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Autore: FairyCleo    24/06/2020    2 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Stringimi forte
 
Aveva corso veloce come il vento.
Aveva corso tanto, in fretta, sempre più in fretta.
Aveva corso sino a rimanere senza fiato.
Aveva corso perché le persone che amava avevano disperatamente bisogno di aiuto.
Goten non aveva idea di dove si stesse dirigendo. Le sue gambette di bambino tremavano per la fatica. Erano diventate pesanti e dolenti, ma questo non gli aveva impedito di andare avanti e tentare di portare a termine quello che si era prefissato, quello che per Vegeta e Gohan avrebbe potuto rappresentare la salvezza.
 
“AIUTO!”.
 
Urlava disperatamente nel bel mezzo del bosco.
 
“PER FAVORE! QUALCUNO CI AIUTI! AIUTO!”.
 
Era convinto che, se avesse insistito, prima o poi avrebbe incontrato qualcuno anche in quel bosco popolato da animali e piante.
Lui stesso viveva con la sua famiglia sulle montagne, perché non avrebbe dovuto trovare qualcuno che aveva deciso di trascorrere la propria vita in santa pace nel bel mezzo della natura?
Si rifiutava di credere che sarebbero stati tanto sfortunati.
Di nuovo.
 
“PER FAVORE! AIUTO!”.
 
Correre e chiedere aiuto a squarciagola si era rivelato più complesso del previsto. Se avesse mantenuto le sue abilità avrebbe sorvolato il cielo con Vegeta e Gohan in groppa pur di trovare riparo e qualcuno che potesse curare le loro ferite.
Se avesse avuto ancora i suoi poteri, avrebbe raggiunto il famoso obelisco di Balzar e avrebbe chiesto al fantomatico gatto di cui parlava Gohan di consegnarli i suoi fagioli speciali, quelli in grado di curare ogni genere di ferita.
 
“Sì, se solo potessi ancora volare, andrei a prendere i fagioli e…”.
“Ma… Ma… ODDENDE!”,
 
Era stato assalito dal panico a tal punto da non essersi reso conto che, molto probabilmente, avevano la soluzione a portata di mano e non erano stati in grado di vederla.
 
“Che idiota! SONO UN PERFETTO IDIOTA!”.
 
Aveva riso e pianto contemporaneamente, Goten. Aveva riso perché, alla fine, era riuscito a far funzionare il cervello, e aveva pianto perché se lo avesse fatto prima, forse la sua famiglia avrebbe sofferto di meno e per meno tempo.
 
“Era lì, sotto i nostri occhi e non lo abbiamo visto! Era proprio accanto a Vegeta e non me ne sono accorto! Oh Dende! Ti prego, ovunque tu sia, fai che non sia troppo tardi!”.
 
Sì, Goten aveva ragione: quello che probabilmente avrebbe potuto aiutarli era sempre stato a un passo da loro, ma non se n’erano accorti a causa della disperazione in cui erano piombati, la stessa che non aveva permesso a Trunks di mantenere il sangue freddo necessario ad aiutare suo padre.
Eppure era lì, lo zainetto di Trunks, era proprio lì, per terra, ed era quasi certo che Gohan, prima di partire, avesse chiesto al suo amico di prendere tutto quello che aveva trovato nell’armadietto dei farmaci di Bulma, compreso un sacchetto di pelle chiaro chiuso da un laccio nero, un sacchetto che all’interno sembrava contenere piccoli oggettino oblunghi e ricurvi.
Goten non aveva la certezza che lì ci fossero i fagioli magici, ma poteva anche darsi che ci fossero!
 
“Devo tornare indietro! Non mi sono allontanato molto, per fortuna, e Trunks potrebbe non aver visto lo zaino. Oh, Dende, ti prego, fa che torni indietro in fretta! Ti prego, ti…”.
 
Si era fermato di colpo, confuso. Era certo di essere passato di lì un paio di minuti prima. D’accordo, i suoi sensi non erano più quelli di un tempo, ma non aveva dubbi sull’integrità del suo senso dell’orientamento.
 
“Sono già passato da qui…” – aveva sussurrato, ansimando per lo sforzo della corsa – “Ne sono sicuro… Riconosco quell’albero… Sono passato da qui pochi minuti fa…”.
 
