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Autore: Scarlet Jaeger    08/06/2020    3 recensioni
"Ma a volte
l'amicizia fra maschio e femmina non è fatta per
durare a
lungo, perché prima o poi uno dei due finisce per innamorarsi
dell'altro."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kei Hiwatari, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 22
 
 
Imbarcammo sul nostro treno a pomeriggio inoltrato, facendo giusto in tempo a tornare al castello degli Jurgens per riprendere le nostre poche cose, salutare i padroni di casa e prendere la via della stazione.
Fu quasi difficile salutare il gentil maggiordomo, colui che mi aveva tenuto più compagnia in quei giorni di fuga dalla presenza di Kai. Ero sicura che anche lui si fosse affezionato, visto che stava cercando di tenere un’espressione neutra nonostante gli occhi lucidi. Mi aveva portato la borsa con le prelibatezze culinarie che avevamo preparato il giorno prima, in previsione del viaggio, e fui l’unica alla quale porse un piccolo sorriso. Probabilmente Ralph non lo aveva mai trattato amichevolmente come invece avevo provato a fare io. Ma forse credo che si fosse affezionato a tutta la squadra dei Bladebreakers, visto che Takao passava la maggior parte del tempo in sala da pranzo.
Fu lui stesso ad accompagnarci alla nostra meta, con un furgoncino della residenza, ed assistette anche sulla banchina finché il treno non fu definitivamente partito.
«Alla fine era simpatico quel maggiordomo!», ridacchiò Rei, una volta preso posto nella nostra cuccetta del treno.
Mio nonno ne aveva prenotate due, una per me e lui e l’altra per il resto della squadra.
Quella per i ragazzi, dove ci trovavamo in quel momento, aveva due coppie di letti a castello, divisi da un tavolo che si apriva e richiudeva all’occorrenza e noi eravamo seduti sui due letti più bassi. L’unico che se ne stava per i fatti suoi era Kai, steso sul letto rialzato sopra le teste di Takao e Max. Da quando era entrato non aveva detto una parola. Non aveva neanche chiesto il permesso di occupare quel letto, ma d'altronde non potevamo aspettarci null’altro da lui. Si era disteso supino con le gambe accavallate, con una mano sotto il cuscino per restare leggermente rialzato ad osservare mesto il soffitto, come se lì ci fossero state tutte le risposte alle sue silenziose domande. Non riuscivo neanche a capire il suo stato d’animo così riflessivo e silenzioso, in fondo si era preso la sua rivincita contro Andrew, aveva vinto lo scontro che lo aveva incupito in tutto quel tempo, ma non ne sembrava propriamente soddisfatto. Ma forse la sua riflessione interiore non c’entrava nulla con il viaggio in Europa. Anzi, ero fortemente convinta che stesse pensando alla Russia.
Come tutti noi.
«Secondo voi cosa dovremmo aspettarci?», sentii di sfuggita Max proferire quelle parole, che mi costrinsero a riportare la mia attenzione sui miei compagni seduti al tavolo. Io ero seduta tra Rei ed il Prof Kappa, che era intento a ricercare qualcosa tra i dati salvati sugli Europei.
«Di tutto. Dobbiamo essere preparati ad affrontare il peggio!», fu infatti categorico quando rialzò lo sguardo dallo schermo.
«Secondo me troveremo molto freddo», ridacchiai io, facendo scoppiare tutti in un’ilare risata. Almeno quelli che mi stavano osservando.
«Però dobbiamo rimanere seri e vigili. Siamo arrivati alla finale del campionato e questo vuol dire che gli avversari che ci troveremo di fronte saranno i Blader più forti mai incontrati fin ora. Dobbiamo preparare qualche strategia, studiare qualche tattica!», continuò a brontolare il Prof.
«Hai ragione professore!», ridacchiò Takao, meravigliando non poco l’amico, che si aprì in un’espressione a dir poco stupita.
«Wow Takao, è la prima volta che sei così d’accordo con me!», sorrise.
«Ma certo che sono d’accordo! Solo che…»
Ecco, lo sapevo! Era logico che il nostro capitano non fosse del tutto serio! Mi strappò anche un piccolo sorriso, devo ammetterlo. E credo che lo capirono anche gli altri, perché se la risero sotto i baffi per non farsi beccare dal Prof.
