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Autore: Ai_1978    15/06/2020    3 recensioni
[SPIN-OFF NUMERO DUE DI "THE EYE OF THE TIGER"]
Prendersi una Ozora vuol dire guadagnarsi il "pacchetto completo" e Kojiro lo imparerà a sue spese.
Due one-shot che si collocano temporalmente all'inizio della storia "L'année des cerises" di Sakura Chan, scritte ovviamente col consenso "a prescindere" dell'autrice.
Buona lettura
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mito delle Metà'
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I personaggi di Kojiro Hyuga, Takeshi Sawada e Taro Misaki non sono una mia creazione ma appartengono al genio e alla maestria di Sensei Yoichi Takahashi.
 
Sakura Ozora appartiene a Sakura chan
 
Minami Ozora, invece, è mia in tutto e per tutto.
 
Tutto quello che ho scritto è stato fatto senza alcun scopo di lucro, ma per puro divertimento

 
LONELY HEART
 
But lovers always come and lovers always go
And no one's really sure who's lettin' go today
Walking away
(Guns ‘n’Roses – November Rain, 1992)
 
Il rintocco della campana della torre della Toho Gakuen scoccò le 16:30, l’ora in cui terminavano le lezioni pomeridiane.
Gli studenti, ordinatamente, uscirono dalle rispettive aule, dirigendosi verso l’uscita principale.
Minami e Takeshi giunsero agli armadietti, si cambiarono le scarpe e successivamente uscirono in cortile.
Appoggiato ad un muretto, Kojiro Hyuga, in gakuran grigio della Toho portato con collo alla coreana slacciato e maniche arrotolate, li stava aspettando.
Come lo vide, Nami incominciò a correre esultante nella sua direzione.
Lui sollevò il capo e la fissò fermo.
Lo sguardo del Capitano era fin troppo eloquente: non in pubblico.
La ragazza si fermò all’istante, riacquistando contegno. Lo raggiunse camminando compostamente e rivolgendogli un sorriso radioso lo salutò: «Ciao Ko-chan.»
«Ciao.» rispose lui con una voce che tradiva il desiderio di abbracciarla.
Lei se ne accorse e sussurrò pianissimo, in modo che Sawada che stava sopraggiungendo non potesse sentire: «Muoio dalla voglia di baciarti.»
Hyuga sorrise fugacemente: «Anche io, ma dopo. Quando saremo soli.»
Minami annuì: ormai stavano insieme da sei mesi ma ancora faticava a contenere il proprio entusiasmo quando vedeva il fidanzato. L’esuberanza e la fisicità erano caratteristiche profondamente radicate nel Dna della ragazza: fin da bambina era sempre stata prodiga di abbracci e baci con coloro che amava. Anche in pubblico, contrariamente a quanto imposto dall’etichetta giapponese.
Con Kojiro però era diverso: il ragazzo non era abituato a palesare le proprie emozioni e non gradiva il fatto che Minami elargisse troppe effusioni nei suoi confronti quando si trovavano in ambienti formali, come quello scolastico.
Una volta soli, tuttavia, l’atteggiamento dell’attaccante cambiava radicalmente e Hyuga era il primo a ricercare il contatto fisico con la fidanzata.
Takeshi, nel frattempo, li aveva raggiunti: «Buongiorno Capitano.»
«Sawada.» ribatté l’altro.
Il giovane centrocampista si congedò, rendendosi perfettamente conto di essere un terzo incomodo: «Bene, io torno ai dormitori. Buon pomeriggio. Ci vediamo dopo Capitano, mentre con te Nacchan, ci vediamo domattina in classe.»
«Ciao Take-chan, a domani!» rispose allegramente Nami
«A dopo.» fu la risposta più pacata di Hyuga.
La coppia guardò  il ragazzo allontanarsi, quindi Nacchan si accostò a Kojiro: «Mi accompagni a casa?»
«Secondo te?» chiese lui allusivo.
Lei sorrise, seducente.
Insieme si avviarono verso i cancelli principali.
Kojiro teneva con un braccio la cartella in pelle nera appoggiata sulla spalla e l’altra mano nella tasca dei pantaloni, mentre Minami camminava compostamente sorreggendo la cartella con entrambe le mani.
