiarono entrambi a ridere, mentre io facevo un veloce riepilogo per Bradley che fu a sua volta scosso dall'ilarità.
“Chiedo scusa” ci giunse la voce di Anthony alle spalle. “Temo di doverle rubare il Cavaliere per qualche istante: è una questione molto importante” mi disse in tono febbrile e notai che aveva condotto anche Colin con sé.
“Ma certo, si figuri”.
Il ragazzo apparve confuso, ma mi baciò la guancia e si congedò.
“A dopo” ne lasciai la mano e tornai a osservare la postazione dei gemelli che stavano decisamente dando una scossa all'ambiente, cominciando a cantare a squarciagola il brano, con voci piuttosto stonate, fino alle note finali.
“Lieti che Daniel si sia commosso per il nostro affetto, ma adesso vogliamo vedervi scatenare!” ci esortò James, prima di inserire un altro brano ritmato, cominciando a scatenarsi dalla sua postazione, imitato subito da Oliver.
“Ottima idea!” esclamò Morgana. “Balliamo tutti insieme!” mi trascinò in pista insieme a un bel gruppetto misto. Soltanto troppo tardi mi accorsi dello scintillio diabolico del suo sguardo e della sfortunata destinataria della sua ultima trovata.  Era riuscita a far spostare Amy, coinvolta dalla canzone che gradiva e resa più disinibita per i bicchierini di troppo, nella zona in cui il Signor Riddle stava ancora chiacchierando con gli amici di vecchia data. Fu con un gesto deciso, nel momento più conveniente, che la spinse contro di lui, facendola cozzare contro il suo petto. La ragazza si staccò con tale foga da rischiare di cadere sul fondoschiena. Mi sentii mortificata per lei quando Lupin le chiese gentilmente se si sentisse bene. La situazione era ulteriormente resa imbarazzante dal fatto che apparisse spettinata e leggermente alticcia. Il suo ex datore di lavoro la stava osservando con occhi sbarrati e l'espressione interdetta, ma la poveretta riuscì a biascicare qualche parola di scuse, con aria mortificata, prima di allontanarsi.
“Sei incorreggibile...” sibilai in direzione di Morgana, dopo averle dato uno scappellotto. Mi affrettai a seguire la nostra amica che si era diretta verso i tavoli, lontano dalla pista.
“Sto bene!” mi disse con voce strozzata e le guance ancora infuocate. Ingollò un altro bicchiere di champagne e mi guardò cupamente: “ Ti giuro che questa me la paga!”
Sospirai e annuii. “Hai tutte le ragioni del mondo, ma credo lo abbia fatto a fin di bene, anche se ovviamente è senza scuse” mi affrettai a precisare.
“Se vuoi scusarmi, credo che andrò al bagno” mormorò in tono lugubre, evitando gli sguardi altrui. Sean stava rimproverando la sua ragazza e neppure le sue moine lo fecero desistere. Luna e Neville, invece, sembravano troppo assorbiti dal loro ballo per accorgersi di tutto il resto.
“Vuoi che ti accompagni?”
“No, potrei sempre decidere di suicidarmi...” replicò con una forte nota ironica. Recuperò la sua borsetta e si allontanò. Sospirai e tornai a osservare la calca di persone nella stanza e inarcai le sopracciglia quando mi resi conto che Anthony e i ragazzi sembravano essere usciti. Evidentemente necessitavano di un luogo più tranquillo e discreto. Mi sedetti per dare sollievo ai piedi e per mangiucchiare qualcosa.
“Mi serve il tuo aiuto...” mi disse Morgana dopo aver occupato la sedia al mio fianco.
Sollevai gli occhi al cielo, ma scrollai le spalle: “Scordatelo.”
Mi strinse la mano per indurmi a guardarla in volto: ben lungi dal sembrare dispiaciuta, era ancora determinata e quasi ossessionata dal suo obiettivo. “Lo sai che l'ho fatto per il suo bene.”
Aggrottai le sopracciglia e le rivolsi un sorriso sarcastico: “É una giustificazione che usano spesso anche i sociopatici nei confronti delle loro vittime...” le feci notare con finta cordialità.
“Aha, molto divertente...” ribatté ma, prima che potesse replicare ulteriormente, sollevai una mano.
“So che avevi buone intenzioni, ma Amy è stata esplicita e dovresti rispettarne la volontà”.
Scosse il capo, neppure fingendo di riflettere sopra la mia considerazione: “Lo pensi anche tu che questo malinteso è durato fin troppo, vero?!”
“La nostra opinione conta poco...” ribattei in tono deciso. “Inoltre io lavoro ancora al pub e non posso certo intromettermi nella vita personale del mio capo”.
“Ma è stata proprio Amy a presentarvi!” mi ricordò in tono compiaciuto. “Pensa a come sarebbe bello se ricambiassi la cortesia e contribuissi a farli riappacificare... se tutto va bene, potremmo tornare lì per gli aperitivi e per le cene” aggiunse in tono eloquente.
La guardai con profondo rancore: detestavo quando, al solito, riusciva a rigirare la frittata a una maniera per lei vantaggiosa.  Mi rivolse il suo sorriso trionfante e sospirai. Sapevo che non avrebbe potuto godersi la festa prima di riuscire nel suo intento o di fallire in modo clamoroso e irrecuperabile. “D'accordo, sentiamo il tuo piano strampalato” borbottai. “Ma è ancora da vedere se accetterò!”
“Oh, tesoro...” mi blandì con un buffetto. “Dici sempre così e poi sai come finisce”.
 
