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Autore: DarkWinter    21/06/2020    3 recensioni
In un ospedale vicino a Central City, i gemelli Lapis e Lazuli nascono da una madre amorevole e devota.
Fratello e sorella vivono un'adolescenza turbolenta e scoprono il crimine e l'amore, prima di essere rapiti dal malvagio dr. Gero e ristrutturati in macchine mangiatrici di uomini.
Ma cosa accadrebbe se C17 e C18 non dimenticassero totalmente la loro vita da umani e coloro che avevano conosciuto?
Fra genitori e amici, lotte quotidiane e rimpianti, amori vecchi e nuovi e piccoli passi per reinserirsi nel mondo.
Un'avventura con un tocco di romanticismo, speranza e amore sopra ogni cosa.
PROTAGONISTI: 17 e 18
PERSONAGGI SECONDARI: Crilin, Bulma, vari OC, 16, Z Warriors, Shenron, Marron, Ottone
ANTAGONISTI: dr. Gero, Cell, androidi del Red Ribbon, Babidi
{IN HIATUS}
Genere: Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: 17, 18, Crilin, Nuovo personaggio | Coppie: 18/Crilin
Note: Lemon, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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 Diciotto sedeva in mezzo a un rumoroso pubblico. Se ci fosse stato, avrebbe pagato volentieri un posto nell'area VIP, in modo da non dover sentire continuamente, da ogni direzione, una confusione cacofonica di gente che faceva caciara, masticava, tirava su con la cannuccia, urlava, masticava,...
I rumori echeggiavano e il suo super udito era un inconveniente, in quel caso. Di fianco a lei sedeva una ragazza della sua fascia d'età, dall'aspetto delicato, che brandiva con entusiasmo un cartello su cui figurava il nome del lottatore (o della lottatrice) per cui lei faceva il tifo:
"Coraggio Cheetah! Spacca qualche naso!"
La ragazza smise di fare il tifo non appena si rese conto che la tizia in minigonna seduta vicino a lei -sicuramente una modella- la stava squadrando con un'innata alterigia.
"Ehi, che c'è. Sto solo facendo il tifo per il miglior combattente del torneo, il mio ragazzo. Il suo nome è Chet ma tutti lo chiamano Cheetah, indovina perché."
"Cheetah" stava combattendo in quel momento, stava vincendo l'ultimo combattimento del giorno  che l'avrebbe portato alle semifinali. Diciotto non aveva familiarità coi tornei di arti marziali. Non aveva voglia di discuterne, ma la ragazza la innervosiva e lei aveva argomenti solidi:
"Tanto il torneo Tenkaichi lo vincerà il mio ragazzo. È solo l'umano più forte della Terra."
"Ok carina, ma intanto questo non è il torneo Tenkaichi! Il prossimo sarà fra cinque, anni se non mi sbaglio e si fara’ a Papaya Island, come al solito..."
Diciotto rimase a osservare distrattamente i capelli color turchese della sua vicina e il suo outfit alla moda. Chissà se si stava rendendo conto che si stava scottando: il calore di fine ottobre non era più assassino nemmeno in quell'angolo della Terra, ma la sua scollatura era profonda e lei aveva un tipo di pelle poco adatto a permanenze prolungate sotto il sole; anche Diciotto cominciava a sentire un certo prurito sulle spalle e sul coppino, lasciato esposto dalla recente spuntatina al caschetto…
La tifosa prese il silenzio della modella come troppa insolenza da parte propria:
"...però non ti giudico, anche io fino a un paio di anni fa non sapevo nulla di queste cose. Nuove anche per te?"
"Più o meno."
"Il mio ex mi ha fatto scoprire il mondo delle arti marziali! Era patito e anche molto forte, poi ci siamo mollati, è successa la situazione Cell e ora non so che fine ha fatto. Ho incontrato Chet poco dopo e da allora lo seguo in ogni torneo, è un orgoglio per me vederlo vincere. E tu che fai qui, il tuo ragazzo è per caso Mr. Satan?"
Diciotto stava facendo la stessa cosa. Per Crilin le arti marziali erano un mestiere, prima che una passione; era così che si guadagnava da vivere. E vincendo spesso guadagnava piuttosto bene, solo che non partecipava mai abbastanza frequentemente per potersi permettere una casa propria. Ora, dopo che Diciotto gli aveva proposto di mettere su famiglia, quella della casa era diventata una nuova priorità e Crilin aveva deciso di mettersi sotto e partecipare a molti tornei. Quella, in una città non lontano dall’arcipelago del Genio, era la prima tappa della nuova avventura in cui l’umano e la cyborg si erano lanciati: sarebbero stati mesi eccitanti quelli davanti a loro e coi conseguenti guadagni di Crilin sarebbero anche potuti andare a vivere da soli. A Diciotto non dispiaceva l’idea di iscriversi e partecipare, quindi di vincere, ma in quel momento della sua vita sentiva di voler restare lontana da tutto ciò che era lotta, se non per sostenere Crilin.
