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Autore: fool_dynosaur    07/06/2020    0 recensioni
Felix è un ragazzo affetto da una rara sindrome che lo obbliga ad auto-isolarsi dalla società dopo la tragedia della sua famiglia. Tutta la bella vita che il ragazzo si era creato la stava calpestato da solo.
Molly è una ragazza universitaria dalla stanza incasinata e il cuore puro. Ciò che aveva cambiato la sua vita era uno strambo tipo taciturno.
Un giorno per puro caso, la solita curiosità della ragazza la spinge ad avventurarsi nel mondo offuscato del ragazzo, cercando di tirarlo fuori dall'annegare nei suoi stessi rimpianti.
-
( Questa è un’opera di fantasia, qualsiasi referenza al mondo reale è puramente causale. )
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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C a p i t o l o 
C i n q u e

 

 

Black Pearl

 

 

 

Sora tirò ancora, quasi soffocandosi per arrivare alla quercia del parco.  Molly lo seguì fermandosi appena il cane trovò la sua toilette, girandosi per dargli un po’ di intimità. Sentì lo sbuffò di Felix dal telefono.

“Sei morta di nuovo?”

“Hey, non è colpa mia, Sora ha da fare anche i suoi bisogni.”

“Ma che razza di lavoro ti sei scelta?!”

Il telefono della ragazza scivolò dalle dita finendo per sbattere sul marciapiede, creando una crepa leggera sullo schermo touch.

“Oh. - si lamentò la ragazza riprendendo l’oggetto in mano per controllarlo. - Ci sei ancora Fì?”

“Cristo, cos’era quel rumore?” - domandò pulendo il bancone del bar.

“Mi è caduto il telefono. - Il piccolo yorkshire si allontanò dall’albero iniziando a camminare lungo il viale più affollato del solito. - Comunque, com’è andata ieri al gruppo?”

Il ragazzo alzò le spalle posando la pezza accanto al lavandino, guardando Ethan provare a toccarsi il naso con la lingua.

“Poteva andare meglio. - Si allontanò verso la porta della cucina, mettendo una mano sopra il cellulare per non farsi sentire. - Ma Hanna è stramba.”

Chris aprì la porta verso la sala per portare i nuovi cornetti, senza rendersi conto della presenza del collega dietro la porta. Molly sentì solo un tonfo prima che la chiamata fosse interrotta. Guardò il telefono non capendo cosa fosse successo e Sora non aiutava dato che stava tirando fin troppo il guinzaglio per la forza della ragazza.

Molly Davis adorava gli animali, a parte i pesci rossi e i ragni. Rabbrividì al ricordo del primo incontro con quell’essere dagli otto piedini. Il lavoro da dogsitter lo aveva trovato quasi per fortunata, dopo che per più di quattro mesi aveva cercato uno qualsiasi. Trovare lavoro al vecchio quartiere era difficile soprattutto se eri ancora una ventenne, ma quando la signora Cloud appese al muro degli annunci una richiesta di dogsitter, Molly fu la prima ( e l’unica ) a rispondere. La paga era misera, Sora e gli altri cani spesso avevano più forza di lei nonostante fossero piccoli ma lo trovava rilassante. Certo, sarebbe stato sempre più difficile stare con Felix dato i sempre più caricati impegni. Molly tra due giorni avrebbe finito il suo penultimo anno d’università, Felix aveva accettato il contratto indeterminato al Bubble Bar, lei studiava e lavorava, lui andava al gruppo di sostegno. Contando tutto, si rese conto che l’unico momento certo in cui si sarebbero visti sarebbe stato il mercoledì mattina. Per lei era diventato un momento importante di un luogo importante. La prima volta si erano incontrati così – okay, forse senza che Felix lo volesse poi così tanto – e pian piano era diventato un qualcosa simile ad un rituale. Era una cosa molto importante per lei, la legava molto al ragazzo. Strinse la sfera di Adele che aveva nella tasca sinistra, immaginando il giorno in cui tutto sarebbe finito. La sua amicizia con il sindrome del pesce rosso non sarebbe finita, no? Deglutì, guardando Sora fissare una cagnolina da loro poco distanti. Sospirò prendendo il cagnolino in braccio, iniziando a camminare verso la casa della signora Cloud.