Aspettò che Riddle restasse solo con Silente, prima di avvicinarsi con il suo sorriso più affascinante e richiamarlo. Quest'ultimo si era voltato per capire di chi si trattasse: la studiò per un istante e le rivolse un cenno distratto, prima di tornare a sorseggiare dal suo bicchiere.
“Sto parlando con lei!” lo sgridò Morgana, alzando la voce. “Non finga che sia un'estranea!”
Sarei volentieri rimasta ad assistere a quella conversazione, ma dovetti attenermi al nostro accordo e mi affrettai a raggiungere Amy, prima che potesse rientrare nella stanza. Sospirai di sollievo nel trovarla ancora in bagno e alle prese coi propri capelli, contro i quali stava sbuffando.
Mi guardò dal riflesso con le sopracciglia inarcate: “Lo sai che scherzavo quando ho detto che volevo suicidarmi, vero?” mi interrogò.
Ridacchiai alla battuta ma scossi il capo. “Mi chiedevo se potessi farmi il favore di accompagnarmi in auditorium: devo recuperare la mia borsa”.
Aggrottò le sopracciglia: “Dov'è Bradley?”
Fui lieta di poter essere sincera su quel punto. “L'ha letteralmente sequestrato il signor Head: ti dispiace? Ci andrei più tardi, ma ho lasciato anche il cellulare e avevo promesso a mia madre di telefonarle appena possibile”.
“D'accordo” mi concesse e si strinse nelle spalle. “Almeno potrò cambiare aria per un po'” aggiunse mestamente, ripensando alla figuraccia di poco prima.
“Grazie...” le sorrisi, sentendo già montare il senso di colpa. Le feci strada con disinvoltura, ancora faticando a credere che forse sarebbe stata l'ultima volta che avrei camminato tra quei corridoi.
“Accidenti, la mia lente a contatto!” mugugnai di fronte alla porta. Mi coprii all'altezza degli occhi con una mano e finsi di tamponare le lacrime con un fazzoletto. “Ti dispiace andare da sola? La borsa dovrebbe essere in un armadio dietro il palcoscenico.” spiegai.
Lei sospirò.  “Fortuna che è successo adesso e non mentre eri sul palco: avevi chiesto a Luna un contro-malocchio, vero?”
“Altroché...” ribadii con uno sbuffo, lasciando che mi passasse di fronte ed entrasse.
“Dentro un armadio, giusto?” mi incalzò, dopo aver seguito le mie istruzioni per trovare un interruttore.
“Esatto” risposi automaticamente. La spiai in segreto, controllando il corridoio e l'orologio con impazienza. Forse avrei guadagnato qualche altro minuto nel quale si sarebbe dedicata a cercare inutilmente. Sentii uno scalpiccio di passi e fui rincuorata nel riconoscere le voci e appurare che Morgana era riuscita nella sua parte del piano.
“Far dispiacere una signorina, Tom!” lo stava rimproverando Silente con insolita serietà. “Mi meraviglio di te”.
“Ben detto!” ribadì la mia amica con espressione giudicante.
“Ma guarda cosa mi tocca fare...” brontolò il malcapitato che sembrava ancora più stizzito dall'aver dovuto percorrere mezza Accademia, apparentemente senza motivo. “E per una ex dipendente tra l'altro”.
Nonostante tutto, dovetti trattenermi dal ridere di fronte a quell'insolito quadretto, ma allo sguardo eloquente della mia amica rivolsi un cenno di assenso.
“Amy la sta aspettando...” disse in tono composto. “Qui potrete parlare tranquillamente e senza essere disturbati” precisò con naturalezza. Era ammirevole come riuscisse a far sembrare tutto ragionevole e persino doveroso.
Le rivolse una delle sue occhiate in tralice che sapevano intimidire chiunque. “Lei signorina mi sembra chimicamente sbilanciata, lo sa?” le disse dopo aver scosso il capo.
“E lei è un autentico gentiluomo” ribatté prontamente, facendo ridacchiare Silente. “Vada...” lo spinse senza troppe cerimonie.
Lo sentimmo emettere un'esclamazione di sorpresa: “Ma qui non c'è nessuno!”
Con uno scatto chiudemmo e sigillammo la porta alle sue spalle. 
Che sta succedendo?!” domandò in tono alterato. “Se si tratta di uno scherzo, posso assicurarvi che ci saranno gravissime conseguenze: riaprite subito la porta!” ci ordinò in tono così coercitivo che dovetti trattenermi dall'assecondarlo.
“Se mi licenzia, giuro che me la paghi” gemetti in risposta, mentre lei mi faceva cenno di tacere.
Professor Silente, faccia qualcosa, la prego!”
Il preside era la nostra incognita: avrebbe potuto rivelarsi il nostro complice più prezioso ma, al contempo, la nostra rovina. Morgana, alla luce dei miei racconti, sembrava persuasa che il buon uomo avrebbe capito le nostre intenzioni e avrebbe potuto sorvolare sui metodi poco ortodossi. Gli rivolsi uno sguardo interrogativo, ma di fronte al baluginio complice del suo sguardo mi sentii enormemente sollevata.
“Accidenti...” gemette in tono più che convincente, dopo aver finto di abbassare la maniglia. “Mi dimentico sempre di appendere un cartello che avvisa che questa entrata è difettosa e di non usarla. Temo che dovrai attendere, Tom, perché le altre sono già sigillate, ma non preoccuparti: noi andremo subito a cercare il Signor Gazza per farti uscire”.
“Stia tranquillo, ci pensiamo noi!” ribadii a mia volta, cercando di controllare la voce.
Sara?!” sentii la voce di Amy con intonazione sorpresa. Si lasciò sfuggire uno squittio incredulo di fronte al suo ex datore di lavoro.
Morgana mi fece cenno di intesa e mi affrettai a risponderle: “La maniglia è bloccata, ma sto andando a cercare il custode. Stai tranquilla, torno subito!”
Seguimmo l'esempio di Silente e ci muovemmo effettivamente di qualche passo per lasciar udire lo scalpiccio dall'interno.
“Magnifico...” borbottò Riddle. 
“Per niente!” ribatté la mia amica, ritrovato un po' di coraggio.  “Non ho alcuna voglia di parlare con lei: avrei preferito rimanere qui dentro con Rankin!”