Una volta che Chet “Cheetah” vinse la sua quota di duelli per la giornata, la ragazza si avviò a incontrarlo negli spogliatoi del complesso sportivo:
“È stato interessante discutere dei nostri morosi lottatori! Se il tuo vince e ce la fa a raggiungere i livelli di Chet, magari ci incroceremo ancora. Giusto per curiosità, chi è il tuo?”
“Crilin. Eccolo, sta entrando ora sul ring.”
Da lontano vide Crilin sbracciarsi per lei. Quando si voltò di nuovo verso la sua interlocutrice, le parve sbiancata e a disagio.
"Crilin della Tartaruga? C'è anche lui?"
"Si è iscritto all'ultimo minuto, ma eccolo lì."
Diciotto saluto’ con un sorriso, agitando il braccio.
"E tu sei la sua...wow. Solo, wow. Devo andare ora."
Dopo averla salutata ancora, la ragazza si dileguò come imbambolata, senza che Diciotto riuscisse a capire il motivo del suo repentino cambio d’umore.
 
 Il combattimento di Crilin duro’ letteralmente nove secondi. Ci volle poco al guerriero per spingere il suo avversario fuori dal ring, l’indomani avrebbe fatto lo stesso, fin quando non si sarebbe trovato alla finali e allora avrebbe...ancora fatto lo stesso. Vedere Diciotto sugli spalti gli dava un’incredibile energia: il fatto che lui facesse parte degli Z Warriors gli dava già tutto il vantaggio possibile e immaginabile nei tornei, ma con Diciotto lì lui si trasformava in un ninja. Era preciso, essenziale e aggraziato. Un vero prodigio, come il presentatore urlava il suo nome e la folla lo acclamava:
“Crilin della Tartaruga, signore e signori!”
Come la ragazza del Cheetah, anche Diciotto si ritrovò con Crilin negli spogliatoi vuoti, una volta che lui vinse tutti i dieci match dei quarti di finale; gli diede un bacio veloce e gli passo’ un asciugamano pulito.
"Sai che, considerando questo tipo di tornei in cui si usano arti marziali pure, senza ki o cose avanzate, non ho mai avuto tecnica migliore?”
“Mia madre direbbe che ti stai condizionando da solo perchè sai che sono qui, ma a me piace se la mia presenza ti aiuta.”
Diciotto si sedette a cavalcioni su Crilin, il cui gi non era nemmeno sudato.
"A quanto pare sei rinomato. Ma che cos'è quel nome?"
“È il mio nome d'arte, visto che il Genio della Tartaruga è il mio maestro."
"Ah, non è per questo fisico?" Diciotto parlò con voce sempre più roca e passò con malizia la punta dell’indice dalla sua fronte fino ai pettorali, poi la sua mano accarezzò gli addominali scolpiti “umano più forte del mondo...”
“Mmm...Diciotto...qui?”
Mentre lei gli deponeva piccoli bacetti giocosi sul viso e sul petto, Crilin le accarezzava inconsciamente i fianchi e i glutei. Sperava che nessuno entrasse in quel momento, perché la piega che le cose stavano prendendo gli garbava assai. Per la differenza di statura lui si trovò con la faccia immersa fra i seni della cyborg, mentre lei si toglieva il top e si scompigliava i capelli, forse per darsi l’aria sexy ma innocente della ragazza della porta accanto.
Diciotto amava quei momenti fugaci con Crilin, in cui l’eccitazione nasceva dal fatto che chiunque avrebbe potuto scoprirli; avevano imparato a sfruttare al meglio la situazione alla Kame House, una casa sempre piena in cui trovare intimità era difficile.
Ma Diciotto amava quella segretezza frettolosa, le sembrava il trionfo dei piccoli piaceri quotidiani sul destino scritto da Gero o compiuto da Cell; lei non avrebbe mai dovuto conoscere una vita fatta di attimi come quelli.
A volte non resisteva più alle tentazioni della vita e svegliava Crilin nel cuore della notte, per fare l'amore. La notte dopo la giornata al complesso sportivo era una di quelle.
