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Autore: lightvmischief    19/06/2020    0 recensioni
Una ragazza.
Un gruppo.
La sopravvivenza e la libertà.
Le minacce e i pericoli della città, delle persone vive e dei morti.
Prova a sopravvivere.
Genere: Azione, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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CAPITOLO 32

KAYLA

Mi viene da alzare gli occhi al cielo, tante sono le volte che mi sono trovata in questa situazione negli ultimi sei mesi, però la mia mente è concentrata sulla canna dell’arma premuta contro la mia schiena, che mi spinge a dirigermi nello spazio centrale dell’aereo.

Nuha è magicamente sparita, così come le poche cose mie e di Calum e mi viene solo da pensare a come la sua molto convincente storia della “Dottoressa Nuha: pronta a salvare il mondo!” ci abbia incastrato bellamente. 

Avrei dovuto pensarci. Avrei dovuto prevederlo. Del resto, cadere nel bel mezzo del nulla con decine e decine di Morti pronti a farti fuori non è una delle più belle prospettive, quindi, perchè non derubare i curiosi che vengono ad indagare?

Eppure è stata così convincente.

Forse non è nemmeno una dottoressa. Forse è solo arrivata qui prima di noi, magari ha trovato zero sopravvissuti all’impatto, si è appropriata dello spazio e ha messo in scena il tutto.

Io e Calum ci scambiamo un’occhiata veloce, prima che l’assalitrice - perchè ha una voce femminile, acuta ed autoritaria - lo colpisca in mezzo alle spalle, facendolo incespicare nei suoi stessi passi. «Non voltarti.»

«Scusa, stavo solo cercando di dare un’occhiata al tuo bel faccino» la schernisce lui. Gioca con il fuoco, ma mi tocca nascondere un sorriso alla sua battuta. 

Non so come faccia a mantenere i nervi così saldi adesso; forse è solo il suo modo di reagire alla paura.

Schiaccia l’occhiolino dalla mia parte, prima di venire colpito di nuovo nello stesso punto, questa volta con il calcio di quello che mi sembra un fucile d’assalto. Calum questa volta cade, atterrando sui palmi delle sue mani con un tonfo.

Se solo fossimo più vicini ai Morti conficcati negli spuntoni, potrei riuscire a sbilanciarla e farla cadere, dandole un colpo con la spalla, ma siamo praticamente alla fine dell’aereo e sono bloccata, oltre che sotto tiro di un fucile che con un colpo potrebbe mettermi k.o. definitivamente.

Non ho alternative se non quella di seguire i suoi ordini e inginocchiarmi con la faccia rivolta verso il fondo.

«Ci attacchi e poi non ti vuoi far nemmeno vedere in faccia? Suona molto da codardi, per quanto mi riguarda.» Piego il collo di lato, lasciando uscire le parole quasi inconsciamente. Mi preparo a ricevere un colpo in mezzo alle scapole.

«Allora, cosa volete da mang- Riley?» Le nostre teste scattano a destra, dove Nuha esce dal bagno improvvisamente, facendomi trasalire per la sorpresa e allo stesso tempo facendomi salire i brividi fino al collo per il nome che ha pronunciato.

«Nuha! Oh, mio Dio, sei ancora viva!» L’assalitrice lascia cadere l’arma dalle sue mani, provocando un rumore sordo che fa lamentare i Morti dietro di noi. 

Non perdo tempo e lo lascio scivolare sul pavimento fino a farlo arrivare a Calum al mio fianco, il quale lo afferra, puntandolo sulle due donne che ora si stanno abbracciando. «Regola numero uno di un sequestro: mai lasciare andare la propria arma.»

«No, vi prego, posso spiegarvi» ribatte veloce la donna stessa, voltandosi con le mani davanti a sè.

È alta poco più di Nuha, i capelli biondi sono sporchi di sangue della ferita che deve avere sulla testa, visto che gran parte della guancia destra è imbrattata dal sangue secco cristallizzato in minuscole spaccature sulla sua pelle chiara.