Quella sera tornò al Bubble Bar, aspettando che chiudessero per passare un po’ di tempo con l’amico. Non riusciva a capire perché sentisse il bisogno di passare più tempo possibile con lui, ma gli andava bene, perché stargli accanto la faceva sentire meglio.

“Ho pensato ad una cosa.”

Felix si voltò verso di lei per un attimo, tornando con lo sguardo sulla strada verso la casa di Molly.

“Mh.” - disse per mostrarsi interessato.

“Che da adesso abbiamo pochissimo tempo da passare assieme. Lunedì ho le ultime lezioni, non sarò più in grado di visitarti di mattina al bar, e poi avrò gli esami.”

Il ragazzo sentì un strano senso di tristezza, venendo investito da un colpo al cuore quasi doloroso. Sospirò, allontanandosi di un passo da Molly. Quasi non ne poteva più di quelle sensazioni.

“Ci rimane il mercoledì mattina, e quelle volte che vorrà la fortuna.”

Alzò le spalle quasi indifferente, anche se avrebbe voluto dire che gli dispiaceva. Ma perché se non trovava una risposta? Iniziò a sentire un leggero mal di testa a causa delle pressioni che si creava da solo.

Hanna si morse le unghie, aspettando davanti al vecchio ospedale che arrivasse Felix. Quando lo vide in lontananza sorrise, portando le mani dietro la schiena dopo che si sistemò i capelli. Inizialmente trovava il ragazza strano, antipatico e facilmente irascibile; ma ogni volta il suo pensiero cambiava. Soprattutto dopo l’incontro al Bubble Bar, per lei era così carino con quel grembiule da cameriere. Al pensiero arrossì, nascondendo il viso dietro le mani. Non era possibile che Felix le piacesse; perché dovrebbe? Non era il genere che lei cercava o che le era sempre piaciuto. Scosse la testa convinta.

“Giusto, a me quello lì non piace.”

Subito dopo quella frase singhiozzò, strabuzzando gli occhi.

“Okay, forse un pochino.”

Un altro singhiozzo la fece confondere, sbattendo il piede per terra.

“Mi piace Felix?”

“Eh?” - chiese il ragazzo, inclinando la testa.

Hanna alzò lo sguardo sul viso corrucciato del castano, andando in confusione. Fece un sorriso tirato, arrossendo più di prima.

“Nulla, mi chiedevo se ti piacesse lavorare al Bubble Bar. Sembra un bel posto.”

Singhiozzò nuovamente. Sunggyu alzò le sopracciglia sorpreso.

“Era la prima volta che ci venivi?”

La bionda annuì, seguendolo verso l’interno dell’edificio.

“Sì. Abito al vecchio quartiere da solo un anno, e mia madre non mi lascia andare in giro senza qualcuno che conosca il posto. Ma non riesco a fare amicizia, perciò resto a casa.”

Fece una smorfia, entrando nella solita sala quasi cadente. Ogni volta, i primi che entravano lì dentro, sentivano una puzza di chiuso quasi asfissiante, costringendoli ad aprire subito le finestre.

“Odio questo, ogni volta che ci entro ho la sensazione che il tetto mi cadrà addosso.” - confessò la ragazza, spolverando la sedia sulla quale di solito sedeva.

Il castano le diede ragione, annuendo.

“Alcune volte non seguo più il professor Park per guardare se le crepe sono ancora le stesse.”

Hanna rise.

“Anche io qualche volta lo faccio.”

Fu la prima cosa che trovarono in comune, oltre ai Mikado.

Felix inserì le monete, selezionando l’ultimo pacchetto di Mikado della macchinetta.