«Solo che?», lamentò il nostro stratega con un sospiro.
«Non posso elaborare una strategia o sperare che il mio cervello lavori al meglio senza aver messo qualcosa sotto i denti!»
Ridemmo tutti, tranne Kappa, che lo ammonì con un lamento esasperato. Però aveva ragione il nostro amico, perché stando lì a chiacchierare era arrivata l’ora di cena.
Mio nonno era rimasto per i fatti suoi per tutto il tempo. Non era neanche venuto a chiedere come stavamo, ma d'altronde anche lui era fatto così. Ero sicura che si fosse recato nel vagone ristorante, solo per lasciarci un po’ da soli a conversare, conscio del fatto che oramai, dopo aver viaggiato da soli per mezza Europa, avevamo raggiunto l’indipendenza giusta per affrontare in libertà l’ennesimo viaggio.
«Non cambi mai Takao!»
Fu di nuovo la voce divertita di Max a farmi tornare coi piedi per terra e farmi ricordare ciò che mi ero portata appresso.
«Ragazzi, se avete fame ho preparato qualcosa per cena! Sono tutti piatti freddi, perché li ho preparati ieri con l’inserviente degli Jurgens in previsione del viaggio», sorrisi imbarazzata, voltandomi per prendere la borsa che avevo poggiato sul letto.
«Ecco perché eri sparita!», ridacchiò Rei, cogliendomi nel sacco. Ma non era solo quello il motivo e loro lo sapevano bene oramai.
«Colpita», sorrisi con una linguaccia.
Insieme ai cuochi del castello avevo cucinato alcune varie ricette occidentali niente male, lasciando per una volta da parte le tradizioni Giapponesi. Ovviamente ogni piatto destinato ad un membro dei Bladebreakers cambiava a seconda dei gusti dei ragazzi, che avevo imparato a conoscere col tempo. Avevo messo tutto in dei box di plastica richiudibili e su ognuno avevo attaccato un biglietto con il nome di colui a cui era destinato.
«Max», lo richiamai porgendogli il contenitore. «Con tanta maionese come piace a te!», ridacchiai, e vidi i suoi occhi illuminarsi come quelli di un bambino il giorno di Natale. Avevo fatto centro!
«Rei, il giusto speziato», gli sorrisi ed il suo in risposta mi fece capire di aver colpito nel segno un’altra volta.
«Takao ed il prof, con un pochino di peperoncino», gli feci un occhiolino, facendo avvampare il più piccolo e salire l’acquolina in bocca all’altro. Il Prof non era abituato a quel tipo di “smancerie”.
Si scambiarono tutti e quattro un sonoro buon appetito, mentre io tornai a prendere l’ultimo box destinato all’ultimo membro della squadra.
Lo osservai di sottecchi, ma Kai non si era minimamente mosso dalla sua posizione, incurante di ciò che gli stava succedendo attorno. Probabilmente neanche sentiva i morsi della fame, o se li avesse sentiti sono sicura che li avrebbe decisamente snobbati. A costo sarebbe uscito da solo nel vagone ristorante pur di non mangiare insieme a noi, ma volli comunque provare a dargli il suo piatto. In fondo, nonostante il nostro diverbio, non avevo intenzione di farlo morire di fame. Anche lui ci serviva in forze per la finale.
Presi il contenitore con una mano e con l’altra mi aiutai a salire la scala d’acciaio del letto a castello, per arrivare a parlargli a quattrocchi.
«Kai…», lo richiamai quando fui arrivata abbastanza in altro da essere nel suo campo visivo. Mi ero issata fino a sporgere dal materasso con il petto e con il cuore che martellava al suo interno. Era la prima volta che provavo ad avvicinarlo dopo la nostra divergenza nel castello degli Jurgens e non ero sicura che avesse superato la cosa. Io stessa non l’avevo ancora fatto, ma avevo voluto mettere da parte l’orgoglio e tutti gli altri sentimenti contrastanti per vivere in armonia con tutta la squadra, soprattutto dopo che avevo detto loro la verità. Inoltre sperai vivamente che non fosse una persona estremamente rancorosa.
Ma ovviamente non fu così.
