Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Segui la storia  |       
Autore: Giuls_breath    07/06/2020    1 recensioni
Sansa è prigioniera ad Approdo del Re, è vittima delle vessazioni dei Lannister; vorrebbe fuggire, ma non sa come: l'occasione le si presenta quando Stannis Baratheon attacca Approdo del Re e il Mastino la aiuta a fuggire...
STORIA CHE SI COLLOCA NELLA SECONDA STAGIONE DELLA SERIE TV.
TUTTAVIA NEI PRIMI DUE CAPITOLI, CITO DEI PERIODI TRATTI DAI LIBRI.
VI SEGNALO CHE USERO' UN LINGUAGGIO MOLTO COLORITO E CI SARÀ QUALCHE DESCRIZIONE CHE POTREBBE DAR FASTIDIO.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



 
Le confessioni dello Sconosciuto



La sera stava nuovamente facendo capolino e gli uomini, quelli che potevano, raggiunsero nuovamente le mura, i feriti, quelli più gravi, restarono sui giacigli che erano stati loro preparati.
Sansa si era decisa, poche ore prima, a rendersi utile e dare una mano alle altre giovani donne e alle donne più anziane nel curare i soldati. La ragazza non faceva che andare e venire dalle cucine, riempiva bacili di continuo con acqua fresca per poi gettare quella sporca di sangue o croste.
Le urla, il fumo, i lampi dei cannoni presero a invadere nuovamente l’abitacolo.
 
Sansa aveva paura e ricordò quella notte… quella in cui fuggì dalla sua prigione assieme a Sandor. Ma di Sandor non vi era stavolta traccia, nessuno sarebbe venuto nella sua stanza e l’avrebbe portata via. Questa volta doveva restare lì. Nessuno l’avrebbe cercata in quel momento. Nessuno avrebbe avuto un pensiero per lei.
Si chiese perché il Mastino l’avesse lasciata lì da sola, le aveva detto che sarebbe andato a farsi medicare e poi? Cosa era successo? Erano ormai passati quasi tre giorni e di lui non sapeva nulla.
Avrebbe dato qualsiasi cosa anche solo per sapere che stava bene.
 
Urla, urla, urla, ancora urla.
La porta si aprì e le donne sobbalzarono, erano in due, un soldato teneva posato il braccio sulle spalle di un altro che, affaticato dal peso del primo, camminava sbilenco. Due donne abbastanza corpulente afferrarono il primo e lo posero di peso su un giaciglio libero, il soldato grondava sangue dall’addome.
Il secondo soldato alzò lo sguardo e Sansa lo riconobbe subito, era quel ragazzo, quello con cui lei aveva passato gran parte della mattina e del pomeriggio. Gli si avvicinò vedendo che anche lui era ferito “No!” esclamò lui “Ce ne sono altri molto più gravi di me.” proseguì lui concitatamente per poi risparire nel cuore di quella notte tempestosa.
Un’altra donna chiuse la porta alle sue spalle e corse ad aiutare il soldato ferito.
Sansa attese il suo ritorno dietro ai vetri di quella finestra tanto piccola.
La porta si aprì di nuovo, era ancora lui che assieme ad un altro soldato ne portavano un terzo, quest’ultimo aveva una gamba quasi del tutto staccata dal corpo, urlava, urlava a più non posso. A Sansa girò la testa, alzò lo sguardo incrociando lo sguardo del giovane che si rituffò nuovamente nel buio.
Fece questo gesto per altre tre volte, poi la terra sembrò tremare, polvere prese a cadere dall’alto e quelle poche luci che illuminavano l’abitacolo presero a tremolare. Sansa respirava a fatica per la paura.
La porta si aprì per la quinta volta e questa volta quel coraggiosissimo ragazzo si manteneva ad un altro soldato, aveva i capelli che scompostamente gli ricadevano sulla fronte, gli occhi chiusi, la labbra semiaperte e un’espressione carica di dolore dipinta sul viso. Sansa vedendolo si precipitò all’uscita e lo aiutò assieme a un altro soldato, che l’aveva accompagnato lì, a farlo stendere su un giaciglio.
Il ragazzo aprì gli occhi e vide che era Sansa, “Non è niente.” disse lui seppur con la voce carica di sofferenza, lei gli sorrise “Lasciate che sia io a dirlo.” si sforzò di trattenere quella sensazione di forte nausea che le stava attanagliando lo stomaco e gli sfilò la maglia di ferro, vi erano decine di tagli che non sembravano essere particolarmente gravi e poi una ferita al basso ventre abbastanza profonda.
“Mi curerai tu?” gli chiese dopo qualche attimo di silenzio, Sansa prese una tinozza d’acqua e prese a intingere l’acqua per tamponare le ferite, poi prese una benda e la premette con forza sulla ferita, il giovane saltò quasi per il dolore, urlò a denti stretti. Ansimò stringendo gli occhi.
“Devo mettere dei punti… ho visto fare così.” lo informò Sansa.
“Fai quello che serve.” disse lui ansimando.
“Ti farò male.” proseguì lei.
“Lo so… ma fallo. Mi fido di te. Adesso sei tu che hai la mia vita nelle tue mani.” le disse.
Sansa prese ago e filo… di quello disponevano e… prima di iniziare guardò il volto sudato e sofferente di quel ragazzo, poi seppur tremante prese a cucire. Vide il viso del soldato diventare rigido, lo vide stringere i denti e poi svenire.
Non era certa di ricordare come si facesse, ma vedendo il “lavoro” terminato si disse che forse tutte quelle ore di cucito erano servite realmente a qualcosa.
 
