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Autore: crazyfred    23/06/2020    2 recensioni
{FRANCESCO & EMMA} "La neve aveva assunto l'odore dei suoi baci sotto i portici, del cioccolato, della cannella e delle arance che aromatizzavano i bicchieri bollenti di vin brûlé"
Prosieguo ideale della storia d'amore di Emma e Francesco, dove li abbiamo lasciati alla fine della quinta stagione. La voglia di ricominciare da zero, ma anche di non cancellare quello che è stato, il ricordo indelebile di errori da non commettere più. E chissà, magari coronare il loro amore con un nuovo arrivo...
Ma anche la storia di quella banda di matti che li circonda: Vincenzo, Valeria, ma anche Isabella, Klaus e naturalmente Huber.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 8 - Quarto mese o "a piccoli passi"





 
Seduto alla scrivania, Vincenzo leggeva attentamente il fascicolo che aveva ricevuto dal tribunale di Firenze. Spesso si era domandato cosa potesse condurre dei ragazzi a distruggersi la vita dietro a droga e alcool; di fronte a quelle pagine, però, il suo sconcerto era ancora più grande: un ragazzo di buona famiglia, con tutte le carte in regola per avere una vita tranquilla e la strada spianata. Giulio Giorgi sedeva di fronte a lui, lo sguardo spaesato e timoroso che vagava ovunque nella stanza, meno che in direzione del commissario; le gambe incrociate si agitavano, senza sosta, nonostante le mani pressate sulle cosce tentassero di fermarle. Al suo fianco, l'assistente sociale che lo aveva preso in carico in comunità.
"Giorgi!" due dita gli schioccarono energicamente di fronte agli occhi, svegliandolo da un vago torpore "Ué, Giorgi, non dormire!" "Mi scusi commissario" Giulio preferì non spiegare all'uomo che aveva di fronte che la difficoltà di concentrazione e la sonnolenza erano sintomi specifici dell'astinenza. "Torniamo a noi…" esordì Nappi "per i prossimi quattro mesi verrai qui ogni giorno alle 9 e alle 17 a firmare la tua presenza e poi…"
Due colpi alla porta dello studio lo interruppero "Mi hai fatto chiamare?" Il commissario, levata la testa, fece cenno a chi era fuori di entrare "Vieni, vieni Francesco".
"Ah beh se queste sono le premesse …" disse il ragazzo, alzandosi dalla sedia, innervosito "nessuno mi aveva detto che ero venuto qui per un processo bis"
"Tu non vai da nessuna parte" lo redarguì il forestale, posandogli energicamente una mano sulla spala e spingendolo di nuovo a sedere. Francesco si posizionò alle spalle del commissario, in piedi. La sua presenza, vigorosa e tutta d'un pezzo, metteva Giulio in soggezione.
"Giovanotto facciamo poco i simpatici" Vincenzo era un pezzo di pane, ma guai a prendersi gioco di lui sul luogo di lavoro "il Comandante Neri è qui in veste ufficiale e il fatto che sia il marito di tua sorella, in questa sede, non interessa minimamente"
Vincenzo lesse i capi di imputazione e il provvedimento del giudice di ammissione della messa alla prova. "Sentite, di queste cose se n'è occupato l'avvocato … io so solo che dovevo presentarmi qui stamattina … che significa messa alla prova?"
"In pratica" spiegò Vincenzo "con la messa alla prova il processo a tuo carico viene sospeso e ti è data la possibilità di svolgere dei lavori socialmente utili prima della condanna. Nel tuo caso per i prossimi quattro mesi. Se la messa alla prova andrà bene, non dovrai scontare nessuna pena e avrai la fedina penale pulita. Capito?"
Il ragazzo annuì, pensoso "ma in tutto questo Francesco … ehm il Comandante Neri cosa c'entra?"
Aveva pronunciato il cognome del cognato con arroganza, quasi come una derisione. Tra i due era chiaro che non fosse scattato il colpo di fulmine. Francesco non lo pretendeva, ma sperava che le cose potessero cambiare, per il bene di Emma.
"I servizi sociali di San Candido ti hanno destinato alla manutenzione del verde comunale e dei sentieri naturalistici assieme ad altri ragazzi….sotto la nostra supervisione".