Non è giusto!”

Sussultò sbattendo la mano contro il vetro della macchinetta, girandosi pochi secondi dopo. Hanna lo guardò con disappunto, stringendo nella mano sinistra i pochi spiccioli che aveva.

Volevo prenderli io, sono i miei preferiti.”

Il ragazzo sospirò, prendendo il pacchetto ed aprendolo. Le indicò la scatoletta e Hanna, non molto convinta, ne prese uno. Sorrise ringraziandolo, nonostante gli avesse “rubato” il pacchetto.

Parlando del più e del meno scoprirono diverse cose in comune o stessi punti di vista. Nessuno dei due era religioso, ma credevano in Dio, odiavano le giornate di temporale e trovavano le orchidee i fiori più belli mai visti. Felix quasi ne rimase sconvolto, non pareva così sciolto con tutti. Nemmeno con Molly si era mai aperto in quella maniera.

“Tu… come mai sei affetto da quella sindrome?”

Hanna sapeva che chiedergli quel tipo di cose era doloroso o azzardato, lei stessa non avrebbe risposto se qualcuno le avesse chiesto perché fosse affetta da quella sindrome. Nemmeno lei lo sapeva, ci era nata e nessuno della sua famiglia ne era affetta o aveva qualche collegamento.

“Ho subìto un trauma due anni fa.” - rispose, tenendo lo sguardo su una delle crepe del muro. La bionda non riuscì a chiedere null’altro perché Will aprì la porta sbadigliando, entrando dentro quasi strisciando i piedi. Si sedette accanto a Felix e alzò la testa al soffitto chiudendo gli occhi per qualche secondo, sussultando subito dopo.

“Buongiorno.” - disse qualche minuto dopo, rompendo il silenzio.
 

Felix scese le scale del vecchio ospedale assieme a L e Hanna. Lo stomaco di quest’ultima borbottò, attirando l’attenzione dei due ragazzi. Arrossì imbarazzata per quel suono.

“Scusate, non ho né pranzato né fatto colazione.”

“Devo fare il turno al bar tra non molto, vieni con me?”

La proposta del castano le fece battere il cuore e annuì con troppa foga. Si grattò la testa poco dopo, abbassando lo sguardo sulle scarpe.

Insieme salutarono Leo e Will, dirigendosi verso il Bubble Bar. Nel frattempo, Molly aveva appena finito i corsi mattutini e aspettava Loreen all’uscita, giocando sul cellulare. Appena perse tutte le vite sbuffò, rimettendolo dentro la borsa della scuola. L’amica alzò il braccio in aria, sventolandolo per farsi vedere; la castana sorrise e si avvicinò.

“Hey Lore, perché così tardi?”

“Il prof di filosofia ci ha lasciato un saggio di prova. Per questo ho ritardato, ci ha dato degli appunti.”

“Che?! Di già? Ma siete all’ultima settimana! Il signor Kim dovrebbe calmarsi, è così da quando la moglie l’ha lasciato.”

La mora sorrise al ricordo dell’anno scorso, iniziando a incamminarsi assieme a lei verso il Bubble Bar.

“Prendiamo qualcosa da portare via e andiamo a casa mia? I corsi pomeridiani iniziano verso le quattro.”

La castana alzò il pollice con un sorriso, sistemandosi la tracolla sulla spalla sinistra. Per lei era stata una giornata più facile e leggera rispetto all’amica. Fu per quello che quando videro il locale dalle vetrate, notarono quanto fosse affollato e Loreen sospirò per la stanchezza.

“Entri tu e prendi qualcosa?”

“Ovvio, aspettami qui.”