Sentiva l’ansia montare. Sentiva altra ansia montare. Come se quella provata in precedenza non fosse sufficiente.
 
“Devo stare calmo… Avanti, Goten, stai calmo… Sei perfettamente capace di tornare indietro… Adesso calmati e vedrai che li troverai… Sono qui, sono vicini… Coraggio”.
 
Aveva cercato prendere fiato e tranquillizzare i nervi, perché sapeva che se si fosse abbandonato al panico non sarebbe mai stato capace di tornare indietro.
 
Aveva riconosciuto dei particolari di quel posto: il sasso a due punte coperto di muschio era unico nel suo genere, non poteva essere che ne esistesse un altro uguale nei paraggi. Ma, se era già passato da lì e se lo aveva visto anche adesso che stava tornando indietro, perché aveva avuto l’impressione di aver girato in tondo? Perché aveva avuto l’impressione di essersi perso?
 
“Basta, Goten. Vai avanti, Muoviti!”.
 
Era certo che se ci fosse stato Vegeta gli avrebbe detto qualcosa di molto simile. E lui, allora, si era mosso, lasciando che un piede andasse davanti all’altro con ritmo sempre più frenetico, fino a portarlo a correre a una velocità maggiore di quella raggiunta in precedenza.
 
“Devo raggiungerli. Devo raggiungerli assolutamente! Sono certo che quelli nel sacchetto siano i fagioli! Non posso lasciare che muoiano perché non sono stato capace di tornare indietro, non posso!”.
 
Correva a un ritmo sempre più forsennato, ed era certo di aver individuato la direzione da cui era venuto, ma più andava avanti meno aveva la sensazione di avvicinarsi alla meta.
Aveva rivisto il sasso a due punte altre tre volte. Con quelle di prima facevano cinque. Era passato da lì ben cinque volte. Cinque. Stava realmente girando in tondo.
 
“Ma che succede? Non capisco… Io non capisco… Perché non riesco a tornare indietro? Perché? TRUNKS! TRUUUUUNKSSSS!!!!”.
 
Aveva portato entrambe le mani alla bocca e aveva urlato a squarciagola il nome del suo migliore amico. Se Trunks lo avesse udito, se lo avesse sentito, avrebbe risposto alla sua chiamata e lui sarebbe stato in grado di individuarlo e tornare indietro.
Ma la sua voce non sembrava aver raggiunto Trunks, né nessuno nei paraggi.
 
“Possibile che tu non mi senta?” – aveva sussurrato, cercando di ricacciare indietro le lacrime? – “Possibile?”.
 
Stanco e spaventato, si era lasciato cadere sull’erba, in ginocchio, in preda ai singhiozzi. Aveva fallito su tutta la linea. Aveva fallito e non aveva idea di come fare per non morire di crepacuore.
 
*
 
Per un istante, Trunks aveva avuto l’impressione che qualcuno lo stesse chiamando per nome. E, forse, ci aveva pure sperato, data la situazione terribile e spaventosa in cui si trovava. Se Goten non avesse immediatamente trovato qualcuno disposto a soccorrerli, suo padre sarebbe morto e Gohan, probabilmente, non sarebbe più uscito dal coma. Avrebbe voluto imprecare a piena voce come facevano i grandi, ma era sicuro che suo padre lo avrebbe sentito anche in quella circostanza e lo avrebbe sgridato a pieni polmoni, una volta guarito, e non ci teneva proprio a ricevere una ramanzina da Vegeta. O forse sì, ci teneva immensamente, perché avrebbe significato che era vivo e stava bene, che gli sarebbe stato accanto e lo avrebbe protetto e guidato come solo lui sapeva fare.
 
“Andiamo papà… Non puoi lasciarmi in questo modo… Non puoi…”.
 
Vegeta era sempre più pallido. Per quanto Trunks stesse fingendo che le cose fossero diverse, si era reso conto immediatamente che il colorito di suo padre stava cambiando a una velocità proporzionale alla fuoriuscita di sangue dalla ferita. Erano stati inutili i tentativi di fare pressione su quello squarcio grondante: il sangue continuava a sgorgare copiosamente, e se Goten non avesse trovato aiuto al più presto, di lì a poco sarebbe morto.
 
