Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Duchessa712    29/06/2020    1 recensioni
-La canzone dell'amore perduto, che parla soprattutto di promesse infrante e sogni spezzati, di un tradimento così grande da portare quasi alla follia-
-No, mia signora, non la conosco-.

Ad Approdo del Re, Sansa è sola, senza famiglia, senza amici, ostaggio dal valore inestimabile, il giocattolo preferito di Re Joffrey.
Ma cosa succede quando trova un'improbabile alleata proprio in Cersei, che nasconde più di un segreto e possiede ancora un cuore e una coscienza?
Cosa succede quando nessuna delle due è più capace di prevedere cosa accadrà, proprio nel momento in cui c'è il rischio di perdere tutto?
Fino a che punto saranno disposte a spingersi la Lupa e la Leonessa per proteggere se stesse e lo strano sentimento (pietà? comprensione? amicizia? amore?) che nasce, prepotente ed esplosivo e pericoloso tra di loro e sembra legarle sempre di più l'una all'altra?
(La storia, eccetto il primo capitolo, inizia dopo la morte di Ned e prima che Myrcella parta per Dorne.
Come penso si sia capito da questa introduzione i personaggi, Cersei in particolare saranno OC).
(Sansa/Cersei)
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Cersei Lannister, Sansa Stark
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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II atto

Quando si svegliò impiegò qualche secondo a ricordare cosa fosse esattamente successo, non tanto perché il corpo le dolesse, quanto perché il dolore fosse infinitamente minore a quanto era abituata. Il fatto che lo dovesse a Cersei, alla madre del suo aguzzino, alla mente dietro a tutte le pene che era costretta a subire, la lasciava ancora più perflessa, così come la cena che trovó sul comodino accanto al letto e la camicia da notte bianca che non ricordava di aver indossato.
A che gioco giocava? Cosa voleva ottenere mettendosi apertamente contro il Re? La sua fiducia? No, Cersei non era così ingenua da credere che Sansa potesse fidarsi dopo tutto quello che era successo, dopo che aveva promesso e l'aveva abbandonata a sé stessa, e lei non intendeva darsi più a nessuno. Si sarebbe tenuta i suoi segreti, avrebbe imparato a mentire, a proteggersi, ad aspettarsi tutto e non essere più sorpresa da nulla. Questo la Leonessa dei Lannister lo stava insegnando più che bene. Ma allora perché aiutarla, medicarle le ferite, dare ordine che le venisse perfino portata la cena e che non venisse disturbata?
A cosa era dovuto questo cambio di strategia? Qualche risvolto nella guerra di cui lei ancora non sapeva nulla? Robb-il cuore fece le capriole al solo pensiero-stava venendo a salvarla, a portarla a casa, al Nord, al sicuro, dove sarebbe stata accolta come si confaceva a una Lady del suo rango, alla figlia di suo padre?
Sarebbe stato così bello se le sue preghiere fossero state ascoltate almeno questa volta, se i mesi di prigionia potessero diventare solo un brutto ricordo!
Lo voleva come non aveva mai voluto nulla, nemmeno il matrimonio con il Principe, nemmeno essere Regina. Il solo pensiero adesso la faceva rabbrividire.
Doveva solo aspettare.
L'inverno sarebbe arrivato e con lui Robb, e lei sarebbe stata al sicuro, protetta dai ghiacci e dal gelo, e nessuno sarebbe sopravvissuto, avrebbero pagato per ciò che le avevano fatto.
Con questi pensieri in testa, il sorriso sulle labbra per la prima volta dal giorno in cui era morto suo padre, il cuore più leggero, andò alla finestra e la aprì per far entrare un po' d'aria. L'estate era troppo calda, toglieva il fiato, sembrava renderlo solido e per respirare sembravano volerci giorni, forse anche anni. Al Nord no. A casa l'aria era pulita, graffiava il viso e raschiava la gola, fredda e rude come la sua gente. Era facile respirarla. Era facile fare tante cose, a casa, si disse con rammarico e con biasimo verso se stessa mentre l'aria fetida della capitale la colpì in pieno viso nauseandola. Odore di fogna, di sporco, dell'odio e delle morti che infestavano i Sette Regni.
L'odore dei cadaveri in decomposizione, della testa di suo padre e Septa Mordane sulla picca, vittime private di qualsiasi dignità, dell'onore e del rispetto che si devono ai morti.
Chiuse la finestra in fretta e furia mentre le lacrime le bagnavano le guance e la disperazione la afferrava con le dita lunghe e affusolate, artigli scuri e graffianti che la soffocavano peggio dell'aria irrespirabile.
Le ferite che Joffrey le regalava, i suoi doni li chiamava guardandola sorridendo malvagio e divertito, sembravano bruciare, espandersi, strapparle la pelle fino a lasciare di lei macchie di sangue sulle pareti e grumi di membra sul pavimento.
Stupida, stupida, la solita stupida!
Robb non sarebbe mai venuto, l'inverno non sarebbe mai venuto e se lo avesse fatto sarebbe durato troppo poco. È il sole a sciogliere la neve, non il contrario!
Lei non era la priorità di Robb, non era la priorità di nessuno. Suo fratello, il Re del Nord, il Giovane Lupo che aveva vinto tutte le battaglie, avrebbe vendicato suo padre e poi, forse, avrebbe salvato sua sorella, la bambina che li aveva messi in quel guaio, che aveva dato inizio a quella guerra perché voleva vivere il suo sogno ed era troppo viziata per capire che tutto quello di cui aveva bisogno lo aveva già a casa, tra la pietra grigia di Grande Inverno.
Pianse disperata, accovacciata ai piedi del letto come ore prima lo era stata ai piedi del Trono.
Era tutta colpa sua. Era giusto che scontasse la sua punizione, che la lasciassero al suo destino, che l'unica ad occuparsi di lei fosse stata la sua peggior nemica per motivi che non riusciva ancora a immaginare.