Sansa si prese molta cura di lui, gli asciugava spesso il sudore che imperlava la fronte alta del soldato, gli bagnava di tanto in tanto la fronte, il collo, le braccia. Gli controllava le ferite, controllava che i punti non cedessero. Di tanto in tanto si alzava dalla sua sediolina e aiutava le altre donne che correvano di qua e di là per soccorrere i nuovi feriti o per cambiare le bende a chi era già stato curato.
L’ambiente sapeva di sangue, morte, fumo, e altri acri odori, ma nessuna si lamentò di questo, anzi, era un motivo in più per darsi da fare, Sansa spinta dai loro stati d’animi, si decise a continuare, a non cedere. Si decise nel continuare quanto aveva fatto nelle ore precedenti: aiutare.
Aiutare gli altri, aiutare quegli uomini e quei tanti giovani la faceva sentire utile, si sentiva parte attiva di qualcosa, era partecipe di un dolore che per quanto grande e grave fosse la aiutava a sentirsi viva.
Quando il cielo si tinse di un timido color pastello, la battaglia sembrò essere conclusa, qualcuno urlava con toni minacciosi, altri chiedevano una tregua, qualcuno cercava di spronare i propri uomini, alla fine Sansa udì solo un sordo silenzio.
La battaglia doveva essersi conclusa, quale fosse l’esito, Sansa lo poté solo supporre.
Il proprietario del locale aprì la porta d’ingresso e permise al vento del mattino di invadere violentemente quel luogo pregnante di morte e dolore.
 
La ragazza si allontanò solo per pochi istanti per lavarsi le mani e rinfrescarsi il viso, poté osservare il suo viso dopo tanto tanto tempo: era sempre più simile a sua madre, i lineamenti erano sempre meno quelli di una bambina, anche l’espressione sul suo viso era tanto più vicina a quello della mamma, si sfiorò lo zigomo ancora un po’ gonfio e leggermente rossastro.
Si asciugò alla meno peggio e tornò nella sala, molte delle donne, che come lei avevano vegliato la notte, erano andate a dormire, ma lei no. Lei voleva, e doveva, parlare con lui.
L’unico che poteva darle le informazioni che tanto cercava.
 
Gli si sedette accanto e lo osservò più attentamente, i lineamenti del suo viso erano distesi, aveva le labbra socchiuse e i capelli nerissimi erano tutti arruffati, le mani erano piene di tagli, erano mani che avevano lavorato, usato le armi, ciononostante Sansa le trovò molto belle. Non riuscì a trattenere l’impulso di accarezzare quella mano grande, la sentì callosa e tanto calda, non riuscì ad evitare di accarezzargli il dorso così rovinato di quella mano; una parte di lei avrebbe voluto baciarla e dirgli che se lei gli era accanto era stato per merito suo, quella notte – quella in cui era uscito a cercare Sandor – avrebbe potuto essere uccisa, ma gli dèi avevano mandato lui.
Avvicinò la testa alla mano del ragazzo e chiudendo gli occhi prese a pregare gli dèi, chiese che quel ragazzo fosse risparmiato, che gli fosse concesso tanto altro tempo per vivere, che gli dèi le permettessero di ritrovare il Mastino, di rivedere, se mai avessero voluto, Grande Inverno.
 