Dovetti trattenermi dal ridacchiare al riferimento, ma premetti maggiormente l'orecchio alla porta per sentire la reazione dell'uomo.
“Strano, è tutto il contrario di quello che sosteneva la sua amica, quella moretta inquietante”.
“Hey!” sibilò Morgana, ma le diedi di gomito per indurla a tacere.
“Morgana!” ringhiò letteralmente Amy. “E con questa sono due, anzi tre[8]” commentò. La sentimmo muoversi e immaginai che si fosse accomodata su una poltroncina. Ne ebbi conferma dopo aver spiato dalla serratura, ma lo spiraglio era troppo piccolo per individuare Riddle.
Silente mi fece un cenno di intesa e, dopo aver udito anche i passi dell'uomo, girò la chiave e abbassò la maniglia per schiuderlo, di modo che potessimo gustarci la scena.
“Per la cronaca, è stato tratto in inganno...” precisò la ragazza. Aveva accavallato le gambe e incrociato le braccia al petto, fissando ostinatamente da tutt'altra parte. “Non avevo alcuna intenzione di parlarle”.
Lui sbuffò apertamente e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, prima di avvicinarsi alla poltrona, ma senza accomodarsi. “Tutto questo è ridicolo!” esclamò, prima di scuotere il capo. “Le chiedo scusa. Sono stato un vero cafone quel giorno: ero arrabbiato per ben altri motivi e me la sono presa ingiustamente con lei” affermò in tono brusco e spiccio. Sembrava abbastanza chiaro che era poco avvezzo a chiedere perdono. Scambiai un sorriso soddisfatto con la mia amica: dovetti riconoscere che era davvero un bel passo avanti rispetto ai suoi standard.
Finalmente Amy gli rivolse uno sguardo, ma parve poco impressionata: si rimise in piedi a sua volta, le mani sui fianchi e sollevò il mento. “Non dovrebbe chiedere scusa solo alla sottoscritta” precisò sull'onda dell'impeto.
“Ecco l'effetto di qualche bicchiere di champagne...” ridacchiò Morgana.
L'uomo anziano gongolò a sua volta: “Non ne sarei così sicuro: ha un bel caratterino pepato” commentò, prima di rivolgerci uno sguardo d’intesa. “Credo che questa volta Tom avrà del filo da torcere...”
Quest'ultimo la guardò interdetto: “E questo cosa vorrebbe dire?” la esortò a spiegarsi meglio.
“Lei mi diceva sempre che dovevo separare la vita personale da quella professionale: ma lei è il primo a infrangere questa regola!” lo additò di nuovo e la sua voce divenne persino più stridula.
“Ben detto!” mormorai.
“Quando è arrabbiato se la prende sempre con il primo sfortunato. Soprattutto con Neville che è terrorizzato da lei!” continuò con la solita energia.
“Quel ragazzo simpatico che si occupa dei dessert?” mi domandò Silente e annuii.
Riddle sospirò. “Paciock è una brava persona, ma è un tale pasticcione, lo sa meglio di me!” Scosse il capo. “Cerco solo di spronarlo”.
Beh sta sbadigliando approccio!” squittì lei. “Diventa goffo perché lei lo innervosisce! Una volta, quando lei era nel suo ufficio, ha sostituito Sara dietro al bancone ed è stato bravissimo: i clienti lo adorano” ribatté prontamente. “Lo sa che sta studiando per diventare un pasticciere? Le sue torte sono a dir poco deliziose, ma è la persona più umile che conosca!”
Il volto dell'uomo tradì un reale moto di sorpresa e restò silenzioso per qualche istante nel quale parve realmente riflettere. “Non ne avevo idea...” rivelò e il suo tono sembrò tradire un reale dispiacere.
“Perché non ascolta MAI i suoi dipendenti!” lo sgridò con ancora più enfasi, approfittando del vantaggio. “Rankin se lo merita ma gli altri no!”
Sul volto di Riddle apparve una smorfia: “Questo è falso: sono sempre stato ragionevole nell'accordare dei permessi o nel modificare gli orari di lavoro per i loro bisogni” precisò indignato.
“Io capisco la necessità di mantenere la distanza legittima con lo staff...” gli concesse Amy in tono più quieto.  “Ma lei ha sempre un'espressione torva. Sembra Heathcliff[9]!”
A quel paragone Silente ridacchiò e, nello stesso momento, un sorriso increspò le labbra di Riddle che volse uno sguardo al luogo in cui si trovavano. “L'ho davvero interpretato, proprio su quel palcoscenico” disse e parve perdersi nei ricordi per un breve istante.
“E fu un grandissimo successo: Anthony gli fece una corte spietata” aggiunse il Preside a nostro beneficio. Seppur avessi sentito quell'aneddoto anche da Bradley, sorrisi al pensiero che, in qualche modo, i nostri mondi si fossero toccati anche attraversando quelle due persone che avevano inciso nella nostra vita.
“Evidentemente è rimasto troppo a lungo nel personaggio” osservò la mia amica.
Riddle si prese qualche istante per riflettere, senza smettere di osservarla.
“Poche donne sono state in grado di metterlo alle strette: la vostra amica è una di queste” dichiarò Silente. Avevo l'impressione che quel colloquio fosse stato un bene anche per il mio capo: aveva davvero bisogno di sentirsi rivolgere quegli ammonimenti e speravo con tutto il cuore che ne avrebbe beneficiato in futuro.
“Sapevo che era la cosa giusta da fare” si compiacque Morgana.
“Questa chiacchierata è stata molto istruttiva, devo ammetterlo...” commentò Riddle dopo un lungo istante di silenzio, prima di ammorbidire l'espressione. Un sorriso gli increspò le labbra e mi domandai se Amy potesse scorgere nel suo sguardo un riflesso del ragazzo della fotografia. “La ringrazio e mi scuso nuovamente. Cercherò di seguire i suoi consigli d’ora in poi”.
Lei sembrò senza parole e quasi incredula di essere riuscita a sostenere una simile discussione e con tal esito. Si rilassò a sua volta e ne ricambiò il gesto. “Sono contenta di sentirglielo dire: adesso posso accettare le sue scuse”.
“Molto bene” commentò l'uomo e le porse la mano destra. “Spero di rivederla da noi”.
 