Il campanello non attirava più l’attenzione dei camerieri come al solito, quel venerdì era davvero molto affollato. Bea toccava i tasti della cassiera con una velocità quasi assurda e incredibile che non stesse sbagliando i calcoli mentre Ethan maneggiava la macchinetta del caffè e del the, spostando in continuazione tazzine dalla macchina al bancone. Per Molly era la prima volta che vedeva il posto così pieno e in lavoro. Cercò con lo sguardo Felix, ma forse a causa delle persone non riusciva a vederlo bene, l’ultima volta che si erano visti era il giorno prima che iniziasse la scuola, quando erano andati al porto per liberare l’ennesimo pesce rosso in mare.

Molly mostrò la sfera che Felix le aveva dato, sorridendo appena i raggi del sole colpirono il vetro di quella piccola palla. Anche il ragazzo sorrise inclinando la testa, tenendo lo sguardo sul profilo della castana.

Felì...”

Dimmi.” - sussurrò socchiudendo gli occhi.

Il porto del Road Sixty-six creava nel ragazzo sensazioni contrastanti, soprattutto perché in quel momento accanto a sé sedeva Molly, con il sorriso sulle labbra mentre il vento giocava con i suoi lunghi capelli. Pensandoci, Felix non le aveva mai toccato i capelli, ma quando l’aveva abbracciata aveva capito che fossero molto morbidi al tatto. Ebbe l’impulso di toccarli, ma scosse la testa e si girò dall’altra parte, fissando il mare. La ragazza pensò si fosse offeso a causa del ricordo di Adele, e dandosi della stupida rimise la sfera nella tasca, lasciando che il silenzio gli avvolgesse.

Era così il tempo che passavano al porto: Felix non voleva parlare per paura di dire troppo e superare i suoi limiti; dall’altro canto Molly non sapeva che dire senza farlo sentire a disagio. Quelle situazioni diventavano le più imbarazzanti tra i due. Alla fine si fece coraggio e si alzò. Si piegò leggermente verso il ragazzo, finché i suoi capelli color nocciola non entrarono nella visuale dell’amico.

Felì, potrà essere questo il nostro posto?”

Il ragazzo alzò di poco la testa, guardandola con un sopracciglio alzato.

In che senso?”

Non ci veniamo ogni mercoledì? Perché questo non potrebbe essere il nostro posto e di nessun altro? Io non ci porterò nessuno oltre te, e tu nessuno oltre me; che ne dici?”

La ragazza alzò la mano mostrandogli il mignolo. Felix fece un semi sorriso, accettando l’offerta. Prima di allora aveva trovato quel posto quasi deprimente e pieno di ricordi sbagliati, ma da quando Molly lo accompagnava sembrava tutto più semplice. Era strano come tutte le cose e i luoghi che gli ricordavano la sua famiglia fossero tornati di nuovo a farlo sorridere grazie a quella ragazza stramba. In quasi tutti i luoghi che aveva passato con Adele, lasciandoli un vuoto, l’aveva colmato con un ricordo di Molly che lo faceva sorridere. Come il Bubble Bar, o addirittura casa sua.

Ben aveva iniziato a vedere il figlio più socievole. Quando entrava in casa, anche se con un po’ di difficoltà lo salutava. Qualche volta addirittura, poteva giurare di averlo visto sorridere. E lui ne era più che contento, perché quel spiraglio di speranza che aveva visto all’inizio si era trasformato in una porta spalancata.
 

Fece la fila per la cassa e aspettò il suo turno, sentendo lo stomaco brontolare diverse volte quasi da far male. Non ne voleva affatto approfittare, ma se avesse visto Felix e glielo avesse chiesto, l’avrebbe aiutata a passare la fila? L’ennesima fitta di fame la distrasse dai suoi pensieri. Quando fu il suo turno mise una mano sul bancone con viso un po’ sofferente. Bea le chiese se fosse tutto okay. L’amica scosse la mano per non farla preoccupare.

“Ho solo molta fame. Due confezioni di latte alle fragole, e due fette di torta ai frutti di bosco e yogurt da portare via.”