Si sentì sfiorare il contorno del viso da un dito e immediatamente aprì gli occhi: il sonno aveva prevalso sulle preghiere e sulla sua buona volontà. La fanciulla aprì gli occhi e lo vide sveglio.
Aveva gli occhi ancora più chiari se possibile con quella luce che illuminava il locale.
“Vegliavi su di me?”
Quella forma di rispetto e distanza che avevano mostrato sin da subito l’uno per l’altra era venuta meno quella notte, quando l’una aveva capito che poteva fidarsi dell’altro.
“Ti ho curato… come ho curato i tuoi uomini.” gli rispose nel tentativo di non sembrare eccessiva.
Miei? Loro sono uomini del Nord, non miei. Combattono con me, non per me. Non sono così importante." spiegò lui con un filo di voce.
“Eppure hai l’aria di essere una persona che ne sa tanto. Di politica, di guerra. Eri persino promesso.” gli ricordò Sansa.
“Sì… a una bambina di poco più di sette anni. Che matrimonio sarebbe stato? Avrei potuto solo trattarla come una sorella, ma mai come una moglie! Sarebbero passati anni prima che potesse darmi un erede… odio i matrimoni combinati, odio questa società, queste regole che impongono i matrimoni sia per voi donne che per noi uomini.” le confessò “Forse pensi che per noi uomini sia più facile, e da un certo punto di vista è vero, ma neanche per noi lo è. Noi siamo visti come quelli che devono fare in modo che le loro mogli facciano figli, che debbano portare onore alla propria casata, ma chi pensa a quello che ognuno ha nel proprio cuore e nella propria indole? Nessuno.
Siamo una società in cui regnano apparenze in ogni dove e dove i sentimenti sono l’ultima delle questioni da affrontare; i nostri genitori, e prima di loro i loro padri ci trattano come marionette, come qualcosa priva di volontà.”
Le sue parole la colpirono nel profondo, erano parole che la bruciarono improvvisamente. Erano concetti che lei stessa aveva più volte pensato, ma che non aveva mai avuto il coraggio di dire a qualcuno. Nemmeno alla sua dama di compagnia.
“Preferisco restare solo piuttosto che darmi e dare infelicità o vedere la mia sposa solo come un contenitore.” riprese “Hai fatto bene a fuggire. Anche tu avresti vissuti di rimorsi e rimpianti. Se non fossi fuggita, chissà a che cosa ti avrebbero costretta!” chiuse gli occhi e sospirò socchiudendo le labbra, Sansa gli accarezzò in un moto di strana intimità i capelli “Sei molto saggio.” gli disse lei “E ti ammiro per quello che hai detto.” lui aprì gli occhi “Oh, se solo ci fossero più uomini come te, uomini che riescano ad andare oltre l’apparenza, oltre le convenienze! Sarebbe così bello se ci si potesse sposare solo per amore.”
Le sorrise “Credo che quel mondo che sogniamo entrambi sia fatto solo per chi vive di ideali come me e te, ma… la vita ogni giorno mi sta mostrando quanto essa sia crudele, brutale e ingiusta.”
Lei abbassò lo sguardo “Anche mio padre credeva negli ideali, nei valori, ma tutto questo gli si è ritorto contro ed è morto in nome di una lealtà che nessuno gli ha riconosciuto.”
Samel…” disse solo, le posò una mano sulla guancia e lei quasi vi si appoggiò chiudendo gli occhi “Tutto andrà bene.” aprì gli occhi “Se tu vuoi io ti proteggerò… sempre.”
Lei lo guardò incerta sul da farsi, su ciò che dire, ma soprattutto incerta era l’espressione dipinta sul suo volto. Con lui si sentiva bene, provava una strana sicurezza, ma non aveva pensato che lui, questo giovane misterioso ragazzo, le proponesse di porla sotto la sua protezione.
Aveva dimenticato che non era giunta da sola lì?
“Ti ringrazio, ma io…” iniziò Sansa, ma lui la fermò subito “Ah sì, è vero!” stava per dire altro quando reclinò la testa all’indietro di colpo come preso da uno spasmo, la sua espressione divenne carica di dolore e strinse forte gli occhi. La giovane gli sollevò la benda e vide che un paio di punti avevano ceduto e del sangue stava iniziando a sgorgare dalla ferita “Tieni duro, vado a prendere dell’acqua pulita e degli unguenti che ti aiuteranno.” detto ciò la giovane Stark si alzò e andò a prendere quanto occorreva.
Trovò il giovane che aveva un’espressione contratta che rendeva terribilmente marcati i suoi lineamenti, “Questo ti farà molto male.” gli disse aprendo una boccetta da cui verso un liquido trasparente come l’acqua, ma che produsse una schiuma biancastra sulla ferita.
Il giovane sobbalzò e imprecò contro gli dèi per poi ringraziarli subito dopo di averle mandato Samel sul suo cammino. Quando il dolore abbandonò il suo corpo, lui aprì gli occhi dai quali uscirono due timide lacrime e la ringraziò “So che non sei obbligata a fare ciò che fai, ma… grazie. Di tutto.”
 