«Che vuoi, lasciami in pace!», mi rispose, algido e secco come suo solito, senza neanche prendersi la briga di guardarmi negli occhi.
«Nulla»
Gli risposi abbattuta, abbassando ferita gli occhi che sentivo di nuovo lucidi. Hiwatari aveva il potere di gelarti all’istante solo con le sue parole taglienti. Mi meravigliai del fatto che nessuno dei quattro fosse mai rimasto male delle sue risposte antipatiche…ma potevo capirli. Loro avevano imparato a conoscere questo Kai, io invece ne conoscevo un altro ed ancora non mi ero convinta del fatto che non esistesse più.
Senza aspettare un’altra presa di parole da lui, scesi con un balzo la scaletta fino a tornare con i piedi per terra. Mi affrettai a rimettere il box nella borsa dove lo avevo preso ed uscii di corsa dalla cuccetta prima che i miei compagni mi vedessero piangere per lui un’altra volta.
 
 
 
 
 
Saya era uscita di corsa dalla cuccetta sotto gli occhi attoniti dei quattro presenti seduti al tavolo, che rimasero con le loro posate ferme a mezz’aria ad osservare quello strano comportamento.
Rei si era accorto che era salita da Kai, anche se il chiacchiericcio degli amici gli aveva impedito di capire cosa si fossero detti. O cosa lui le avesse detto per farla agitare in quel modo, tanto da farla uscire quasi in lacrime. Fu anche estremamente sicuro che non fossero state solo lacrime di tristezza, ma fossero mosse anche da molti altri sentimenti, come l’amarezza, la frustrazione e, soprattutto, la rabbia. Saya non era una che si faceva abbattere così dal comportamento scostante del compagno. Non lo aveva mai fatto, Rei ne era sicuro.
Però voleva vederci chiaro.
Si alzò dal tavolo, lasciando la sua cena a metà, scusandosi coi ragazzi ed incitandoli a continuare a mangiare. Raggiunse la borsa dove la ragazza aveva riposto il piatto destinato allo scontroso compagno di squadra e lesse il bigliettino che ci aveva poggiato sopra.
“Kai. Senza formaggio”.
Eh sì, li conosceva proprio bene! Aveva pensato a tutto ed in grande per non far mancare mai nulla a quei cinque scapestrati. Ancora Rei si chiedeva come facesse Kai a non esserle almeno un pochino riconoscente per tutto quello che aveva fatto per loro, al di là dei loro trascorsi e del loro passato. Si trattava di semplice cordialità e buona educazione, ed era sicuro che al ragazzo non fosse del tutto mancato l’insegnamento di queste cose.
Così, esattamente come aveva fatto la nipote del Presidente pochi secondi prima, prese il box e si arrampicò fino al letto dove era sdraiato il suo compagno di squadra.
«Kai…», lo richiamò il cinese ed il diretto interessato si voltò nella direzione del nuovo arrivato, infastidito dall’ennesima interruzione.
«Cosa volete tutti?», sospirò scocciato, riprendendo a guardare il soffitto indurendo la mascella.
«Io nulla», gli rispose l’altro con una piccola smorfia. Dovette ammettere che quella risposta da parte di Hiwatari non gli andò propriamente a genio, ma non ci badò più di tanto. In fondo il loro “amico” non era mai stato uno dai modi gentili.
«Prima Saya ti voleva dare questo», continuò spiccio, poggiandogli sullo stomaco il porta pranzo contenente la cena e lo fece con un gesto che strappò un piccolo lamento di dolore all’altro.
Per qualche secondo si squadrarono negli occhi, ambra contro ametista, con un’espressione che avrebbe fatto presagire sicuramente una presa di parole poco carine da entrambe le parti, ma stranamente il primo a sciogliere quell’incontro di sguardi fu proprio Kai. Si portò seduto, con la schiena poggiata alla parete del treno, reggendo tra le mani l’oggetto che Rei gli aveva poco carinamente consegnato.
«Buon appetito», gli disse infine, senza una particolare intonazione nella voce, facendogli intendere che non avrebbe voluto vedere riconsegnato quel contenitore se non vuoto. L’altro invece alzò solamente gli occhi al cielo, scocciato per essere stato disturbato. Però doveva ammettere che un po’ di fame ce l’aveva anche lui.