Sospirò di sollievo quando Bea le diede lo scontrino e pagò, aspettando al bancone il suo ordine mentre Felix a pochi metri da lei aveva appena posato il vassoio con l’ordine di Hanna. Fu allora che lo vide dato che era in piedi e la sua capigliatura disordinata ormai era facilmente riconoscibile per lei. E vide anche Hanna seduta ad uno dei tavoli del locale, da sola, a guardare il cameriere con sguardo pieno di riconoscimento e dolcezza. Molly capì quello sguardo al volo, perché era lo stesso che lei aveva quando lo guardava. Sentì uno strano tic al piede, come se volesse correre da loro per separarli prima che la situazione diventasse troppo, eppure sapeva che non poteva. Il perché non se lo spiegava, ma rimase poggiata al bancone, stringendo il marmo tra le sue dita sottili.

La bionda sorrise ancor di più, aggrappandosi al braccio di Felix. Il ragazzo ne rimase indifferente, sistemando con l’altra mano i piattini sul tavolo.

“Ah, ho avuto una idea. - disse senza lasciare il braccio del ragazzo, nonostante dovesse andare a servire altri tavoli. - Pensavo che magari un giorno potremmo fare una passeggiata fino al porto Fì! Non l’ho mai visto ma amo il mare.”

Molly non riusciva a capire quello che si dicevano a causa della confusione ma le bastavano gli sguardi e i sorrisi che Hanna rivolgeva a Felix stringendoli il braccio come se fosse un’ancora di salvezza, e il suo consenso senza nemmeno uno sguardo irritato o una mossa di distacco come di solito faceva con lei.

Felix annuì pensando altrove, dimenticandosi per un attimo la promessa con l’amica a causa della fretta che aveva. La bionda si accorse di Molly subito dopo, quando provò a scostare una ciocca bionda dal viso. Fu allora che la castana si chiese cosa avesse lei in più. Hanna aveva sì un viso più furbo e a parere di Molly i suoi occhi assomigliavano a quelli di un felino. Non la conosceva di carattere ma se Felix la trattava in quella maniera, doveva essere importante. Sentì una stretta al cuore.

“Hey Davis!” - esclamò la ragazza, alzando la mano per farsi vedere.

Il cameriere sussultò leggermente a quel nome e si voltò, notando lo strano sguardo ferito di Molly. La ragazza sembrò risvegliarsi dai suoi pensieri e si avvicinò sorridendo, eppure Felix notò quanto fosse finto. Fece un saluto con la mano.

“Come va?” - chiese stringendo i denti.

Hanna sorrise senza staccarsi dal braccio del cameriere. Quel gesto snervò ulteriormente la ragazza, e sapeva che mai l’aveva irritata quel tipo di gesti affettivi. Lei ci aveva messo giorni e giorni per potergli soltanto parlare senza che la trattasse male o allontanare, rispetto a Hanna. Era sempre più convinta che lei fosse migliore, ci aveva messo così poco per diventare amica di Felix. Sospirò, troppo immersa nei suoi pensieri per sentire la risposta alla domanda fatta prima.

“Va tutto benissimo! Fì mi porterà al porto.”

Molly deglutì, tenendo lo sguardo sul tavolo mentre dentro di sé dimostrava tutto il suo disappunto. Avrebbe voluto urlare tutte le male parole che conosceva contro quei due; perché Hanna le stava portando via qualcuno a cui teneva molto, e quel qualcuno aveva da poco spezzato la loro promessa. Ma forse per lei, tutto era molto più importante di quanto lo era per lui. Fino ad allora le era andata bene così, amava dare amore più che riceverne no? Perché allora si sentiva ferita dal fatto che per Felix nulla che era importante per lei lo era per lui? Le sarebbe piaciuto abbracciarlo con la disinvoltura che lo faceva Hanna in quel momento, senza che venisse respinta. Il ragazzo si morse il labbro, apprendo la bocca per parlare, però fu bloccato dalla velocità della delusione della castana.

“Ah, bene. Divertitevi, io devo andare a studiare.”

