Serie TV > 13 Reasons Why - Tredici
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Autore: N e v e r l a n d 91    07/06/2020    1 recensioni
[Zalex] Divisa in due parti.
[Dal testo:]
«E chi sono io?»
Ancora una domanda e la lama scava più a fondo nel petto di Alex. Avrebbe voluto essere onesto, ma esporsi di nuovo l’avrebbe fatto crollare in mille pezzi e probabilmente niente sarebbe bastato a dargli la forza di ricostruirsi. 
«Sei Zack–– e io sono Alex.»
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alex Standall, Zach Dempsey
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Beyond the mist.





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“C’è sempre la nebbia nei miei ricordi.
E nei tuoi, nei nostri.
C’e sempre la nebbia, oltre il velo.”

_________________


 

Si dice che la fine non sia altro che un inizio capovolto. Una sorta di cammino percorso al contrario in cui si scivola tra errori già commessi al fine di analizzarli meglio e correggerli per partire da capo, ancora una volta, come la prima ma con una consapevolezza diversa.
Si dice che cristallizzarsi nel passato sia deleterio, che gli ostacoli vadano superati e che gli scheletri non restino mai troppo tempo a stagnare negli armadi. Ed è vero, sotto alcuni punti di vista. Non nei suoi, no. Lui non può permettersi di appoggiare pensieri morali, troppo impegnato a galleggiare in quell’oceano di morte e menzogne che si trova attorno.

«Posso averne un altro?»
Chiede, sfiorando con il fondo del bicchiere il tavolo in legno sottostante. Il Bar-man annuisce e afferra il bourbon per stillarlo nel calice del moro.
«Brutta giornata?»
Zach si sofferma ad osservare il liquido che scivola nel fondale, pensa che se quella domanda gliel’avessero posta Clay o Jessica, probabilmente avrebbe dato una risposta differente, ma non conosce quel tipo e la verità gli arde nella gola e punge contro le corde vocali in una maniera quasi soffocante. Quindi sorride e fa scivolare lo sguardo dal tavolo agli occhi cerulei del cameriere.
«Diciamo che da oggi mi lascio il passato alle spalle.»
Risponde, sfiorando con il pollice il bordo del vetro che nel frattempo ha assunto riflessi color miele.
«Ed è una cosa buona?»
Glielo chiede sorridendo e il moro ricambia, sollevando la mano per simulare quel brindisi solitario che va avanti da tanto, troppo tempo.
«Ottima.»
Asserisce, ma non ne è più così convinto.
Si chiede se qualcuno si sia accorto della sua assenza alla festa, se Charlie abbia già portato Alex in camera.
Sa che la risposta alla prima domanda è che no; nessuno ha notato la sua assenza. Mentre sulla seconda affiora un’incognita. Chissà, chissà.
Chissà se le sue parole siano valse qualcosa.
Zach sa di essere contorno in una trama inconcludente, il classico personaggio marginale che nessuno vuole ascoltare né vedere, che serve per capire e per far capire, vuoto della sua stessa esistenza, nonostante quell’anno lo abbia passato dilaniarsi, per essere notato.

Ha sempre avuto poche cose davvero sue nella vita:
C’era stata l’auto, la sua passione per la biologia, il suo talento per la musica e poi c’era stato Alex.
Con lui è riuscito a riscoprirsi, a differenziarsi; Ad essere Zach.
Con quante altre persone può dire di sentirsi se stesso? Con nessuno e nessuno con un minimo di cervello sarebbe stato disposto a mettere a rischio quel legame. Le sue esperienze con l’amore sono state disastrose, una dopo l’altra. E’ stato solo, ma lo è stato con Alex. Fino a quel momento almeno.
Tanto meglio ignorare i pensieri ed affogarli nel liquore. Riscoprire nel bruciore alla lingua quell’ardore avvertito sul tetto qualche mese prima e poi ancora al cimitero. Tanto meglio così, si era risposto. Ed avrebbe dovuto rispondersi allo stesso modo anche prima di mandare tutto a puttane.