“Deve esserci un modo più rapido… Deve esserci per forza! Nonni… Mamma… Se mi sentite… Che fareste voi? Come aiutereste papà?”.
 
Aveva gli occhi velati dalle lacrime al punto da non riuscire più a distinguere nettamente i contorni di chi aveva davanti. Il bosco, Gohan, suo padre, erano una massa di colori indefiniti. Però, per quanto le cose non fossero più nitide, Trunks non aveva potuto fare a meno di notare che sul prato, accanto a loro, proprio non poteva esserci una macchia blu così netta rispetto al verde dell’erba, e aveva scosso il capo con violenza, cercando così di rimuovere le gocce salate che gli riempivano gli occhi e di dare a questi ultimi un po’ di sollievo dallo sforzo del pianto.
 
“Il mio-il mio zaino! Quello è il mio zaino!”.
 
Trunks aspettava che giungesse un colpo di fortuna? Bene, forse, per la prima volta da quando tutta quella storia aveva avuto inizio, la dea bendata aveva deciso di accorrere in suo soccorso, perché di sicuro aveva preso una bella botta in testa durante la caduta dell’aereo, ma quello era certamente il suo zaino, e ricordava benissimo del sacchetto di velluto che vi si trovava all’interno. Come e perché si trovasse lì non lo sapeva, ma sapeva che, se il sacchetto misterioso avesse contenuto quello che sperava, suo padre e Gohan sarebbero guariti in meno di un minuto.
 
“Che cavolo faccio? Se tolgo la mano dalla ferita, papà si dissanguerà ancora più in fretta, ma se non lo faccio… Uff… Spero solo che quegli stupidi fagioli siano lì dentro!”.
 
Aveva agito senza neanche rendersene conto, ed era stato molto più rapido di quanto gli fosse sembrato. Si era praticamente gettato con un balzo sgraziato sullo zaino, insozzandolo di sangue con le piccole manine imbrattate e stringendolo con forza per un secondo prima di aprire, tremante, la zip.
Nello stesso istante in cui lo aveva fatto, la ferita di suo padre aveva cominciato a sanguinare con maggior vigore. Non c’era più tempo: o trovava i fagioli, o aveva appena condannato suo padre a morte.
 
“PORCA MISERIA! STUPIDO SACCHETTO, DOVE SEI? DOVE SE-TROVATO!!”.
 
Nel sentire il morbido velluto sotto le dita aveva urlato di gioia: non si era sbagliato, il sacchetto era lì, e a giudicare dalla sensazione percepita, c’erano dei piccoli corpicini ricurvi all’interno.
 
“Fa'' che siano loro, fa che siano loro…” – continuava a ripetere come un mantra mentre slacciava con rapidità il laccio ben stretto – “Fa' che… Sì!!! Sì, sì, sì!”.
 
Aveva strofinato forte la mano destra sulla maglia prima di infilare le dita nel sacchetto ed estrarre quello che aveva visto: i leggendari fagioli di Balzar. Erano quattro, quattro piccoli fagioli dall’aspetto comunissimo ma, a quanto ne sapeva, dalle doti curative imparagonabili. Temeva che il sangue potesse annullarne gli effetti, ma non era riuscito a rimuoverlo tutto per quanto ci avesse provato in ogni modo, e poi non c’era più tempo: suo padre stava per esalare il suo ultimo respiro.
 
Senza esitare ulteriormente aveva gattonato fino a raggiungerlo e aveva estratto un prezioso fagiolo dal sacchetto, avvicinandolo alle labbra di suo padre. A quel punto, però, un dubbio atroce lo aveva assalito: Vegeta non era in grado di ingoiare perché aveva perso i sensi, come avrebbe fatto a fargli mangiare il fagiolo?
 
“Ma porca… Papà! Papà, svegliati! Non c’è più tempo! PAPÀ, APRI GLI OCCHI, E CHE CAZZO!”.
 
Esasperato, sull’orlo di una crisi di pianto, aveva aperto di forza la bocca del padre e vi aveva cacciato dentro il fagiolo a forza, spingendolo fino alla gola e massaggiandola nel tentativo di far scendere giù quel maledetto coso magico.
 