Le scappava da ridere: indossava il fuku della Toho, con gonna verde scuro e casacca bianca, aveva raccolto i lunghissimi capelli neri in una morbida treccia laterale e camminava a piccoli passi con lo sguardo basso. Una perfetta ragazza giapponese di buona famiglia. Le sembrava di essere… Sakura!
Quel pensiero le strappò una risatina.
Hyuga si volse a guardarla e chiese: «Perché ridi?»
«Pensavo a Sacchan: ormai è partita per la Francia da quasi venti giorni.»
Il ragazzo non resistette e le diede una fugace carezza sul viso: «Ti manca molto, vero?»
«Sì.» fu la schietta risposta di Nacchan.
Kojiro sorrise: nonostante la sua fidanzata facesse di tutto per apparire stoica, non riusciva proprio a nascondere l’affetto profondo che la legava a Sakura Ozora. E a Tsubasa, ammise mentalmente.
Pacchetto completo, come al solito.
Sospirando, volse lo sguardo verso il cancello: qualcuno in gakuran blu scuro attendeva appoggiato ad uno dei piloni in cemento della recinzione. Uno studente di un’altra scuola.
Quasi contemporaneamente Minami urlò: «NON CI POSSO CREDERE!»
Con una mossa fulminea la ragazza rifilò a Kojiro la propria cartella e si mise a correre in direzione dello sconosciuto.
Hyuga rimase ad osservare la scena impassibile, pensando sconsolato che la sua fidanzata fosse incorreggibile.
«TARO-CHAN!» gridò lei, attirando finalmente l’attenzione del ragazzo in attesa.
Kojiro rimase perplesso: Misaki?
Cosa ci faceva lì?
Sotto gli occhi increduli del Capitano della Toho, Nacchan raggiunse Taro  che la attendeva a braccia spalancate. Lei gli si fiondò al collo e lui la sollevò delicatamente facendogli fare un paio di giri.
Hyuga sbuffò contrariato: Misaki stava abbracciando la sua ragazza e ciò lo infastidiva parecchio.
Camminando lentamente li raggiuse, appena in tempo per vedere Nami che scoccava un sonoro bacio sulla guancia del centrocampista della Nankatsu.
Quello era decisamente troppo, meglio intervenire.
«Buongiorno Misaki.» disse l’attaccante in un tono asciutto e lievemente minaccioso.
L’altro sorrise e rispose con gentilezza: «Ciao Kojiro. Come stai?»
Minami intervenne: «Hai visto, Koji? Taro, a differenza tua, non ha nessun problema a farsi abbracciare in pubblico.»
Il numero undici della Nankatsu rise di gusto: «Nacchan, tesoro: ti conosco da sette anni e ormai ho capito che è assolutamente impossibile arginare la tua esuberanza!»
Lei lo lasciò e replicò divertita: «Kojiro c’è riuscito.»
«Evidentemente lui ha argomenti molto migliori dei miei.» ironizzò Misaki, lanciando un’occhiata complice al Capitano della Toho.
Hyuga tossicchiò evasivamente: odiava quando gli affari suoi venivano messi in piazza in quel modo. Ma la sua ragazza era legata a Taro Misaki da un rapporto di amicizia e complicità: quei due si capivano al volo.
Tanto affiatamento lo aveva sempre ingelosito parecchio, nonostante fosse palese che tra i due non ci fosse nient’altro che affetto quasi fraterno. Inoltre, se non errava, Misaki era fidanzato con l’adorata cugina Sakura. Non rappresentava un pericolo.
Forse.
Minami riprese la propria cartella dalle mani di Kojiro, quindi rivolta a Taro chiese: «Come mai sei venuto a trovarmi?»
Il ragazzo rispose immediatamente: «Avevo voglia di vederti e fare quattro chiacchiere con te.» A quel punto squadrò Hyuga che lo fissava torvo ed aggiunse: «Ma evidentemente hai altri impegni, quindi me ne torno a Nankatsu – si grattò la nuca - È colpa mia, sono stato uno stupido: avrei dovuto avvisarti!»