Erano le quattro e il buio di fine ottobre era ancora spesso; nel letto dell'hotel di Satan City Diciotto giaceva prona, accoccolata a Crilin; si sentiva ancora piena del suo seme e sospirava, segretamente sperando ancora che il suo grembo non fosse un terreno sterile dove niente attecchiva.
Era certa che non le mancasse nessun organo, si chiese come mai il dottor Gero non le avesse rimosso il sistema riproduttivo: se quello che lui aveva avuto in mente per lei era l'annichilimento della razza umana, con chi pensava si sarebbe riprodotta? Con il solo maschio della sua stessa specie, suo fratello?
No. Decisamente no.
Lei e Diciassette erano le sole macchine mai create potenzialmente in grado di partorire figli, o di farli partorire a una povera umana.
"E infatti non siamo macchine."
Da quello che sapeva la fertilità poteva dipendere fattori genetici e quello era rassicurante per lei: a ventiquattro anni, quasi due in più di lei,  sua madre aveva concepito addirittura due gemelli senza sforzi particolari.
Le avevano anche detto che il modo in cui una gravidanza si svolgeva poteva essere influenzato da fattori genetici; a Diciotto tornarono in mente i racconti di Kate, a cui non aveva mai dato peso, ma che ora le mettevano apprensione. Sua madre aveva passato sei mesi su nove a vomitare, a volte  persino mentre era in giro per strada o faceva cose normali come caricare una lavatrice, o spazzare il pavimento.
Anche se non era matematico, Diciotto temeva che potesse accadere anche a lei: avrebbe detestato passare così tanto tempo in uno stato come quello, stravolta. Anzi, non l’avrebbe proprio sopportato; forse il fatto che il bambino che lei cercava tardasse ad arrivare non era poi così terribile. E poi ora c'erano in ballo tutti i tornei e il progetto di comprare casa, il tempo per un bambino sarebbe arrivato lentamente, senza fretta.
Riportando la mente al presente, la cyborg si chiedeva se il guerriero non si spompasse a starle dietro, ma quella era una paura facile da scacciare. La natura gli aveva dato un corpicino compatto ma aveva in sé un’energia, una determinazione che sconfinava oltre quel petto massiccio e gambe corte.
 
 
 Intanto nel Nord, nello chalet a Viey, mentre Carly l’aiutava a medicare la spalla in via di guarigione Lillian commentava il nuovo messaggio sul suo cellulare:
“È Bronwyn. Scrive Vuoi che ci troviamo?”
“Non ti sembra minimamente sospetto? Questa ti parla sempre alle spalle e poi dal nulla si interessa a passare tempo con te.”
“Magari vuole scusarsi, che ne parliamo…”
“Ma che scusarsi! Tu hai due colleghi maschi che da quello che mi dici sono appetibili, e lei ti sta usando per avvicinarsi a loro. Non dirmi che non l’avevi capito…”
A volte Lillian ragionava come un uomo tonto…
"Pensa, appena prima che mi mettessi con Lapis c'erano tante sciacquette che facevano così, persino quando eravamo già impegnati!"
"Lapis...così si chiama il tuo bello?"
"Chiamava. Sì."
"Ma perché sei così convinta che sia morto e sepolto!! La polizia non ha mai trovato il corpo, no?"
Da come Carly le disse di aver rimesso le sciacquette al loro posto e da come la guardò, a Lillian sembrò ancora una volta che la dolce Carly non fosse poi così dolce.
"Brent "si sta vedendo" con Leni, ma Sev…"
Esattamente come Carly aveva predetto, Bronwyn aveva smesso di interessarsi a lei il giorno stesso in cui Lillian era riuscita a convincere “Sevvy” ad uscire con lei una sera. Lillian era stata curiosa come una comare, ma il marmocchio non aveva rivelato molto di quell’appuntamento a parte che aveva trovato Bronwyn sgradevole e che si era quasi addormentato: nemmeno l'indiscutibile avvenenza salvava la noiosa botanica  dall’essere un pessimo partito per lui.
“E un’altra buona notizia per me, il mese prossimo proclameranno il top ranger. Yay.”
“Beh congratulati con lui allora, visto che ti ha salvato la pelle.”
Gli aveva già’ fatto le sue congratulazioni, e che congratulazioni! Lillian raccontò in poche parole cos’era successo in ospedale:
“E bon, il ragazzo ci sa fare. Cazzo…"
Concluse il discorso con un tono neutro, osservando un’eccitatissima Carly che squittiva e saltellava. Che creatura affascinante, quella rossina: ancora così restia  nel riaprire il suo cuore, ma sempre in grado di immaginarsi grandi cose per gli altri.
