Anime & Manga > Kenshiro / Hokuto no Ken
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Autore: Redferne    29/06/2020    4 recensioni
Tre fratelli.
E una tecnica segreta che rappresenta la summa, lo stadio ultimo di una disciplina millenaria dall'incomparabile potere distruttivo.
Ed il modo in cui essa coinvolgerà le loro vite, ed i loro rispettivi destini.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jagger, Kenshiro, Raul, Ryuken, Toki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 6

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il suo bolide a due ruote, sette marce, quattro tempi, duemila di cilindrata e più di quattrocento cavalli si trovava lì poco distante ad attenderlo, rombante.

Il motore in folle ed a basso regime stava emettendo una sorta di borbottio sommesso dal ritmo regolare ed uniforme.

Più una moto pareva una bestia feroce in procinto di scatenarsi. Bastava solamente scegliere l'attimo giusto per slegarla.

In quel senso sia lei che il suo proprietario erano simili, molto simili. E se é vero che una animale sceglie il suo degno padrone, una volta addomesticato...

Quel ronzio era il segnale, comunque. Meglio affrettarsi a rispondere.

Jagger si avvicinò con l'intento di girare la manopola di destra per dare gas.

La sua mano destra, coperta come la collega da un guanto nerissimo con quattro borchie di titanio in corrispondenza delle nocche ed una feritoia rettangolare all'altezza del dorso, si precipitò al manubrio. Lo strinse deciso dopo averlo afferrato e lo torse in avanti, con un lento ma costante movimento in senso orario.

Per tutta risposta la moto emise un rombo possente, simile ad un ruggito, mentre una grossa e densa fumata grigiastra fuoriuscì dalla coppia di tubi di scarico gemelli posti sul retro quasi in simultanea. Quasi a voler accompaganare sia il gesto che il rumore.

Sogghignò soddisfatto.

Un gioiello. Un vero gioiello.

Ne era valsa la pena, dopotutto.

Ne era valsa davvero la pena spaccare la gran testaccia di cazzo di quel fesso del suo precedente padrone.

Era avvenuto durante l'ultima grande battaglia tra bande rivali, per decidere il dominio ed il possesso del distretto di Gunma, nella regione del Kanto.

In realtà, fatta eccezione per i capi e cioé i pezzi di calibro veramente ma veramente grosso, al resto degli uomini che si ritrovavano coinvolti in quei sanguinosi tumulti non fregava proprio nulla della conquista del territorio altrui. Men che meno della difesa del proprio.

I sottoposti li lasciavano fare, quei tronfi coglioni. E parlare. Lasciavano che si facessero una bella sega mentale al suono della loro voce, delle loro pose e dei loro gesti, con cui credevano di arringare e caricare a dovere la folla ed il loro esercito.

E i vari scagnozzi e tirapiedi glielo lasciavano credere.

A loro interessava solo il bottino. I trofei di guerra. Tutte quelle rappresaglie, quei tafferugli così ben pianificati ed organizzati altro non erano che razzie.

Razzie belle e buone mascherate da spedizioni di stampo e a carattere a dir poco militaresco.

Ma a lui, e a quelli come lui, quelle cose interessavano ben poco. La vittoria o la sconfitta in seguito ad una battaglia non avevano alcun valore materiale o morale. Erano solo dettagli, punti di vista. Di cui non si curavano affatto.

L'esito non interessava a nessuno.

I luogotenenti responsabili di piccoli gruppi e guarnigioni bramavano solamente una cosa, anzi due.

Vivevano unicamente per lo stupro ed il saccheggio.

Quelli componevano il loro unico credo. Perché erano si guerrieri, ma prima ancora erano predoni.

Moto. Armi. Cibo. Liquori. Donne.

Cos'altro importava, nella vita?

Cos'altro gli importava, a quelli come loro?