«Ma stai scherzando?» esclamò Nami prendendolo a braccetto: «Tu non hai alcun bisogno di avvertirmi se vuoi venire a trovarmi. Sei il benvenuto. – si volse verso il fidanzato – Vero Koji?»
«Come no.» bofonchiò freddamente la Tigre.
Minami gli rivolse uno sguardo ammonitore, per evitare che l’attaccante aggiungesse qualcosa di sconveniente. Taro si era fatto un’ora di treno per raggiungerla e lei non aveva alcuna intenzione di cacciarlo.
Era il suo migliore amico e Kojiro avrebbe dovuto farsene una ragione.
Il numero dieci della Toho prese quindi una decisione: «A questo punto io me ne torno ai dormitori.»
Minami lasciò istintivamente il braccio di Taro e si avvicinò al fidanzato: «Non essere sciocco, vieni con noi. Passiamo il pomeriggio tutti e tre insieme.»
Effettivamente l’idea di lasciare Nacchan sola con Misaki non lo allettava. Quindi colse la palla al balzo e accettò: «Se insisti…»
I tre ragazzi si avviarono lungo il viale che conduceva a casa della Ozora.
Giunti a destinazione, Minami fece gli onori di casa: «Accomodatevi pure. Vado a prendere qualcosa da bere. Per te coca suppongo, Amore mio. Tu, Taro, cosa prendi?»
«Va benissimo coca anche per me.» confermò il centrocampista sfilandosi le scarpe e mettendo le pantofole riservate agli ospiti.
La ragazza proseguì: «Vado subito, ma prima… - si avvicinò a Hyuga- …non dimentichi qualcosa
L’attaccante si irrigidì: era chiaro cosa Nami volesse da lui.
Un bacio.
Ma non erano soli. Lo disse: «Nacchan, c’è Misaki.»
Lei sbuffò contrariata: «E allora?  A lui non dà fastidio, fidati. Vero Taro-chan?»
Lui confermò: «Certo che no! Fate come se io non ci fossi…»
«Visto?» mormorò la ragazza mentre avvicinava le sue labbra a quelle di Kojiro: «Dammi un bacio: lo desidero da mezzora.»
A quel punto anche Hyuga cedette e congiunse le labbra a quelle di lei, stringendola a sé.
Taro li osservava con discrezione: erano davvero una coppia stupenda ed era incredibile come Nacchan fosse riuscita a sciogliere il cuore della Tigre senza tuttavia trasformarlo in uno stupido bamboccio innamorato. Quei due erano decisamente fatti uno per l’altra… proprio come lui e Sakura…
No!
Non doveva pensare a lei.
Lei non c’era.
Lei era lontana, in Francia.
Era partita, aveva scelto di allontanarsi.
Senza parlargliene prima. Aveva preso quella decisione da sola.
Lui e Sakura Ozora non erano più una coppia: anzi, forse non lo erano mai stati fino in fondo.
Nami, nel frattempo si era sciolta dall’abbraccio di Hyuga e si era spostata in cucina per ricomparire poco dopo con alcune lattine e qualche stuzzichino.
Tutti e tre presero posto attorno al tavolo del soggiorno.
Taro era piuttosto silenzioso: non la raccontava giusta.
Nami lo conosceva fin troppo bene e  vedeva che l’amico si comportava in modo strano, cercò quindi di farlo parlare: «Allora? Cosa mi racconti? Se sei venuto fin qui ci sarà un motivo.»
Misaki rispose evasivamente, bevendo una sorsata di coca: «Ma no, niente, te l’ho detto: avevo voglia di fare una chiacchierata.»
La ragazza allungò una mano sul tavolo e strinse quella del ragazzo che era appoggiata poco più in là.
Quel gesto ebbe il potere di irritare ulteriormente Kojiro che smise di bere e mangiare e si mise a fissare gli altri due a braccia conserte, appoggiato allo schienale.
Minami se ne accorse, ma finse volutamente di ignorarlo: non era il momento di essere gelosi. Taro aveva un problema e lei era intenzionata ad aiutarlo a risolverlo, con tutti i mezzi possibili, affetto compreso.