«Te ne ho già serviti cinque e credo di rischiare le manette al prossimo.»
Il cameriere ride mentre lo dice e capovolge il bicchiere sul tavolo, nel tacito segno di una forzata conclusione.
«Andiamo, lo sai che non puoi convincermi così.»
Il barista scrolla le spalle, riposizionando la bottiglia nel punto in cui l’ha presa, tappando così quel buco tedioso sullo scaffale.
«Cosa ti porta ad annientarti in questo modo?»
Gli chiede e l’asiatico torna a guardare il riflesso ambrato delle gocce di Burbon sul vetro del bicchiere.
«Molte cose, a dirla tutta»
Risponde in un sorriso con cui cerca di celare il dolore che pressa al centro del petto con la stessa intensità di un ratto che gratta e gratta contro i muscoli del costato per cercare uscire da quella prigione asfissiante, per liberarsi e liberarlo da tutto quel nero pece che pulsa nel cuore e nelle vene.
E gratta, gratta anche Zach, nella sua testa, cercando risposte negli occhi chiari del barista che ha un che di familiare e un che  di serafico al tempo stesso.
«Ho sbagliato oggi–– e avevo bisogno di un amico.»
La risposta arriva condita da funerea insofferenza e il moro sfiora tra loro i pollici che avvolgono il bicchiere capovolto. Vorrebbe bere ancora per aiutarsi a parlare ma lui non vuole e Zach lo rispetta.
«Hai fatto un casino?»
«Ho fatto un casino.»
Conferma.
«Di cosa vuoi parlare. Di te, o del tuo casino?»
I gomiti del barista poggiano sul bancone e le iridi chiare sono puntate su quelle nere di Zach che fatica a mantenere la lucidità ma si forza a farlo. Schiude le labbra per esplicare un pensiero al vetriolo che però cade indietro e va' a stagnarsi in gola, sfregando contro le corde vocali.
«Dempsey.»
Lo incalza l’altro e lui scuote il capo. Sente l’ansia ardere nello stomaco e il battito accelerare. Sa’ di dover vomitare quell’oblio di nero divelto che si effonde nel corpo, ma non sa’ se riesce a trovarne la forza.
«Di Alex. Voglio parlare di Alex.»


 


 

«Avanti passami la bottiglia.»
«No, smettila dai!»

Zach ride mentre lo ammonisce e Alex serra di più le dita attorno al suo polso, cercando di imporsi nonostante l’evidente differenza d’altezza.
«Zach, avevi promesso.»
«E tu avevi giurato di non seguirmi più nelle mie imprese folli. Eppure eccoci qui!»
Spalanca le braccia verso il cimitero, ondeggiando per mantenere l’equilibrio sulla linea in rilievo del selciato. «Un tempo avresti camminato con me, Alex. Perché ora mi osservi dal basso?»

Alex lo guarda come se fosse un povero pazzo, come se si stesse aggrappando a qualcosa di astratto. E forse è così, forse Zach gli sta sfuggendo di mano come avevano fatto altri prima di lui. Come Jessica o Clay, come Justin.
Quindi lo strattona per riportarlo alla sua altezza e la bottiglia gli cade dalle mani, rotolando sui ciuffi d'erba stantia del cimitero.
Lui sembra infastidito da quel gesto, lo comprende dalla mascella tesa e dallo sguardo perso oltre i suoi capelli, verso le lapidi illuminate dalla luna.
«Qualcuno deve stare con i piedi per terra…»
Risponde Alex e che quel qualcuno debba proprio essere un ex-suicida è quasi esilarante. Zach lo pensa ma evita di dirlo, nonostante il mezzo sorriso ironico sul viso lo faccia benissimo al suo posto.
Il castano corruga la fronte, cercando di far incrociare i loro sguardi.
«Avevi promesso di smetterla con l’alcol. Zach, cosa vuoi fare? Vuoi avvelenarti fino a morire? Tu me lo avevi promesso!»
«Smettila di dirlo!»
Lo zittisce Dempsey, strattonando il braccio per interrompere quel contatto. Serra la mascella ed è visibilmente irritato. Arrabbiato per qualcosa che Alex non riesce a capire.
«No, non la smetto. Non lascerò che tu ti uccida.»
«Non credo sia una tua decisione»
«Non lo è, Zach. Come non era una tua decisione obbligarmi a vivere!»
«E’ diverso.»
«In che modo lo è?»
Zach distoglie lo sguardo e porta una mano a sostegno della fronte. E’ stanco di litigare, stanco di cercare le parole giuste e di dover tener conto degli altri prima ancora che di se stesso.
Alex avanza, tenta di sollevare la mano sul polso dell’asiatico ma la blocca a mezz’aria prima di lasciarla cadere sul fianco in segno di resa.
«Eravamo tutti tranquilli alla festa in casa di Clay. Perché hai voluto andare via?»
Zach inclina la testa. Stringe di più gli occhi e il cuore si accartoccia. Si appiattisce. Cerca di difenderlo dal dolore che sente, ma è solo peggio.
«E tu perché hai deciso di seguirmi?»
Gli chiede e torna a guardarlo, ad affondare nell’oceano delle sue iridi azzurre. Ed Alex spalanca gli occhi, colto alla sprovvista da quella domanda. Sospira, corruga la fronte e cerca di dissimulare una naturalezza che non prova. Si sente punto nel vivo, attaccato nell’intimità ancora una volta, come nell'ufficio durante la rivolta.