“Ecco! Dai, papà, mandalo giù! MANDALO GIÙ!”.
 
La fortuna continuava a girare dalla sua padre perché nello zaino aveva trovato anche una borraccia con dell’acqua, e non aveva esitato a svuotarne quasi metà nella gola secca e incrostata di sangue del principe dei saiyan che, sentendosi strozzare, aveva aperto gli occhi sgranandoli sino all’inverosimile, tossendo e deglutendo in sequenza.
 
“Sì!”.
“Coff! Coff! TSK! Ma ti sei bevuto il cervello? SEI-SEI IMPAZZITO?”.
 
I fagioli erano davvero magici, e Trunks non aveva potuto fare a meno di osservare a bocca aperta lo spettacolo delle ferite che si richiudevano senza alcuna fatica lasciando come segno della loro presenza non una cicatrice, perché neanche quella era presente, ma gli abiti laceri e sporchi di sangue.
 
“Sei guarito!” – aveva urlato, stavolta piangendo dalla gioia – “Sei guarito per davvero!”.
 
Aveva agito senza pensare: preso dall’euforia del momento, si era letteralmente gettato tra le braccia di suo padre, affondando il viso nel suo petto e stringendogli la vita con tutta l’attuale forza di cui disponeva.
Piangeva, Trunks. Piangeva dalla gioia, per il sollievo, per il colpo di fortuna che aveva avuto. Piangeva e si stringeva sempre più al petto del padre che, immobile, quasi fosse diventato di pietra, osservava con occhi sbarrati quella dimostrazione di affetto così improvvisa e spontanea.
Prima di allora, suo figlio non lo aveva mai abbracciato o viceversa. Mai. E Vegeta aveva scoperto che non aveva la più pallida idea di cosa fare, e di certo sarebbe morto di vergogna se avesse visto le sue guance imporporarsi all’improvviso.
Eppure, senza che se ne rendesse conto, l’istinto paterno stava conducendo la sua mano destra verso il capo del figlio, in un gesto di puro affetto e di tenerezza, ma Trunks, resosi conto d’un tratto di quello che aveva fatto, si era spostato di colpo neanche si fosse scottato contro una piastra arroventata, facendo un balzo all’indietro e osservando suo padre con profonda vergogna.
La mano di Vegeta era rimasta a mezz’aria, e la delusione per la carezza mancata si era dipinta sul suo viso. Purtroppo, però, Trunks aveva male interpretato quell’espressione, dandosi dello stupido e dell’ingenuo.
 
“Mi dispiace…” – aveva balbettato – “Io…”.
“Tua madre si sarebbe inviperita nell’averti sentito dire parolacce del genere” – aveva tuonato Vegeta, rimettendosi in piedi – “Prendi un fagiolo, dallo al fratello del tuo amico e non ripeterle mai più”.
 
*
 
Gohan aveva aperto gli occhi poco dopo. Vegeta aveva fatto capire a suo figlio che non c’era bisogno di ficcare con la forza il fagiolo nella gola di qualcuno, ma che bastava spremerne il contenuto all’interno, evitando così spiacevoli e dolorose morti per soffocamento da corpo estraneo.
Il maggiore dei fratelli Son stava bene, era lucido e arzillo, anche se ancora un pochino scosso e preoccupato per l’accaduto. E poi, che fine aveva fatto Goten?
 
“Hai ragione! GOTEN!”.
 
Trunks si era portato una mano alla fronte, dandosi dello stupido per essersi completamente dimenticato di lui e per averlo mandato da solo in una missione suicida.
 
“Lui cosa ha fatto?” – aveva tuonato Vegeta, furioso – “TSK! VI AVEVO DETTO DI NON SEPARARVI! Trunks, mi meraviglio di te!”.
“Hai ragione, papà… Hai perfettamente ragione, ma pensavamo che sareste morti e…”.
“Non fa alcuna differenza, dovevate restare insieme! Tsk! Dove si sarà cacciato? Spero che non abbia preso da quell’imbecille di suo padre o…”.
“GOTEEEEN! GOTEN! DOVE SEI? VIENI FUORI!”.
 