«Taro-chan, che cosa c’è? Ti conosco troppo bene: qualcosa ti tormenta. Non puoi ingannarmi.» disse infine.
Il centrocampista aveva uno sguardo triste. Pianissimo, senza alzare gli occhi dal tavolo, sussurrò: «Lei mi manca.»
Nami trasalì: «Lei? Stai parlando di… Sacchan?»
Misaki annuì in silenzio con due rapidi movimenti del capo.
Un senso di tenerezza invase l’animo della ragazza. Ora tutto le sembrava molto chiaro: Taro soffriva di nostalgia. Accusava la lontananza da Sakura.
Ma era… magnifico!
Chissà come avrebbe gioito sua cugina quando glielo avrebbe raccontato!
Ma ora non era il momento di pensare a Sacchan. Il suo migliore amico era seduto di fronte a lei con una faccia da funerale e lei doveva tirargli su il morale. Doveva farlo sfogare.
Tuttavia forse non era il caso di far parlare Taro di fronte a Kojiro: la cosa avrebbe sicuramente messo a disagio entrambi.
Si rivolse quindi al Capitano della Toho che ancora sedeva impassibile e con un’espressione poco raccomandabile: «Amore… scusa se te lo chiedo, ma ti dispiacerebbe andare sul divano a guardare un po’ di TV e lasciarci soli?»
L’attaccante fu molto colpito dal tono della fidanzata:  si percepiva chiaramente quanto fosse preoccupata per l’amico, ma sembrava che nella sua richiesta non ci fosse alcun secondo fine. Minami voleva bene a Misaki, ma in modo pulito.
Non aveva nulla da nascondere. Infatti non gli stava chiedendo di andarsene, ma semplicemente di spostarsi un po’ più lontano.
«Certo, vado. Vi lascio parlare in pace.» acconsentì quindi Hyuga.
Si alzò dal tavolo e si diresse verso il sofà, mentre Minami lo seguiva con lo sguardo e gli mormorava un muto “Grazie”.
Kojiro le sorrise leggermente, chinando il capo.
Minami ricambiò il sorriso e riportò l’attenzione sul centrocampista della Nankatsu: «Benissimo Taro-chan, ora raccontami tutto. E con “tutto” intendo “davvero tutto”. Guai a te se ometti qualcosa!»
Pronunciando queste parole, la ragazza gli prese la mano e si mise a guardarlo speranzosa.
Misaki accettò quel leggero contatto senza problemi e con voce mesta esordì: «Nacchan, sono un perfetto idiota.»
«Cominciamo bene…» commentò lei con una punta di ironia.
«Non prendermi in giro, Nacchan.» replicò Taro lievemente risentito
«Scusa… era per sdrammatizzare un po’. Forza, dimmi: perché ti senti un idiota?»
Misaki deglutì e fece un bel respiro. Si percepiva chiaramente che parlare della questione lo addolorava. Tuttavia doveva farlo, non ne poteva più di tenersi tutto dentro: «L’ho lasciata andare via… l’ho persa.»
Minami sentì una stretta al cuore: il ragazzo era davvero giù di corda. Doveva fare qualcosa, e alla svelta: «Taro, cosa stai dicendo? Tu non l’hai persa. Sacchan starà via solo nove mesi: non ti dimenticherà! Ti vuole bene da anni e proprio adesso che era riuscita ad essere tua completamente, credi che possa buttare via tutto così? Non ha alcun senso…»
Il centrocampista strinse più forte la mano dell’amica. Nacchan evidentemente pensava che lui e Sakura avessero vissuto il loro amore appieno. Effettivamente lui aveva sempre taciuto i dettagli della loro relazione. Forse era giunto il momento di essere completamente sincero: «Vedi, in realtà tra me e Sakura non c’è stato… molto
«In che senso?» chiese Nami preoccupata.
«Nel senso che io e lei non siamo stati insieme nel modo che intendi tu…» ammise Taro.
La ragazza rimase in silenzio. Ci mise qualche secondo a realizzare cosa l’amico le avesse appena confessato: «No scusa, fammi capire. Mi stai forse dicendo che tu e Sacchan non avete mai…»
«No… mai.» la interruppe il ragazzo: «Non ce ne è stato il tempo.»