Il cameriere abbassò lo sguardo, insultandosi a bassa voce. Perché non aveva reagito? Perché non stava correndo per fermarla e spiegarle cosa era veramente successo? Non era colpa sua se non riusciva a capire perché provasse quelle sensazioni con lei. Non le piacevano. Perché sentiva caldo, perché il cuore batteva così forte anche se era a dieci metri di distanza? Perché ogni sera si ritrovava a pensarla? Per lui erano solo punti negativi, perciò perché non allontanarsene? Scosse la testa, troppe domande lo stavano confondendo. Solo con Molly erano capitate, e per quello era certo che fosse colpa sua. Ma quelle situazioni così complicate solo lui avrebbe potuto risolverle; lei era quasi certa di ciò che provava, ma Felix? Corrucciò la fronte pensandoci. Cos'era per lui Molly? Fin dal primo momento non l'aveva vista come un'amica, e su quel fatto poteva giurarci Adelisa nonostante fosse in mare - o morto? Dal primo momento, quando aveva alzato gli occhi su quel balcone e ne aveva parlato con suo padre, l'aveva vista come una ragazza pazza ma bella. Poteva essere amico di un quel genere?

“Felix! Che stai facendo?” - chiese Ethan.

Il cameriere si staccò dalla stretta della bionda, posando il vassoio sotto braccia. Alzò il pollice in sù verso il barista, andando al tavolo che aspettava di ordinare.
 

Se qualcuno avesse mai detto a Molly che per quasi due mesi aveva infastidito Felix, ne sarebbe rimasta molto ferita. E sapeva che se lo avesse chiesto lei, da masochista che stava diventando, Felix non le avrebbe mai risposto. Sbatté la testa contro la scrivania, lamentandosi per il dolore subito dopo. Poi ebbe una idea, forse un po’ troppo azzardata, ma si alzò dalla sedia e prese lo zaino di scuola, svuotando tutto il contenuto sul letto. Prese dall’armadio qualche maglietta e un paio di jeans, lanciandoli dentro lo zaino. Sotto il letto teneva ancora il salvadanaio di quando era piccola, e per fortuna c’erano ancora dei soldi. Indossò la giacca, senza prendere nemmeno le chiavi. Altro errore che fece fu lasciare il cellulare sul letto.

Quel mercoledì mattina faceva più freddo, segno che il tempo stava già cambiando. Un po’ le stava mancando l’estate e quel sole caldo. Quella mattina, differente dagli altri mercoledì, non aveva lezioni ed era decisa a sorprendere Felix. Eppure lui l’aveva sorpresa ancora di più; ma non nel modo positivo in cui stava cercando di abituarsi. Il pesciolino rosso finì in mare con un suono sordo a causa dell’altezza da cui il ragazzo lo aveva liberato. Hanna guardò il pesciolino con occhi un po’ tristi. Perché aveva buttato un così bello pesce rosso in quel mare agitato e freddo? Rabbrividì stringendosi nella giacchetta viola. Quello che fece anche Molly quando la vide.

Avevi promesso… che sarebbe stato il nostro posto.”

Fece un sorriso amaro, scuotendo la testa. Aveva pensato che Felix non lo avrebbe fatto, o se sì, mai di mercoledì. Si schiaffeggiò la fronte con forza per non piangere.

“Stupida, stupida, stupida.” - ripeté colpendosi sempre più forte.

Felix attirato dal suono si voltò, riconoscendo il viso di Molly nonostante fosse per metà coperto da una sciarpa. La ragazza strizzò gli occhi per farsi forza e prese la sfera di Adele che aveva nella tasca e che sempre si portava dietro, avvicinandosi a passi veloci verso i due. Il castano si sarebbe aspettato di tutto, lei aveva carattere, ma quando prese con forza la mano di Hanna e ci buttò dentro la palla di natale che Felix le aveva regalato, sgranò gli occhi. La finta neve si mosse intorno alla cassetta di legno, lasciando Hanna senza parole per la sua bellezza.