Innamorata dell'amore.
 
 
 Nel distretto di Satan City, Crilin arrivò in finale in un batter d'occhio e sconfisse senza sforzo persino il velocissimo Cheetah, portandosi a casa una lauta somma di zeni.
"Eh, che Chet non avesse speranze contro Crilin lo sapevo già."
Diciotto sorrise alle parole inconfutabili della tifosa entusiasta che aveva già incontrato.
"Se la cava. Dimmi come lo sapevi."
"Non per offenderti, Crilin è un ragazzo d'oro e ti auguro tutta la gioia del mondo, ma ci sono tante cose che so di lui e che lui sa di me. Cose tipo come mi piace dormire, dove sono i miei nei..."
Anche se sapeva che quella ragazza doveva sentirsi minacciata da lei, per la prima volta Diciotto percepì un sentimento sgradevole che non era rabbia,  né tristezza né paura: una cosa bastarda che le stava di nuovo facendo annodare le budella.
Era...era forse gelosia? Ma gelosia vera, non quella che sentiva nei confronti di suo fratello in certi frangenti. Era la paura che qualcuno le rubasse Crilin.
"Bene. Io avrò una vita per scoprirlo."
Quella conversazione le aveva fatto scattare qualcosa. Non che lei si sentisse inferiore a quella ex senza nome, anzi, lei era fortuitamente stata il boost di coraggio di cui aveva bisogno. Con una determinazione romantica di cui non si sarebbe mai creduta capace, Diciotto aveva ripetuto le parole da sola in camera da letto per qualche settimana, sperando che un giorno arrivasse il momento adatto per dirle a lui. Quello era il momento. E non voleva perdere tempo.
Diciotto scese vicino al ring dove Crilin stava ancora discutendo con altra gente del torneo, dove i giornalisti scattavano foto e intervistavano; e tutta la gente raccoltà lì mormorò, i flash scattarono mentre una supermodella passava noncurante fra loro, dirigendosi verso il vincitore Crilin ed abbracciandolo.
Così in quel luogo affollato Diciotto, proprio lei che si compiaceva del suo essere altera e mostrarsi di ferro con gli estranei, fece uno dei discorsi più lunghi della sua vita:
"Crilin...la nostra e’ una relazione nuova e, come dici tu, abbiamo ancora tanto da imparare l’uno dall’altra. Tra l’altro, io non sono la persona più semplice con cui vivere e tu ti stai impegnando fino in fondo per farmi felice, per far sì che siamo felici. E lo so che non ci siamo preparati ma non c'è bisogno di anelli e cose sdolcinate, perche’ abbiamo gia’ l’essenziale: stare con te mi rende felice, stai scrivendo con me un nuovo destino. Ti voglio per me, per davvero: forse starò pure andando troppo veloce, ma la verita’ e’ questa, Crilin, io non ho vissuto tutto quello che ho vissuto per innamorarmi e poi restare solo una tua ragazza, come altre a caso. Sappiamo cosa vogliamo e questo è quello che conta. Facciamolo. Sposiamoci."
Le parole non le si bloccarono in gola come aveva temuto, ma gli occhi restarono fissi in quelli del guerriero, dimenticandosi di studiare i dintorni e quindi non potendo impedire che una telecamera riprendesse quell'attimo, trasmettendolo sui vari grandi schermi del complesso sportivo.
Tutto il pubblico si alzò in piedi, applaudì e fischiò quando Crilin della Tartaruga disse di sì e sollevò la supermodella per poi baciarla, in un casché.
Guardando con stupore, la ragazza che aveva appena spinto la modella a fare un grande passo con Crilin non si dimenticò di filmare la scena col cellulare.
"Vai così fratè!"
"Congratulazioni! Tieniti stretta quella gemma di ragazza, non lasciartela mai scappare!"
"Che boss, Crilin!"
Con il cuore che impazzava nel suo petto, il guerriero batteva la mano contro quelle tese dei vari partecipanti al torneo avviandosi in città stringendo al suo fianco la meraviglia che presto sarebbe stata sua moglie.
 
 “Crilin! Ehi!”
Ancora immerso nel torpore della gioia vera, Crilin riconobbe una voce nella folla. Una voce che non aveva udito da molto tempo e che non pensava avrebbe udito ancora. Il timbro era squillante e gioioso, e alla voce si accompagnarono presto tanti passi piccoli e fitti.
La ragazza stava correndo, trascinandosi dietro il Cheetah.
“Sai cos’e’ pazzesco? Che sia io che la tua ex ci troviamo qui, fianco a fianco sugli spalti.”