Minami era sempre più perplessa: «Il tempo? Ma quale tempo? State insieme dagli inizi di aprile!»
«Nacchan… vedi… io…» tentò di giustificarsi Taro.
La ragazza non volle sentir ragioni: «Tu cosa, Taro-chan? Tu cosa? Non posso credere che in tutti questi mesi tu non abbia sentito il desiderio di fare l’amore con Sakura!»
Senza volerlo aveva alzato inconsciamente il tono di voce: Kojiro,  seduto sul divano poco distante, si volse di scatto. La conversazione tra la sua ragazza e Misaki si stava facendo interessante. Ascoltare non era una cosa molto educata, tuttavia non riuscì a farne a meno. Così Sakura Ozora e Taro Misaki non avevano mai consumato la loro passione? Beh, non era difficile da credere: la cugina di Nacchan era una ragazza molto discreta ed aggrappata alle tradizioni. Un peccato, visto che fisicamente aveva decisamente del potenziale.
Si compiacque con se stesso: era stato davvero fortunato ad innamorarsi della Ozora giusta!
Nel frattempo Taro si era incupito ulteriormente. Alzò lo sguardo e fissò Minami con fermezza: «Tu non puoi capire, Nacchan. Non c’è stato un solo giorno da quel primo bacio che ci siamo scambiati sotto i ciliegi in fiore, in cui io non abbia desiderato fare l’amore con Sacchan con tutto me stesso…»
«E allora? Per tutti gli Dei, Taro-chan. Si può sapere perché diavolo non l’hai fatto?» sbottò Nami.
«Non è così semplice… Sacchan non è… come te
Sacchan non è come te.
Quella frase suonava quasi come un insulto. Minami lasciò le mani di Misaki e replicò indispettita: «Cosa stai cercando di dirmi? Mi stai rinfacciando anche tu di essere troppo, qual è il termine che piace tanto a Sacchan…. Ah sì, ecco: lasciva
Il ragazzo la guardò senza capire, poi scoppiò a ridere e la corresse: «Quanto sei sciocca! Io a dir la verità intendevo “spontanea”»
Minami si calmò: «Uh, davvero?»
«Ma certo! Io ho sempre adorato la tua schiettezza e la tua mancanza di paura nel manifestare i sentimenti. Sono queste caratteristiche che ti rendono speciale, Nacchan. Non vorrei che tu fossi diversa per tutto l’oro del mondo!»
Gli occhi verde mare della ragazza si riempirono di lacrime di commozione: come da manuale, senza pensarci due volte, si fiondò fra le braccia dell’amico: «Ti voglio bene, Taro!»
Lui le accarezzò la schiena: «Ehm… sì… anche io.»
Hyuga dal divano vide la scena e strinse i pugni: va bene, Minami aveva la tendenza ad abbracciare chiunque ma anche Misaki ci metteva del suo! Non si tirava certo indietro… Quel faccino pulito da bravo ragazzo e quei modi gentili nascondevano l’animo di un vero marpione.
Ne era certo.
Meglio estraniarsi di nuovo e rimettersi a guardare la TV.
Nel frattempo Il dialogo tra Nami e Taro proseguiva:
«Certo che, capisco che tu sia un vero gentleman, ma come hai fatto a resistere senza sfiorare Sacchan per tutti questi mesi? Hai un autocontrollo ammirevole!»
Il ragazzo sorrise mestamente: già, il suo proverbiale e ammirevole autocontrollo. Aiutato anche da una innegabile sfiga.
«A dir la verità una volta ci siamo arrivati molto vicini.» le sussurrò.
Nacchan non trattenne un urletto di entusiasmo: «Davvero? Racconta!»
Kojiro, dal divano, tese l’orecchio: quella non voleva proprio perdersela.
Taro sospirò ed incominciò a raccontare: «Ma no, niente di che. Eravamo a casa mia… in camera mia.»
«Sul tuo letto?» chiese curiosissima Minami
«Ehm… sì.»
«Vestiti?» lo incalzò la ragazza.
«Parzialmente.» rispose timidamente Misaki.
A quel punto Nami non resistette più: «Ma insomma, Taro-chan! La smetti di dirmi le cose col contagocce? Raccontami come si deve. Eravate mezzi nudi sul tuo letto e….?»
La ragazza era divorata dalla curiosità e sedeva sul bordo della sedia stritolando le mani del povero ed imbarazzatissimo centrocampista.
Hyuga sprofondò nel divano per non scoppiare a ridere: Nacchan era tremenda! La discrezione non sapeva nemmeno dove stesse di casa. Ma come le veniva in mente di fare certe domande così dirette a quel poveraccio di Misaki?
Inaspettatamente però il numero undici della Nankatsu si fece coraggio e riprese a parlare: «Allora, curiosona, se mi dai due secondi ti accontento. Dunque: eravamo sul mio letto mezzi svestiti, ci stavamo… come dire…»
«Toccando?» lo imboccò Minami.
«Ecco, sì: esatto. Insomma, la cosa andava avanti da un po’ ed io ero parecchio… ehm… non trovo la parola…»
Lei sbuffò: «Eccitato, Taro-chan. La parola è “eccitato”. Forza e coraggio: non è un termine difficile. Vai avanti.»
«Ok. Ero eccitato. Contenta?»
«Continua!» gli intimò Nami
«Va bene, va bene… dunque: io ero parecchio eccitato e sentivo il suo profumo così invitante e le mie mani sotto la sua maglia percepivano la sua pelle morbida…»
«Wow…» sospirò Nacchan con aria sognante mentre Hyuga, sempre di spalle, storceva il naso. Avrebbe ardentemente voluto trovarsi da un’altra parte in quel momento.
Il centrocampista proseguì: «Me lo ricordo come fosse ieri. Io ho avvicinato la mia bocca al suo orecchio, scostandole i capelli e stavo per chiederle di fare l’amore con me…»
«E poi?»
«È rientrato mio padre. Ci siamo rivestiti in quattro e quattr’otto. Sakura era paonazza ed è rimasta di quel colore per la mezzora successiva. Secondo me papà ha capito perfettamente cosa stesse succedendo, ma ha fatto signorilmente finta di niente!» concluse Taro con una risata amara.
Minami si ritrasse e buttò indietro il capo esasperata: «Ma che sfiga pazzesca!»
«Già!» convenne l’amico grattandosi la nuca.
«E Sacchan non mi ha mai detto  nulla! La odio. Stasera mi sente.» disse la ragazza indispettita: «Pensa che non sono mai riuscita a cavarle la benché minima informazione. Non saprei nemmeno come baci se non fosse per il fatto che l’ho fatto io stessa, quindi me lo ricordo…»
A quelle parole Hyuga balzò in piedi come una furia e dimenticandosi del fatto di dover fingere di non ascoltare, stritolò la lattina di coca tra le mani e urlò con voce tonante: «COSA HAI DETTO?»
Minami e Taro sobbalzarono.
La ragazza con molta calma chiese al fidanzato: «Stavi origliando, Amore?»
«Non sviare il discorso.» ruggì la Tigre: «Come sarebbe a dire che tu sai come bacia Misaki?»
Nacchan rise di gusto: «Ma dai Ko-chan! Non pensare male… io e Taro ci siamo baciati, ma avevo tredici anni! È stato tantissimo tempo fa. Non te lo avevo mai detto?»
«ASSOLUTAMENTE NO!» tuonò Kojiro.
«Beh, mi sarà sfuggito…» disse lei con noncuranza: «È stato solo un bacetto innocente, dato per curiosità al mio miglior amico.»
Taro intervenne: «Te lo giuro Kojiro: è successo una volta sola, per gioco. È quasi assurdo chiamarlo “bacio”. Non ha significato nulla!»
Hyuga si risedette, era ancora furibondo, ma cercò di contenersi: «Sarà meglio per te che sia andata veramente così, Misaki.»
Minami si alzò e si avvicinò al divano, abbracciando Kojiro dal dietro: « Amore… Non puoi essere geloso di Taro-chan. Lo sai che io amo te.»
«Umpf…» brontolò lui.
Minami lo baciò su una guancia e lui fece un mezzo sorriso. Ok, quello era il segnale inconfutabile che si stava calmando. Ora poteva tornare a dedicarsi a Misaki.
Tornò al tavolo del soggiorno dove l’amico la attendeva preoccupato: «Tutto a posto?»
«Ma sì, stai tranquillo… Koji è meno burbero di quel che sembra. Al massimo, se gli girano i cinque minuti, ti becchi un bel pugno in faccia.»
«Scusa?» domandò allarmato Taro.
Nacchan ridacchiò: «Sto scherzando!»
Il centrocampista sospirò sollevato, quindi proseguì: «Comunque sono un cretino. Ho lasciato andare via Sakura senza nemmeno provare a trattenerla. Non l’ho nemmeno salutata. L’ultimo ricordo che ho di lei è una litigata!»
Nonostante Nami fosse sinceramente dispiaciuta per l’amico, non riuscì a fare a meno di rimproverarlo: «Sì, sei proprio un cretino. Col tuo stupido atteggiamento l’hai fatta soffrire, lo sai? Ma perché ti sei comportato così?»
«Non lo so, Nacchan. La notizia della sua partenza mi aveva distrutto. Non capivo perché lei volesse allontanarsi da me… mi è sembrato così egoista da parte sua.» ammise lui.
«Non era da te che voleva allontanarsi…» commentò Minami.
«Cioè?»
La ragazza si fece seria: forse era il caso di informare Taro dei veri sentimenti della cugina. Probabilmente avrebbe violato la privacy di Sacchan, ma non poteva permettere che il ragazzo pensasse di non essere amato da lei. Non dopo tutta la fatica che Sakura aveva fatto…
«Vedi Taro-chan, mia cugina sta passando un periodo piuttosto difficile: sta cambiando. Per anni è stata la “brava ragazza” di famiglia. Ha vissuto all’ombra di Tsubasa e parzialmente anche alla mia. Ha sempre pensato molto più agli altri che a se stessa. Non è mai stata una che amava farsi notare… lei è una persona discreta. Ma ciò non significa che non abbia una gran forza interiore…»
Misaki annuì, comprensivo: «L’ho sempre saputo e sono proprio queste sue caratteristiche che me la fanno amare…»
Nami sorrise: «Hai detto una cosa bellissima Taro, lo sai? Vedi, io credo che Sakura abbia finalmente sentito l’esigenza di fare qualcosa per se stessa. Qualcosa che fosse solo ed esclusivamente suo. Qualcosa che le permettesse di tagliare quel cordone ombelicale che la lega inesorabilmente alla famiglia. Tsu-chan ha il Brasile, io ho avuto prima l’Italia e ora la Toho e… lui – guardò Hyuga seduto sul divano con occhi pieni d’amore – ma lei cosa ha avuto finora? La famiglia, solo quello.»
«… E me!» aggiunse il ragazzo orgogliosamente.
Nacchan annuì: «E te, certo. Ma anche tu fai parte di un mondo che l’ha sempre tenuta in gabbia. Dopotutto ti ricordo che sei il miglior amico di Tsu-chan: sei strettamente legato a lui! Lei ti ama davvero, non fraintendere. Ma credo abbia bisogno di una boccata di ossigeno. Per capire cosa desidera veramente.»
Taro chinò il capo e sommessamente pose all’amica l’unica domanda che gli venne in mente: «Quindi?»
La Ozora sorrise per l’ingenuità del centrocampista: «Come “quindi”?» domandò.
Misaki non sapeva più che pesci pigliare e guardò Minami con occhi imploranti: «Quindi cosa devo fare? Aiutami Nacchan, per favore!»
Lei scosse il capo. Mai e poi mai, per quanto bene volesse a Taro, avrebbe violato l’intimità della cugina e sarebbe andata contro la sua volontà. A quel punto non le rimaneva che confessare la verità all’amico, anche se avrebbe voluto fare molto di più: «Non c’è nulla che tu possa fare, Taro-chan. Nulla tranne…»
«…Tranne?» la incalzò lui sulle spine.
«Tranne aspettarla» concluse risoluta lei.
 
******
 
Minami aveva la testa piena di pensieri.
Il pomeriggio era trascorso in modo burrascoso: prima aveva dovuto consolare il tristissimo Taro e più tardi aveva dovuto tener testa a qualche piccolo sfogo di gelosia di Kojiro che ancora non si era rassegnato alla sua amicizia con Misaki e continuava, puntualmente, a fraintendere.
E poi c’era Sakura. Sua cugina doveva sapere dell’accaduto a tutti i costi.
Per anni aveva atteso con pazienza che Taro si dichiarasse. Poi lui lo aveva fatto, anche se con qualche tentennamento dovuto alla timidezza. Avevano cominciato ad uscire insieme e poi quella rimbambita di Sacchan cosa aveva fatto? Era partita.
Così, di punto in bianco, lasciando tutti con un palmo di naso.
Minami aveva fatto fatica a perdonarla, sebbene non riuscisse a biasimarla: circa due anni prima lei aveva fatto la stessa cosa per inseguire il suo amore infantile per Genzo in Europa.
Evidentemente, per una volta, la sua cara cugina invece di giudicare i suoi atteggiamenti sconvenienti, l’aveva presa come esempio. Minami si sentì quasi lusingata.
Guardò l’orologio: erano le 22:00. A Parigi, dove si trovava Sakura, dovevano essere circa le tre del pomeriggio.
Magari avrebbe potuto… Ma certo, perché no?
Alzò la cornetta e compose il numero.
 
«Hallo?» (Pronto?)
«Hallo, bonjour Madame Deville, est-ce que je pourrais parler avec Sakura? C’est Minami Ozora à l’appareil, sa cousine.» (Pronto, buongiorno Madame Deville, posso cortesemente parlare con Sakura? Sono Minami Ozora, sua cugina.)
«Mais bien sûr ma cherie! Je l’appelle tout de suîte.» (Ma certo, mia cara. Te la chiamo immediatamente)
«Merci beaucoup, Madame.» (Grazie mille, Madame)
Dopo qualche secondo la voce chiara di Sakura giunse dall’altro capo del filo: «Pronto, Nacchan? Ma che sorpresa!»
«Sacchan! Ciao! Com e stai? La scuola? I professori? I compagni? Qualche bel ragazzo nuovo?»
Come travolta da un fiume in piena la cugina si mise a ridere: «Potresti, per cortesia, farmi una domanda per volta? Non ti seguo, altrimenti.»
«Scusa…» ribattè Nami mesta.
Le ragazze conversarono allegramente per dieci minuti sulla scuola e i nuovi e vecchi amici quando Nacchan si zittì improvvisamente.
«Nacchan? Tutto bene?» la esortò Sakura stupita per il silenzio.
«Sì… ma devo dirti una cosa…»
«Cosa hai combinato ancora?» dalla voce di Sacchan traspariva una discreta dose di preoccupazione.
«Ma io niente!» ribatté l’altra un po’ scocciata «Sempre a pensar male. Volevo solo dirti che oggi ho visto Taro»
Sakura, dall’altra parte del mondo si paralizzò e strinse più forte le dita attorno alla cornetta del telefono: aveva le mani fredde e il suo cuore aveva accelerato.
Nami proseguì: «È stato qui oggi, a casa mia. E mi ha parlato di te, solo di te. Non capisce, Sacchan, come tu sia potuta partire così di punto in bianco senza avvisare nessuno. Crede che tu non lo abbia mai amato, crede di averti persa…»
«E tu…» la voce di Sakura era poco più di un sussurro «… tu cosa hai risposto?»
Nacchan deglutì, poi inspirò profondamente e disse tutto di un fiato: «Che non sei persa, anzi. Tu sei in Francia per ritrovarti e se lui veramente tiene a te dovrà aspettarti. Te lo deve.»
Sacchan non resse oltre, la tensione, la lontananza e la commozione prevalsero.
Come pochissime volte aveva fatto in vita sua scoppiò a piangere e tra un singhiozzo e l’altro riuscì soltanto a balbettare: «G-grazie… N-non so c-cosa farei s-senza di t-te…».

 
**FINE**
 
   
 
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