Lei gli sorrise timidamente per poi rammentargli che lei lo avrebbe fatto per qualunque valoroso uomo del Nord, sentito ciò lui non replicò si limitò a fissare la giovane che si dava tanto da fare per lui e per tutti i compagni feriti. Aprì le labbra e rimase per un po’ così come se stesse per fare una domanda che non era certo di porre, di cui non sapeva se lei avesse la risposta, una domanda che però lo incuriosiva e gli avrebbe dato qualche elemento sulla fanciulla dai lunghi capelli rossi e dagli occhi azzurri “So che non dovrei chiedertelo, ma… devo. Sei del Nord?”
“Per te cambia qualcosa?” replicò lei sulla difensiva.
Lo sapeva. Sapeva che non avrebbe mai dovuto chiederglielo, ma la curiosità, quell’ardente curiosità, che cominciava a mutare in un interesse sempre più profondo, gli stava esplodendo nel petto. Non poté evitarlo e non evitò di replicare o di distogliere lo sguardo dai suoi occhi “No, per me no. Io lo sono. Hai paura che possa riferirlo ad altri?” fu lei a distogliere lo sguardo e a guardare altrove, fuori da una finestrella situata alle spalle del ragazzo.
 
In lei si dimenava lo spasmodico desiderio di aprirsi, confessarsi e fidarsi di qualcun altro oltre al Mastino, poteva fidarsi di lui? Poteva fidarsi di quella sempre meno muta imposizione di tacere?
Lo sentì sospirare, “Non ti fidi. Lo capisco, te l’ho detto. Credo però di aver appena dimostrato per chi combatto. Combatto con gli Stark… con quelli che restano almeno…” tacque e Sansa avvertì quasi dolore al petto e si ritrovò per un momento a pensare che forse poteva sussurrare all’orecchio di quel giovane soldato la sua vera identità, le sue origini, ma fu solo un momento “io sono e starò sempre con loro. E’ orribile ciò che ne è stato della loro casata… ma soprattutto quello che hanno fatto qui.”
“Non è che non mi fido… è solo che troppe persone si sono finte mie amiche in questi tempi e nessuno lo è stata fino in fondo. Ognuno aveva contatti con altri… e ognuno aveva l’arma per ricattare chi li aveva protetti fino a quel momento. Ho visto troppi giochi di potere per…” lasciò a metà la frase, ma lui immaginò che il resto fosse per potermi fidare di qualcuno, figuriamoci di te. Lui annuì, “Mio padre neanche si fidava di me. Diceva che ero un buono a nulla, per nulla dedito allo studio, focalizzato sulle armi e da questo punto di vista è vero, ma poi decisi di dimostrarmi pronto a difendere il mio, il nostro nome e gli dissi che avrei fatto di tutto per dimostrargli che invece ero un bravo figlio. Devoto. Pronto. Coscienzioso. Maturo.
Mi disse ‘Bene, allora tra tre lune sposerai la principessa di Castle Rock’, io gli dissi va bene, convinto di stare per sposare una giovane donna, che avesse la mia età o solo pochi anni in meno, ma quando seppi che era una bambina e che amava giocare con le sue bambole, fare loro trecce… mi sono sentito… un mostro. Stavo per conoscere e sposare una… bambina che poteva essere mia sorella… no, urlai no a mio padre e lui mi disse ‘sapevo che non saresti mai stato all’altezza del nostro nome’.” lui deglutì e rivide quegli occhi freddi di suo padre, quei lineamenti che divennero in un lampo duri “Ricordo che mi disse anche che allora se non ero disposto a fare questi sacrifici, potevo lasciare tutto quanto. Se non onoravo la famiglia per lui ero un peso inutile. Partii quel giorno stesso, non ho rivisto mai più mio padre né mia madre né i miei fratelli, nessuno. Ho lasciato quella che chiamavo casa, ma non me ne sono mai pentito. Meglio essere ovunque piuttosto che lì.