Quando il compagno di squadra fu definitivamente sparito dal suo campo visivo, Hiwatari abbassò gli occhi a contemplare ciò che aveva ricevuto e la prima cosa che vide fu il biglietto. Rimase a fissarlo per qualche secondo con una smorfia, che trasportava un’espressione tra lo scocciato e l’infastidito, prima di convincersi ad aprire quell’arnese ed iniziare a mangiare svogliatamente accompagnato dalla vibrazione del treno.
Mentre meccanicamente continuava a mangiare in silenzio la sua cena, sentì uno strano sentimento approdargli nell’animo. Uno che non aveva mai provato prima d’ora.
Storse il labbro inferiore con una smorfia.
Gratitudine.
Ma nella solitudine di quel letto sopra elevato, si concesse un sorriso appena accennato.

 
 
 
 
Mi accorsi che mio nonno non era ancora rientrato nella nostra cuccetta e così ne approfittai per sprofondare sopra al mio letto e sfogare tutta la rabbia e la frustrazione che provavo. Le lacrime che non ero riuscita a trattenere non trasportavano solo tristezza, o il mio essere ferita dalle parole algide di Kai. Ma, in fondo, cosa potevo aspettarmi da lui dopo quello che ci eravamo detti? Era logico che lui avesse fatto finta di nulla per salvare la tranquillità della squadra, e per non permettere ai ragazzi di impicciarsi dei fatti suoi, come era chiaro che la questione per lui non era superata. Mi aveva detto parole pesanti, e le mie non erano state da meno. Ci eravamo feriti ma ero stata comunque io ad abbassare le mie difese per prima, facendo leva sul suo essere così maledettamente inespressivo e difficile da capire, ma dovevo immaginare che comunque le mie parole dovevano averlo scosso almeno un po’. E ciò che era successo ne era stata la riprova.
Non seppi dire quanto tempo passai in quella posizione, con la faccia spiaccicata sul cuscino e le lenzuola strette nei pugni serrati, che ogni tanto facevo affondare con rabbia contro il materasso, provocando profondi tremiti al letto.
Odiavo il suo modo di essere, odiavo chi gli aveva fatto tutto quello, odiavo me stessa per quello che gli avevo detto ed odiavo lui per le parole pesanti che mi aveva rivolto. Ma soprattutto odiavo la situazione che si era venuta a creare e nella quale io stessa mi ero infilata. Era chiaro che non sarei tornata ad essere neanche una semplice compagna di squadra per lui, in fondo non lo ero mai stata e me lo aveva fatto ben capire. Non ero nulla per lui, figuriamoci se potevo essere un’amica o una figura da considerare tale. Non mi avrebbe neanche vista come una ragazza, in fondo a lui interessava solo il Beyblade e la strana ricerca del Beyblade perfetto che faceva quando era a capo degli Shall Killer.
Nulla. A Kai HIwatari non fregava nulla di tutto il resto. Né dei suoi compagni di squadra, né del mondiale. Lo dimostrava il fatto che era sceso in campo solamente in sostituzione di Rei e Takao, quando erano stati impossibilitati a battersi, e contro gli Europei solo per prendersi la sua rivincita contro Andrew. Non c’era null’altro che smuoveva il suo animo.
Solo Dranzer e l’aquila rossa riuscivano a riscaldare il suo cuore di ghiaccio, e non ero neanche immensamente sicura che provasse un moto di affetto per il suo Bey e per il suo Bit Power. Per lui erano solo strumenti, dei mezzi necessari per arrivare a prendersi quello che voleva.
Tutto quello era irrimediabilmente triste ai miei occhi.
«Saya?»
La voce di qualcuno, seguita dal rumore della porta scorrevole che veniva chiusa, mi dette la forza di inginocchiarmi sul materasso. Rimasi di spalle però, troppo avvilita per farmi vedere da lui in quello stato. Mi feci leva con le braccia e rimasi in quella posizione ricurva, lasciando scivolare sulle lenzuola le lacrime che ancora cadevano dalla punta del mento.
«Hey…», continuò imperterrito il nuovo arrivato, che si sedette leggermente dietro di me. Sentivo che avrebbe voluto che io mi girassi, ma rispettò degnamente i miei spazi e il mio stato d’animo. Anche restando in silenzio, mi fece capire che, per qualsiasi cosa, lui ci sarebbe stato.