Tra poco sarebbe arrivata l'era della violenza. Dove avrebbe contato la forza, la forza soltanto, per conquistare tutto. E colui che ne avesse avuta tanta ma proprio tanta, avrebbe potuto prendere ed ottenere tutto ciò desiderava, senza più alcun limite. E chi avesse avuta anche solo a sufficienza...avrebbe potuto comunque sopravvivere, in qualche maniera. Anche se gli sarebbe toccato vivere di avanzi piuttosto che di primizie. Ma era meglio di niente, tutto sommato.

Lui si stava già dando da fare. Stava stringendo amicizie e preziose alleanze. Per poter rientrare a pieno diritto nella prima categoria. Ma anche se fosse finito nella seconda...se la sarebbe fatta bastare.

In fin dei conti...era uno che si contentava di poco.

L'importante era cavarsela, in qualche modo. E lui ce l'avrebbe senz'altro fatta.

Si. L'avrebbe senz'altro scampata. Sarebbe entrato anche lui dentro nella nuova era che già si stava profilando all'orizzonte. Un orizzonte rosso scarlatto, del colore del sangue più vivo e pulsante.

Il colore del sangue che sarebbe stato versato. E che sarebbe sgorgato dalle ferite e dai tagli di molteplici gole. E teste. E corpi.

Una nuova era che avrebbe accolto solo i più forti. E che avrebbe inghiottito senza alcuna pietà i deboli e gli midollati privi di qualunque spina dorsale, a cui non sarebbe rimasto altro che la schiavitù e la morte.

Assoggettarsi, o morire. E assoggettarsi fino a morire. Per mano dei propri signori e padroni.

Stava arrivando l'epoca dei lupi. Meglio mettersi sulla buona strada, ed iniziare a comportarsi come tali.

Divorare, arraffare e fottere. Per una belva non contava altro.

Girò di nuovo la manopola. Ed in risposta ottenne un'altra sonora e possente sgasata.

Normalmente l'acceleratore di un motociclo funziona in maniera inversa. Naturalmente se ci si sale a bordo con la sola intenzione di guidare, e basta. Ma se oltre a fare quello in sella ci si deve anche combattere, allora...il discorso cambia, e di parecchio.

Anzi...cambia completamente.

Proprio per questo aveva fatto modificare appositamente il meccanismo. Piegare il polso all'indietro disperdeva la potenza. Specialmente se con un mano si era impegnati a tenersi in equilibrio mediante la presa sullo sterzo, mentre con l'altra si era impegnati a vibrare un colpo con un'arma contundente.

Proprio come la doppia canna in acciaio temprato della sua doppietta a canne mozze. Che aveva usato per fracassare il cranio dell'ex – proprietario della bellezza che aveva di fronte, e che lo stava invitando a montarci sopra per concedersi una bella cavalcata sui suoi fianchi.

Gli aveva spaccato, frantumato completamente le ossa, sparpagliando il suo cervello per ogni dove.

E mandando quel poco di materia grigia posseduto dall'energumeno in questione a far compagnia ai sassi e alle sterpaglie che componevano il desolato territorio su cui era avvenuta la singolar tenzone.

Con una sola, unica mossa aveva esposto le sanguinanti frattaglie cerebrali del suo acerrimo rivale alla torrida aria estiva. E li aveva mandati a brillare sotto la fioca luce lunare, in spasmodica attesa che il sole cocente del giorno successivo li facesse friggere, frollare e macerare. Per poi farli ben puzzare, dopo averli fatti cuocere e putrefare a puntino. Sempre ammesso che gli insetti, i vermi o qualche cane randagio o altra bestia selvatica non ne facesse spuntino, per poi passare a banchettare col resto della salma.

Nel frattempo, mentre si trovava nella spasmodica attesa di conoscere la loro sorte, si era fatto tutto un altro genere di cavalcata.

Con la sua donna.

Nel senso che era quella appartenente allo stronzo appena morto. Allo stronzo che aveva appena seccato.

Aveva avuto la malaugurata idea di portarsela dietro, l'idiota. E di piazzarla sul posto destinato ai passeggeri. Perciò...tanto valeva approfittarne.