«Perché…» Inizia a parlare ma le parole gli si incastrano in gola. Ed è così ovvio, così facile da realizzare che l’ignoranza di Zach sembra essere quasi una punizione. Dannato sia Dempsey, lui e la sua crudele influenza. Lui e le sue mani. E i suoi occhi. Dannati siano i suoi occhi. «Perché sei tu.» Risponde, levigando la realtà e risulta così falso in quel tentativo di mascherarla che Zach scosta lentamente lo sguardo, eppure rimane lì, chiuso in quel mondo a parte, dove solo Alex sa portarlo. Poi analizza la risposta e si arrende alla realtà dei fatti. Gli crede e lo sguardo vacuo macchiato di imbarazzo che gli dedica ne è la riprova.

«E chi sono io?»

Ancora una domanda e la lama scava più a fondo nel petto di Alex. Avrebbe voluto essere onesto, ma esporsi di nuovo l’avrebbe fatto crollare in mille pezzi e probabilmente niente sarebbe bastato a dargli la forza di ricostruirsi.
«Sei Zach–– e io sono Alex.»
Solleva il braccio ed accorcia le distanze, sfiorando con l’indice il palmo della mano dell’asiatico, che sente l’alcol nelle vene opporsi a quel tocco ed agitarsi nella carotide. Il cuore nelle orecchie, perché vuole amare altri e non chi ama di più. Rischiare di perdere altri per non perdere mai lui.
Non è la risposta che cerca, è uno specchietto per le allodole, luce per zanzare. Gli fa’ male vederlo star bene senza di lui.
«Quel bacio non è stato un disastro.»
Dice, come se l’ultima precisazione fatta in quel parcheggio non fosse stata sufficiente. Deve capire, Alex. Osservare il punto nascosto oltre i rovi, la dove tutto tace e segreti vengono soffocati da molecole di alcoliche mucide.
Poi lo guarda. Ha capito. Gli occhi spalancati ne sono la riprova. Schiude le labbra e boccheggia una risposta.
«Mi hai allontanato.»
Sibila, trattenendo le lacrime. Si incatena nella profondità dei suoi occhi marroni e cerca di ancorarsi lì, dove anche il silenzio è amichevole. 
Ed è così terribilmente reale da fargli male. Zach Inclina la testa, malinconico. Glissa il discorso e nasconde la verità in un sorriso che quasi non può fare a meno di regalargli.

«Perché era più facile che lasciarmi cadere.»

 

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Note dell'autrice:

Se tutto vi sembra confuso e irreale, sono riuscita
a    rendere realistico    ciò   che avevo   in mente.
Avverto  già d'ora che il finale non sarà molto lieto
per i nostri piccoli,  ma questo già lo immaginerete
Vista    la natura    della serie    TV da   cui è tratto!

  
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