"Sì" aggiunse l'assistente sociale "sia io che il Comandante abbiamo il compito di riferire agli organi preposti sulla tua condotta"
"Lo sapevo che c'era l'inghippo" disse Giulio, aprendosi in un sorriso amareggiato e scuotendo il capo. Alzatosi di scatto, si rivolse direttamente al cognato "a te non te ne frega un cazzo di me, vuoi solo fregarmi!!!" Uscì dall'ufficio facendo fatica, per la rabbia che gli faceva tremare le mani, ad aprire la porta. Francesco gli corse dietro, giù per le scale della caserma. "Ascoltami bene" gli disse, prendendolo per un braccio "questo non è un gioco, e tu non sei più un ragazzino. Quanti anni hai … 24? Sei un uomo ormai e come tale devi assumerti le tue responsabilità."
Francesco non lo conosceva molto, anzi si poteva dire che non lo conosceva per niente, ma sentiva che la loro differenza d'età e la sua posizione gli concedevano di parlargli come probabilmente nessuno aveva mai fatto.
"È da quando sono arrivato che non fai altro che metterti in mezzo ai piedi, che riesci a sparare sentenze anche senza aprire bocca … hai persino messo in testa a mia sorella che io sono mezza specie di pazzo criminale …"
"Tua sorella è incinta, lo sai, vero?" domandò. Giulio annuì. "Non avrei nemmeno dovuto permettere che tu venissi qui, perché non è giusto che Emma debba occuparsi dei guai degli altri quando nessuno della tua famiglia si è preoccupato per lei quando ne aveva bisogno"
Francesco si ricordava ancora di quel primissimo malore a cui aveva assistito, quando le era svenuta davanti in alta montagna, quando aveva provato a chiamare i suoi genitori ma nessuno aveva risposto. Ricordava la freddezza di Emma quando aveva chiesto alla zia di aggiornare sua madre via sms, mentre si riprendeva dall'intervento. Forse il giudizio era severo, ma Emma valeva molto di più di questa specie di famiglia a brandelli.
"Ma siccome la amo e quando si ama si vuole vedere gli altri felici, so quanto la rende felice averti vicino e saperti al sicuro quindi ho accettato che tu venissi qui, nonostante tutto."
"Ma mi stai trattando come un criminale!" "Ti sto trattando come uno che sotto l'effetto di sostanze stupefacenti si è messo alla guida di un auto, provocando un incidente tale che è un miracolo che ne siate usciti tutti illesi. E scusami tanto se non stendo il tappeto rosso quando arrivi al mattino"
"Tu non hai idea del casino c'ho qua dentro" gli urlò contro, indicando la sua testa "nessuno lo può capire perché ho iniziato a farmi di quella merda!!!"
Francesco per un attimo si girò di spalle, una mano sul fianco e l'altra in mezzo ai capelli, per nascondere allo sguardo del cognato il ghigno rabbioso che gli si era aperto sulle labbra. Avrebbe voluto raccontagli di Marco, di sua moglie che l'aveva accusato della morte del figlio, di Kroess, di Leonardo, di quando si era innamorato di sua sorella e di come con le sue stesse mani avesse rischiato di perderla, di come fosse sul punto di perderla proprio quando si erano ritrovati. Un coltello dritto alla giugulare non sarebbe bastato per alleviare il suo dolore … altro che droghe. Ma non lo fece: non esiste una classifica delle disgrazie. Fece un gran respiro per mandare via la voglia di prenderlo per il collo della maglietta e scaraventarlo a terra.
"Forse io e te abbiamo iniziato con il piede sbagliato" gli disse "io voglio davvero solo aiutarti. Non giudico quello che hai fatto, mi interessa solo capire cosa fare ora per fare in modo che non si ripeta più. È chiaro?" Giulio annuì "Perciò d'ora in avanti prova a non leggere complotti dietro quello che faccio o dico. Non sono veramente il tipo per certi giochetti … sono un pessimo attore!"
Entrambi sorrisero, timidamente; con un cenno del braccio, Francesco incitò il cognato a rientrare in caserma. Giulio, a testa bassa, lo pregò di non parlare a sua sorella di quella sfuriata "Solo se mi prometti che le chiederai scusa per quello che vi siete detti l'altro giorno. Ci è rimasta veramente male…"
La testa di Giulio era troppo scombussolata, lampi di lucidità si alternavano a lunghi momenti di buio e spesso sentiva sé stesso muovere le labbra senza essere pienamente responsabile di quello che diceva. Voleva riappropriarsi della propria vita, voleva tornare a chiacchierare con Emma, sentire che lei si fidava di lui. "Promesso".