Giusto perché non potesse dimenticare la consistenza del cazzo. Visto che di quello che di solito prendeva non avrebbe più potuto usufruirne, da ora in avanti.

Era opportuno tenergli la memoria allenata. Specie a livello fisico.

Se l'era scopata a neanche un metro di distanza dal cadavere, che ormai iniziava a riversare i suoi umori ancora caldi sul terreno, fino ad inzupparlo.

Se l'era chiavata davanti, di dietro e di sopra. Entrambi immersi nel sangue di quell'imbecille, sino all'altezza delle ginocchia.

E aveva goduto, la troia. Eccome se aveva goduto. Fino allo sfinimento. E poi...

E poi le aveva spezzato il collo, di netto. Non se n'era nemmeno accorta, a momenti. Tutta presa com'era a muovere, dimenare e spingere i fianchi nel tentativo di farsi infilzare come un tordo.

Di prenderne il più possibile, del suo uccello.

Con nullità simili non é nemmeno necessario utilizzare le tecniche tipiche del Sacro Pugno dell'Orsa maggiore. La forza fisica che si sviluppa tramite gli intensi quanto massacranti allenamenti, tramite i quali e possibile apprendere quest'incredibile disciplina, sono più che sufficienti per avere ragione di un comune individuo. Per quanto preparato possa essere.

Si é in grado persino di frantumare la pietra più dura, usando le sole mani nude. Quindi, se si tratta di ossa umane...diventa facile come rompere un insieme di fuscelli.

L'aveva mandata all'inferno mentre aveva ancora in bocca il sapore del pardiso. Meglio di così...

Le donne parlano troppo. Hanno la lingua lunga. E a meno che non la usino per avvolgerla intorno mentre lo succhiano...non é che serva poi a questo granché.

Parlano troppo. Urlano troppo. Strepitano troppo. E...pensano troppo.

Meglio le moto.

Quelle non pensano. E alzano la voce solo quando glielo si concede.

La fece sgasare ancora. E poi ancora. E ancora.

Perfetto.

La piccola era calda. Si stava iniziando a bagnare quel tanto che bastava.

E anche lui.

Si passò la punta della lingua sulle labbra, in preda all'eccitazione.

Si stava già pregustando la prossima razzia che lo attendeva, e non poteva fare a meno di pensare e ripensare alla più recente che aveva compiuto. E a quel che ne aveva ricavato, sia in termini materiali che di soddisfazione personali.

Quelle erano le gioie della vita, per uno del suo stampo.

Così si divertiva un lupo di razza.

Ma non poteva perdere ulteriore tempo insimili fantasie. E nenche a continuare a rimirare senza sosta il suo mezzo.

D'un tratto, alcune urla accompagnate da un ripetuto strombazzare di avvisatori acustici.

Era il segnale. Occorreva muoversi.

I suoi uomini lo stavano aspettando.Tutti impazienti alla pari di lui, se non di più.

Era giunta l'ora di effettuare un'altra nuova, bella scorribanda. Non era poi trascorso tanto, dalla precedente. Ma aveva lo stesso come l'impressione che fosse da un pezzo, da un bel pezzo, che non si scatenavano più come dovevano.

Sembrava passata davvero una vita, un'eternità.

Ce ne voleva proprio una. Una di quelle memorabili, all'insegana degli eccessi senza remore e della violenza più sfrenata.

Scorrazzare e folleggiare in lungo ed in largo per tutta quanta la notte, fino all'alba. Lui in testa e tutti gli altri che componevano il suo plotone dietro. A formare, al suon dei loro fari abbaglianti spianate, come un enorme dargo luminescente e scintillante.

Un drago di luce bianca accecante che si faceva largo tra i gangli nervosi e vitali ed i vasi sanguigni, composto dalla miriade di strade, statali e superstrade dell'intera regione.

Una rete a dir poco enorme, talmente fitta ed intrecciata da parer quasi non aver mai fine.

