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Autore: JennyPotter99    17/06/2020    0 recensioni
PREQUEL DI "OUR FATE"
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Orfanotrofio Wool, 2002.
 
La camera di Delphi era stretta ed angusta.
La bambina di appena quattro anni aveva pochi metri quadrati per dormire e giocare.
Gli altri bambini potevano giocare fuori, ma a lei non era stato consentito, non dopo che aveva tagliato il sopracciglio ad una ragazzina perché la prendeva in giro per via dei capelli.
Essi erano solitamente ricci e neri, tanto da farla sembrare sempre disordinata.
La pazza, così la chiamavano.
Era in quell’orfanotrofio sin da quando era una neonata: qualcuno l’aveva lasciata avvolta in una coperta, sulla soglia del palazzo, con solo un biglietto.
Il suo nome.
Delphini Lestrange.
Quasi nessuno era a conoscenza però, che la Mangiamorte Bellatrix aveva concepito la bambina con Tom Riddle, il mago più oscuro che sia mai esistito.
Come Tom, Delphi possedeva delle straordinarie capacità che non le erano mai state insegnate.
Quel posto cadeva talmente a pezzi, che dalle tubature dei lavandini uscivano piccole bisce con le quali Delphi, ogni tanto, parlava.
Le dicevano sempre di scappare, ma lei non aveva mai avuto il coraggio.
La sua autostima veniva distrutta quando Johnny, il maestro della scuola, la puniva per come trattava gli altri coetanei.
Solitamente si slacciava la cintura dai pantaloni, chiudeva la porta della sua stanza e con forza picchiava la povera bambina sulla schiena.
Forse nessuno sentiva le sue urla, oppure a nessuno importava.
Intanto, il potere cresceva dentro di lei, inesplorato e incontrollabile.
Tutto terminò in quella domenica piovosa, quando ricevette una visita.
Il Mangiamorte Theodore Nott era sopravvissuto alla battaglia di Hogwarts e con grande abilità, si era nascosto nell’ombra.
Era uno dei grandi alleati di Voldemort e quindi di Bellatrix, l’unico a sapere dell’esistenza di Delphi.
La donna a capo dell’orfanotrofio, aprì la porta della camera della bambina, mentre lei se ne stava a guardare fuori dalla finestra i bambini che giocavano.
-Delphini, hai una visita.- disse ella, lasciandoli soli.
Theo era un ragazzo giovane, della stessa epoca di Harry Potter, con un corpo secco e un mucchio di ricci.
La bambina non sembrava volergli rivolgere la parola, non sapendo chi fosse, così l’uomo si avvicinò a lei.
-Delphini è un bel nome.-
L’altra aggrottò le sopracciglia.- Preferisco Delphi.- borbottò. -Lei chi è?-
-Mi chiamo Theodore Nott e sono venuto per portarti via di qui.- rispose l’altro, estraendo la bacchetta: agitandola sul palmo della mano, creò un elastico rosso e glielo porse.
Delphi lo afferrò subito e se lo mise: finalmente i suoi capelli non sarebbero stati più tanto strani.
-Anche io combatto tutti i giorni con i miei.- commentò Nott, sorridendole.
-Non può prelevarmi se non è il mio vero padre e io so che i miei genitori sono morti.-
-Hai ragione, infatti, devo correggermi: sono qui per convincerti a scappare.- ripeté l’altro, prendendole le manine.
-Perché dovrei?- gli chiese lei, analizzandolo.
-Tu sei capace di fare cose, non è vero? Cose che gli altri bambini non fanno. Io lo so.- le disse, guardandola negli occhi marroni.
Tra se e se, Delphi si domandò come facesse a saperlo.
Che ci si potesse davvero fidare?
Era sempre stata una bambina più matura per la sua età.
-Faccio del male agli altri, anche solo pensandolo.- spiegò, iniziando a tremare. -M-ma ho promesso che non l’avrei fatto più, mai più.-
-Sssh.- sussurrò Theo, accarezzandole la nuca.- Non devi aver paura di me. Forza, fammi vedere.-
Con sguardo umiliato, Delphi si tolse la maglietta, mostrando le cicatrici che aveva sulla schiena.
-Credi di essere un mostro?-
La bambina annuì appena con la testa.
-Guarda cosa ti hanno fatto: loro sono i veri mostri.- affermò Nott, allontanandosi verso la porta.- Pensaci, bambina mia.-
-Parlo anche con i serpenti.- aggiunse Delphi, prima che andasse via.- E’ comune, per una come me?-
Nott si voltò a guardarla, con un accenno di sorriso, perché quello stava a dimostrare che era davvero la figlia di Lord Voldemort.- Assolutamente sì.-
***
Quella stessa notte, Delphi si rigirò nel letto, pensando che lo sguardo di quell’uomo pareva più che sincero.
Era stanca di venire rinchiusa e picchiata.
Se sarebbe scappata, forse avrebbe avuto una vita migliore.
Le porte delle camere venivano sempre chiuse a chiave dopo la cena, ma lei conosceva un trucchetto.
Scese dal letto, si legò i capelli, si mise le scarpe e andò verso la porta.
Posò entrambe le mani sul pomello e dopo aver chiuso gli occhi, si concentrò attentamente sull’altro lato della porta.
Focalizzò bene la chiave nella sua mente e con un cenno del capo, essa girò, aprendo la camera.
Silenziosamente, Delphi uscì: il guardiano notturno stava russando sulla sedia, come ogni sera.
A passo felpato, la bambina finalmente trovò la porta d’uscita, in fondo alle scale.
Però, scesi i primi gradini, sentì una presenza alle spalle.
-Dove credi di andare, ragazzina?- le domandò, accigliato.- Oh, sei scappata dalla tua stanza, sei stata proprio una cattiva bambina.- continuò, iniziando a slacciarsi la cintura.
No, non poteva permettergli di farle ancora del male.
Senza comando, la cintura volò via dalle mani dell’uomo.
-Ma che diamine…- borbottò Johnny, cercando di riprenderla, ma più tentava di afferrarla e più gli sfuggiva. -Adesso smettila, ragazzina!- esclamò con rabbia, prima di premere la levetta dall’arme che stava sul muro.
Improvvisamente si udì un rumore assordante che, non solo fece svegliare tutti, ma che entrò anche fastidiosamente nelle orecchie di Delphi.
Si accucciò a terra, stringendo gli occhi e coprendosi le orecchie.- Fatelo smettere.-
Senza che se ne accorgesse, la sua mente si concentrò talmente tanto, che la bambina si alzò da terra, vibrando in volo fin quasi sopra il soffitto.
Gli adulti furono immediatamente spaventati.
-Fatelo smettere!- gridò la bambina, facendo esplodere i vetri delle finestre.
Privo di controllo, gli occhi le si spalancarono, scoprendosi interamente neri.
E non solo quelli: attorno a lei si creò una nube oscura che presto esplose, colpendo l’intero edificio.
Theodore Nott, rimasto in un vicolo lì vicino, non appena sentì il boato, corse all’orfanotrofio.
Le tubature erano esplose, la scuola era stata distrutta completamente e tutti quelli al suo interno, anche i bambini, erano morti.
La bambina se ne stava, tremante, racchiusa su se stessa sul pavimento.
Nott si piegò su di lei, alzandole il mento: delle vene che per la rabbia le si erano create sul viso, stavano lentamente scomparendo.
Delphi lo guardò singhiozzando.- Cosa sono io?-
Theo alzò l’angolo della bocca in un ghigno soddisfatto.- Il loro peggior incubo.-
   
 
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