“Voi due...voi due vi siete incontrate?”
“Crilin caro, non sapevo che fosse la tua ragazza quando ho attaccato discorso con lei! Era seduta vicino a me. E di me e te gliel’ho detto io."
“Ah, Marion…”
Crilin si passò una mano sul viso improvvisamente stanco; e anche il Cheetah sembro’ a dir poco stupito nell’apprendere che la sua ragazza era passata per il grande Crilin della Tartaruga!
“Ma non ti preoccupare, ormai e’ acqua passata. Vero, Marion?”
Diciotto guardo’ la ragazza dai capelli azzurri e lei sentì immediatamente una gran voglia di chiudere la conversazione.
“Certo, e’ acqua passata. Lei e’ con me ora. Gran bel duello, però. E congratulazioni per il tuo fidanzamento.”
Il Cheetah strinse la mano di Crilin e Marion tornó alla carica, abbracciando il suo ex:
"In ogni caso complimenti Crilin, ti sei assicurato una  bambola di quelle...dove l'hai trovata?"
A Diciotto non piacque tutta quella confidenza:
"Nel laboratorio di uno scienziato pazzo dopo che io sono stata attivata. Sai, non sono ne’ una modella ne’ una bambola: sono una cyborg."
Diciotto sembrava aver perso l’aura angelica che l’aveva circondata poco prima, quando aveva fatto la sua proposta davanti a uno stadio pieno.
Marion fece una risatina e poi si affrettò a congedarsi insieme al Cheetah.
Crilin ora aveva paura che Diciotto si arrabbiasse con lui, per il fatto che non le avesse mai parlato di Marion. Non intendeva proprio nascondere nulla, solo che quella ragazza apparteneva a un’era della sua vita così lontana da non essere più considerata rilevante. E se l’era della sofferenza che aveva patito con Marion era ormai distante da lui, era solo grazie a Diciotto.
Quando lui volle dirle tutto ciò, lei gli diede un bacio sulla fronte e i suoi occhi già stretti divennero obliqui:
“Stavo solo giocando con lei! E’ naturale che non me la prenda, quella non potrebbe minacciarmi in nessun modo…”
"E hai visto le loro facce quando hai detto “cyborg”?!"
Dando un bel cinque alla sua bella Crilin rise in maniera liberatoria, ricordandosi dello sguardo d'acciaio con cui Diciotto aveva guardato Marion e Chet, e del modo in cui questi erano sbiancati.
 
I due fidanzati finirono per spendere buona parte del premio di Crilin per l'imminente cerimonia. Mai il guerriero fu più felice di investire i suoi soldi.
Insieme scelsero due anelli d’oro semplici, le loro fedi nuziali, prima di lanciarsi alla ricerca di abiti adatti.
“Sicura che non vuoi dirlo a nessuno?”
Crilin si rilassava su un divanetto. La voce di Diciotto risuonava da dietro la tenda del camerino.
“No, per ora voglio una cosa tipo fuga romantica, solo io e te. Potremmo poi fare un’altra festa con i nostri cari, mi piacerebbe, ma prima veniamo solo tu ed io. Come sto?”
Lo strappo secco della tenda che si apriva non preparo’ Crilin alla visione di Diciotto in un vestito bianco corto, semplice e fresco. Una commessa le sistemo’ una veletta simbolica in testa, giusto per aiutarla ad entrare nel mood e  vedersi già’ sposina.
Diciotto aveva scelto il vestito dalla sezione “cerimonia” di quella boutique; non era un vero vestito da sposa, solo un abito da cocktail elegante. Proprio quello che voleva.
“Io…”
L’espressione stupita sul viso del suo fidanzato e la luce che gli baleno’ negli occhi nerissimi fecero intenerire Diciotto:
“Ora dobbiamo cercare un completo per te.”
 
 Il municipio era elegante. In effetti, nessuno si immagina mai che i municipi possano essere bei pezzi d’architettura con interni degni di palazzi signorili, ma quello di Satan City era una bellezza. In attesa di essere chiamati, i futuri sposi sedevano in una grande sala di marmo, colonne sottili color rosso smorzato si innalzavano dal pavimento a scacchi fino al soffitto a volte.
A Diciotto piaceva quell’estetica, penso’ che se casa sua fosse stata così si sarebbe sentita una principessa di fatto.
“Crilin: per questioni legali, ieri ho chiesto una cosa al nostro officiante. Voglio che tu mi chiami sempre Diciotto, perche’ e’ il nome con cui mi hai conosciuta, ma…”
"Mr. e Mrs. Crilin?"