 
Emma uscì dalla scuola elementare soddisfatta e piena di idee. Dopo aver ricevuto il semaforo verde dal comune e dalla provincia, finalmente il suo progetto con i bambini poteva passare alla fase operativa. La gravidanza non la spaventava, passate le nausee era tornata a sentirsi in forma e piena di forze ed era anche più facile, così, scacciare i cattivi pensieri. Aveva trovato degli ottimi collaboratori negli insegnanti e nei volontari del centro che accoglieva i migranti e non c'era nulla, in quei primi giorni di euforia, che le impedisse di immaginare un futuro roseo per il suo progetto, anche quando sarebbe stata costretta a farsi da parte: era sicura che avrebbe trovato un valido sostituto. Neanche suo marito e le sue ansie erano riuscita a farla desistere dall'essere in prima linea, a contatto con i bimbi e con la natura.
Con le maestre avevano concordato qualche lezione preliminare in classe fino a che i sentieri non fossero stati di nuovo percorribili e poi, assieme ai bambini dello SPRAR, avrebbero iniziato a lavorare sul campo o, per meglio dire, nei boschi. Mentre percorreva il vialetto d'ingresso dell'edificio, lo sguardo le cadde sul piccolo parco giochi della scuola materna adiacente, dove i più piccoli si divertivano sulle altalene e sulle giostrine. Emma si incantò a guardali per un attimo: imbacuccati fino al collo - il freddo non si decideva ancora ad abbandonare la Val Pusteria, i grembiulini a quadretti rosa e azzurri che spuntavano sotto i giacconi le inondarono la mente immagini. Si immaginava quando avrebbe accompagnato il suo bambino in quello stesso asilo, quando avrebbe dovuto dare uno strattone a suo marito per portarlo via il primo giorno. Ma prima ancora immaginava Leo giocare insieme agli altri bimbi, sperava che l'affidamento potesse concretizzarsi nel minor tempo possibile.
"Emma! Emma!" da lontano, un ragazzo in gilet riflettente richiamava l'attenzione dell'etologa. Era suo fratello. Le correva incontro. Emma non aveva rimosso la loro conversazione di qualche giorno prima e nonostante il cuore continuasse a ripeterle di dargli fiducia, si era imposta di aspettare che fosse lui a compiere il primo passo: lei lo aveva accolto, lui si era presentato ancora pieno di sé e arrogante. Aveva sperato che ogni giorno fosse quello buono, che magari si stava solo ambientando e cinque giorni erano passati senza sentirlo. Le uniche notizie  le riceveva dal marito, che lo vedeva passare ogni giorno in caserma per la firma.
"Che ci fai qui?" gli domandò. Non voleva sembrare scontrosa, ma voleva restare distaccata. Era un meccanismo di difesa che aveva sviluppato con il tempo, delusione dopo delusione. "Oggi lavoriamo qui in centro … aiuole, alberi, fioriere, immondizia … sai che divertimento!" "Non dire così … ogni lavoro ha la sua dignità … anzi, ringrazia che ti hanno dato questa opportunità" "Sì…sì, lo so" Giulio si guardava le punte delle scarpe, lo faceva da sempre, fin da quando era un bambino, quando aveva da confessare qualcosa, Emma lo sapeva bene. "Devi dirmi qualcosa?" indagò.
"Volevo scusarmi … sì, insomma, volevo scusarmi per il mio comportamento di qualche giorno fa …"
"Non ti devi scusare … io non sono arrabbiata con te, ma mi ha fatto male sentire quello che pensi di Francesco … e di me" disse Emma, comprensiva.
"Io, io non sono sempre in me da quando ho smesso di prendere quella roba" Giulio si sentiva in colpa per quanto aveva detto sia ad Emma che a suo cognato; razionalmente era conscio che le manie di persecuzione e i complotti di cui di frequente si sentiva vittima erano solo delle proiezioni del suo cervello, un effetto collaterale di tutte le schifezze che aveva preso e del craving a cui ora doveva resistere, ma non sempre era in grado di controllarsi.
 "Noi vogliamo il tuo bene e credimi che un posto per te a casa nostra ci sarà sempre" continuò Emma "ma ora è necessario che tu abbia accanto delle persone che capiscono fino in fondo quello che stai passando e ciò di cui hai bisogno."
In quei giorni, c'erano momenti in cui Giulio aveva provato sulla sua pelle un desiderio impellente e irrefrenabile verso quella polvere bianca di cui era dipendente, arrivava all'improvviso e niente riusciva a neutralizzarlo. In quei momenti, le paranoie e la perdita totale di forza e volontà lo rendevano uno spettacolo indecoroso persino ai suoi occhi. Si faceva schifo da solo, l'idea che sua sorella potesse vederlo in quello stato lo nauseava: non solo per pudore, ma anche per rispetto. Francesco aveva ragione: quando sia ama qualcuno, lo si vuole vedere felice; lui ad Emma voleva bene, era giusto fare la propria parte.