Non so cosa mi dette la forza di fare quello che feci e dove trovai tutta l’audacia che misi in quel gesto, ma in quel momento volevo solo avere una spalla su cui piangere e sapere di non essere sola. Mi voltai di scatto ed affondai la faccia sul petto di Rei, bagnandogli la casacca con le mie lacrime.
Lui non disse nulla e mi lasciò fare. Con un sospiro che trasportava tutta la sua comprensione e l’amarezza di vedermi in quello stato, mi poggiò una mano attorno alla schiena per sorreggermi, perché mi ero voltata in una posizione veramente scomoda. Con l’altra mano invece aveva preso a carezzarmi i capelli in un gesto consolatorio.
Iniziavo seriamente a pentirmi della decisione di partire per la Russia. Se fossi tornata a casa, probabilmente avrei sentito la loro mancanza ma non ne sarei stata così distrutta. Avrei potuto seguirli in tv, o telefonare al nonno negli Hotel dove avrebbero alloggiato. Avrei parlato coi ragazzi a distanza, senza essere costretta a vedere Kai.
«Rei, come hai fatto a sopportare?», gli chiesi di sfuggita dopo alcuni infiniti minuti di silenzio, che venivano rotti solamente dai miei singhiozzi.
Lo sentii sussultare sotto quella mia strana richiesta, apparentemente senza senso. Non riuscivo neanche a formulare una frase di senso compiuto, e se ne accorse anche lui. In ogni caso non mutò il suo tono di voce amorevole.
«A sopportare cosa?», mi chiese infatti, continuando a tenermi stretta a sé.
«L’odio di Mao, quando sei stato costretto a rivederla», tirai su col naso «Come ha fatto a sopportare l’odio che i tuoi vecchi compagni ti hanno serbato per tutta la durata della tappa Cinese?», continuai infine, cogliendolo di sorpresa.
Ci mise un po’ a rispondere. Probabilmente cercava dentro di sé le parole esatte per esprimere il suo stato d’animo, perché ero sicura che per lui doveva essere stato veramente pesante. Mi ricordavo della notte in cui la tigre bianca lo aveva abbandonato, delusa dal suo comportamento…
 No, non doveva essere stato semplice, come non lo era per me. Forse in quel momento, l’unico in squadra che poteva veramente capire come mi sentivo era proprio lui.
Lo sentii sospirare.
«Grazie a voi. A te, Takao, Max, il Prof e…sì, anche grazie a Kai, che nonostante le sue parole pungenti mi ha aperto gli occhi e mi ha spronato a reagire», rispose poi, anche se mi sembrarono parole quasi sofferte. «Non riesco a dirti cos’ho provato quando mi hanno accusato di essere un traditore, perché tutto mi sentivo fuorché quello. Non avevo tradito la mia tribù solo per i miei scopi personali, ma poi ho capito anche il loro punto di vista. Probabilmente anche io mi sarei sentito tradito se un mio compagno mi avesse voltato le spalle», andò avanti. «Se ci ripenso, le loro parole di disprezzo le sento ancora ronzarmi nelle orecchie, e fanno male. So come ti senti, e ti ringrazio di aver cercato in me un po’ di sostegno. Non è bello rimanere soli in momenti del genere, e vorrei che tu non lo fossi. Come vorrei che tu reagissi», sospirò ancora. «Lo devi a tuo nonno, a noi e, soprattutto, a te stessa. So che è difficile, ora che so tutta la storia capisco la difficoltà della questione e…»
«No, non sai tutta la storia!», lo interruppi, con la voce rotta di nuovo dai singhiozzi. «Non sai cosa ci siamo detti quella sera!», sbottai, affondando ancora di più nel suo petto, per paura che lui potesse cogliere l’espressione sofferente del mio volto.
Lui però aspettò pazientemente qualche secondo prima di riprendere a parlare, dandomi il tempo di calmarmi un po’, quel poco che bastò perché io lo ascoltassi.
«Vuoi dirmelo?», mi incitò con tono dolce.
