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Autore: MauraLCohen    12/06/2020    2 recensioni
Sandy nascondeva nel cuore un segreto pesante, qualcosa di troppo doloroso per poter essere condiviso con qualcuno. Qualcosa che riguarda Kirsten.
La sua Kirsten.
E che lui si sarebbe portato nella tomba.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'I’m not scared anymore '
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{La seguente one shot partecipa alla #Atonementchallenge indetta dal gruppo Facebook Hurt/Comfort Italia - Fanfiction & Fanart}

***

Il 𝐩𝐫𝐨𝐦𝐩𝐭 è di Carola Ferraro, che spero gradisca il 𝐟𝐢𝐥𝐥. 

***

𝐓𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐩𝐫𝐨𝐦𝐩𝐭: 𝐴 𝑠𝑖 𝑙𝑎𝑠𝑐𝑖𝑎 𝑠𝑜𝑝𝑟𝑎𝑓𝑓𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑎 𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑜𝑠𝑖 𝑟𝑖𝑐𝑜𝑟𝑑𝑖 𝑒 𝑡𝑒𝑛𝑡𝑎 𝑖𝑙 𝑠𝑢𝑖𝑐𝑖𝑑𝑖𝑜, 𝐵 𝑙𝑜 𝑠𝑎𝑙𝑣𝑎 𝑎𝑝𝑝𝑒𝑛𝑎 𝑖𝑛 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜 𝑒 𝑙𝑜 𝑟𝑖𝑚𝑒𝑡𝑡𝑒 𝑖𝑛 𝑠𝑒𝑠𝑡𝑜.

***

 
 
Appena in tempo

Sandy sedeva alla scrivania del suo studio con un bicchiere di whisky tra le mani, mentre Kirsten riposava nel loro letto qualche stanza più in là. 

Era tornata a casa, ormai, da qualche settimana e le cose tra loro sembravano tornate alla normalità. Niente più notti separati, silenzi rancorosi o bugie. Erano di nuovo loro due, quelli di sempre, innamorati e felici, senza fantasmi che aleggiavano sopra le loro teste minacciando sciagure.
Durante il periodo della Suriak, infatti, avevano avuto modo di chiarire ogni cosa: dalla fuga di Seth, passando per Rebecca, fino a Carter. Avevano deciso di lasciarsi tutto alle spalle, senza guardarsi indietro, perché il loro matrimonio era più importante di qualsiasi altra cosa. 
Volevano stare insieme e per farlo avrebbero attraversato anche l’inferno. 
Se lo erano giurati il giorno del loro matrimonio e lo avevano rifatto quella notte, in clinica, stringendosi l’un l’altro.

Tuttavia c’era una cosa che Sandy non riusciva a scordare, qualcosa che non aveva mai confessato ad anima viva e che ora gli inquinava i pensieri, tormentandolo a tal punto da tenerlo sveglio. 

La sera in cui dovette dire a Kirsten che Caleb era morto, lei non si era limitata solo a bere. 

Gli occhi di Sandy iniziarono a proiettare tutta la scena nitidamente davanti a lui. 

Lei lo aveva lasciato pietrificato nella loro cucina, mentre si trascinava verso la camera da letto con la bottiglia di vodka stretta in una mano. 
Lui la osservava allontanarsi senza poter fare assolutamente nulla per fermarla. 


Se c'era stata anche solo una possibilità di salvarla da se stessa, la morte di Caleb l'aveva spazzata via definitivamente.

E Sandy tremò  all’idea di aver perso Kirsten per sempre. 

Non poteva permetterlo.
Non voleva che accadesse. 
Lei era tutta la sua vita, lo era sempre stata, fin dal primo momento in cui si erano incrociati a Berkeley. 

Ma sapeva di essere causa del dolore che l’aveva indotta a bere, o almeno, era parte di essa, e questo lo faceva sentire ancora più miserabile e colpevole, impedendogli di fare anche solo un passo. 

Con che coraggio avrebbe potuto guardarla in faccia e chiederle di appoggiarsi a lui in quel momento e non all'alcol, dopo che l'aveva abbandonata per aiutare Rebecca?

Dio, se solo fosse potuto tornare indietro, lo avrebbe fatto senza pensarci due volte.

Dalla cucina, si udì chiaramente il rumore della porta della cabina armadio che si chiudeva. Kirsten si nascondeva sempre lì ogni volta che era a pezzi. Ormai era diventata una consuetudine. La peggiore. 

Lui la raggiunse con il cuore in gola e lo stomaco stretto in una violenta morsa. 
A stento respirava. 

Bussò con la nocca dell’indice sulla porta del loro armadio, Kirsten non rispose. 

Sandy provò ancora, ma nulla. 