Quando l'impiegata del municipio li chiamò, loro due non poterono fare a meno di ridere a quell'appellativo.
L'interno della saletta rivestita di pannelli di quercia era decorato con drappi e fiocchi di raso bianco, fronzoli di circostanza che dovevano servire per tutti i matrimoni non organizzati, come il loro. Le file di panche di legno erano vuote, visto che nessuno oltre a loro due avrebbe assistito a quella magia che si stava per compiere.
L'officiante, il sindaco della città, se ne stava in disparte con uno sguardo benevolo sul viso e un libro aperto fra le mani:
"Bene, buonasera Lazuli, Crilin; quando volete."
Crilin si emozionò a sentire qualcuno chiamare la sua promessa sposa con il suo nome di nascita. Ecco cosa gli stava dicendo, prima che venissero interrotti. Quello era il suo vero nome, quello che figurava sul certificato di nascita, quello legale. Già, perché quello che le aveva fatto Gero era tutto tranne che legale. Un pensiero veloce gli attraversò la mente: quanto avrebbe voluto chiamarla sempre col suo vero nome, un nome bellissimo musicale e degno di una creatura unica, preziosa come una gemma. Ma quello era un argomento che poteva attendere:
"E così...ci siamo."
Le mani di Crilin tremavano quando prese quelle di Diciotto e le infilò l'anello al dito. Guardò con occhi lucidi la donna dei suoi sogni, no, la donna che era un sogno divenuto realtà, lì in piedi davanti a lui nelle sue scarpette di raso. Guardò i suoi occhi felici, i capelli ornati da un pettinino di perle, le rose bianche e rosa che stringeva.
"Diciotto. Io spesso mi chiedevo perchè dovessi soffrire così tanto, come combattente e come uomo. Spesso sono stato considerato un perdente, uno sfigato, prima che dagli altri da me stesso. Anche se ho degli amici fidati, l'opinione che avevo di me stesso non cambiava, fino al giorno in cui ho visto te. Allora è successo l'incanto. Quando ti ho vista, quando mi hai baciato quella volta, tutto il resto è sparito. E sono così lieto che abbiamo accettato l'amore, sono così sommerso dalla gioia di averti, dall'avere il privilegio di dividere la mia sola vita con te. Tu mi hai reso coraggioso, mi hai fatto crescere e già mi hai dato cose che nessun altro, nemmeno Shenron, potrà mai darmi. Sei il mio lieto fine, Diciotto."
Quando lui finì di parlare, l'espressione sul viso di Diciotto era aperta, commossa. Gli sorrise, prendendo delicatamente la fede:
"Crilin. Prima di te quasi disprezzavo il genere umano, per motivi miei che ricordo poco, disprezzavo anche me stessa per non riuscire mai ad avere quello che cercavo. Poi è successo quello che è successo e io ho avuto paura. Tu sei sempre stato lì, attraverso tutte le tribolazioni della mia nuova vita. Ogni giorno il tuo sorriso mi rende felice. Sei diverso dagli altri e mi ami per quella che sono, non cerchi di cambiarmi anzi, ami quello che sono e accetti i miei vissuti. Tanti farebbero storie per i miei tacchi, lascia perdere la mia forza. E sono sempre più innamorata del tuo modo di vedere il mondo, sei un inno alla vita che rappresenta la parte migliore della mia rinascita. Tu hai dato senso a tutto questo, Crilin. Tu sei vita."
 Crilin non pote’ trattenere una lacrima. L’asciugo’ prima che potesse solcare la sua guancia e fece un piccolo sospiro. Per il sindaco, venne il momento di adempiere al suo dovere:
“Ora ripeti con me, Crilin: io, Crilin,...”
“Io, Crilin.”
“...prendo te, Lazuli come mia legittima sposa.”
“Prendo te...Lazuli, come mia legittima sposa.”
L’emozione continuo’ a scorrere mentre entrambi ripetevano la dichiarazione legale. Quando ebbe anche il consenso di Lazuli, il sindaco chiuse il suo tomo:
“E dunque, investito dal potere del distretto e della giurisdizione di Satan City, vi dichiaro ufficialmente marito e moglie. Coraggio, bacia la tua sposa.”
 
 Fuori dal municipio, Crilin non resistette piu’: se Diciotto voleva aspettare a dirlo ai suoi amici e famiglia a lui andava benissimo; c’era della gente che aveva ripreso l’accaduto allo stadio, ma i vari distretti erano praticamente Paesi diversi e quindi non c’erano molte possibilità’ che tutti nel Centro vedessero quel video filmato nel Sud-Est. In ogni caso lui moriva dalla voglia di dirlo a un’amica, alla sua migliore amica. Ne restava solo una, visto che Son Goku era morto.