In un primo momento decisi di rimanere in silenzio, per capire se veramente volevo parlare con lui di quella cosa. Ma, se non mi fossi liberata di quel peso non sarei mai riuscita a riprendermi del tutto. Avevo bisogno di confidarmi con qualcuno, e quel qualcuno era lui. Lui che oramai consideravo più di un compagno di squadra. Rei era diventato un amico, consigliere e confidente, quasi come un fratello che ti ascolta e ti indirizza nella giusta direzione.
Ecco cosa sentivo per Rei. In passato pensavo di aver avuto una colossale cotta per lui, e forse era stato veramente così, ma andando avanti col tempo capii che quell’affetto che provavo era per il suo modo di essere così gentile e confortante. Lui riusciva a risolvere ogni questione con diplomazia e tranquillità. Riusciva a metterti a tuo agio con il suo sguardo ambrato e col suo sorriso trasportatore ti “obbligava” a mettere a nudo la tua anima. Era questo il grande potere di Rei Kon, e gliene fui così immensamente grata.
«Mi disse che, nonostante si ricordasse qualcosa di me, io per lui non ero più nulla. Che ero un peso per la squadra, una nullità che non aveva fatto nulla per voi, solo starnazzare il tifo dalla panchina solo perché avevo un posto d’onore. Sono state esattamente queste le sue parole», rigettai con la mascella serrata. Se ripensavo a quella sera, un vortice di emozioni contrastanti si impadroniva di me ed in quel momento, con l’umore altalenante che avevo, non faceva bene alla mia causa.
«E tu cosa gli hai detto?», mi chiese infine e sapevo che prima o poi saremmo arrivati a quello. Sapevo di doverglielo dire, glielo dovevo solo per il fatto che mi era rimasto vicino e non aveva fatto una piega quando avevo iniziato a piangergli addosso.
«Ho fatto leva su vecchi ricordi…», ammisi, stringendo i pugni dove avevo stretto maggiormente la sua casacca. «Gli ho detto che si era meritato di perdere la finale nazionale, di perdere contro Andrew e che si sarebbe meritato di rimanere solo come era quando lo avevo conosciuto e…», lasciai in sospeso volutamente la frase, preparandomi alla parte peggiore.
Lui rimase in ascolto, senza fare una piega.
«Che nessuno gli aveva mai voluto bene…nemmeno suo nonno».
Ecco, glielo avevo detto! Ero sicura che mi avrebbe disprezzato per il male che gli avevo fatto, che mi avrebbe allontanata dicendomi che mi meritavo il disprezzo di Kai. Era questa la mia enorme paura e lo capii in quel momento. Avevo paura che, con quelle mie dure parole, i ragazzi mi avrebbero guardata con occhi diversi.
Invece Rei rimase fermo nella sua posizione e sentii solo le sue braccia stringermi con maggiore forza addosso a sé, come se volesse comunicarmi tutto il suo conforto.
«Eri arrabbiata, è comprensibile…Quando siamo arrabbiati si dicono cose che non volevamo dire…», cercò di consolarmi, ma le mie labbra si aprirono in un sorriso amaro.
«No Rei. Ero arrabbiata sì, anzi, ferita, ma ero estremamente consapevole delle mie azioni. Gli ho detto quelle cose proprio con l’intento di ferirlo…»
«Saya, come hai detto tu eri ferita. Ma oramai è acqua passata. Lui comunque non è tornato indietro per tenere alte le sue ragioni. Probabilmente neanche ha capito il tuo discorso. In fondo non lo hai detto tu che non ricorda il suo passato? Non te la prendere per il fatto che è scostante con te, lo è sempre con tutti, no?», lo sentii sorridere. «Anche a me all’inizio dava fastidio il suo comportamento, ma poi ho capito che era il suo modo di fare ed ho lasciato correre. Quando abbiamo avuto bisogno di lui c’è sempre stato. Certo, con te è diverso, ma sono sicuro che avrete modo di chiarire»
Le sue parole mi dettero la forza di allontanarmi dal suo petto e mi costrinsi ad asciugare con la manica del vestito alcune lacrime rimaste. Le altre le asciugò lui con un gesto gentile della mano, mentre il suo sorriso confortevole ancora faceva capolino sul suo volto.
«Grazie», gli dissi spiccia, provando a rilassare il volto.
