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Autore: Ori_Hime    25/06/2020    0 recensioni
Con questa fan fiction voglio raccontare come Roy Mustang e Riza Hawkeye si sono conosciuti, dalla loro adolescenza fino a diventare colonnello e tenente, tenendo conto dell'anime Brotherwood e in parte del manga. A inizio capitolo inserisco pezzi di canzoni che descrivono le scene oppure che parlano di fiamme e cicatrici, simboli di Roy e Riza.
Ecco un piccolo stralcio del primo capitolo, Roy dal punto di vista di Riza: "Notai fin dalla prima volta che varcò la soglia di casa il suo sguardo determinato, deciso e impaziente di apprendere i segreti che solo mio padre conosceva: l'alchimia di fuoco. Era già alto come tutti oggi lo conosciamo, ma non ancora abbastanza muscoloso, mentre il portamento di chi era sicuro di sé, che puntava già in alto, non era stato l'esercito a plasmarlo così, lo era già di natura, come il fascino che esercitava attorno a sé."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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You've got scars on your body and your soul

Bruises on your back now

Broken heart with nowhere to go

Living in a high-rise flat

Torn apart, so keep on keeping it together

Nothing is forever you know

You can start again like this, like this

Now I see blood in the sky

Blood in my eyesight

Everything's turning to red

So we'll beat it away, color the nightlife

And light me up, burn me today

I'm seeing blood in the skyline

Stuck in the right mind

Afraid again to leave any dream

And replace it with anything better

So get up

And take away your scars

 

Scars – Ed Sheeran

 

 

Pov Mustang

 

Andammo nel locale più vicino e bevemmo più scotch di quanto di solito mi sarei concesso. Notai che Riza Hawkeye sapeva reggere bene l'alcol, o almeno per la maggior parte della serata. Dopo un brindisi dedicato alla memoria di suo padre, lei mi fece parlare dei miei sogni, così le lanciai l'idea di unirsi anche lei all'esercito perché mentalmente pensai che sarebbe sicuramente stata una bella visione tra tutti quegli uomini possenti. Cercai di scacciare quel pensiero per ascoltarla attentamente: dalle sue parole non si rendeva conto di quanto risultasse sicura ai miei occhi. Io la vedevo determinata, dedita al padre e avrebbe senz'altro saputo mantenere i segreti fino alla morte: sarebbe stata un soldato perfetto. Le dissi che il coraggio lo si poteva trovare, proteggendo chi si ama. Non so come mi uscirono quelle parole, ma in quell'istante capii che gliele stavo pronunciando perché avrei voluto per lei una vita migliore di quella che aveva avuto fin ora con il padre, la meritava.

Ordinai altri due bicchieri di scotch per affogare quegli stani pensieri nell'alcol, ma anche lei sembrava sommersa nei suoi. Dopo che bevve di colpo il suo bicchiere, mi disse che dovevo assolutamente diventare alchimista di stato e quasi non mi lasciava nemmeno il tempo di pagare il conto, perché mi afferrò per il braccio e mi portò a casa sua. “È anche forte, oltre ad essere sempre più sexy” pensai. Mai una donna prima di allora mi aveva trascinato con sé con tale foga, ma avrei dovuto assecondare le sue volontà? Suo padre non me l'aveva forse affidata perché mi prendessi cura di lei? E per prendersi cura era inclusa una relazione amorosa? O dovevo farle forse da padre e quindi sorvegliarla e metterla in guardia dai pericoli? Questi strani interrogativi cominciavano ad affiorare la mia mente, quando avrei dovuto al più presto dar loro una risposta: Riza mi aveva portato in camera sua e come nel pomeriggio si era tolta la maglia e il reggiseno, per poi lasciarsi cadere di pancia sul letto. Rimasi bloccato: cosa voleva fare? Perché mi aveva condotto lì?

Quando mi disse con tono imperativo di prendere carta e penna per prendere appunti capii che voleva solo che continuassi i miei studi, nulla di più, anche se l'alcol certamente non aiutava a ragionare a mente lucida. Riflettei su come appuntarmi gli scritti della sua schiena in un codice che potessi capire solamente io, poi guardandola pensai che somigliava ad una dea, tanto era perfetta lì distesa tra quelle lenzuola stropicciate, una dea che nascondeva un segreto: quelli dell'alchimia di fuoco. Così mi venne in mente il nome “Elizabeth”, in quanto significava “il mio Dio è la perfezione” e decisi di chiamarla nella mia mente così, come il suo nome di battesimo che però non usava mai perché era anche il nome della defunta madre, così si era tenuta sempre quel nomignolo “Riza”.

Scrissi diversi nomi di donne, tutte quelle che avevo avuto nella mia vita, perché simboleggiassero diversi elementi chimici, ma Elizabeth era il nome che tornava più spesso: lei era il fuoco che si accendeva sempre di più in me, ad ogni singola parola che decifravo e ad ogni suo quasi impercettibile movimento.