“Sarah? Morgana?” mi giunse una voce quasi flautata e mistica che mi strappò da quel momento di osservazione. Sussultammo tutti e tre e ci voltammo verso la nuova arrivata.
“Ma cosa ci fate qua? C'è una saletta privata per la festa?” ci domandò con voce interdetta.
“Ciao Luna... ” mi affrettai a salutarla, ma cercando di mantenere la voce a decibel discreti, mentre Silente richiudeva la porta alle nostre spalle.
“Che ci fai qui?” la incalzò Morgana. “La festa è appena iniziata, torniamo di sopra!” la spronò con un bel sorriso.
Ci scrutò attentamente, con gli occhi sgranati e quasi fuori dalle orbite. “Stavo cercando il bagno e credo di essermi persa... ” rispose e si prese un istante per rimirare la porta dell'auditorium, prima di rivolgersi a me. “Bradley ti stava cercando, sai?”
“Allora è meglio che torniamo tutti di sopra” intervenni prontamente.
“Sarò lieto di indicarle il bagno più vicino” si propose Silente allegramente, mentre l'uscio alle nostre spalle si schiudeva.
Riddle ci scrutò con espressione sospettosa e accigliata, le braccia incrociate al petto, mentre Amy fulminava Morgana e me con lo sguardo.
“Come vi stavo dicendo, signorine,” improvvisò Silente, indicandoci un dipinto affisso a una parete laterale, “quel quadro è molto antico: pensate, si trova qui dalla Fondazione stessa dell'Accademia...”. Finse di essersi accorto solo in quel momento che erano usciti ed esibì il suo sorriso più amabile. “Tom, bentornato: stavo facendo gli onori di casa”.
“Credevo che la maniglia fosse difettosa e che foste andati a cercare Gazza per aiutarci” ribatté quest'ultimo con voce serafica ma inquietante.
“Lo abbiamo cercato!” si affrettò a replicare Morgana con il suo sorriso spudorato.
“Ci siamo persino divisi” continuò il Preside in tono convincente. “Stavamo giusto chiedendo alla signorina di aiutarci per estendere ulteriormente le ricerche...”
“Credevo mi volesse dire dove si trovano i bagni...” obiettò Luna con intonazione perplessa.
“Fortunatamente, a differenza nostra, hai avuto abbastanza forza da sbloccarla da solo, caro Tom” ribadì Silente. “Spero che tornerai di sopra con me: sono certo che alcuni dei tuoi ex compagni di studio muoiano dalla voglia di continuare a chiacchierare con te”.
Riddle gli rivolse un altro sguardo scrutatore, ma assentì con un cenno del capo. “Con permesso” si congedò, dopo aver guardato male Morgana. Da parte mia, ne evitai lo sguardo, ma deglutii a fatica quando mi disse: “Noi faremo i conti al lavoro”. Si mosse in rapide falcate e raggiunse il Preside. 
Merda.
Mi voltai per incrociare lo sguardo inflessibile della mia amica e capii che i guai erano appena iniziati. “Nell'armadio non c'erano borse...” mi fece notare con voce sarcastica. “Ma mentre mi affannavo a cercarla, mi sono ricordata che Bradley in persona la stava custodendo nel suo ufficio”.
“Oh, che scema, hai ragione!” mormorai per risposta, passandomi una mano tra i capelli. “Credo che andrò a recuperarla per telefonare a casa, prima che a mia madre venga un attacco di panico”.
“Certo” commentò lei con un sorriso velenoso. “Per tua fortuna ho un bersaglio più grande” sibilò in direzione di Morgana.
Lei ammiccò sfacciatamente: “Non ringraziarmi, è stato un piacere. Ora, se volete scusarmi, devo recuperare il mio ragazzo: finalmente posso godermi la festa”.
“Fai pure...” le sorrise Amy, raggiungendo Luna e conducendola con sé. “Finché puoi!” aggiunse e la minaccia riecheggiò nel corridoio.
 