«Dai, fammi un sorriso! Sei così carina quando sorridi!», ridacchiò e mi sentii avvampare. Era la prima volta che mi diceva una cosa del genere, ma mi rilassai subito, perché capii che non c’era nessuna malizia nella sua voce. Quel ragazzo era incredibilmente fantastico! Sentii anche un moto d’invidia per Mao, ma non perché volevo Rei in quel senso, ma per il rapporto di amicizia ed amore che avevano. Erano amici d’infanzia, come me e Kai, ma nonostante l’odio covato da tempo da parte di lei erano riusciti a chiarirsi. Ma ovviamente la mia situazione era totalmente diversa.
«Posso farti una domanda?», mi chiese infine, a bruciapelo, quando oramai pensai di essermi definitivamente calmata. Eravamo rimasti in silenzio, è vero, ma pensavo che oramai il discorso fosse concluso lì.
Invece no.
Annuii distrattamente, alzando leggermente un sopracciglio. Non avevo idea di cosa volesse chiedermi e quando iniziò a parlare, le sue parole arrivarono a me come una stilettata al cuore.
«Sei innamorata di lui?»
Mi penetrò con i suoi occhi color miele, ridotti quasi a due fessure, quasi volessero captare il mio cambio d’espressione.
Strinsi la mascella, colpita da tanto ardire. Non mi sarei mai aspettata una domanda del genere così a bruciapelo, perché non sapevo veramente cosa rispondere. Mi aveva letteralmente spiazzata, e dissi l’unica cosa che mi venne in mente.
«Non lo so», ammisi di getto.
E forse era la verità.
Cosa provavo per Kai Hiwatari? Era una domanda a cui ancora non sapevo dare una risposta. In fondo, io non sapevo nulla dell’amore.
Fu in quel momento, quando spostai lo sguardo verso un punto indefinito della stanza, per rimuginare alla ricerca di un’altra possibile risposta alla romanda di Rei, che incrociai due occhi color ametista che mi fissavano con un’espressione indefinita dall’altra parte del vetro.  Fu un solo attimo, così breve che quasi mi sembrò di averlo immaginato. Non disse e non fece nulla, non cambiò nemmeno espressione. Riprese subito a camminare per il corridoio del treno facendo frusciare la sua lunga sciarpa dietro di sé.
Quando Rei si voltò per capire cosa avesse rapito così tanto la mia attenzione, Kai era già sparito.
Fine capitolo 22
 
 
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Colei che scrive:
Ma salve <3 eccomi tornata con un nuovo aggiornamento, tutto inedito e partorito dalla mia povera testolina xD se i capitoli precedenti erano stati un riassunto delle puntate dell’anime, questo è estremamente originale (a parte il fatto di essere sul treno, logico, perché quei pazzi si sono fatti un viaggio di ore in treno DALLA GERMANIA ALLA RUSSIA, invece di prendere un comodo Aereo xD visto che la BBA non bada a spese, non poteva pensarci? xD). Ma, bando alle ciance! La storia inizia ad entrare nel vivooooo muahahah! In questo capitolo ho voluto mettere in evidenza il rapporto e l’avvicinamento di Saya e Rei (ma quanto ci aveva sperato lei in Cina? XD), perché OVVIAMENTE, non è finita qua. Il loro rapporto sarà la chiave per qualcosa, e tutto d’ora in poi succede per un motivo ben preciso, che vedrete nel continuo di questa storia :P sì, perché ha un continuo, che è già delineato, capitolo per capitolo, e scritto, vicenda su vicenda, nella mia inseparabile agenda :P quindi non vi libererete di Saya tanto facilmente xD
Inoltre, come avete ben notato, c’è un pezzo dove il capitolo è scritto in terza persona, ma mi piaceva inserire quella piccola scenetta, giusto per infastidire ancora di più quell’algido di Hiwatari U.U
Ok, dopo aver minacciato a sufficienza, passo a ringraziare i lettori silenziosi, sperando che anche questo capitolo non abbia deluso le aspettative; i recensori, che mi danno sempre una buona motivazione per sedermi davanti ad un foglio immacolato di Word, ed tutte le persone che seguono le vicende di Saya e dei ragazzi! <3
Sempre con la speranza che mi facciate sapere le vostre impressioni (sono curiosa <3), vi saluto per il momento!
Al prossimo aggiornamento!
  
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