La faccia allegra di Bulma apparve sullo schermo di Crilin:
“Ehi Bul! Ce l’abbiamo fatta!”
Alzo’ la mano per mostrare la fede, nella videochiamata, mentre Diciotto salutava timidamente.
Quando la chiamata termino’, Crilin strinse la vita di sua moglie e la porto’ in braccio fino alle porte del loro hotel, poi su per le scale e attraverso la soglia della loro stanza; aveva discretamente chiamato l’hotel, prima della cerimonia, e ora Diciotto si sorprese dei petali di rosa per terra, della luce soffusa, della musica soave e degli asciugamani piegati romanticamente a cuore sul letto.
“Crilin…”
Quando lui l’adagio’ sul letto lei sentì’ ancora una volta il nodo alla gola, ma questa volta era gioia. Gratitudine di essere viva, lì’ con lui. Lui abbassò il suo vestito e scoprì della delicata lingerie bianca. Sua moglie sembrava una nuvola, leggera, a metà strada fra cielo e terra. Le bacio’ le labbra distese in un sorriso:
“Mi dica pure, Mrs Crilin.”
 
 
 
 Era mattina presto nel RNP. Faceva ancora buio quando Leni arrivò al suo ufficio e si trovò di fronte ad uno scomodo mucchio di neve indurita che bloccava la porta. Cerco’ di spalarla, ma era diventata una specie di strato spesso di ghiaccio. Cerco’ di scioglierla nella maniera tradizionale nordica, sparandoci contro il fumo di scarico della sua macchina. Rischiava che Carly partisse senza salutarla come si deve: aveva l’amaro in bocca, loro due erano amiche e le cose non dovevano restare cosi’. Quel pensiero le fece perdere la pazienza con il ghiaccio, dopo mezz’ora di sgaso chiamo’ John:
“Qui Leni; sono bloccata fuori dal mio ufficio, mandami il ragazzino. No, non mi interessa se e’ stato in pattuglia tutta notte, nessuno gliel’ha chiesto. Presto!”
Mentre aspettava, Leni apri’ un messaggio sul suo cellulare. Era un video, una cosa che era diventata quasi virale in quei giorni: una giovane coppia in uno stadio, lei che chiedeva la mano di lui. Marion non era stata l'unica a filmare l’attimo di Crilin e Diciotto, alla fine era apparso online col titolo  "Supermodella propone al fidanzato lottatore in diretta."
“Ah, gioventù...non sprecare tempo a sposarti, stella bella, tanto tutto finisce in divorzio. Guarda me!”
Sapeva che quel genere di cose le faceva ancora male, ma non riusciva a non guardare.
“Che cos’hai lì?”
La direttrice sobbalzo’ quando l’aiuto che aveva richiesto apparve senza che lei se ne accorgesse. Blocco’ istintivamente lo schermo del cellulare:
“N-niente. Internet.”
Leni guardo’ in fretta il ragazzo che doveva aver appena buttato giù dal letto: si’, poteva essere stato in pattuglia tutta notte ma a Leni sembrava bello pimpante e sano come un pesce, dalle mani forti fino alle punte dei capelli lucenti. La guardava come per chiederle se non fosse capace di spalare della neve da se’.
“E’ troppo dura, non ci riesco. Dai Diciassette, non farti pregare.”
"Certo; dammi un porto d’armi, prima."
"Rifai il test comportamentale, ne abbiamo già parlato."
“Ma se li ho già’ fatti tutti e sono stato promosso!”
Leni non aveva mai messo in dubbio le sue eccezionali capacità ed efficienza: era sempre pronto, era estremamente forte e veloce, aveva riflessi lampo e per lui il lavoro non era mai abbastanza. Prenderselo a bordo era stata una mossa vincente, ma la legge era la legge: nessuno di loro poteva sparare senza avvertire, nemmeno quando i bracconieri erano colti sul fatto.
“Quello era prima che tu ti mettessi a mutilare bracconieri! E poi c’entra anche che ti sei fregato il fucile della tua collega, quindi doppia infrazione. Lo so che hai salvato Lillian e per questo abbiamo lasciato correre, ma le armi lasciale stare: tu devi rispettare le regole, che ti piaccia o no. Ti da’ fastidio eh, che ci sia io in carica e non un patatone come John...Ti dirò, senza gli antipatici come me, qui dentro tutti farebbero quel che vogliono. E non darmi la tara, ora!”