Aveva evitato Joffrey, si era rifugiata nel silenzio del giardino insieme ai bambini, a Tommen e Myrcella, dolci, buoni, così diversi dal fratello.
Li aveva osservati giocare, rincorrersi, le loro risate erano state come un balsamo per la mente piena di pensieri e di domande, per la solitudine che la logorava ogni giorno un po' di più.
I suoi figli erano innocenti, come lo era Sansa, come lo era stata lei, ed era solo questione di tempo prima che venissero macchiati dal nero e dall'odio del mondo, prima che scoprissero una crudeltà peggiore di quella di Joffrey.
Tommen la preoccupava più di Myrcella. Era forte, la sua bambina, una leonessa che non si tirava indietro davanti a nulla, che una volta aveva persino osato rispondere al fratello maggiore.
Il piccolo no, era timido, silenzioso, delicato. Amava i suoi gattini e non faceva nulla senza la sorella a guidarlo, a incoraggiarlo.
Le ricordava Jaime quando erano ancora bambini a Castel Granito, meno impulsivo e spericolato, ma ugualmente sensibile, ugualmente buono.
Come sarebbe sopravvissuto una volta cresciuto, una volta che Myrcella lo avesse abbandonato, quando non avrebbe avuto più sua madre a proteggerlo?
L'immagine di Sansa supplicante alla mercé del Re le tolse il fiato e la fece tremare. No, il suo bambino non sarebbe diventato così, non sarebbe stato schiacciato dalla vita.
Non lo avrebbe permesso.
-Madre? -.
Erano davanti a lei preoccupati, le sopracciglia corrugate e le labbra arricciate.
-Sto bene, bambini, sono solo un po' stanca- cercò di rassicurarli aprendo le braccia. Tommen le si sedette sulle ginocchia e Myrcella poggiò la testa sulla sua spalla.
-Dov'è Lady Sansa? -
-Sansa, mia cara? -.
La Principessa annuì e si affrettò a spiegare -Ieri pomeriggio era stata un po' con noi, le avevamo chiesto di tornare anche oggi-.
Cersei rimase in silenzio per parecchi minuti. Sansa, la figlia di Ned Stark, la sorella del Re del Nord, una nemica, la pedina più importante che avevano, accanto ai suoi figli. Il primo istinto fu quello di lasciarsi sopraffare dall'ira, di proibire e vietare un incontro successivo, di ordinare alla ragazza di non avvicinarsi mai più ai suoi bambini. Poi, riprendendo il controllo di sé stessa, pensò a Sansa, la ragazzina che aveva il corpo imbruttito di lividi e cicatrici, che era sola e disperata e abbastanza intelligente da capire che avvicinarsi ai suoi bambini senza il suo permesso non sarebbe stato saggio, ma che lo aveva fatto lo stesso.
-Siamo stati noi a chiederlo-,la voce lieve di Tommen era un sussurro perso nel vento e nelle suo ciocche dorate. -Stavamo parlando del Nord, eravamo incuriositi dai lupi-
-Metalupi- lo corresse la sorella saccente.
-Sansa oggi sta poco bene, ma voi due dovete chiedermi queste cose prima di farle-
-Ma lei non è cattiva, è buona, è paziente, ha risposto a tutte le nostre domande. Poi ha occhi tanto tristi-.
Sua figlia era troppo ricettiva per quanto riguardava cose che non avrebbe dovuto sapere. Se avesse anche solo udito le voci che circolavano riguardo la sua nascita... No, meglio non pensarci.
-Basta così, oggi non può venire. Domani vedremo se starà meglio. Adesso però andiamo dentro. Voi dovete andare a dormire-.
E così Sansa Stark si era attirata la simpatia dei suoi figli. Meglio tenerla d'occhio e stare attenti.
-Magari si sente sola e le manca la sua famiglia-.
A quanto pareva anche Tommen, nel suo silenzio e nella sua timidezza, sapeva osservare fin troppo bene.
   
 
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