~
Quando rientrai nella sala da ballo, i gemelli erano ancora impegnati a movimentare il rinfresco, Riddle era nuovamente circondato da alcuni conoscenti, Morgana si stava finalmente rilassando con Sean e Amy stava chiacchierando con Luna e Neville.  Bradley stava parlando con Colin e quest'ultimo gli aveva appoggiato la mano sulla spalla. Si capiva dalle loro espressioni che non fossero le loro tipiche schermaglie. Fu il moretto a notarmi e gli fece cenno in mia direzione. Lo salutai con la mano e lui si affrettò a raggiungermi.
“Hey” lo accolsi con un sorriso.
“Dov'eri nascosta?” mi domandò incuriosito.
“Scusami. Mi sono ritrovata, mio malgrado, coinvolta in uno degli intrighi di Morgana, ma almeno a fin di bene. Luna mi ha detto che mi stavi cercando...” soggiunsi.
“Infatti” confermò e mi cinse la mano. “Andiamo nel mio ufficio: parleremo più tranquillamente”.
Lasciai che mi facesse strada, ma avevo una strana sensazione e continuai a domandarmi che cosa potesse essere accaduto in quel breve arco di tempo.
Si chiuse la porta alle spalle e mi indicò la poltroncina che avevo occupato in altre occasioni, tuttavia preferii restare in piedi e lo guardai ansiosamente: “É successo qualcosa?”
“Sì, ma è una cosa potenzialmente bella” pronunciò con cautela e il suo volto restò teso.
Inarcai le sopracciglia. Era evidente che qualcosa lo stesse preoccupando, ma mi sforzai di mantenere la calma e mi avvicinai. “Puoi dirmi tutto, davvero...” lo incoraggiai.
Annuì e lo sguardo scintillò mentre un breve sorriso gli increspava le labbra: “Questa sera Anthony ha incontrato, tra i vari ospiti, l'amico di un regista che ha parlato di alcuni provini per una serie tv piuttosto prestigiosa di cui stanno selezionando il cast...” 
“E vogliono che tu faccia un provino?” domandai in tono febbrile.
“Tra i tanti, sì” mi spiegò. “Anthony ha proposto Colin, me e altri studenti e altrettanto ha fatto Silente con alcuni dei nuovi diplomati”.
“Ma è fantastico!” esclamai e lo abbracciai brevemente. Notando la sua rigidità, tuttavia, mi staccai con espressione confusa. Forse preferiva evitare di crearsi troppe aspettative.  “Insomma, eri così impaziente di tornare a recitare... perché sembri impassibile?”
Lui sospirò e mi cinse le mani. “Anthony vorrebbe che tornassi a Londra al più presto: vorrebbe aiutarci personalmente nella preparazione. Come sai, il mio lavoro qui è ufficialmente finito questa sera”.
Solo in quel  momento, mi presi davvero la briga di immaginare le possibili implicazioni e sentii mancarmi il respiro, mentre lo stomaco mi si stringeva. La distanza tra le due città era piuttosto impegnativa da percorrere per continuare una relazione, soprattutto nelle prime fasi. Scossi il capo e mi rimproverai. Bradley doveva pensare al suo futuro e io di certo lo avrei sostenuto. Liberai una delle mie mani per sfiorargli lo zigomo e gli sorrisi: “Spero che tu gli abbia detto di sì, perché dovresti cogliere al volo una simile occasione”.
Mi trattenne il dorso a contatto con la sua guancia e gli occhi si ammantarono di una dolcezza che aveva un retrogusto più amaro: “Vorrei essere abbastanza folle da chiederti di venire con me”.
Il solo pensiero della città mi faceva girare la testa, senza contare che più volte avevamo fantasticato su quali luoghi visitare insieme, soprattutto quelli legati alla sua formazione personale e professionale. Forse era proprio un segno del destino, mi dissi e il mio cuore scalpitò più rapidamente. “Sarei abbastanza folle da accettare”.
Sospirò e mi baciò la fronte, tuttavia la sua mascella si irrigidì e le labbra si contorsero come se avesse inghiottito un boccone amaro. Ebbi la sensazione di aver scelto la risposta che riteneva meno appropriata. Scosse il capo e mi guardò più intensamente: “Per quanto mi renderebbe felice, sarebbe egoistico da parte mia”.
Cosa stai dicendo?
“Non lo sarebbe affatto!” esclamai di impulso. “Sarebbe una mia scelta: certo, dovrei affrontare dei cambiamenti e separarmi dagli amici, ma ne varrebbe la pena per vivere a Londra” gli dissi, gesticolando animatamente.
Mi scrutò con espressione quasi analitica. “Quali progetti avresti?”
Mi parve di ricevere un pugno nello stomaco e mi sentii come quella ragazzina, alla fine delle scuole medie, che cercava di capire a quale istituto superiore dovesse iscriversi o, cinque anni dopo, la ragazza diplomata che doveva scegliere tra le facoltà universitarie. La stessa sensazione di trovarsi di fronte a un precipizio.  “Sinceramente non lo so ancora” risposi e scossi il capo. “Ma potrebbe essere un nuovo inizio per entrambi” sussurrai con l'ombra di un sorriso.
Sospirò come se gli stessi rendendo le cose ancora più difficili. “Supponiamo che io vinca il provino e debba partire per girare le riprese lontano dal Regno Unito... che succederà a quel punto?”
Mi morsi il labbro inferiore, costernata da quell'atteggiamento, ma lasciai cadere le braccia in un gesto frustrato: “Perché mi fai queste domande ipotetiche? Non possiamo saperlo in anticipo, ma immagino che ne discuteremo quando sarà il momento”.
“É questo il punto. Tu dovresti avere dei tuoi progetti, a prescindere dal sottoscritto”.
“Non sono un'esperta di relazioni come ben sai...” ribattei e sollevai le mani. “Ciononostante credo che certe decisioni dovrebbero essere discusse insieme, soprattutto se coinvolgono l'altra persona”.
“Certo,” ribatté più dolcemente, “ma sarebbe auspicabile che entrambe le parti avessero le idee chiare sui propri obiettivi personali”.
Sospirai e distolsi lo sguardo con un moto di disagio. “É vero: non so ancora quale sarà il mio futuro professionale” mormorai e sentii un nodo di ansia allo stomaco. Che cosa avevo fatto in quegli ultimi mesi? Ero stata impegnata nel lavoro al pub, nello spettacolo, nelle uscite con gli amici, nelle vicende con Tom ed Emma. Avevo trascorso il tempo a Glasgow, mi ero creata una nuova routine ma, riflettei con crescente angoscia, avevo messo da parte la domanda più importante.  Che cosa ne sarà di me?
Morgana, la cui abilità era pari solo all'ambizione, avrebbe sicuramente fatto carriera nella moda, Amy aveva già iniziato una nuova carriera, Luna aveva la sua compagnia di ballo e il suo lavoro di assistente sociale, Sean si sarebbe diplomato per poi tentare a sua volta con provini e spettacoli, Neville sarebbe diventato pasticciere... e io?
“Al momento so solo che non voglio perderti” sussurrai, seppur potesse suonare eccessivamente sentimentale.
Sembrò valutare con particolare attenzione le parole successive, prima di rivolgermi uno sguardo carezzevole. “Neppure io. Ma non lascerò che la tua vita ruoti intorno a me e al mio futuro: voglio che tu scelga la tua strada, a prescindere dalla mia. Solo così potremo stare davvero bene insieme”.
“So che hai ragione” mormorai e ne strinsi la giacca. Avevo la sensazione che potesse scivolare via e dissolversi come nei miei sogni.  “Ma lasciami venire con te, mi prenderò del tempo per riflettere, te lo prometto” mi sentii dire con voce più rauca. Tutti i segnali sembravano presagire un addio prematuro e al quale non ero assolutamente pronta.
“Non lo faresti. Ecco perché devo impedirtelo”.
“Bradley...” lo richiamai in tono angosciato.
Scosse il capo, indietreggiò e sollevò le mani: vidi un nervo vibrare sulla mascella tesa e sospirò, quasi si stesse dando coraggio. Un barlume di determinazione ne fece brillare lo sguardo: “Non voglio che tu venga con me” dichiarò infine.
Non sta accadendo davvero.
Distolsi il mio sguardo e mi morsi il labbro inferiore, sentivo un nodo in gola, gli occhi prudere e una sensazione crescente di nausea montarmi dentro. Mi concentrai sulle suppellettili che mi circondavano ed ebbi l'impressione che trattenessero ancora alcuni dei ricordi più preziosi: dall'emozione che avevo provato durante la nostra prima lezione a quegli ultimi giorni, in quei momenti rubati dopo le prove generali. Socchiusi gli occhi e presi un profondo respiro.
Svegliati.
Restai a fissare il pavimento perché temevo di compromettere il mio autocontrollo e la mia capacità di dire qualcosa di sensato, nonché di ledere al mio orgoglio.
“Che cosa significa per noi?” gli chiesi con voce rauca. “Proveremo a vivere una storia a distanza, prima di rinunciare? O dovremmo finirla qui?”
Non può essere vero.
Trasalii quando sentii nuovamente le sue braccia intorno alla vita. Mi pressò con forza contro di sé e parlò al mio orecchio. “Non ho intenzione di dirti addio, a meno che non sia tu a desiderarlo” mi rivelò contro la mia guancia. La sua voce appariva più tremante del consueto e mi strinse quasi fino a farmi male.
“No...” mormorai in un singhiozzo e non riuscii più a trattenere quella parvenza di calma. Ne cinsi il collo e mi nascosi letteralmente contro la sua spalla. Lasciai che mi accarezzasse i capelli, ne ascoltai le parole rassicuranti, le promesse e gli incoraggiamenti, ma chiusi gli occhi e desiderai soltanto che spazio e tempo si annullassero.
Dimmi che è un incubo.
 