«Calum, ti prego abbassa l’arma. Lei è con me-»

«Dove hai messo i nostri zaini?» chiedo con prepotenza, alzandomi e affiancandomi al ragazzo, osservandola con uno sguardo di fuoco. Le mani mi si stringono a pugno per la tensione.

«Sono qui. Ho pensato di metterli più al sicuro per voi» risponde pronta Nuha, spostando un bottiglione di acqua. 

È la verità. Lì ci sono le nostre cose. 

Lancio uno sguardo incerto a Calum, che le sta ancora tenendo sotto tiro, il muscolo della sua mandibola che appare sotto la sua nuova barba. L’ultima settimana aveva provato a tagliarsela con il coltellino svizzero, finendo per tagliarsi. Dopo alcuni istanti, abbassa il fucile, mantenendo ben salda la presa, la postura rimane tesa, rigida.

«Lei è Riley, l’altra donna che vi ho detto era con me su questo aereo. Credevo fosse morta a causa dell’impatto» dice, dopo istanti di silenzio carichi di tensione. «È inaspettato per voi quanto lo è per me.»

«Sì, a proposito, scusate per i colpi» ribatte Riley, quasi imbarazzata.

Non sono ancora pronta ad abbassare le guardia e non lo è nemmeno Calum. Potrebbe essere una messa in scena, anche se il mio istinto mi dice il contrario. 

«Calmiamoci, tutti quanti, okay?»

«No, Elyse! Ci ha detto di aspettare-»

«Grazie per avermi fatto saltare la copertura, genio!»

Io e Calum ci voltiamo all'unisono al nome e alla voce, un sorriso incredulo che gli si piazza sul viso alla vista della familiare testa rossa.

«Che diavolo ci fate voi due qui?»

«Stiamo bene, grazie per averlo chiesto!» risponde Calum ad Elyse, entrambi con la gioia dipinta in volto. Chiudono la distanza tra loro, stringendosi forte in un abbraccio carico di emozioni e parole sospese.

Le faccio cenno di saluto con la mano, spostando poi lo sguardo dietro di lei, notando la figura di Lynton e della piccola Margaret.

«Grazie a Dio siete ancora vivi. Non avevamo più speranze ormai» dice incredulo Lynton, abbracciando con un braccio Calum. Gli rivolgo un sorriso.

«Vi conoscete tutti?» chiede Nuha confusa, con un cipiglio profondo tra le sopracciglia, anche se il resto dei muscoli del suo viso sono rilassati.

Mi ero scordata per qualche secondo della tensione nell'aria e delle due donne dietro di noi nella frenesia del ricongiungimento. Il cuore mi sembra un po' più leggero al saperli vivi, nonostante io abbia chiaramente detto a Calum che non mi importasse. 

Margaret mi coglie alla sprovvista, allacciando le braccia attorno al mio ventre e stringendo forte la presa. Le fisso la testa per qualche istante, interdetta. Non me l’aspettavo. Le poso le mani sulla schiena, strofinando delicatamente, spostando lo sguardo sul pavimento.

«Mi sei mancata tanto!» esclama, staccandosi dal mio corpo con un sorriso enorme sulle labbra.

Annuisco piano, sforzando un sorriso. Sono praticamente uguali. Non d’aspetto, ma di carattere, l’età, tutto il contesto… Non ce la faccio. Sento gli occhi pizzicare e i brividi salire su per la schiena. Mi schiarisco la gola, distogliendo gli occhi dalla sua figura e riportandoli su Lynton, Elyse e Calum.

«Dove sono tutti gli altri?» chiedo, facendo un grande sforzo per non dare a vedere le emozioni che mi hanno creato un groppo in gola. Deglutisco a fatica, avvicinandomi ai tre ragazzi. 