Un drago abbagliante che si faceva largo tra le vene del Kanto, per azzannarne e lacerarne gli organi più importanti.

Addentarne i reni, il fegato, i polmoni. Per poi passare, infine, diritto al cuore.

Come sempre. Come tutte le notti. E, almeno in quest'occasione, con qualcosa in più.

Si, perché questa volta...c'era da festeggiare. Da far bisboccia e perdersi nei bagordi, sino al sopraggiungere del mattino.

Mancava davvero poco, pochissimo. Ben presto sarebbe giunto il momento decisivo.

Suo padre Ryuken era ormai prossimo alla decisione finale. Avrebbe svelato il nome del futuro successore della Divina Arte di Hokuto. E Jagger non aveva il benché minimo dubbio su chi sarebbe potuto essere.

LUI, ovviamente.

Sapeva fin troppo bene che la scelta di un erede, specie nel campo delle arti marziali, non é unicamente dovuta ad un mera questione di forza O di abilità. O di tecnica.

Non é frutto di freddi calcoli o ragionamenti.

Quando va scelto un successore...si va ad istinto, in un certo senso.

Si prediligono le intuizioni, le sensazioni, le impressioni. E...

E conta soprattutto il cuore.

Le capacità individuali e la preparazione sono importanti solo fino ad un certo punto.

E Jagger...sapeva di avere un posto speciale, dentro al cuore del suo padre adottivo. Altrimenti...

Altrimenti perché lo rimproverava sempre e non era mai soddisfatto di lui?

Per quale altro motivo si comportava così?

Perché voleva che migliorasse costantemente e diventasse in tal modo il più abile di tutti, ecco perché. Era fin troppo ovvio.

Solo così si sarebbe dimostrato degno del titolo che stava per affidargli.

E poi...ultimamente, non gli diceva addirittura più nulla. Nemmeno si fermava più a guardarlo o ad osservarlo, quando era intento ad allenarsi.

Si allontanava senza profferire alcuna parola o verbo.

Probabilmente doveva essere giunto ad un livello tale da non aver più bisogno di nulla. Né di consigli né di rimbrotti.

Suo padre era in grado di riconoscere il vero talento, quando gli appariva davanti agli occhi.

E nel suo specifico caso...era solo questione di tempo, prima che iniziasse a sprigionarsi e a venire fuori. Com'era giusto che fosse.

Ma non per questo doveva certo riposarsi sugli allori.

Lui era già forte. Era il migliore di tutti. Ma non bastava.

Per diventare il nuovo rappresentante del Sacro Pugno della Stella del Nord avrebbe dovuto diventarlo ancora di più.

Ma poteva farcela. Ne aveva i requisiti, ed il talento necessario.

Sarebbe stato un gioco da ragazzi. E nelle sue abili mani, lo stile della sua famiglia, la famiglia Kasumi, sarebbe diventato ancora più potente.

Lo avrebbe portato al massimo della sua gloria e del suo splendore.

Sarebbe diventato il più grande maestro che si fosse mai visto, in tutti i duemila anni di storia e tradizione.

Suo padre Ryuken riponeva la massima fiducia, nei suoi confronti. E la prova evidente la costituiva ciò che gli aveva tramandato.

L' HOKUTO RAH – KHAN GEKI.

IL COLPO DEL RE GUARDIANO RAH – KHAN DELLA DIVINA ARTE DELLA SCUOLA DI HOKUTO SHINKEN.

Una tecnica davvero micidiale, dalla potenza distruttiva assolutamente ineguagliabile. E lui ne era il solo ed unico custode e depositario.

Suo padre l'aveva insegnata solamente a lui. Dopo avergli fatto giurare e spergiurare che non l'avrebbe mai condivisa con nessuno.

Solo a lui.

Jagger.

Il nuovo e futuro reggente della Divina Scuola di Hokuto. Con un esponente di tale calibro, essa avrebbe potuto raggiungere livelli di potenza mai visti.