I miei occhi nel frattempo si stavano affaticando, così mi abbassai sempre di più verso la sua schiena per poter continuare e con l'indice tenevo il segno delle righe all'altezza delle sue scapole. Fui restio a quell'idea in principio, perché con altre donne non mi sarei certo fermato, ma volli provare per vedere la sua reazione: al primo tocco lei si scosse leggermente, forse per il freddo delle mie mani, poi fece l'abitudine alla mia diversa temperatura corporea e si rilassò, fino ad addormentarsi. Avrei voluto svegliarla, stringerla a me e baciarla, ma come potevo approfittare di quella circostanza? Era appena diventata orfana, aveva anche bevuto parecchio, ecco probabilmente il motivo di così tanta improvvisa intraprendenza, ed era stata gentilissima con me. Avrei solamente rovinato il nostro rapporto e non avrei potuto più guardarla in faccia, rivedendo i miei errori sulla sua schiena: sarei stato un ingrato.

Le sistemai il lenzuolo coprendola e rimasi accanto a lei, a guardarla dormire. Ora pareva un angelo, per via dei suoi capelli biondi, avvolto in una nuvola bianca: mancavano solo le ali, che le erano però state tarpate ormai tempo fa. Non avrei mai potuto farle del male, avrei voluto vederla sempre così pura e innocente, io non sarei stato l'uomo giusto per lei. Ne avevo già conosciute tante di donne, l'avrei solo contaminata, mentre lei era speciale e doveva rimanerlo.

Alla fine mi addormentai anch'io, tra appunti sparsi ovunque e lenzuola che potevo benissimo scostare per infilarmici sotto, ma cercai di lasciarle a lei essendo nuda, rimanendo scoperto ma vestito. Le prime luci dell'alba mi svegliarono e ritrovarla ancora accanto esattamente come si era addormentata mi diede conforto. Di solito abbandonavo le donne esattamente così, appena mi svegliavo lasciavo la camera, tornando a casa. La mia Elizabeth doveva avere un trattamento diverso: aspettai fosse ora di colazione, mi alzai e andai in cucina per prepararle qualcosa come ringraziamento per la fiducia che mi aveva riposto.

Quando tornai con un vassoio con pancake e una tazza di caffè latte ricevetti solo un grande cuscino in faccia. La mira le sarebbe stata molto utile nell'esercito, pensai, mentre cercavo di risistemare il vassoio, i pancake, la tazza rotta e tutto il suo contenuto rovesciato sul pavimento. Forse l'avevo spaventata o l'avevo sorpresa vestirsi, pensai, ma poco dopo Riza, avendo visto cos'era successo si scusò. Era ancora nel letto e si reggeva il lenzuolo sul petto, forse l'avevo appena svegliata e non ricordandosi di essere nuda mi aveva visto come una minaccia.

-Perdonami tu, non sapevo fossi sveglia...- i suoi grandi occhi castani mi stavano fissando mettendomi in suggestione: avevo capito che era meglio non farla arrabbiare di prima mattina.

-Mi tolga una curiosità, signore... Questa notte è... Successo qualcosa?- abbassò il tono di voce e lo sguardo sul suo petto coprendolo ancor più che poteva: era stato perciò il pensiero che fossimo stati a letto assieme a preoccuparla? Aveva dimenticato tutta la serata per colpa dell'alcol e non si ricordava come fosse a letto così?

-Beh, da dove cominciare... Siamo andati a bere scotch, abbiamo brindato per tuo padre, ti ho chiesto di unirti all'esercito e tu hai detto che dovevo diventare alchimista di stato, dopodiché mi hai trascinato in camera, dove ti sei spogliata...- raccontai tutto molto lentamente, in modo da gustarmi ogni sua singola espressione facciale che si faceva sempre più preoccupata, fin quando giunsi alla conclusione: -Ma tranquilla, dovresti avere ancora gli indumenti inferiori addosso, visto che avevi tolto la maglia solo per mostrarmi l'alchimia di tuo padre.- sorrisi prendendola un po' in giro.

Hawkeye alzò il lenzuolo per assicurarsene e tirò un sospiro di sollievo. -Mi scuso ancora per aver dubitato di lei, signore, ma ho letto tanti nomi femminili sui suoi fogli e mi sono preoccupata. Le prometto che non guarderò mai più le sue scartoffie.- divenne tremendamente seria, pensando che avessi realmente scritto le mie conquiste sentimentali e capii che il modo criptico di prendere appunti che mi ero inventato funzionasse. Non volevo però che mi considerasse uno sciupa femmine e provai a addolcirla: -Non importa, è la ricerca di suo padre, posso capire che fosse interessata a leggerli. Se vuole le spiego anche quello che ho appreso nel frattempo!-