Da allora combatto, combatto pur di dimostrare almeno a me stesso che non sono una persona inutile.”
Sansa ascoltò in silenzio il suo racconto e in un certo senso lo capì, anche lei era stata a lungo vista come una ragazzina sciocca, con la testa piena di sogni e futili pensieri che però si erano infranti a contatto con una realtà tanto dura e tanto diversa da quella immaginata. La prima che l’aveva vista come una stupida era stata sua sorella Arya, la prima a farle continuamente cattiverie era stata proprio lei che avrebbe dovuto volerle bene e farle anche dispetti certo, ma non farne di ogni colore solo per poter ridere di lei e dirle quanto fosse esagerata nei suoi modi di porsi e vestirsi.
“Ti capisco. Mia sorella è sempre stata convinta che io non valessi più di quello che mostro, mi ha sempre definita una stupida e inutile. Sai, a un certo punto ho anche cominciato a crederci.” tacque, provò un improvviso moto di rabbia e frustrazione se solo pensava alla sua sorellina.
“Provi rabbia? Dolore?” le chiese.
Lei sospirò “Amarezza.” forse, anzi sicuramente se sua sorella la odiava era stata per colpa sua, non aveva saputo ascoltarla o ben comprenderla, ormai era tardi per chiederselo. Chissà dov’era in quel momento!
“Puoi ancora rimediare?”
“Mia sorella era con me, o meglio l’ho ritrovata lungo questo mio errare. Poi è fuggita. Non so dov’è. Non so se è viva, cosa fa. Non so più niente di lei.” tacque “Come non so più niente dei miei fratelli e di mia madre. Ci siamo tutti divisi. Io sono qui e…” alzò le spalle non sapendo come completare quella frase.
“Io ci sono.” le disse lui stringendole la mano e guardandola incoraggiante “Se ti può anche solo minimamente consolare.”
Lei sorrise un po’ imbarazzata “Ah, ehm… hai visto il mio compagno di viaggio?” chiese cambiando argomento.
Lui allora provò a mettersi seduto, ma sentendo i punti tirare fece una smorfia e ci rinunciò mettendosi seduto “Stando alla tua descrizione, ci sono due uomini che corrispondono. Hanno un brutto carattere entrambi e uno è quasi sempre ubriaco, ma combatte con una maestria e una bravura lodevole. Nessuno sa il suo nome. Combatte. Combatte come se fare quello fosse l’unica cosa che conta davvero. Se dovessi scegliere a chi somigliare, sarebbe lui. Non credo di aver mai visto nessuno destreggiarsi fra tanti uomini con quella ferocia e fierezza come fa lui.”
Quella sembrava essere la descrizione di Sandor “Per caso hai notato se ha paura del fuoco?”
Ci pensò su un momento “No. Quello proprio no, sai quando si combatte non si possono notare proprio tutti i dettagli degli altri. Lui però mi ha colpito per la sua tempra.”
Sansa annuì semplicemente “Grazie.”
“E’ lui?”
“Da come ne parli sembra proprio di sì.” Sansa tacque “Quando non combattete dove state?” gli chiese.
“Se non si è stati feriti, siamo poco al di fuori delle mura.”
“Grazie.” disse Sansa per poi alzarsi di corsa e uscire subito da lì, ora sapeva con certezza dove poteva trovare il Mastino.





_______________

Buonasera!
Forse finalmente nel prossimo capitolo capiremo
che fine ha fatto Sandor Clegane!
Nell'attesa abbiamo conosciuto un pò meglio il giovane Sconosciuto.
Il nome del giovane misterioso l'ho lasciato di proposito
ancora senza nome.
Spero di leggere vostre recensioni e che il capitolo vi sia piaciuto,
CIAO!

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Giuls_breath