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Autore: Ino_Nara    09/06/2020    0 recensioni
Ritrovarsi catapultati in un nuovo mondo, perdendo le proprie abitudini, la propria routine, i propri cari. Un mondo strano, magico, in guerra.
Come può una ragazza imparare a conviverci?
Ghirsh se ne trarrà fuori, supererà il turbinio di emozioni che la assalgono? Sarà sopraffatta da queste magiche creature, o si rivelerà essere come loro?
NB: Il lavoro è opera mia, ma per rendere il tutto più logico e realistico, in certi punti seguo lo scorrere delle vicende nel gioco
Genere: Fantasy, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erika, Ezarel, Nevra, Valkyon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi guardava, nella penombra che entrava dai miei vetri mosaicati, gli occhi che brillavano alla luce proveniente dall'esterno della camera.
“Ashkore…”
“Ghirsh, stavi cercando questo?”
“Dammelo! Cosa sei venuto a fare qui?”
L'uomo mascherato reggeva il mio martello e lo rigirava tra le mani. Mi guardava, in silenzio, con un sorriso macabro sulle labbra.
"Vieni con me, prendi le tue armi e usciamo dal Quartier Generale. Non hai la minima idea di quello che sta per succedere."
"E perché tu invece sembri saperlo molto bene?"
"Non vuoi sapere cosa sta arrivando. Esci dal Q.G. seguimi o vattene da sola, non ha importanza, ma scappa di qua prima che sia troppo tardi."
"Permettimi almeno di avvisarli, dimmi di quale pericolo devo metterli al corrente."
"Dopo quello che hanno architettato contro di te, credi che possano meritare il tuo aiuto? Vuoi davvero permettere loro di salvarsi?"
"Se potessi punire l'Oracolo lo farei, ma loro non hanno colpe... Ma ora lasciami andare, devo aiutarli, prima che come dici tu, sia troppo tardi."
"Scegli bene le tue azioni, e calibra le tue parole ragazza, stai attenta e forse potremo rivederci."
Detto questo si ritirò nel buio della mia stanza, lasciando cadere il mio martello con un tonfo sordo e uscì dalla finestra; seguii il suo percorso tra gli alberi, ma ben presto mi fu impossibile riconoscerlo tra le fronde.
Uno strano presentimento, quello stesso presentimento che mi aveva afflitto quella mattina, mi invase. Forse, per una volta, avrei dovuto dare retta all'uomo mascherato. Doveva per forza esserci un motivo, doveva voler qualcosa da me, doveva sentirsi in dovere di farlo, perché mai una volta ciò che mi aveva detto si era rivelato sbagliato.
Mi avvicinai alla finestra e provai a richiamarlo, nonostante i miei occhi non fossero più in grado di vederlo.
"Vengo con te!"
Gridai a pieni polmoni, ma nulla sembrava riportarlo indietro. Mi sporsi un'ultima volta e cercai di ribadire il concetto, ma nuovamente quel nome uscì dalla mia bocca.
"Ashkore!"
Dopo un istante le corna nere della sua maschera erano sotto la mia finestra. 
"Vieni ragazzina, muoviti."
Aiutata dall'asta del martello riuscii a calarmi dalla finestra e seguirlo, correndo tra foglie e radici che si susseguivano sul terreno.
Improvvisamente qualcosa che brillava tra le sterpaglie attirò la mia attenzione. Mi accasciai a terra, piegata sulle ginocchia e prudente, scostai le foglie morte. Era un frammento del cristallo. 
Lo afferrai, e senza pensarci lo misi in borsa e ripresi a correre; lungo la strada mi fermai più e più volte a raccoglierne fino a quando, giunta davanti alla porta del Quartier Generale, non ne trovai uno considerevolmente più grande degli altri. La mia corsa si arrestò definitivamente. Non poteva continuare così. Stava succedendo qualcosa di enorme, mille volte più grande di me, ma non potevo abbandonare tutti gli altri. Guardai l'uomo mascherato, e senza una parola, gli voltai le spalle.
Corsi a perdifiato per rientrare al Q.G. più in fretta di quando pochi minuti prima lo avevo abbandonato, ma al mio ritorno la Sala del Cristallo era vuota, e Miiko praticamente introvabile: corsi per tutti gli scalini fino alle segrete, controllai la forgia, il laboratorio, la biblioteca, ebbi perfino in coraggio di cercarla in infermeria, ma di lei nessuna traccia.
Tenendo stretto tra le mani il mio martello, decisi di uscire in direzione del chiosco, che sarei arrivata fino alle porte per trovare almeno qualcuno; dovevo avvertire in qualsiasi modo i vertici della Guardia Scintillante della gravità della situazione.
Il cortile era inondato di voci che urlavano, chi dirigeva le operazioni di messa in sicurezza, chi chiamava a gran nome il figlio, altri che piangevano; tra gli altri rumori, era possibile distinguere il frastuono di un combattimento.
All’improvviso, il silenzio.