“Ne ha più bisogno tu di me.” - sussurrò poco convinta, allontanandosi di qualche passo.

“Molly...”

La ragazza mise una mano tra di loro, scuotendola prima di girarsi e andarsene. Aveva sempre detto di essere forte, ma forse perché non era mai arrivata ad una situazione del genere. La morte di suo padre l’aveva resa forte su certi punti, ma Felix le procurava altre debolezze. Lui stesso lo era per lei. Molly per lui era una persona irritante, se ne era resa conto troppo tardi e si dispiaceva.

Camminò velocemente verso la stazione. Nessuno a parte quell’assassino l’aveva messa in ginocchio in quel modo, e aveva pensato che non l’avrebbe permesso più a nessuno; eppure da quel giorno quando aveva urlato contro Felix dal balcone, l’aveva fatta piangere tantissime volte. Anche suo padre la faceva piangere molte volte. Quella situazione però, non riguardava più quanto fosse forte per non piangere o meno. Aveva capito com’era sentirsi tradita; i suoi amici non l’avevano mai fatto.

Al bancone la signora chiese la carta d’identità.

“Fino a Philadelphia, trecentoquarantuno chilometri, una fermata sola.”

Molly annuì prendendo il biglietto e lo scontrino, sedendosi su una delle panchine poste al muro davanti alla ferrovia. Lesse il biglietto per distrarsi, notando che ci avrebbe messo quasi quattro ore. Sospirò, cercando il cellulare per controllare l’orario. Sgranò gli occhi, iniziando a guardare in tutte le tasche che aveva, comprese quelle dello zaino. Sbatté la mano sulla fronte, ricordandosi di averlo lasciato sicuramente sul letto quando aveva svuotato lo zaino di scuola.

“Oh, e ora che faccio? Mia madre nemmeno lo sa.”

Fu tentata di usare il telefono pubblico ma la stazione annunciò l’arrivo del suo treno e sospirò, posizionandosi dietro la linea gialla. Avrebbe usato un telefono quando sarebbe arrivata. Il treno si fermò con un suono stridulo, facendo allontanare la ragazza di qualche passo.

Ma non era di certo colpa sua se la sua memoria aveva immagazzinato quella promemoria tra le cose meno importanti.

Alle sei del pomeriggio la signora Davis stava ancora seduta nel soggiorno, ad aspettare sua figlia. Sapeva che Molly era solita tornare verso le sei dato che passeggiava con Loreen sulla via lunga. Era sicura che aveva solo avuto un piccolo contrattempo, le avrebbe telefonata sennò. Lo faceva sempre, Crystal sapeva che non doveva preoccuparsi. Prese un respiro profondo e aspettò ancora, finché la noia non la fece addormentare.

Quando si svegliò, tutto sembrava come l’aveva lasciato. Un po’ stordita si alzò dal divano e controllò il piano, poi fece le scale e si decise ad entrare in camera della figlia, trovandola come quella mattina, i libri buttati sul letto e l’armadio aperto. Si avviò in camera sua e prese il telefono, cercando il numero per chiamarla. Dopo pochi squilli sentì un suono famigliare, e tornando in camera della figlia allontanò qualche quaderno trovando il cellulare.

Sgranò gli occhi ed iniziò a preoccuparsi maggiormente. Molly aveva dimenticato poche volte il telefono a casa, e quelle poche volte aveva chiamato con il telefono di qualcun altro o era tornata subito indietro. Deglutì, pronta a chiamare la polizia, poi scosse la testa. Erano passate solo delle ore, non avrebbe potuto fare la denuncia prima di un giorno dalla scomparsa. Inspirò per calmarsi, pensando a cosa fare, poi cercò nel telefono della ragazza il numero di Loreen.

“Pronto?” - rispose una voce assonata, posando il gomito sul cuscino.

“Loreen, sono la mamma di Molly.”

“Mh. È successo qualcosa?”

“Molly è sparita.”

 

 

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