 
 
~
 
Riconobbi subito quel luogo. Era buffo rendersi conto che, a differenza delle volte precedenti, non provavo alcun batticuore o alcuna trepidazione, ma soltanto un misto di insofferenza e di stanchezza. Mi avvicinai comunque al pianoforte e presi tra le dita la rosa dal lungo stelo. Mi concentrai per un solo istante, alla ricerca di un profumo o della mera illusione di un'altra presenza, seppur invisibile.  Un sorriso sarcastico mi affiorò alle labbra e mi volsi, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi: “Allora?!” domandai, alzando la voce e sentendola riecheggiare nella sala da ballo vuota.  “C'è qualche altro criptico consiglio che vorresti offrirmi?!”
Attesi solo qualche secondo, prima di lasciar cadere il fiore con un gesto quasi sprezzante.
“Non ho più tempo per queste stupidaggini...”
Mi guardai attorno e, nonostante tutto, sentivo il bisogno di scorgere un riflesso, un'ombra, qualsiasi cosa. “Mi hai sentito?!”
Mi sedetti sul pavimento, mi presi il viso tra le mani e serrai gli occhi. Mi sentivo soffocare e incapace di muovermi. Mi concentrai esclusivamente a immaginare una via d'uscita, anche se appariva tutto inutile.
“Basta...” singhiozzai in tono di supplica. “É il momento di crescere, lasciami andare!”.
 
Schiusi gli occhi dopo il rimbombo di un tuono in lontananza. Sbattei le palpebre a più riprese. Mi soffermai ad ascoltare l'ululato del vento e scroscio sempre più intenso della pioggia. Avevo le guance realmente bagnate dalle lacrime e mi affrettai ad asciugarle. Mi abbandonai nuovamente contro il cuscino e, mio malgrado, lasciai che le immagini delle ultime ore continuassero a vorticarmi di fronte. La sensazione più fastidiosa era quella di naufragare nell'inerzia e in uno stato di eterna indecisione. Avrei voluto prolungare quella sospensione del tempo, ma sapevo che avrei dovuto schiarirmi la mente, prima che fosse troppo tardi.
 
~
 
Trovavo affascinante il modo in cui il paesaggio cambiava a causa della pioggia: si aveva di fronte lo stesso scenario con i medesimi alberi e palazzi, ma era come se i colori divenissero più freddi e gli aromi meno artificiosi e più silvestri. Quasi il sole creasse un'illusione che riusciva solo momentaneamente a mostrare la più bella e artefatta superficie di ogni cosa. Forse l'amore agiva nello stesso modo, dandoci l'illusione che la vita fosse più “fiabesca”, prima di tramortirci di nuovo.
“Hey...” mi richiamò Morgana, alle mie spalle. “So che te l'ho già chiesto, ma come ti senti?”
La notizia dell'imminente partenza di Bradley aveva sconvolto tutta la nostra compagnia: Sean, forse per la medesima aspirazione professionale, aveva compreso prima di tutti la necessità di essere tempestivi e razionali. Tuttavia, anche gli altri erano stati piuttosto empatici sulla sua decisione di lasciarmi andare, affinché potessi focalizzarmi esclusivamente sui miei progetti.  Mi avevano fatto notare che naturalmente per me era difficile perché ero emotivamente coinvolta, ma erano più che sicuri che sarei giunta alla loro stessa conclusione, una volta che fossi riuscita a ragionare con maggiore lucidità. Gliene sarei stata persino riconoscente. Luna, a modo suo, aveva cercato di rincuorarmi: a suo dire, Venere si sarebbe allontanata dal mio segno momentaneamente per poi ritornare con l'avvicinarsi dell'autunno. Avrei dovuto sfruttare quel tempo per recuperare energia fisica e karmica. O qualcosa del genere.
Lasciai la tendina della finestra e mi voltai. “Abbastanza,” risposi, “comunque adesso sono più tranquilla” ammisi.  O almeno era ciò che continuavo a ripetermi.
Anche il suo sorriso appariva triste e mi strinse la mano. “É quasi ora, sei pronta?”
“No, ma devo farcela comunque” risposi.
 