Al ciliegio centenario Nevra e Valkyon combattevano contro ombre nere, incorporee, inattaccabili: nuvole di pece, dall’odore acre, terribili, dai scintillanti occhi violacei. Poco importava quanto forte Valkyon colpisse i suoi nemici o quanto Nevra fosse più rapido di loro, ben presto furono accerchiati da un fumo denso e scuro, sconfitti, abbattuti, riversi a terra.
Senza riflettere un solo secondo mi gettai in mezzo a quella nebbia brandendo il mio martello, fendendo l’aria, come se essa fosse colpevole della disfatta dei ragazzi. Ben presto anche io fui accerchiata, i polmoni impossibilitati dal trovare ossigeno.
Un colpo, poi un secondo più forte del precedente, ma ancora non riuscivo a capire come quei mostri incorporei riuscissero ad attaccarmi, ne da quale direzione provenissero le sferzate che ricevevo.
Dopo un tempo che sembrò interminabile, nel quale l’unica cosa che riuscivo a sentire erano le urla dei ragazzi, un colpo più forte dei precedenti, mi fece sperare che fosse finalmente tutto finito. Una forza estranea mi aveva invaso il petto, pugnalandomi il cuore, stringendolo in una morsa di ferro, arrestando per un secondo i miei battiti accelerati, attanagliando tutto il mio corpo, che sembrava non appartenermi più. Mi sentii svuotata, come se l’anima stesse abbandonando la mia persona, esalando l’ultimo respiro.
Improvvisamente i miei piedi persero il contatto con il terreno, il mio corpo morto sollevato da terra, librato in aria, ma sempre accerchiato dalle ombre e dal fumo, poi un grido estraneo alla mia stessa gola, portavoce del dolore indescrivibile che sentivo, mi scappò dalle labbra. In quel momento una folgorante luce blu squarciò le tenebre che mi opprimevano, costringendole a scappare, dileguarsi il più velocemente possibile: ripresa la concezione di tutto quello che mi stava attorno, vidi i combattimenti arrestarsi, i presenti abbassarsi e ripararsi il viso da quelli che sembravano frammenti del cristallo, apparentemente sprigionati da me. Il secondo successivo l’Oracolo interruppe la battaglia, palesandosi in mezzo a noi, avvicinandosi fino a quasi a sfiorarmi il viso, per poi darmi le spalle e chinarsi a raccogliere da terra un frammento di cristallo, poi un secondo e così fino a riempirsene le mani, fermandosi a fissare con sgaurdo perso quanto portava tra le mani.
“Fermati, ti prego, torna al sicuro!”
Nel cortile apparve Miiko, trafelata dalla corsa che aveva dovuto fare dalla sala del cristallo fino al grande ciliegio che troneggiava al centro del cortile.
“Lascia i frammenti, saremo noi a riportali al sicuro e a far tornare il Cristallo al suo antico splendore, fidati! Torna al sicuro, ti prego!”
Mai, dal momento del mio arrivo, avevo visto Miiko supplicare qualcuno in questo modo, in verità non l’avevo mai vista preoccuparsi per qualcuno di diverso da lei e dalla sua reputazione come capo della Guardia Scintillante.
Ma l’Oracolo, non curante di lei, continuava a fissare i rammenti che teneva tra le mani, per poi avvicinarsi ai capi delle guardie, che si trovavano poco lontani dal punto nel quale stavo fluttuando, ma immobili, come pietrificati dalla sua presenza. Prese i Cristalli a due a due e dopo averli fatti in qualche modo brillare della loro luce intrinseca, li avvicinò ai petti dei ragazzi che le stavano di fronte, esponendoli ai loro effetti, inglobandoli nei loro cuori. Poi si volse nella mia direzione, avvicinandosi a me, ma lasciando tra di noi la distanza di qualche metro; sollevò le braccia e guardandomi pronunciò qualcosa che per me risultava del tutto incomprensibile, poi, d’un tratto, come era apparsa, scomparve.
Sotto lo sguardo stupito di tutti, le decine di frammenti che erano rimasti a terra si librarono in aria, prendendo a vorticare freneticamente intorno al mio corpo, del quale continuavo a non avere ancora sensazione; giravano e giravano, sempre più forte, sempre più velocemente, facendomi scoppiare il cervello, accecandomi con la luce che sprigionavano.  Sentii in quell’istante gli ultimi manaa che mi tenevano cosciente scivolare via dal mio corpo, andando ad unirsi ai cristalli, che improvvisamente cambiarono la loro direzione, andando a dirigersi verso di me, con tutta la potenza che avevano accumulato dal loro frenetico vorticare. Chiusi gli occhi e sentii il mio corpo cadere, schiantarsi rovinosamente a terra, evitando un contatto più forte del dovuto solo grazie alle braccia dei ragazzi che erano accorsi a sorreggerla. Svuotata dai manaa, mi era impossibile fare un qualsiasi movimento, respirare sembrava impossibile e anche gli ultimi barlumi di conoscenza abbandonavano il mio corpo.
Buio.
  
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