"Ora lo so." Emma gli rivolse un sorriso, orgogliosa. Quello davanti a lei era suo fratello, ne riconosceva la limpidezza e la dolcezza dello sguardo. "Mi fido di te …" gli disse, speranzosa "di questo te. Sono sicura che ce la puoi fare"
Forse ci sarebbero stati ancora momenti in cui avrebbe voluto rimetterlo su un treno e mandarlo via, ma sapere che da qualche parte il vero Giulio stava lottando, le dava la forza di sopportare il bruto creato dalla cocaina.
 
"Oggi ho incontrato mio fratello" disse Emma, mentre in bagno si preparava per andare a dormire. Tornato stanco ed impolverato, giusto il tempo di una doccia, Francesco era già sotto le lenzuola: finito il suo turno in caserma, aveva passato il resto del pomeriggio al maso, per liberare la casa dal vecchio mobilio e preparare l'inizio dei lavori; tra i mobili che era determinato a salvare anche una culla in legno, che aveva trovato in soffitta e che Zoe non aveva voluto indietro. L'avrebbe rimessa a nuovo e sarebbe stata perfetta nella cameretta che con Emma avevano già progettato, almeno a parole: non era mai troppo presto per sognare ad occhi aperti e loro erano molte cose, ma certo non scaramantici.
"Mi ha chiesto scusa per l'altro giorno" continuò Emma "credo che abbia capito veramente l'importanza del percorso che sta facendo."
"Credo avesse bisogno solo di un po' di tempo per adattarsi alla nuova situazione, non è facile per lui" "Mm mm" annuì Emma, appoggiando la vestaglia sulla cassapanca ai piedi del letto "forse mi ero illusa di vedere un cambiamento dall'oggi al domani. Ma non funziona così, si lavora a piccoli passi"
"Ferma!" "Che c'è?" Emma si spaventò alla richiesta del marito e rimase congelata lì dov'era. Non aveva paura di ragni o insetti vari, si era accampata tante volte all'aria aperta per fare la schizzinosa, ma l'ultima cosa che voleva era ritrovarsi qualche esserino tra i capelli o a diretto contatto con la pelle. "Ferma così!" Francesco, allungò il braccio verso il comodino continuando a guardare, estasiato, sua moglie, che era rimasta impietrita, di profilo. "Sei una visione" le disse, scattando una foto. "Che scemo" protestò lei, salendo sul letto carponi dai piedi "mi hai fatto prendere un colpo!" "Scusami" sghignazzò lui, porgendole il telefono "ma guardati, sei sbocciata…stamattina la pancia non era così grande"
La mattina, al risveglio, Francesco passava almeno 10 minuti nel letto ad accarezzare la pancia di Emma, a studiarne ogni centimetro, per controllare se ci fossero cambiamenti. La cosa divertiva Emma perché non era abituata ad avere al suo fianco un compagno tanto premuroso e soprattutto al quale non interessava più essere il primo ad arrivare al lavoro e l'ultimo ad andare via. Spesso finiva per ricordargli che aveva una caserma da mandare avanti e non doveva aspettare la chiamata dei suoi sottoposti per capire che era ora di prepararsi. Quel giorno, in particolare, le coccole del mattino si erano dilungate più del solito. La scusa, quella volta, convinse anche Emma che era la cosa migliore da fare: era un anno di loro; un anno che, tra alti e bassi, avevano unito irrimediabilmente i loro destini. Emma poteva fermarsi mille volte a pensare a quel pomeriggio, quando lui era andato a scovarla nel suo posto preferito, la loro radura sul Monte Piana, tra le antiche trincee della grande guerra e le Tre Cime a vegliare, lontane … mille volte avrebbe ricordato quegli attimi e mille volte avrebbe trovato un dettaglio o una sensazione diversa. Ricordava di quanto si fosse sentita scoraggiata a vederlo arrivare, ancora - non poteva sopportare ancora le sue scuse e i suoi niente di fatto; ricordava il suo respiro spezzato quando le aveva finalmente detto ti amo, ricordava le loro mani che vagavano frenetiche lungo la schiena, aggrappandosi forte ai vestiti, mentre le labbra, invece, sapevano perfettamente cosa fare, come se si fossero preparate a lungo per quel momento.