La vidi illuminarsi come quando era ragazzina e sorrise annuendo. La lasciai sola perché si vestisse e io andai a darmi una rinfrescata in bagno, dopodiché scendemmo in cucina. -Mi dispiace per la colazione, era stato un bel pensiero... Cosa desidera mangiare? Glielo preparo!-

-Ma cucini sempre tu e sono ospite ormai da tre giorni, ti aiuto almeno!- era il minimo che potesi fare per lei, così finimmo per preparare una torta e uova strapazzate, trasformare la colazione in un brunch. Furono ore felici, spensierate, giocando con la farina, uova, latte, senza preoccuparsi di nulla se non goderci quegli istanti di perfetta complicità: eravamo una bella squadra in cucina. Mangiammo fino ad essere pieni, poi andammo nello studio del mio ex insegnante e presi i miei appunti e altri libri per spiegarle alcuni nuovi concetti alchemici che avevo imparato grazie a lei. -Così almeno ora sai cos'hai impresso nella pelle...- terminai.

-Non è tutto però, giusto?-

-No, mi mancano ancora alcuni scritti sulla destra... Oltre che a mettere in pratica tutta questa teoria.- mi parve per un attimo abbattuta, poi sollevò lo sguardo e con fermezza mi disse: -Ok, allora continuiamo.-

-Non voglio che tu debba per forza mostrarmeli adesso e voglio che tu sia a tuo agio, comoda e al caldo...- la avvisai prima che si spogliasse solo per fare un piacere a me.

-Mi mostri dove deve leggermi il tatuaggio.- continuò Riza, pacata.

-Qui...- le premetti le mano lungo il suo lato destro, partendo dall'alto fino a scendere sul fianco, avvicinandomi a lei fino a sentire il profumo dei suoi capelli. Fu un secondo, ma rimase come in sospeso, come un respiro profondo prima di ricominciare a tornare con i piedi per terra.

-D'accordo, quindi se mi sedessi sul tavolo li avresti ad altezza occhi?- la sua praticità sembrava quasi rivoler mettere le distanze tra di noi, nonostante ci fossimo divertiti molto quella giornata, risveglio a parte.

-Proviamo, se per te può essere confortevole...- si sedette sulla scrivania e si tolse la maglia: -Puoi leggere bene?- chiese voltando solo leggermente la testa.

-Non le parti più in alto...- dovetti ammettere.

-D'accordo, allora su una sedia?-

-Perché non il divano?- proposi sperando potesse almeno rilassarsi. Rimase un attimo in silenzio, poi con la maglia si coprì il seno e si accomodò in ginocchio sul divano, rivolgendosi verso lo schienale, così che potesse appoggiarsi. Rimanemmo ancora a lungo in silenzio, una tensione continua, quasi snervante, fin quando non fu ora di cena e decidemmo di fare pausa. Vedevo che non era più sciolta come il giorno prima, o come quando preparavamo assieme il brunch o le stavo spiegando l'alchimia del padre: qualcosa si era sgretolato.

-Tutto bene, Riza? Hai qualcosa che non va?- decisi di domandarle.

-Quando ripartirà signor Mustang?- sollevò lo sguardo dal piatto e mi guardò con timore di sentire la risposta.

-Dopo domani- dovetti ammettere, pensando che sarebbe stato triste lasciarla sola dopo essere stati così bene...

-Quanto le manca da studiare ancora?- riabbassò lo sguardo, delusa.

-Tutta la pratica e magari rivedere tutti gli appunti, per assicurarmi di non aver sbagliato nulla...- sperai mi concedesse ancora almeno una seduta di studio dove poterla rivedere.

-Allora che ne dice se domani comincia ad impratichirsi? Se qualcosa non le torna può sempre ricontrollare dopo...- temetti che non volesse più svestirsi per me.

-Me lo concederai?- la mia richiesta dovette parerle come una supplica, perché mi rispose abbozzando un sorriso: -Solo se mi renderà partecipe ai suoi esperimenti!-

-Certo che voglio coinvolgerti, non potrei mai fare il contrario!- le sorrisi a mia volta e anche lei si lasciò andare, sorridendo ancora di più.

 

 

 

Note:

Ne approfitto per augurare anche qui su Efp buon compleanno a Manto! Grazie per avermi sopportato sentir parlare a lungo di questa storia e avermi dato lo stimolo per scrivere, questo capitolo lo dedico a te, sperando che quando la leggerai ti piaccia! Ti voglio bene!

Grazie intanto a chi sta leggendo, sulla mia pagina facebook “Fairy Floss” troverete una fan art a tema del capitolo...

A presto,
  bacioni,

    Ori_Hime

 

PS: la canzone iniziale l'ho trovata perfetta per un Roy che dialoga con Riza, come una sorta di incoraggiamento a iniziare una nuova vita, lasciando alle spalle il suo passato, inseguendo i suoi sogni.

  
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