Gohan non aveva partecipato al battibecco e aveva cominciato a chiamare il fratellino a gran voce, sperando di ritrovarlo al più presto.
 
“Non può essere andato molto lontano… Che gli sarà successo? GOTEN! GOTEN!”.
 
Trunks si sentiva tremendamente in colpa. Aveva ragione suo padre, non avrebbero dovuto separarsi per nessuna ragione al mondo. Era stato uno stupido, un ingenuo, e forse per causa sua era accaduto qualcosa di terribile al suo migliore amico. Come aveva potuto essere talmente sciocco?
 
“GOTEN!”.
 
Ancora una volta, proprio come qualche ore prima, era stato Ouji a comparire all’improvviso, abbaiando e latrando a gran voce.
 
“OUJI! Ouji! Piccolo… Cos’hai? Sai dov’è Goten? Eh? Portaci da lui! FORZA!”.
 
Vegeta non riteneva possibile che il cane capisse le parole di Gohan, ma aveva dovuto ricredersi perché aveva messo un pochino di distanza tra loro e poi si era voltato, abbaiando nervoso verso i presenti come se li stesse sgridando per aver continuato a esitare invece di seguirlo.
 
“Andiamo! Ci porterà da Goten!”.
 
Nonostante la cosa continuasse a sembrargli assurda, Vegeta non aveva protestato e aveva seguito Ouji, Gohan e Trunks, scoprendo che il secondo aveva ragione: Goten si trovava a un centinaio di metri da loro.
 
“Eccolo! Meno male! Goten, siamo qui! Aspettaci!”.
 
Il piccolo saiyan mezzo sangue doveva aver pianto a dirotto. Era sconvolto, e in un primo momento sembrava che non li avesse sentiti. Vagava in tondo nella radura lì accanto, sperduto e solo, in attesa che qualcuno lo trovasse. Nell’udire la voce del fratello si era girato di scatto, speranzoso e felice di essere stato ritrovato.
 
“GOHAN! OH, GOHAN! STAI BENE! Sono così contento di vederti!”.
 
Era veramente felice, così felice da essersi messo a correre nella sua direzione. Stava bene, stava benissimo. Forse Trunks aveva trovato i fagioli e lo aveva guarito! Allora voleva dire che anche Vegeta stava bene! Infatti eccolo lì, il principe dei saiyan, in forma smagliante e bello come il sole! Eccolo lì, l’adulto maschio che venerava quasi come un dio. Era lì, con Trunks e Gohan e Ouji. Stavano tutti bene, e lui era uscito da quell’incubo. Finalmente, aveva abbracciato chi lo amava e… E…
 
Non aveva idea di come fosse capitato, ma improvvisamente, Goten e Gohan avevano sentito la terra cedere sotto i loro piedi e la forza di gravità trascinarli verso il basso, nelle profondità di una gola buia e fredda, dove gli unici suoni presenti erano quelli delle loro voci terrorizzate e dell’acqua. Tanta, tantissima acqua che scorreva impetuosa sotto di loro.
 
“GOHAN! GOTEN!”.
“Stai indietro, Trunks!”.
 
Vegeta era riuscito ad afferrare suo figlio prima che cadesse nella voragine a sua volta. Stavolta era stato lui a stringerlo al petto con ferocia, incapace di comprendere quello che stava accadendo sotto i loro occhi.
Ouji abbaiava disperatamente puntando pericolosamente il muso verso il basso: se avesse continuato, presto sarebbe precipitato anche lui in quel buco maledetto.
 
“VIENI QUI, STUPIDO CANE! OUJI, SMETTILA E VIENI QUI! Trunks, presto! Dobbiamo andare!”.
“Ma dove papà? Non possiamo lasciarli… Noi non…”.
“Sono caduti nel fiume, non la senti l’acqua? Sono sicuro di aver visto un torrente più avanti sbucare da una grotta. Dobbiamo correre. ADESSO! E fai in modo che quel cane ti ubbidisca o giuro che lo butto di sotto!”.
 