I suoi due fratelli maggiori, Raoul e Toki, avrebbero dovuto farsene una ragione. Ma non c'era alcun problema neanche per questo.

Non si sarebbero opposti. E non avrebbe avuto nemmeno bisogno di combatterci contro, per riuscire a convincerli.

In cuor loro...erano già consapevoli di tutto questo. Sapevano già che sarebbe andata a finire così.

Si erano già rassegnati, anche se non volevano darlo a vedere.

Per fierezza, era chiaro. Per puro orgoglio.

Non cercavano la lite o la polemica fine a sé stessa. Una scelta sia di atteggiamento che di condotta davvero ammirevoli.

Anche a costo di dispiacergli enormemente...avrebbero accettato di buon grado la sua nomina.

Non potevano rimanadare o cancellare l'inevitabile. E poi...forse non gli importava poi più di tanto diventare i successori. Del resto, entrambi avevano già i loro piani a cui badare.

Il secondogenito, una volta terminato l'apprendistato, avrebbe senz'altro inseguito il suo sogno di diventare un dottore, e di applicare le tecniche dell' Orsa Maggiore e degli tsubo alla medicina, nel tentativo di guarire i pazienti da quelle malattie incurabili contro cui non esiste rimedio.

Tsk. Che idiota. Che POVERO IDIOTA.

Con tutto il rispetto, visto che ne ammirava sia la tecnica che le capacità. E quelle di suo fratello Toki erano a dir poco stratosferiche.

Proprio per questo non riusciva in alcun modo a capire quella sua decisione così assurda.

La medicina. Che sciocchezza.

Che razza di sciocchezza. E che spreco inaudito.

Con la bravura di cui disponeva, non aveva saputo trovare proprio niente di meglio.

Il massimo a cui riusciva ad aspirare era di aiutare i malati, i moribondi e i pezzenti.

Che scempiaggine. L'unica cosa che conta nelle arti marziali, l'unica cosa che conta davvero...é la forza.

La violenza. Bisogna sconfiggere ed uccidere il nemico. Sempre e in ogni caso.

E poi...a quale scopo lo faceva, si poteva sapere?

Riportava, restituiva alla vita delle autentiche nullità che tanto non sarebbero sopravvissute all'epoca che stava per arrivare. Le salvava solo per farle finire ammazzate da qualcun altro, in maniera ancora più cruenta e dolorosa.

Avrebbe salvato un uomo da un cancro al fegato solo farlo finire aperto in due da un colpo di sciabola.

Avrebbe salvato una misera donnicciola da un'emorragia solo per farla finire stuprata fino alla morte. Con l'emorragia che le sarebbe scoppiata da un'altra parte.

Dalla fica, dopo che gliel'avrebbero sfondata fino a consumarla del tutto.

Avrebbe salvato un cencioso e lurido moccioso solo per farlo finire come schiavo. O come giocattolo sessuale. O tutte e due le cose insieme.

Che povero illuso. Un uomo senza ambizioni. Senza desiderio e tenacia. Tutto il contrario di lui e di suo fratello maggiore Raoul.

Già. Raoul.

Il più anziano tra i fratelli di Hokuto, il più grande tra i figli adottivi della famiglia Kasumi.

In quanto al primogenito, beh...era risaputo. Le sue intenzioni erano ben note, e già da tempo.

Raoul mirava al cielo. E non si curava certo di nasconderlo.

Lo aveva sempre detto. Lo sbandierava ai quattro venti, incurante delle conseguenze e di quel che il loro vecchio padre pensasse a riguardo. E ultimamente non pensava ad altro.

Bene...che si accomodasse pure. La cosa non lo disurbava affatto, così come non intralciava in alcun modo i suoi intenti.

A Jagger non interessava affatto conquistare il mondo, o sfidare Dio in persona.

Voleva solamente essere considerato il degno e legittimo successore di Hokuto, ecco tutto.