Noto una scia di dolore passare sugli occhi di Elyse, mentre Lynton distoglie lo sguardo. Pessime notizie. Do un’occhiata al viso di Calum, notando di nuovo l’apparizione del muscolo della mandibola: è nervoso e preoccupato. Le mani gli si stringono in pugni per riaprirsi istanti dopo, solo per ripetere di nuovo l’azione. Sento lo stomaco aggrovigliarsi dentro di me.

«Siamo stati divisi,» inizia la ragazza, schiarendosi la gola. «tua madre, Mali e Wayne sono riusciti miracolosamente a trovarci ma non è passato molto prima che succedesse un disastro.»

«Cosa-cosa intendi dire?» chiede immediatamente Calum, i muscoli che si tendono non appena sente i nomi della sua unica famiglia.

«Travis, Calum. Lui è-» Elyse si interrompe solo per imprecare e alzare un pugno sopra la sua testa. «È morto. E non è l’unico» conclude con amarezza, il suo sguardo pieno di rabbia.

La notizia mi colpisce allo stomaco come un proiettile. Per quei pochi mesi che ho potuto vivere con lui, ho sempre pensato che fosse uno degli uomini più puri rimasti in questo inferno. Tutto ciò che ha fatto, lo ha fatto per le persone che aveva con sè, di cui sentiva tutto il peso sulle spalle. Ha sempre pensato al loro bene, qualunque fosse il costo che lui stesso avrebbe dovuto pagare.

Calum indietreggia fino a sedersi con un tonfo sul sedile. Ha gli occhi pieni di lacrime e il fiato corto. Era come un padre per lui. Era anche lui parte della sua famiglia. È stato il suo salvatore fin dall’inizio, accogliendolo nel suo bar per proteggersi da tutto l’orrore che c’era all’esterno.

So cosa prova. Lo so fin troppo bene. Rabbia, dolore, delusione. Questo mondo ti porta via le persone a cui più tieni nei modi peggiori possibili. Questo mondo non ha pietà. Per nessuno.

«La tua famiglia era ancora viva quando ci siamo dovuti separare e so che lo sono ancora» riprende Elyse dopo qualche istante di silenzio. «Quei tre sono macchine da guerra, non si lasciano intimidire da niente.»

«Blaine?» chiede Calum, provando a riprendersi dalla notizia, con uno spiraglio vano di speranza.

«Non lo so. Non sappiamo dove sia.» Lynton prende parola, sapendo che l’argomento è piuttosto delicato per Elyse. Non so che legame ci fosse tra i due ma mi sembravano piuttosto intimi, nonostante spesso si stuzzicassero a vicenda. «È rimasto con gli altri che si sono salvati. Non potevamo raggiungerli: siamo capitati in un brutto quartiere e i Vaganti ci si sono messi in mezzo, non abbiamo potuto fare nulla.»

Sento la mia mano venir presa, facendomi trasalire per il contatto improvviso; è Margaret, che la stringe forte, mentre le tocca rivivere tutto quell’orrore.

Tre settimane.

Tre settimane sono bastate per dimezzare il gruppo.

Tre settimane per portare via le persone a noi più care.

Tre settimane per portarci via tutto e lasciarci a bocca asciutta.

Sento i polmoni bruciare mentre la mia mente rivive gli ultimi momenti strazianti della vita di Ebony. Il peso del mondo mi è già caduto addosso tempo fa, frantumandosi sopra le mie spalle senza pietà, ma il vuoto che provo dentro non riesce ad essere colmato in nessun modo.

Reece, Clark, i miei amici, i miei genitori, Jackson, Olivia, Ebony, Travis… Tutti nomi che vengono cancellati con un pennarello che scava sempre più a fondo, lasciando segni sempre più profondi, lasciando solo ricordi indelebili.  Mi chiedo quanto ancora andrà avanti questa lista. Mi chiedo se tutto questo dolore sparirà e mi chiedo se riuscirò mai a non sentirmi in colpa.