La pioggia era incessante, ma dovevo ammettere che si trattava di un elemento “scenografico” piuttosto appropriato alla situazione. Esitai un solo attimo prima di bussare e schiudere l'uscio, quando sentii la voce di Colin dall'interno. Seppur avessi passato poco tempo tra quelle pareti, ebbe un effetto stordente rendersi conto di quanto fosse spoglio delle suppellettili e degli oggetti che la rendevano, a tutti gli effetti, una casa vissuta. Restavano solo i mobili e i quadri che avrebbero accolto il prossimo inquilino.
“Ciao Sarah...” mi sorrise il moretto con un cenno del capo. Alle sue spalle, apparve Bradley con le valigie pronte.
“Ciao Colin” gli sorrisi per risposta e lo abbracciai brevemente. “Buon viaggio e buona fortuna per tutto”.
“Anche a te” mormorò per risposta, salvo volgersi all'amico per prenderne i bagagli, ma gli lasciò la valigia che usava per l'Accademia. “Ti aspetto fuori” gli disse. Lo seguii con lo sguardo e attesi che chiudesse l'uscio affinché potessimo restare soli.
Bradley ricoprì la distanza e un sorriso sincero gli increspò le labbra, ma lo sguardo era ammantato della stessa malinconia che mi premeva addosso dalla sera dello spettacolo.
“Hai preso tutto?” gli chiesi per rompere gli indugi.
Annuì, appoggiò la borsa sul pavimento e mi attirò a sé per un abbraccio.
Mi costrinsi a scostarmi dopo qualche istante, consapevole che così facendo sarebbe stato ancora più arduo separarsi e cercare di restare calma. Avrei voluto che affrontassimo la sua partenza nel modo meno doloroso possibile.
Sospirai. “Davvero non mi chiederai di seguirti?” gli domandai, seppur già conoscessi la risposta.
Mi scostò una ciocca di capelli dal volto: “Mi sto trattenendo a fatica” mi confessò con un sorriso.  “Per quanto la mia scia possa essere irresistibile e unica,” si concesse un'espressione di mero autocompiacimento prima di farsi serio, “voglio che inizi a brillare da sola”. Sembrò supplicarmi con lo sguardo di comprenderlo, pur dovendo distaccarmi dai sentimenti.
Annuii. “Valeva la pena fare un ultimo tentativo...” mi schermii con sorriso, quasi a smorzare la tensione, ma mi affrettai ad aprire la mia borsa. “Ho qualcosa per te.” Estrassi un raccoglitore e glielo porsi. Lo guardò con espressione incuriosita e lo aprì per scorgere una pila di fogli stampati in inglese e divisi in due sezioni.
“Morgana è stata così gentile ad aiutarmi a tradurli in tempi record” precisai. “Sono le bozze di un paio di racconti su cui ho lavorato dal mio arrivo a Glasgow,” gli illustrai e allusi in particolare al secondo che appariva anche visivamente più prolisso. “Questo ha un nuovo protagonista e l'ho iniziato qualche giorno dopo il nostro incontro...”
Era la prima volta che consegnavo in maniera simbolica una parte di me a qualcuno di così importante, a dispetto del timore di essere giudicata. Ritenevo che fosse la cosa più “personale” e “vissuta” che potessi affidargli, affinché, a prescindere dal nostro futuro, gli restasse un mio ricordo tangibile. Era anche un espediente per ringraziarlo di avermi sempre spronata a ritagliarmi del tempo per coltivare quella passione. “Devo avvertirti che quest'ultimo è incompleto: anche la protagonista ha bisogno di prendersi del tempo per sé”.
“Non vedo l'ora di leggere entrambi.” Mi aveva ascoltato con grande attenzione e aveva lasciato vagare gli occhi tra le prime righe, cercando un qualche indizio saliente del tipo di narrazione. “Significa molto per me poter entrare nei tuoi pensieri e conoscerti meglio...”
Ancora una volta mi resi conto di quanto lo ritenesse possibile. Ammorbidì le labbra in un sorriso più sfrontato e quel baluginio suadente ricomparve nei suoi occhi: “Inoltre sarà particolarmente lusinghiero trovare un personaggio ispirato a me”.
Ridacchiai con aria bonaria: “É un rischio possibile”.
“Ma dimmi, cosa passa per la testa della mia protagonista preferita?”
Ero lieta di poter rispondere, soprattutto dopo la nostra ultima conversazione che aveva innescato molti dubbi e tormenti.  “Ho deciso di tornare a casa per il momento...” lo informai senza esitazione. “Ho già rassegnato le dimissioni al pub e parlato con la nostra affittuaria: Angel prenderà la mia stanza per aiutare Morgana con l'affitto” spiegai. Non volevo indugiare in quei pensieri: persino la reazione comprensiva del Signor Riddle mi aveva commosso.
Mi sfiorò la guancia e sospirò. “Deve essere stato difficile...”
“Le ragazze hanno capito, anche se avrebbero preferito che restassi” risposi con voce flebile.
“Io credo che sia una buona idea...” disse di rimando, dopo qualche istante. “Ti gioverà questo passo indietro, stare tra i tuoi affetti, tra i tuoi luoghi familiari e, soprattutto, dedicare del tempo a te stessa”.
“Lo farò” promisi. Sentivo anche io, in cuor mio, che era la cosa migliore.
Mi lasciò andare solo per recuperare la sua valigetta e rivolgermi un sorriso: “Anche io ho qualcosa per te”. Mi porse un libricino rilegato in pelle e il mio sguardo cadde sul titolo, impresso a lettere dorate. Inarcai le sopracciglia e, al suo cenno del capo, lo schiusi per osservarne le prime pagine e un sorriso mi affiorò alle labbra quando lessi il nome del protagonista e il mio sospetto fu confermato. Vi era anche il nome del suo mentore indicato come autore del testo.
“É davvero...?”
“Il copione dello spettacolo, sì” confermò. “Anthony è stato molto comprensivo quando gliene ho chiesto una copia”.
Riconobbi alcune delle scene che avevo visto dal vivo e sentii un misto di gioia e di nostalgia. Se avessi socchiuso gli occhi, avrei potuto illudermi di trovarmi ancora in quel teatro e di poterne nuovamente ammirare il talento e l'impegno.
“Mi hai detto più volte che quella notte ha cambiato la tua vita: per me è stato lo stesso”.
Ne sussurrai il nome con voce flebile e sentii le lacrime scivolarmi sul volto, incapace di trattenerle ulteriormente. Fu con un movimento delicato delle dita che me le scostò, prima di sollevarmi il mento e chinarsi sulle mie labbra. Ne sfiorai la gota con la mano libera, cercando in quel contatto di fargli comprendere ciò che era difficile esprimere a parole e mi faceva mancare l'aria all'idea di lasciarlo andare e di allontanarmi da lui. Sospirai e indugiai contro il suo petto e cercai di memorizzare ogni dettaglio, dal calore del suo abbraccio, fino all'essenza del suo profumo.
“Credo che ti lascerò un'altra cosa.”
Sembrò lui stesso faticare a mantenere un timbro allegro e sferzante, dopo essersi divincolato gentilmente. Lo vidi allungare le braccia al proprio collo per cercare di sciogliere la catenina.  Aveva un significato molto importante per lui: un regalo del nonno paterno che aveva voluto festeggiare il diploma all'Accademia di Londra. Era stata la prima persona alla quale aveva confidato il suo sogno e il primo a incoraggiarlo a dedicarvi anima e corpo, soprattutto nei momenti di difficoltà. Mi aveva detto che l'avrebbe sempre indossata come promessa a se stesso e ai suoi cari di non desistere mai dalle proprie aspirazioni[10].
“Non posso accettarla...” mormorai imbarazzata. “É troppo importante per te”.
“Te la sto affidando fino al giorno in cui ci rivedremo” mi disse in tono rassicurante e mi augurai che quelle parole mi avrebbero aiutato ad affrontare i tempi successivi.  Mi sarebbero state di monito e mi avrebbe ricordato che lui credeva davvero in me.
L'avvolse intorno al mio collo e fece scattare la piccola chiusura. Mi scrutò e sorrise. “Devo ammettere che sono quasi geloso di come ti stia...” commentò in tono leggero e ammiccò.
Presi il ciondolo e lessi la citazione sulla parte davanti: A goal without a timeline is just a dream[11] che si sarebbe potuto tradurre in: “Un obiettivo senza pianificazione temporale resta solo un sogno”.
Sul retro vi era impressa la data della fine dei suoi studi.
“Ne farò tesoro fino a quel giorno...” promisi con gli occhi ancora umidi.
“Non ti dirò addio...” ribadì di nuovo e appoggiò la fronte alla mia.
“Neppure io” sussurrai. Mi sollevai sulle punte e lo trattenni per qualche istante ancora.
“Vai...” lo incoraggiai.
“A presto”. Mi baciò la guancia e mi lasciò tra le mani le chiavi dell'appartamento.
Ripetei lo stesso congedo con voce strozzata. Mi sforzai di sostenerne lo sguardo mentre raccoglieva il faldone e indietreggiava. Quasi di tacito accordo rimasi all'interno e lasciai che lui e Colin scambiassero i saluti finali con i nostri amici.
 