Anzi, una volta ritenuto il giusto riconoscimento...avrebbe potuto persino decidere di aiutare il primo tra i suoi fratelli nelle sua impresa. Nella sua opera di conquista del globo.

Dopotutto...non si dice forse che il maestro del sacro colpo dell' Orsa Maggiore é al totale servizio dell'imperatore?

Tra i suoi compiti rientra anche quello. Lo stabilisce la tradizione.

Proprio come la costellazione che lo rappresenta, la Divina Arte é il grande carro armato che scende il guerra per volere di colui che governa su tutto quanto il mondo.

Per proteggerlo. E per mantenere ed estendere i suoi domini.

Perciò, se Raoul aveva veramente l'intenzione di diventare tale...avrebbe avuto sicuramente bisogno di lui. Magari glielo avrebbe pure chiesto!

E lui si sarebbe offerto, senza pensarci due volte. Perché aveva capito, e da tempo, che loro due viaggiavano entrambi sulla stessa lunghezza d'onda.

Anche Raoul riteneva che la vera essenza di un individuo risiedesse nella sua forza e nelle sue abilità. E nella violenza.

Queste erano le caratteristiche fondamentali per sopravvivere. Per guadagnarsi il diritto a continuare a calpestare questa terra, la terra che abitano. Ed il suo sogno era di costruire e dare vita ad una società dove queste caratteristiche potessero finalmente venire riconosciute ed apprezzate. Ed avere lo spazio e la considerazione che meritavano.

Un mondo ideato e realizzato per i più forti. E dove solo i più forti avrebbero avuto tutto ciò che desideravano.

Il loro giardino di delizie dove avrebbero potuto raccogliere a piacimento tutti i frutti che desideravano. I migliori, i più fragranti e i più succosi.

Un paradiso per i forti. E un inferno per tutti gli altri, in particolare per i deboli. A cui non sarebbe rimasta altra scelta e possibilità che la morte. O la sottomissione, sempre fino alla morte.

Rassegnarsi ad abbandonare la propria libertà e consegnarla nelle mani dei propri signori e padroni, aspettando la propria fine senza nemmeno provare o pensare di potersi ribellare od opporsi.

Una fine che poteva sopraggiungere per fatalità. O per capriccio, non importava. Perché tanto quella persona non apparteneva più a sé stessa. Non era più padrona del proprio destino, e quindi...tutto poteva terminare in un solo istante.

Quello era il nuovo mondo che sarebbe arrivato, grazie a Raoul. E lui avrebbe avuto senz'altro un posto di rilievo, di prim'ordine dentro a quel mondo, visto che era forte.

E a proposito di deboli...

I suoi due fratelli maggiori non lo avrebbero certo ostacolato. No di certo.

Non loro, almeno. Ma qualcun'altro...

Qualcun altro SI.

Quel verme miserabile di suo fratello minore. Di cui aveva schifo anche solo a pronunciarne il lurido nome.

Non lo avrebbe mai accettato né riconosciuto. Perché era invidioso della sua superiorità, del suo talento e della sua bravura.

Si sarebbe opposto con tutte le sue forze alla sua investitura. Perché non era altro che un infame leccapiedi ed un vigliacco. E non valeva nulla.

Un pusillanime, e basta. Quella volta che si erano affrontati lo aveva dimostrato fin tropppo chiaramente, al loro padre e maestro. Era stato lampante.

Lo aveva letteralmente massacrato, con una delle sue tecniche preferite.

Il SENJU SATSU.

L' ATTACCO DELLE MILLE MANI ASSASSINE.

Lo aveva fatto finire a terra, pesto e malconcio.

Quell'incapace aveva raggiunto e colpito i suoi tsubo sul petto grazie ad un puro colpo di fortuna.

Aveva approfittato di una sua semplice disattenzione, e lo aveva attaccato a tradimento. Proprio come fanno i codardi. Ma non aveva sfruttato l'occasione.

Non ci era riuscito. Non era stato nemmeno buono di attivarli.