Calum ci ha provato a dirmi che non sono poi così importante, che ciò che succede agli altri non è legato a me, che succede e basta. E io ci ho provato a non far ricadere tutte le colpe su di me, ma ogni volta che sento un nome venir eliminato brutalmente dalla lista mi chiedo se io avessi potuto fare di più. Mi chiedo, se avessi preso scelte differenti forse sarebbe andata diversamente? E Calum ha ragione. Ha dannatamente ragione a dire che non sono Dio, che nessuno lo è. Ma se c’è un Dio, allora, perchè far accadere tutto questo? 

«Sei ferita.» Nuha interviene, avvicinandosi a noi con uno sguardo corrucciato il viso, il suo sguardo diretto sulla mano di Elyse, che mi accorgo solo ora star sanguinando.

Elyse prova a sminuire, nascondendo la mano, dicendo che “non è niente”, ma la dottoressa insiste e dice a tutti quanti di sederci a terra. Prima medica la testa alla sua collega, Riley, poi passa ad Elyse. Lynton e Calum stanno parlando a bassa voce tra di loro e non mi voglio intromettere, non dopo quello che ha appena saputo.

Mi alzo e mi dirigo agli zaini, evitando le persone nello spazio ora ristretto. Mi chino, lo apro, spostando le ultime provviste per controllare che ci sia ancora tutto quanto - anche se ormai la storia di Nuha sta in piedi, altrimenti non ci starebbero aiutando - e il mio cuore si ferma per qualche misero istante quando mi trovo per le mani la foto.

Credevo di averla buttata. Calum deve avermela messa nello zaino di nascosto. La guardo distante, i sorrisi impressi sulla pellicola mi sembrano così lontani, così surreali.

«È una bella foto.» 

Giro di scatto la testa, venendo presa alla sprovvista; la presa si stringe involontariamente attorno alla foto, stropicciandola per quella che sembra la millesima volta. Riley si è seduta alla sedia del tavolino con le mani incrociate in grembo e il suo sguardo curioso ma innocente sulle mie mani. Ha un sorriso appena accennato sulle labbra screpolate.

«Scusa, non volevo intromettermi» comincia, ponendo le mani a palmi aperti davanti a sè. «Sembrano molto importanti per te» dice, indicando con il mento la foto, ancora racchiusa tra le mie mani.

«Non ho molta voglia di parlarne» ribatto, ricacciando la foto alla rinfusa nello zaino. «Scusa» aggiungo, quasi sentendomi in colpa.

«Oh, no, no, non ti scusare. Lo capisco.» Incrocia le gambe, appoggiando la schiena allo schienale della sedia. «Avevo una specializzazione in psicoterapia» spiega istanti dopo, notando il mio sguardo perplesso in volto. 

Annuisco all’informazione appena ricevuta, non facendomene poi molto. Insomma, anche se ora non è più una minaccia, minuti fa ha attaccato - quasi legittimamente - me e Calum senza troppi problemi, ma di sicuro non le avrei parlato di tutti i miei traumi da un momento all’altro.

«Senti, visto che sei l’unica libera al momento» esordisce, facendo un cenno all’altra parte dell’aereo, dove tutti gli altri si stanno aggiornando sulle relative situazioni. «volevo proporvi se volete restare qui con noi-»

«Oh, no-»

«Aspetta, fammi spiegare.» Sono già pronta ad alzarmi quando praticamente mi implora con lo sguardo. «Potreste aiutarci nella ricerca, potreste essere essenziali per fare ulteriori passi avanti-»

«Non c’è speranza!» sbotto, interrompendola malamente. «Non troverete mai una cura e anche se doveste riuscirci, ormai sarebbe troppo tardi!» Mi alzo in piedi, fregando le mani sulle cosce, muovendo i primi passi per allontanarmi da lei.