In men che non si dica, padre, figlio e un cagnolino riluttante stavano correndo a perdifiato verso il luogo che aveva visto Vegeta. Il principe dei saiyan non riusciva a credere che potessero essere allo stesso tempo così sfortunati e fortunati. Che razza di maledizione gravava su di loro? Poteva capire che lo stessero punendo per le sue malefatte passate, ma che c’entravano i ragazzi? Gli dei gli dovevano più di una spiegazione, e aveva appena giurato sulla propria vita che gliel’avrebbero data, prima o poi, a costo di doverli pestare a sangue.
 
“Guada, pà! La grotta!”.
 
Trunks non ce la faceva quasi più a correre, ma non si sarebbe fermato proprio ora che erano così vicini. Eccoli lì, Gohan e Goten, esattamente nel punto in cui aveva detto Vegeta, ma presso la riva opposta, ovviamente.
Il più grande dei fratelli Son reggeva a fatica Goten con un braccio, mentre con la mano destra, rossa per lo sforzo, si teneva saldamente ancorato alla radice di un albero cresciuta al punto di fuoriuscire dal letto del fiume.
 
“TSK! Ma pensa tu…”.
“Oddende… Non ce la fa più”.
 
Era vero: Gohan non avrebbe resistito un secondo di più. Faceva fatica a stare a galla, la corrente era fortissima e trascinava con sé detriti di ogni tipo, e quasi non riusciva ad aiutare Goten a tenere la testa fuori dall’acqua. Se non fossero intervenuti, sarebbero morti annegati nel giro di qualche minuto.
 
“Resta qui”.
 
Con un balzo, sfidando la corrente e l’umidità, Vegeta aveva raggiunto la sommità di una roccia che si trovata a qualche metro dalla riva. Si era aggrappato in tempo e con una presa salda, evitando di cadere nel fiume. Se avesse agito lucidamente non lo avrebbe mai fatto, ma non era il momento adatto. Doveva seguire l’istinto, o sarebbero morti tutti e tre.
 
“Ve-Vege…ta… Ai-u-to!”.
“Resta a galla ragazzo! Non mollare!”.
 
Stava raggiungendo l’altra sponda spostandosi di pietra in pietra. I sassi diventavano sempre più viscidi e scivolosi e l’acqua sempre più alta e violenta. Doveva sbrigarsi e doveva stare attento a non ammazzarsi, cosa non del tutto improbabile.
Ouji abbaiava disperatamente e Trunks incitava suo padre dalla riva quando si era reso conto che un grosso tronco secco era appena fuoriuscito dalla caverna dirigendosi a velocità folle verso i due fratelli, proprio quando Vegeta era ormai a un passo da loro.
 
“SBRIGATI PAPÀ! PER FAVORE!”.
 
Se gli avessero chiesto com’erano andate le cose, non avrebbe saputo spiegarlo con esattezza. Era accaduto tutto troppo in fretta e non aveva modo di rendersene conto. Sapeva solo che, nello stesso istante in cui aveva raggiunto il sasso più vicino e aveva afferrato Goten per il bavero della giacchetta traendolo in salvo da quelle acque maledette, il tronco era sopraggiunto con tutto quello che il suo arrivo comportava.
Aveva teso la mano verso Gohan, gli aveva urlato di afferrarla, di stringersi a lui perché lo avrebbe retto, lo avrebbe preso, ma non aveva fatto in tempo: il tronco aveva travolto in pieno il giovane saiyan, trascinandolo con sé in quelle profondità spaventose.
L’ultima cosa che aveva visto, era stato il sorriso sincero di quel ragazzo dal cuore d’oro. Poi, di Gohan, non aveva saputo più nulla.
 
Continua…


Emmm…
Salve! XD
Non so come esordire senza che mi uccidiate.
Il team “mainagioia” ha perso il primo membro. Probabilmente sarebbe meglio per me tacere, non trovate? Lascerò parlare voi, sperando che abbiate qualcosa da dirmi a riguardo.
Ci tenevo solo a dirvi che questo capitolo si è praticamente scritto da solo, e questa cosa non mi capitava da molto… Ho avuto un periodo un pochino buio riguardo la scrittura… Era come se avessi perso un po’ la mia “verve”, ma mi sento di nuovo piena di energie! Speriamo che duri!
XD
 
A presto!
Un bacino
Cleo

 
   
 
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