Per il semplice fatto che non ne era capace. Perché la verità era che quell'imbecille non era in grado di usare ed applicare le tecniche di Hokuto, a differenza sua.

Si allenava giorno e notte, senza sosta nel disperato tentativo di eguagliarlo, ma si vedeva chiaramente che non poteva reggere il passo. E nemmeno il confronto.

Che essere inutile. Davvero insignificante.

Calciò la nuda terra che aveva di fronte, in un improvviso quanto acceso impeto di rabbia. Sollevando una nuvola di polvere, sabbia e sassi.

Decise in quello stesso momento che non poteva assolutamente permettergli di rimanere vivo.

Non appena suo padre Ryuken lo avrebbe nominato nuovo successore, si sarebbe subito precipitato da quel bastardo e lo avrebbe affrontato di nuovo. E questa volta...

Questa volta lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani.

Avrebbe danneggiato i suoi punti segreti di pressione in maniera irreversibile, per poi far saltare il suo corpo in mille pezzi. Cancellando così ogni traccia del suo passaggio su questo mondo.

Dopotutto, tra non molto, il nuovo maestro sarebbe stato lui. E nella posizione che si sarebbe trovato a dover ricoprire, avrebbe potuto praticamente fare ogni cosa. Avrebbe potuto fare finalmente tutto quel che voleva, e che avrebbe ritenuto più opportuno.

Del resto, si sa. Lo si sa fin troppo bene. Chi detiene la Divina Arte di Hokuto...detiene il mondo.

Avrebbe potuto fare tutto, e senza dover minimamente rendere conto ad anima viva delle sue scelte e delle sue azioni. Tra cui eliminare tutte le potenziali minacce ed i possibili attentatori al legittimo e più che meritato ruolo, per prima cosa.

E quell'insetto non avrebbe mai smesso non avrebbe mai smesso di continuare ad usare l'arte per i suoi loschi ed infidi scopi, ne era certo. Era più che pronto a scommetterci.

Doveva eliminarlo, ad ogni costo. Era un pericolo.

O magari...la sua vendetta sarebbe stata ancora più feroce.

Avrebbe potuto ricorrere alle pene capitali che da sempre si utilizzano nella sacra scuola, per punire gli allievi irriconoscenti ed inadempienti. O che si rifiutano di ammettere la superiorità da parte del successore e quindi non accettano di auto – sigillare le proprie abilità e conoscenze.

Gli avrebbe fato esplodere entrambe le mani, si. In modo da condannarlo all'invalidità pressoché perpetua.

Non sarebbe stato più capace nemmeno di pulirsi il cuolo da solo dopo aver cagato, con i suoi cazzo di moncherini che si sarebbe ritrovato.

O magari poteva cancellargli completamente la memoria. E con essa quelle quattro, insulse tecniche da strapazzo che aveva a malapena imparato, pensando assurdamente che fossero più che sufficienti a far di lui un maestro.

Oppure avrebbe potuto annullargli completamente la volontà, in modo da ridurlo per sempre ad un vegetale.

O anche tutte e tre le cose, perché no. Ed in perfetta successione, una dietro all'altra. Per godersi tutta quanta la rabbia, la frustrazione, la disperazione ed il senso di impotenza che gradatamente avrebbero preso possesso di ciò che sarebbe rimasto del suo misero corpo e della sua anima corrotta, non appena gli avesse fatto capire coi fatti cosa stava accadendo. E come stavano veramente le cose.

Lentamente, inesorabilmente.

Una alla volta. Fibra dopo fibra, goccia dopo goccia, stilla dopo stilla.

E poi, alla fine...lo avrebbe ammazzato. Oppure lo avrebbe graziato e lasciato pure in vita, chissà.

Dopotutto, continuare a vivere rimanendo conciati a quel modo é un destino ben peggiore del finire uccisi.

Ancora non aveva deciso. Ma non c'era fretta. Stava a lui, stabilirlo.

La vita di quel verme sarebbe stata completamente nelle sue mani. