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Autore: amirarcieri    15/06/2020    0 recensioni
Saeko è alle prese con il suo secondo anno di liceo.
Dopo essere stata espulsa dal suo vecchio a causa di un'incresciosa contesa tra studenti, non volendo starsene a casa a girarsi i pollici, si vede costretta a iscriversi in uno nuovo.
Il fortunato liceo da lei scelto è quello del Kainan.
Saeko si ritrova così ad annoiarsi alle lezioni e a instaurare un'amicizia spassionata con una sua compagna di classe.
Finché un giorno non riesce a ficcanasare nella palestra del club di basket e....
Genere: Generale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Change my rules [SAGA]. '
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Change my rules.




 

Capitolo Quindici.



 

"What do you want me to do

(part 4)”

 

 

Quando Rukawa oltrepassò la linea bianca del campo, ritrovandosi al suo interno, Anzai si alzò per muovere la cicciotta mano e accompagnare quel movimento arieggiato con i nomi di quest’ultimo e il rosso.
«Che vuoi nonno?» chiese Sakuragi accanto a Rukawa.
«Anzai si è alzato. Chissà che tecnica micidiale starà ordendo contro il mio irresistibile Sendoh» disse Nami spostando il segnale della sua antenna orecchio verso dove avrebbe avuto un ascolto nitido.
Il detective Nami apprese di una tecnica a due in cui Rukawa e Sakuragi avrebbero dovuto marcarlo insieme, riferendola parola per parola alla ricciolina, che ci sentiva benissimo da se.
Al che i due migliori nemici si lamentarono con i modi più screanzati possibili, fecero scintille quando si guardarono di sottecchi per un secondo, e l’arbitro si vide costretto a intervenire suggerendo ad Anzai di chiedere il Time Out. L’anziano però gli disse che aveva finto senza lasciare altro scorcio di obbiezione a Sakuragi.
A due minuti dalla fine il punteggio delle due squadre risultava di 79 a 83.
L’atmosfera che si respirava circolarmente era di un’adrenalinico fervore e le due squadre si esortavano a turni a dare il meglio si se.
Nel momento in cui la palla fu rimessa in gioco Ayako controllo il cronometro mentre Taoka si chiedeva che genere di tecnica avesse in mente di mettere in atto il saldo Budda dai capelli bianchi.
Sendoh, vediamo che farai quando ti ritroverai davanti la bella sorpresa che Anzai ti ha riservato.” Saeko sorrise tronfia al solo pensiero di avergli ingorgato la festa.
Proprio in quell’attimo Sendoh afferrò il passaggio di un compagno e voltò la testa a tre quarti pensando di puntare direttamente al canestro, ma quando il giro della sua massa corporea fu completato, si ritrovò davanti il muro difensivo dei numeri dieci e undici rossi.
Tutti furono sconvolti da quella macchinazione arguta da Anzai.
Intanto i due ricominciavano a battibeccare come due scolaretti che si facevano gli sfregi a vicenda durante una cerimonia di premiazione.
E, Sendoh, beh, se la rideva alla stragrande nella maniera in cui l’avrebbe fatto un cestista al quale erano stati offerti due mesi di trasferta nella città del basket.
Quel sorrisino esaudito mandò a brandelli la sopportazione di Saeko.
Allora è così. Sei davvero un’idiota spaccone”.
Saeko ruggì quelle parole nella mente.
Aveva sudato per interpretare la sua personalità, ma ora gli era chiara come il sole che splendeva in cielo in quella atipica giornata: malgrado fosse un puro asso del basket e volesse dimostrare ad ogni costo di essere uno dei best five di Kanagawa, vedeva lo sport come un’umoristica quanto  irreperibile competizione nella quale svagarsi. O affermarsi.
In pratica era rimasto la stessa sola spaccona e insopportabilmente sorridente delle elementari.
«Ora si che mi diverto» disse questo per dargli – inconsapevolmente - ancora più sui nervi.
In quella selettiva lotta tra i tre, il primo a cercare di derubarlo della palla fu Sakuragi, che allungò rusticamente il braccio verso l’oggetto, ma Sendoh lo spostò da una mano all’altra con un lesto dipling. Un secondo dopo ci provò anche Rukawa, ma andò male anche a lui.
«Non stargli così appiccicato se non riesci a prendergli la palla, idiota» gli suggerì il moro con gli occhi di ghiaccio incollati su Sendoh.
«Che cosa?» fu la replica contraria di Sakuragi.
«E non distrarti. È l’avversario che devi guardare» lo rimbeccò inclemente.
«Mi stupisce che tu abbia tanta voglia di parlare Rukawa. Ah ah ah! Scommetto che vorresti in prestito un po’ della mia potenza!» disse Sakuragi emettendo una risata nevrotica.
Tra gli “Avanti così” , “resisti Rukawa”, “Sendoh” e “Difesa”, l’allenatore Taoka notò l’espressione giuliva dipinta sul volto del suo asso ed edificò la ragione che li ritenesse dei validi avversari futuri.
Sendoh comunque, non riusciva proprio a liberarsi della marcatura siamese dei due.
Palleggiando assorto, stava ordendo un qualcosa per sfondare la difesa nemica o aspettando il momento indicato per sgusciarne fuori.
Sakuragi notò che qualcosa si stava muovendo nella sua mente, ma non fu abbastanza veloce a bloccarlo, quando questo gli schizzo accanto come un proiettile, lasciandolo lì fermo come un palo.
Per fortuna Akagi ebbe la tempestività di accantonare la temporanea marcatura su Uozumi per indirizzarla a lui, che essendo sotto canestro e non potendo tirare, fu costretto a passarla al suo capitano che andò liscio liscio a canestro.
«Grande» disse pimpante Sendoh.
«Adesso come ti sembra Sendoh?» gli chiese nuovamente Nami a Saeko.
Che rottura” barbugliò questa nella mente, però rispose lo stesso per par condicio.
«Astuto» fu concisa senza sciupare nessun altro aggettivo.
Sendoh aveva un occhio acuto per il basket. Questo Saeko non poteva negarlo.
Era stato abile ad aspettare l’attimo conveniente a liberarlo della doppia marcatura e subito dopo passarla a un compagno, evitando di giocarsi la carta imprudente del gioco individuale.
«Ci siamo quasi stai per dirlo...» Nami la guardò con un sogghigno da canaglia.
«Se se...» fece Saeko arrotolandosi la lingua dentro al palato nel mentre che tornava alla partita, in cui Sendoh si era posizionato dietro i suoi due nuovi marcatori preferiti concentrati a dirsele di santa ragione.
«Fatevi sotto matricoline!» li provocò effigiandosi un sorriso insolente sulle labbra.
Le due matricole in questione si voltarono simultaneamente con le auree che diramavano di ira.
Passò un secondo ed entrambi scatenarono come bufali incattiviti a piede libero per la città.
«Sendoh sei una nullità» lo insultò con non calanche il rosso.
«Confermo» lo appoggiò il moro che lo affiancava in quella sua sfrenata corsa.
«HO detto che sarò io ad annientarti e ti annienterò» gli ricordò Sakuragi. Sendoh di tutta riposta mantenne quel suo sorrisetto fastidiosamente eccitato e rispondergli.
«Eh eh coraggio vieni avanti»
«Competizione sportiva tra maschioni eccezionali? Oh, cavoli! È la volta buona che raggiungo l’estasi.» disse Nami portandosi la macchina fotografica sugli occhi ricoperti di stelle.
Intanto Akagi aveva appena fatto un canestro portando la squadra a 81 a 85. E Sakuragi se l’era presa con Sendoh per la ragione di essere andato a marcare Rukawa che lui.
«Non posso marcare due giocatori da solo» gli aveva spiegato placidamente Sendoh.
«Il nostro asso non ha tempo da sprecare con te. Basto io a respingerti» gli riferì il numero cinque del Ryonan.
Sakuragi pensò bene di fargli chiudere quella ciabatta arrogante dandogli una steccata di mano sulle costole.
«Ar..arbitro» gemette tenendosi lo stomaco dolorante. Ma l’arbitro non gli rivolse la minima attenzione.
Non c’era davvero più tempo e quegli ultimi, ultimissimi minuti “dipendevano su quanto la marcatura di Sakuragi e Rukawa avrebbe resistito su Sendoh. Stavano dicendo Anzai e Ayako.
“Perché chi avrebbe deciso le sorti della vittoria di questa partita non era altri che Sendoh finirono stendendo un velo di tempestosa agitazione tra di loro.
«Devo fermarlo!» fu il grido tonante di battaglia di Sakuragi.
Più in là in panchina, Ayako continuava a fare i conti con Haruko e la combriccola di scavezzacollo, alimentando la speranza di poter riuscire a sconfiggere il Ryonan malgrado mancassero 50 secondi tondi tondi.
E Saeko si torchiava l’animo. Quella partita stava diventando talmente intensa da sembrare quasi una finale di campionato.
Sendoh, intanto non ne voleva proprio sapere di riposare lo spirito. Caricato a pallettoni dall'adrenalina che nasce nei giocatori negli ultimi istanti di gioco, si catapultò in un’altra astronomica azione: superando nuovamente la marcatura siamese di Sakuragi e Rukawa, si approssimò nell’aerea sotto il canestro che però fu sbarrata da Akagi.
Sendoh saltò pronto a spedire la palla dentro al canestro. Anche Akagi e Rukawa lo fecero, ma lo slanciò non fu sufficiente a stopparlo.
Tutto ad un tratto però, il salvatore rosso gli spuntò di dietro depredandolo dell’oggetto sferico conteso tramite una mossa decisa della mano.
Tutti – perfino Sendoh – furono sconvolti da quella svolta imprevista come non sarebbero stati neanche davanti ad un Akagi che correva in campo con le grazie al vento.
Solo Saeko ne fu emozionata, scatenandosi in un tifo da urlo per lui.
«Sei grande Sakuragi!»
«Mia» urlò quello tenendo la palla al sicuro sotto il suo palmo con Sendoh alle calcagna.
«Ah ah ah! Visto di cosa è capace un genio? Ormai ho la vittoria in pugno Sendoh» fece allargare la bocca in un po’ troppi auto - elogi il rosso.
«Ingenuo» gli disse Sendoh prima di lavargliela facilmente di mano.
«Uahh» Sakuragi si lamentò disperato riacciuffandola al volo.
«Un pessimo palleggio» lo boicottò a parole Sendoh.
Rukawa controllò il tabellone dei punti e sfruttando l’irresolutezza da panico del compagno, gli urlò un “Passa” che lo fece subito scattare a consegnargliela senza controllare a chi l’avesse effettivamente lanciata.
Rukawa la afferrò, si inchiodò alla linea dei tre punti, poi molleggiò in aria per spedire la palla dentro al canestro.
Adesso il cartellone segnava: 84 a 85. Lo Shohoku era sotto di un punto a soli 40 secondi dalla fine della partita.
Tra il visibilio generale dello Shohoku e l’abbraccio contento di Nami a Saeko, Sakuragi era l’unico che non godeva di quella quasi rimonta perché realizzato di averla passata a Rukawa.
«Accidenti, ho passato la palla a Rukawa. Come ho potuto?» si auto – commiserava guardandosi le mani schifato. Un umiliazione del genere per un genio della sua portata era vergognosa. Sopratutto dopo aver urlato platealmente con la sua voce amplificatore che non l’avrebbe mai fatto.
«Non c’è più tempo. Mancano 40 secondi» strillò Ayako alla squadra per esortarli a combattere per aggiudicarsi un altro indispensabile canestro.
In campo come alle estremità c’era un gran trambusto di incoraggiamenti e avvertimenti che portarono la tensione della voglia di vincere alle stelle.
Dopo una rimessa da parte del Ryonan, la palla andò a Uozumi che invece di cercare lo scontro diretto con Akagi la passò al suo compagno che a sua volta provò a trasferirla ad un altro compagno, ma fallì perché il braccio possente del gorilla si intromise, deviandola.
Tenendola compatta tra le sue mani, Akagi caricò il lancio per fare un lunghissimo passaggio diretto a Rukawa.
Trovandosi con Sendoh alle costole, Il moro soppesò – stranamente - il fatto di passarla a qualcuno, e quando vide di sfuggita una maglia rossa con scritto Shohoku oltre la figura longilinea del numero sette, la gettò verso il suo compagno, tralasciando il dettaglio di sincerarsi chi fosse.
«Gran bel passaggio Rukawa» disse il rosso con faccia da mandrillo psicotico. Rukawa ne rimase pietrificato.
Il resto della squadra si chiese che intenzioni avesse quel folle, mentre Haruko lo esortava a non errare, pronunciando il suo nome a gran voce.
Le orecchie del rosso ingigantirono la loro estensione uditiva e in un batter d’occhio la sua espressione fu sostituita da un’altra che gli donò quell’austerità navigata da capitano del terzo anno.
«Vai, vai Sakuragi» lo supportò Saeko con le dita incrociate ai lati della mascella.
«La palla va appoggiata sul canestro» ripeté le parole combinate ai movimenti appresi per realizzare un canestro con il terzo tempo. O “canestro dei poveri” come lo aveva ribattezzato lui.
Dopo essersi elevato quel quanto bastava per poter depositare delicatamente la palla dentro il cestino, una volta che i suoi piedi toccarono il parquet, il suo sguardo guizzò tempestivo sul tabellone dei punti, scoprendo di aver appena portato la squadra in vantaggio.
L'espressione che venne concepita sul volto al momento del realizzarlo, fu delle più fanciullesche esistenti al mondo.
«Sei grande Sakuragi!» si sgolò Saeko per fare echeggiare forte il suo nome per le quattro mura della palestra.
«Però, è sorprendente davvero il ragazzo» disse Nami a bocca schiusa.
«Visto? Visto?» si fece gradassa Saeko. Era così su di giri sulla vittoria ormai prossima dello Shohoku, da sentire il bisogno conturbante di festeggiare a modo suo: comprare una saga intera di libri con la paghetta precedentemente prosciugata.
«Sono un genio. Lo so. Chiamatemi l’acchiappa vittoria. Sono io naturalmente» si diede un sacco di arie Sakuragi.
Anche le ovazioni dalle parti dello Shohoku si irrobustirono divenendo boati risonanti per l’intera scena. Ma tutto ciò non andò ad influire sullo stato caparbio di un certo numero sette avversario, che rimise la squadra all’erta.
«Non possiamo ancora cantare vittoria» riferì con voce dura Rukawa.
La palla era tutt’ora in circolazione e nelle mani del Ryonan che compattamente concentrata si operò per farla arrivare al loro asso.
Appellandosi ad un caparbio sforzo, Sendo, compì la sua ultima decisiva azione: marcato davanti e dietro da Rukawa e Akagi, saltò in contemporanea che i due avversari gli sbarravano la possibilità di tirare formando una X di braccia, ma Sendo era vigorosamente scaltro. Abbassando il braccio sinistro fece passare la palla sotto la spalla di Akagi, lanciandola ingegnosamente dentro il canestro.
Quelli furono i secondi più terribili della partita. La palla girò intorno al canestro con una lentezza assordante e cadde all’interno del cestino sgretolando l’illusione di vittoria dell’avversario come se fosse fatta di foglie d’autunno.
«No...non...è possibile» balbettò scioccata Saeko. Quell’azione conclusiva di Sendo la traumatizzò a tal punto di fargli tremolare le gambe.
«E’….» Saeko deglutì nel contempo che riviveva la scena all'interno dei suoi occhi. La tecnica proficua dei palleggi, la sagacia di ostentare l'inimmaginabile e la sicurezza messa nel lanciare concisamente la palla.
Consumandosi in quel pensiero, Saeko non poté più negarlo. Era suo obbligo cantare la sua validità di cestista.
«E’ Fastidiosamente, fastidiosamente fenomenale» ammise deglutendo come se gli bruciasse la gola.
«Ah ah l’hai detto. Ti ho sentita» la rimbeccò mega eccitata l’altra.
Saeko però era troppo atrofizzata dalla stupore per poter ribattere per le rime.
«Passatemi la palla a me. A me» in campo, Sakuragi non si dava pace, reclamando ostinatamente il possesso di palla.
Ciò nonostante, il doppio fischio dell’arbitro seguito dalla frase “Fine dell’incontro”, dichiarò con gran tristezza i vincitori della partita.
«Ce l’abbiamo fatta. Sendoh» saltarono collettivamente i componenti del Ryonan. Sendoh lì in mezzo poté tirare un sospiro di sollievo ormai rasserenato dai fischi finali.
«Ma come? È già finita? Passa» insistette il rosso pressando il gorilla a dargli la palla.
L’attenzione di più o meno tutti fu trasportata a Sakuragi, anche se altri si rammaricavano della sconfitta incassata a causa di un solo, maledetto punto.
Perfino Sendoh e Kogure rimasero ad ascoltarlo chi impietosito, chi incuriosito.
«Aspettate un attimo» si incaponì Sakuragi controllando il tabellone che riportava un 86 a 87.
La dolce Harukina si portò una mano allo bocca commossa dalla sua inesauribile combattività.
«Passatemi la palla» ripeté non volendo accettare la sconfitta.
«Devono esserci almeno altri cinque minuti di gioco. Voglio la palla» reclamò poi con una maschera facciale di Joker strafatto. Voltandosi verso l’arbitro fu li per li a un passo dal saccheggiarlo, ma Akagi intervenne serrando il braccio sinistro intorno al suo collo.
«La partita è finita. Abbiamo perso» gli riferì laconico il capitano. Cosa che non servì a nulla oltre ad aizzarlo maggiormente.
«Sakuragi, capisco il tuo dispiacere. Ma abbiamo perso. La nostra squadra è stata sconfitta» ci provò anche Kogure. Avendo per risposta una reazione irruente. Più inferocito che mai, si slanciò incontrollabile verso la palla, finendo di inciampare su se stesso e perdendo una scarpa nel tragitto.
«Ma che…..» inveì accorgendosi che si fosse strappata sulla sua punta.
Vedendo quella scena disorganica, Saeko sentì premere in lei il bisogno sfrenato di intervenire.
Facendosi coraggio, mosse una falcata dopo l’altra, ritrovandosi solennemente alla destra di Sakuragi.
Lei e le sue azioni capeggiate dal suo buon cuore.
Quelle vere e inimitabili di cui Saeko ne aveva da raccontare.
Come quella volta che un barbone andava chiedendo ai passanti di prestargli del denaro per comprare un pasto, ma nessuno se l’era filato.
Anche in quel frangente Saeko era stata capitanata da un istinto impareggiabile del cuore, decidendo di offrire i suoi residui di risparmi al povero uomo.
Lei era fatta così. Se sentiva nelle vene di dover compiere una buona azione con sentimento, lo faceva senza pensare troppo a chi e cosa ne fosse derivato.
«Sakuragi» disse Saeko poggiando il sedere sulle gambe piegate in modo da instaurare un diretto contatto visivo. Sakuragi girò il capo verso di lei, restando in ascolto delle sue squisite parole come un bambino preso dal racconto interpretativo della sua maestra.
Sendoh li di fronte a loro in fila, acuì la vista e udito per sincerarsi che Saeko fosse la persona che lui pensava.
«La partita è finita e voi avete perso, ma questo non ha importanza, perché tu hai giocato da campione, e se, continuerai ad allenarti duramente, io sono sicura che la prossima volta che vi scontrerete, sarete voi a stracciarli» Quello che diceva era una verità appurata e non una bugia di circostanza racconta per rabbonirlo. E infatti Akagi gliene diede la conferma.
«Sei stato in gamba. Adesso vai a metterti in fila, Sakuragi» gli intimò mite il capitano.
«Alla grande?» Saeko sollevò la mano sinistra chiedendogli un tacito cinque appaiato ad un sorriso extra luminoso.
«Alla grande» rispose lui facendo scontrare la sua grande mano con quella minuscola di lei, mantenendo però lo sguardo assente.
Sendoh sorrise anche lui essendo ormai sicuro che lei fosse la compagnetta delle elementari di qualche anno fa. Certo la pubertà gli aveva magnificamente ritoccando parecchie parti del corpo, ma era lei. La ragazzina ricciolina dal sorriso amabile e il cuore immenso che lui ricordava.
Ampliando flessuosamente le labbra, si ripromise di andarla a riacchiappare all’uscita impaziente come non mai di parlargli.
La cerimonia dei saluti formali delle due squadre avvenne prima formalmente in campo, poi all’esterno durante la congedandone dello Shohoku.
Akagi strinse la mano sia all’allenatore Taoka, che Uozumi.
Sendoh, di suo, andò a incomodare Rukawa offrendogli la sua che il moro schiaffeggiò via annoiato. Forse anche un pelino irritato.
Quindi passò a Sakuragi – che stranamente strinse – a cui disse che se voleva stracciarlo avrebbe dovuto allenarsi fino alla morte.
Poi di colpo Sendoh se la filò in cerca della sua ricciolina preferita.
Saeko e Nami erano andate a recuperare le bici con l’intenzione di scortare la squadra fino alla stazione e dividersi da loro al momento dell’arrivo del mezzo.
«Rukawa ha realizzato azioni molto più fighe se consideriamo che è una matricola» Saeko stava rispondendo alla telecronaca dell’amica basata solo sull’eccezionalità di Sendoh.
«Si, ma hai visto il tiro finale?» lo elogiò scimmiottando in maniera fedele le mosse di quell’idiota spaccone.
Saeko diede forfait interessandosi alle sfumature intinte naturalmente nel cielo: le nuvole sembravano batuffoli di cotone gonfiabili e il cielo un’appetibile crema all’anice caramellato. Era davvero tutto suggestivamente incredibile. Saeko amava la natura e le sue prodigiose essenze che gli donavano il suo angolo terreste di paradiso al solo vederle.
Gli trasmettevano, armonia mentale, pace spirituale, un’esorbitante senso di libertà, felicità...
«Hey, voi» la chiamò una voce maschile alle loro spalle, demolendo quel suo sano attimo di benessere.
A Saeko si gelò il sangue.
Kami, non può essere. Non è la sua voce, non chiama me. Chiama qualcuno davanti a noi” ma in quel parcheggio straripante di bici e foglie svolazzanti, non c’era anima viva a parte loro. Neanche un gatto randagio che sfilava da quelle parti in cerca di cibo o una compagnia da arruffianare.
«Oh, ma ciao Sendoh» disse Nami con il cuore che faceva faville d’amore.
«Tu ti chiami Saeko vero?» gli chiese in via spedita dopo aver sorriso elegantemente all’amica.
Maledizione, ma perché? Perché deve succedere a me?” Saeko imprecò cercando di mantenersi posata al momento del suo faccia a faccia.
«Parli con me?» fece la finta tonta guardandosi a destra e sinistra per cercare un omino, - perfino quel gatto randagio che sperava arrivasse in suo soccorso - al quale scaricare l’attenzione di Sendoh.
«S...» stava dicendo Nami, ma Saeko gli tappo la bocca con la sua mano – cerotto.
«Ni? Scusa ma ci conosciamo? Forse mi hai scambiata per un’altra. Perché...» proseguì con la messinscena patetica nel mentre che lui avanzava imperterrito verso di lei tenendo le mani in tasca.
«Oggi è stata la prima volta che ti ho visto» la troncò indietreggiando in ripercussione ai passi di Sendoh. Ciò non fece altro che farla ritrovare con le spalle al muro. Letteralmente.
«Sei tu, vero Saeko?» indagò fermandosene a due millimetri di distanza così da poter passare sotto l’esame della memoria ogni suo singolo lineamento.
«No - non so a cosa ti riferisci, M – mi hai scambiata per un’altra. Te l’ho detto» rispose quella rasente al muro come un evaso appena accecato dagli ufocotteri di un elicottero.
«Ma si, ho visto bene sei tu» si confermò da solo, ignorando le sue ingarbugliate farneticazioni. Noncurante della sua reazione, poggiò una mano sul muro quindi a pochi centimetri dalla sua testa, l’altra la lasciò in tasca e di mezzo non poté non metterci uno dei suoi sorrisi più largamente trionfali.
«E’ un piacere rincontrarti» perdurò a conversare ingigantendo il sorriso.
Da giocatore di basket che era, gli eclissava la vista intorno come se Saeko fosse nascosta dentro il grembo del tronco di un albero.
E quella improvvisa vicinanza intima gli stava provocando una scrosciante alta marea del suo terribile mal di Sendoh.
«Tu...io...non sono..» Saeko portò entrambe le mani allo stomaco quando – a testa sollevata – vide che sorrideva instancabilmente.
Le altre – gli altri – potevano rimanere incantati da quei suoi occhi blu notte brillanti e i sorrisi piacioni, ma con lei non funzionava, perché quei sorrisi da schiaffi gli apparivano sdegnosamente stucchevoli. Stancandola. Innervosendola. Mandandola fuori fase.
«Ah, ma insomma, non puoi davvero ricordarti di me?» si spolmonò indispettita dal fatto di dover avere a che fare con un idiota spaccone del genere.
«Mi ricordo invece» fece lui atteggiandosi a so tutto io.
«Ti trovo migliorata» aggiunse senza troppi sviolinamenti.
L’angolo della bocca di Saeko ebbe uno scatto schifato.
Cos...cos’era questo? Un modo per dirgli che la trovava carina?
E’ osceno.” pensò disgustata.
«Volete che vi lascio soli?» chiese Nami in imbarazzo per la tensione sessuale che si era creata tra i due. E nel mentre che lo disse schiacciò accidentalmente una foto ricordo di quel sensazionale momento “romantico”.
Saeko lo guardò malissimo.
Questa me la paghi. Te lo giuro che me la paghi Nami”. Promise di vendicarsene adeguatamente. Ma visto che c’era, per adesso, si sarebbe occupata di far sapere al signorino li presente, l’opinione salda che aveva di lui.
«E tu sei il solito irritante idiota spaccone che ho conosciuto alle elementari. E ora..» detto quello lo scostò dandogli una forte gomitata sull'addome che per lui risulto più simile ad una carezza.
«E ora lasciami passare» pretese facendosi strada con una camminata da bulla novellina.
«Spero di rivederti presto» gli disse per il solo scopo di tenersela li ancora dei secondi.
Era un accorto provocatore Akira Sendoh. Burlone, ma accorto che sapeva sempre quali corde toccare per ricavare ciò che andava cercando dal suo avversario.
Infatti i piedi di Saeko si impalarono sull’asfalto, mossi dall’inondazione di insofferenza che provava per Sendoh.
«E io invece spero che non accada mai, mai, mai, mai più» fu spietatamente schietta. Malgrado sapesse che le possibilità di rivedere il Ryonan alle finali del campionato interscolastico fossero altissime.
E giustappunto per questo, aveva proprio da chiarire un punto utile a rimpicciolire il suo imprescindibile ego.
«E’ per la cronaca. Goditi la vittoria fin quanto puoi, mio caro Akira Sendoh, perché quando ti toccherà scontrarti con la squadra del liceo dal quale provengo, ti passerà la smania di sorridere e tirartela» lo avvisò dirigendosi alla bici con vena sprezzante.
«Da che liceo venite?» chiese a Nami, che si auto – indicò con l’indice sapendo di apparirgli visibile solo in quel dato momento.
«Kainan» gli rispose usando una voce da gatta vogliosa.
«Beh, ha fiuto non c'è che dire» se ne rallegrò Sendoh.
«Tu dici? Io penso un po’ si e un po’ no» gli disse la sua esplicitando con il “si” la supremazia incrollabile del Kainan mentre con il “no” la sua inammissibile antipatia per quest’ultimo.
Voltandosi a sinistra, questa la osservò allontanarsi, intendendo che non avesse intenzione di aspettarla, ma essere raggiunta.
«Adesso, mi spiace, devo proprio andare. Ciao mio meraviglioso Sendoh. E a proposito, sei stato stupefacente in campo» gli confidò nel frattempo che marciava in controsenso verso l’amica e poggiava le mani a forma di U rovesciata sulla bocca. Sendoh irradiò un sorriso di ringraziamento.
«Alla prossima»
«Si, ciao» si salutarono prendendo strade opposte. Tornando alla realtà, Nami si fece una corsetta, recuperò la sua bici rosso vermiglio dal parcheggio e affiancò Saeko di soppiatto con un’espressione limpidamente estasiata.
«Ma cosa fai? Non fraternizzare con il nemico. O perlomeno non in mia presenza» la rimbeccò Saeko, spingendo faticosamente la bici.
«Ma è Sendoh» contestò lei genuinamente.
«Però hai visto? Ti stava corteggiando forte»
«Nami, ma che dici? Quello non si può certo definire corteggiare»
«Già forse filtrare, ma che fortuna però»
«Nami finiscila. È una sciagura»
«Comunque sai di cosa non mi capacito? Che ti stai lasciando scappare un bocconcino simile»
Le due amiche proseguirono così a sparlare di Sendoh ponendolo al centro della discussione come se fosse il promesso sposo di Saeko che gli era stato destinato fin dalla nascita dai genitori e le loro nozze fossero ormai prossime.

 

 

NOTE AUTRICE: ed eccoci qui alla quarta e ultima parte dell’amichevole.
Il quindicesimo capitolo il quindi giugno figo no? Okay, la smetto con sta cosa. Però è figa dai.
Oltre le cose che già conoscete che ne pensate delle nuove?
Come vi pare il legame che si sta creando tra Sakuragi e Saeko? Tra di loro ho intenzione di costruire un’amicizia forte e affidabile. Saeko è come se fosse il pilastro che sostiene sempre Sakuragi e Sakuragi è la mano che la tira su e si occupa di proteggere il suo sorriso.
Beh, per quanto riguarda Sendoh...vi immaginavate che si avrebbe avvicinato Saeko in quel modo? In realtà volevo fargli dire un’altra cosa ma non volevo andare fuori dal suo personaggio, perché faccio di tutto per renderli più canonici possibili e per adesso penso di esserci riuscita egregiamente.
Beh, che altro dire il sedicesimo capitolo sarà sulla fatidica partita tra il Kainan e la squadra di Nobu e penso che sia uno dei miei capitoli preferiti.
Altro da dire….è che...avete fatto caso al dettaglio di Nami che ha scattato “accidentalmente” la foto a Saeko e Sendoh? Ecco non dimenticatevi di questo dettaglio perché ho quasi pronta un One Shot focalizzata proprio su quella foto, che beh, procurerà non pochi problemi e situazioni imbarazzanti alla nostra protagonista.
In questo quindicesimo capitolo per il thread "delle canzoni che mi ispirano a scrivere la FF"  condivido con voiANRI - SNOWFLAKE”

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Alla prossima. Ciaoooooo.

 

   
 
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