Leni soppresse la rabbia nel vederlo sbuffare con la sua solita sfacciataggine e le mani in tasca, la stava mandando mentalmente a quel Paese. Ma se John e  altri non avevano il fegato di mettere un freno alle sue mattane (quasi avessero paura che se li mangiasse!) lei non la teneva mica in pugno, no...
“Allora la neve spalatela da sola.”
Diciassette giro’ i tacchi e le fece una specie di saluto militare.
Leni non aveva voglia di litigare per cui riaccese la macchina e provò a finire di guardare il video virale. Ci mise un po’ a registrare che non aveva più il telefono in mano:
“...Ridammelo! Scendi di lì!”
Diciassette sghignazzava, seduto sul tetto della casetta-ufficio di Leni; lei non aveva idea di quanto lui fosse bravo a sottrarre oggetti elettronici dalle mani di prepotenti.
“Che video guardi, Leni? Ma cazzo...e’ mia sore-”
Diciassette si tappò la bocca, come se non volesse piu’ lasciarsi scappare la parola. Leni lo vide cambiare umore in un battito di ciglia, mentre lui guardava quel breve video quasi con shock.
Leni non poteva raggiungerlo lì dov’era, ma aveva già visto quasi tutto il video. Penso’ alla bella ragazza bionda che correva nello stadio e al viso buono e sorridente del suo neo fidanzato:
“...sorella? Tua sorella? Complimenti alla mamma allora.”
“Vista la nostra somiglianza fisica, sai che stai facendo un complimento anche a me? Grazie.”
“...No, non e’ vero!”
Diciassette abbandono’ il tetto e restituì il cellulare a Leni.
“Mia sorella si sposa e non mi ha detto niente...Già, meglio piantarmi in asso per uno gnomo da giardino di nome Gary, o Crilin, che importa.”
La sua incazzatura nei confronti di un pretendente della sorella che lui non doveva approvare quasi diverti’ Leni:
"Sorella minore, vero?”
“Maggiore. Di un’ora.”
“Ah…wow, sei un gemello?! E il fidanzato ti sta sulle balle perchè ti immagini che quando scopa lei scopi automaticamente te, per via di telepatia o perversioni del genere?”
“...no, miseria! Grazie degli incubi.”
Leni era così distratta a riguardare il video; quando alzo’ lo sguardo vide che il cumulo durissimo di neve si era trasformato in un'enorme pozzanghera, che le stava bagnando i piedi: non serviva più spalare.
Ringraziò e basta: la prassi, ormai, era dirsi “Eh, e’ Diciassette…” e non arrovellarsi troppo.
“Comunque, Diciassette, non posso darti un porto d’armi, ma penso che saprai già’  che le tue contribuzioni in seno al RNP sono eccezionali: ti dico già che il top ranger sei tu. Domani puoi prenderti il giorno libero, se vuoi.”
Lui non le rispose e si congedò con un cenno. Perfetto, un giorno libero gli avrebbe fatto comodo: un salto a Satan City se lo sarebbe fatto.
 
 
 
 
Pensieri dell'autrice:
Buongiorno a tutti cari lettori! Anche oggi pubblico di domenica.
Crilin e Diciotto si sposano. Toriyama ci lascia sempre immaginare come sia stato il loro matrimonio e io ho pensato che fosse Diciotto ad aver preso in mano le redini della situazione. Mi ha divertita gestire il matrimonio come una fuga romantica, con Diciotto che non ha bisogno di fronzoli ma non rinuncia all'aspetto romantico. Ho voluto anche dar voce ai miei pensieri su Crilin, un personaggio che vedo proprio in modo diverso ora da adulta, perché è colui che ha dato a Diciotto una vita calma e probabilmente piena di amore. E niente, adoro scrivere di quanto si meritino l'un l'altra!
Un capitolo Lazuli-centrico questo, decisamente.
Lapis/Diciassette compare poco ma quando appare deve fare qualche lapisata😁 e mi è piaciuto scrivere di Marion VS Diciotto.
Ci si aggiorna settimana prossima con il cap.21, Lillian. E si spera anche con Muted.
Grazie a tutti voi per avermi seguita fino a questo punto della storia!
 
Bonus: grazie a queste due bellissime fanart che ho trovato su internet posso mostrare a voi lettori come immagino L&L quando scrivo di loro, se fossero persone vere (altre volte li immagino come sono nell'anime/nel manga)😊 ci vanno molto vicino, anche se me li immagino piu’ cosi’ in Super quando sono sulla trentina.



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