Non seppi quanto tempo fosse passato, prima che la porta si schiudesse nuovamente, ma rimasi nella mia posizione per nascondere il mio volto.
“Noi ti aspettiamo qui, se ti serve ancora qualche minuto” mi rassicurò Sean con la consueta gentilezza.
Inspirai profondamente. “Arrivo” sussurrai.
Non è un addio, mi ripetei con il cuore in gola e lo stomaco serrato.  Dopo aver rivolto un ultimo sguardo al soggiorno spoglio, abbassai la maniglia e sigillai.
Devo crederci.
 
 
 
 
To be continued...
 
 
 
 
Ben ritrovati :D
 
Siamo ormai agli sgoccioli della storia e non vi nascondo che da un lato provo un enorme sollievo, ma d’altra parte mi mancherà iniziare un nuovo documento per raccontare la vicenda di Sara e dei suoi amici. Se conoscete Bradley James, potete già immaginare che cosa ho in serbo per lui e che mi è sembrato un bel regalo del destino :P In caso contrario, non resta che attendere.
Grazie dell’attenzione, soprattutto alla mia sostenitrice più presente nonché co-autrice di molte delle storyline che state leggendo ;)

Alla prossima,
Kiki87
 
[1] Ho leggermente modificato la traduzione, per renderla più idonea alla narrazione. Potete leggere il testo originale e ascoltare la melodia qui
[2] Il vestito a cui mi sono ispirata è visibile in questo bellissimo blog Tumblr in cui si trovano molte altre foto per chi fosse appassionato all’epoca e volesse vederne gli abiti. 
All’epoca le donne tenevano necessariamente i capelli raccolti e nel caso di quelle nubili, come Elisabeth, era concesso far mostra dei boccoli. Quelle sposate avevano pettinature più “austere”. Ho scelto questo hairstyle  ma potete ammirarne altri nella pagina principale
[3] Immagino che l’abbiate riconosciuta :P  Mi sono ispirata alla descrizione della Rowling nel capitolo 18 del quarto libro. 
[4] Questa battuta è stata ripetuta più volte nel corso della storia, ma è comparsa la prima volta nel capitolo 4, mentre Sara apprendeva la versione originale del copione con tanto di bacio finale.
[5] Ringrazio la mia amica Evil Queen per aver avuto anche questa brillante idea che mi sembra un modo perfetto per “chiudere il cerchio” anche alla fine dello spettacolo cui ha preso parte Sara.
[6] E’ stata la mia amica ad avere l’idea per questa battuta, tratta dal divertentissimo: “Ritorno al Marigold Hotel” (2015) come potete vedere dal trailer :D 
[7] Le due frasi in corsivo sono state pronunciata da Daniel nel capitolo 10, prima della sua rottura con Amy :D
[8] Per rinfrescarvi la memoria, i torti più gravi di Morgana ai suoi danni sono stati: l'incidente della foto con il Signor Riddle, l’averla spinta contro di lui durante il ballo e quest'ultima iniziativa. Ovviamente non sono conteggiate le tipiche schermaglie e canzonature quotidiane o la cifra sarebbe moooolto più consistente :D
[9] Si tratta del protagonista maschile di “Cime Tempestose” di Emily Brönte, personaggio che Ralph Fiennes ha realmente interpretato nell’omonimo film del 1992. 
[10] Ho notato, dal suo account instagram, che Bradley indossa spesso una collana di cui però non si scorge il ciondolo, quindi ho pensato che potesse essere un bel gesto simbolico. Naturalmente, tutti questi riferimenti sono fittizi, ma anche se non mancano interviste in cui racconta aneddoti reali della sua vita e formazione, ho preferito inventare un background che si adattasse alla storia :P
[11] La citazione è di Robert Herjavec.
   
 
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