Riley si piazza davanti a me con la sedia, bloccandomi nei miei stessi passi. «Potresti salvare centinaia di persone!» risponde risoluta, «potresti salvare quella bambina, potresti darle un futuro. Certo, non potrai riportare indietro le persone che ormai hai perso-» Lancia un’occhiata allo zaino, facendomi perdere le staffe.

«Non provarci nemmeno» la avverto, avvicinandomi e gonfiando il petto. Non sa nulla e non deve permettersi di far leva e pressione su ciò che crede che sia importante per me. Non si deve permettere di tirare in ballo una delle persone a cui ero più legata, anche se questo lei non lo sa. Prendo due respiri profondi anche se il mio sguardo rimane tagliente e fissato sul suo. «Perchè continuate a fare questo? Sapete anche voi come stanno le cose.»

«Per loro.» Si gira con la sedia, dandomi la schiena ed indicando i Morti. «Hai ragione, forse quando troveremo una cura sarà troppo tardi. Ma loro avrebbero voluto che almeno ci provassimo. Avrebbero voluto un futuro diverso per tutte le persone che stavano loro a cuore.»

«Beh, non contare su di me.»

Ci sono momenti in cui mi accorgo di essere cambiata più di quanto voglia immaginare: questo è uno di quelli. Quattro anni fa avrei fatto di tutto pur di proteggere il popolo, sarei diventata un’agente di polizia e avrei fatto il mio meglio pur di mantenere fede alla promessa fatta. 

Adesso?

Adesso ho subito troppe perdite per poter dire lo stesso. Troppi traumi, troppe buche mai rattoppate. Ho perso il mio mondo, non ho più niente da salvare.

Questo è il motivo per cui sono rimasta da sola così a lungo: non sapevo se sarei riuscita ad affrontare altre perdite. E ora che, come le tessere di un domino, stanno cadendo una dopo l’altra, capisco che avevo ragione. Non ce la faccio.

Pensavo di aver trovato qualcosa che avrebbe riempito il vuoto dentro al mio petto raggiungendo questo aereo. Pensavo di aver trovato qualcosa per cui combattere di nuovo. 

Ma è proprio guardando le persone dall’altra parte dell’aereo che capisco che quello che era un buco si sta trasformando in una voragine senza fondo. Margaret, Lynton, Calum, Elyse. Nonostante tutte le menzogne che ho provato a raccontare a me stessa, loro sono importanti per me. Così come lo sono Wayne, Mali e Blaine. Ma il solo pensiero di poter vedere uno di loro perdere la vita davanti ai miei occhi senza che io possa fare niente, di nuovo… Non lo posso sopportare.

E per quanto mi faccia male l’idea di abbandonarli per una seconda volta, mi sembra l’unica via percorribile.

Ma non posso. Non posso abbandonarli proprio adesso, non posso lasciarli affogare nel dolore. Calum è rimasto al mio fianco nel momento più buio della mia vita e non posso semplicemente andarmene, facendo finta che non sia mai successo niente, facendo finta che non li abbia mai conosciuti.

Perchè per quanto faccia male ricordare, non voglio dimenticare

Non voglio dimenticare tutti i momenti pieni di gioia passati con Ebony, tutte le vacanze estive passate a casa dei nostri nonni in Florida a divertirci nell’oceano, tutte le battute e le risate e i sorrisi. 

Non voglio dimenticare l’amicizia che Wayne e Mali hanno costruito a fatica con me, scavando nel profondo per riuscire a creare una breccia dentro di me, oltrepassando tutto il dolore.

Non voglio dimenticare i battibecchi con Calum - per quanto irritanti -, le notti passate insieme l’uno tra le braccia dell’altra, i momenti di spensieratezza e libertà, i brevi momenti di normalità.

Non voglio dimenticare Elyse, Blaine, Lynton, Margaret, Matthew e Dylan e tutto ciò che abbiamo passato insieme: dalle giornate in ricognizione alle fiabe raccontate prima di dormire.