"Non esagerare" rispose lei, stendendosi tra le braccia spalancate del marito "sono di 17 settimane, sta crescendo, ma non è così enorme" Al mattino, di fronte allo specchio, Emma si metteva di profilo per controllare lei stessa. Ormai il suo addome non era più piatto e dalla maxi maglia rosso scuro che indossava al posto del pigiama era ben visibile una chiara rotondità. Rimanendo di fronte allo specchio in biancheria intima la guardava e riguardava, accarezzandola,  quasi per accertarsi che fosse veramente parte di lei.
"Anzi, ti dirò di più" aggiunse Francesco, la voce grave ed sensuale "non è l'unica cosa che è cresciuta"
La mano che le accarezzava il volto prese a scendere delicatamente, millimetro dopo millimetro, perimetrandole il collo, teso verso di lui, quasi a voler riaffermare la sua appartenenza in ogni angolo del suo corpo, arrestando le dita avide sul seno.
Emma, sensibile a quel tocco lento e cauto, poteva sentire un brivido attraversarle la schiena; la sua risposta era ormai quasi un riflesso involontario, un ingranaggio ben oliato di due macchine che lavorano all'unisono: le mani febbrili lungo la schiena, precipitose nel toglierli la maglietta, le gambe intrecciate, si spostò sopra di lui, annegando una risata sulla bocca si lui. Francesco era paranoico per molte cose ma, per la sua felicità, il suo corpo che cambiava non era tra questi. I loro momenti di intimità non avevano subito alcun contraccolpo, nonostante le preoccupazioni e le ansie che entrambi avevano, ciascuno a suo modo. Era proprio in quei momenti, quando si abbandonavano totalmente ai loro sensi, che ogni paura o tensione si dissipava. Si erano voluti troppo e per troppo tempo si erano respinti per stare ora a porsi alcun problema.
Nella penombra dell'unica abatjour ancora accesa, il sapore salato e pungente di quei baci umidi si mischiava all'odore dell'ultimo ciocco di legno che nella stufa era diventato brace e delle lenzuola fresche di bucato. I loro corpi stretti, i vestiti presto finiti a terra, diventavano una cosa sola con tutto quello che li circondava; l'intera stanza, persino il legno delle pareti erano partecipi del loro amore, contribuendo ad amplificare ogni sensazione.
"Ahi!" esclamò Emma, le labbra ancora su quelle del marito. sul letto. "Cos'hai? Ti ho fatto male?" Francesco divenne immediatamente apprensivo, notando che Emma aveva portato la mano sul basso ventre mentre si tirava su. Emma era in ginocchio sul letto, lo sguardo vagante di chi cerca di comprendere cosa sta accadendo "stai bene?"
"No no non sei stato tu …" si affrettò a tranquillizzarlo, sfiorandogli la guancia con il palmo della mano; un sospiro gioioso e incredulo le stampò sul viso "è da qualche giorno che ho come dei crampi, ma adesso è stato più come uno schiocco … ah! Ancora …"
"È…è quello che penso che sia?" domandò Francesco, incontrando gli occhi vispi ed estasiati di sua moglie. "Penso proprio di sì".
Il forestale allungò la mano verso la pancia di Emma, sovrapponendola a quella della moglie. Restò in silenzio, quasi in apnea, come se questo potesse contribuire meglio a sentire quei primi movimenti che Emma stava sentendo in quel momento.
"Non credo tu possa sentirlo" affermò Emma, con una leggera smorfia sghemba, tra l'imbarazzo e la mortificazione. Fosse stato possibile, avrebbe dato tutto l'oro del mondo affinché Francesco potesse essere partecipe con lei di quel nuovo traguardo; purtroppo, quella nuova sensazione, quelle farfalle che sentiva svolazzare nella pancia erano più rivolte verso l'interno, più simili agli effetti di un pranzo pesante che a dei veri e proprio calci. Solo la loro posizione e l'insistenza da giorni in quello stesso punto e alla stessa ora, le fecero intuire che era qualcosa di più. Era il suo bambino e, per la prima volta, era come se provasse a mettersi in contatto con lei. Eccomi mamma, le stava dicendo, ci sono e non vedo l'ora di conoscerti.

 

Angolo dell'autrice

Salve a tutti! Eccoci qua, oggi abbiamo visto come si stanno evolvendo le cose tra Emma, Francesco e Giulio. 
Speriamo che, per il bene di tutti, Giulio possa uscirne fuori.
A presto, con - vi anticipo - delle vecchie conoscenze ;-)

 
   
 
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