« Tesoro, ti prego. Non chiudermi fuori » iniziò, cercando di tenere il tono più calmo che poteva. « Non oso immaginare cosa stai provando in questo momento, ma ti scongiuro, lasciati aiutare. Non chiedo altro, solo poterti stare vicino. » Sandy sospirò, consapevole  che tanto quelle parole non sarebbero servite a nulla. 

Prevedibilmente, non ottenne alcuna risposta.

Dio Kirsten, pensò, lasciami entrare. 
Mi dispiace.
Mi dispiace per tutto. 

« Tesoro, affronteremo anche questa. Te lo giur... » Non poté terminare la frase, il suono sordo di qualcosa che sbatteva contro il pavimento lo interruppe di colpo. Davanti ai suoi occhi gli scenari peggiori iniziarono a susseguirsi senza sosta, le gambe presero a tremargli e il respiro si fece corto. Rischiava di crollare a terra anche lui. 

Dio, no. Ti prego, no.

« Kirsten? » chiamò, sbattendo vigorosamente  la mano aperta contro la porta. « KIRSTEN? » strillò, di nuovo, in preda al panico, non sentendo alcun rumore in risposta. 

« Kirsten, rispondi, maledizione! » 

Sandy si prese la testa tra le mani, guardandosi intorno. 

Doveva aprire quella dannata porta immediatamente. 

Senza pensarci due volte, vi tirò contro un calcio, ma il divisore resse il colpo. 

Provò ancora. 

E ancora.

Finché la porta finalmente non cedette il passo. 

Come si spalancò, il cuore dell'uomo perse un battito. 
Kirsten giaceva a terra, con la faccia contro il pavimento. La bottiglia di Vodka si era frantumata in mille pezzi, sparpagliati intorno a lei. La mano stringeva un flacone arancione con il tappo bianco. 

Antidolorifici. 

Sandy si precipitò sulla moglie per soccorrerla: la prese tra le braccia, scuotendola delicatamente per cercare di svegliarla. 

« Kirsten! » la chiamò, disperato. 

« Kirsten, svegliati! »

« Kirsten, ti prego! »

« Tesoro. » 

Continuava a scuoterla, ma lei non dava segni di vita. 
Respirava a malapena e il polso era debole. 

Dio, no. Ti prego, non portarmela via.

Pregò, gli occhi appannati dalle lacrime. 

La prese in braccio, lasciando che la sua testa crollasse conto il proprio petto, e corse verso la macchina. 
Non c’era tempo di aspettare l’ambulanza, di rispondere alle domande del 911. 

Kirsten aveva bisogno di aiuto, subito. 

La mise sul sedile del passeggero e le allacciò la cintura. 
Più la guardava, più si sentiva morire. 
Le accarezzò il viso con il dorso esterno delle dita. « Resisti, amore mio. Non lasciarmi » le sussurrò, prima di mettersi al volante e guidare come un pazzo verso l’ospedale più vicino. 

(...) 

Sandy aspettava in sala d’attesa, seduto su una seggiola di plastica blu, da un tempo che gli pareva interminabile. 
Nessuno gli dava notizie e lui credeva di stare per impazzire. 

Perché non si era accorto prima di quanto Kirsten stesse soffrendo?

Perché non era riuscito ad accorgersi che sua moglie stava andando in pezzi? 

Era stato così stupido.

Così cieco.

Se le fosse successo qualcosa, se quella notta Kirsten... 

... Se quella notte non fossero riusciti a salvarla, non se lo sarebbe mai perdonato.

Kirsten era l'amore della sua vita.

Era la cosa più importante per lui, la più preziosa, e non era riuscito a dimostrarglielo. 

Dio, avrebbe fatto di tutto per esserci lui su quel letto di ospedale al posto di Kirsten.

Avrebbe fatto di tutto pur di salvarla. 

« Signor Cohen? » la voce di un uomo in camice bianco lo richiamò alla realtà, Sandy alzò lo sguardo verso la figura che gli stava parlando e subito si mise in piedi. 

« Come sta mia moglie? » chiese.

Tremava. 

Le mani, le gambe, ogni centimetro del suo corpo, tremavano.

Il medico non poté fare a meno di sentire il terrore nello sguardo del proprio interlocutore. 

« È fuori pericolo » lo rassicurò. « Ma se l’è cavata per miracolo. È arrivata qui appena in tempo, un minuto in più e non avremmo potuto fare molto per aiutarla. » 

Sandy non lo ascoltava più, la sua mente si era fermata a quel "fuori pericolo".

Era viva.

Stava bene. 

Era ancora con lui. 

E lui voleva vederla, disperatamente, abbracciarla e dirle che l’amava più di ogni altra cosa al mondo, che sarebbe andato tutto bene e che si sarebbe preso lui cura di lei per sempre.

Ora importava solo stare con lei, stringerla a sé e guardare quegli splendidi occhi celesti risvegliarsi. 

 A tutto il resto Sandy avrebbe pensato dopo. 

Ora voleva solo la sua Kirsten.
   
 
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