Non voglio dimenticare il viso di Reece, che si accese non appena cominciò a raccontarmi della sua più grande passione.

Non voglio dimenticare Travis, Meredith e Tracey: guide morali e persone uniche, così altruiste e pronte a mettere in pericolo loro stessi pur di salvare la vita di un componente del loro gruppo, della loro famiglia.

Non voglio dimenticare di come Wayne quel giorno mi ha salvato sopra a quel tetto.

Non voglio dimenticare.

Anche se molte volte è la cosa più semplice da fare.

«Kayla, scusa, Calum vorrebbe parlarti un secondo.» La voce di Lynton mi arriva alle spalle con qualche esitazione. Annuisco, sollevata di poter lasciar cadere la conversazione con Riley.

Calum ed Elyse sono in piedi dall’altra parte dell’aereo: il primo con uno sguardo sconfitto sul volto che si passa nervoso le mani sui pantaloni, quasi fosse un tic, mentre Elyse muove avanti e indietro la gamba destra, il suo sguardo fisso sulla mia figura.

«Cosa abbiamo intenzione di fare?» domanda secca ed impaziente Elyse, non appena sono a pochi centimetri da loro. Alzo le sopracciglia. «Se vogliamo trovare gli altri, non possiamo perdere altro tempo. Dobbiamo metterci in marcia subito.»

«Senza sicurezze e senza mete,» aggiunge Calum al suo fianco, incrociando le braccia al petto, lasciando vagare lo sguardo per la stanza ma senza mai incontrare il mio. «potremmo camminare per giorni senza trovare alcun rifugio o provviste e dovremo stare sempre all’erta. Non conosciamo l’area.»

«Con una bambina al seguito non mi sembra una delle migliori idee» replico secca, lanciando un’occhiata veloce a Margaret, che sta parlando tranquillamente con Nuha. «Lynton?» chiedo, notando che lui non è qui a discuterne con noi.

«Ha parlato con le dottoresse. Vorrebbe rimanere per “aiutare la ricerca”» ribatte Elyse, alzando gli occhi al cielo. «Sa badare a se stesso, se è ciò che stai pensando.»

«Voi siete d’accordo?» chiedo stupita. Con tutte le sfide e perdite che hanno dovuto affrontare, non credo sia semplice per loro lasciar andare ancora un altro componente del gruppo originale. 

I due annuiscono senza troppe esitazioni. «La scelta è sua, non possiamo certo impedirglielo.» Elyse sposta il peso da una gamba all’altra. Fisso per qualche istante la figura di Lynton, che ora mi dà la schiena. Un altro addio, allora. Un altro da aggiungere alla già troppo lunga lista.

«Quindi, Margaret…?» chiedo perplessa. Non sono pronta per tenere a bada un’altra bambina, per proteggerla, assicurarmi che sia al sicuro… È troppo presto.

«Con noi.» Calum continua a non guardarmi negli occhi. Non gliene faccio una colpa, ha appena ricevuto pessime notizie. «Ci stai?» chiede, infine, attendendo solo una mia risposta.

Incrocio le braccia al petto, chiudendo per qualche istante gli occhi. Poi annuisco. 

«Partiamo stasera,» appura Elyse, facendo un cenno con la testa. «Preparate gli zaini.» Detto questo, ci lascia soli, andando a fare compagnia a Margaret, probabilmente per comunicarle la scelta appena presa.

Calum rimane nella stessa posizione, stringendo le braccia attorno al suo petto ed irrigidendosi come una statua di marmo. Ha lo sguardo fisso sulla mia spalla, ma la testa altrove.

«Mi dispiace per Travis» mormoro, avvicinandomi alla sua figura. Gli poso esitante una mano sulla spalla, ritraendola immediatamente non appena sobbalza al contatto.

«Sì, anche a me.» È tutto ciò che dice prima di andarsene.

   
 
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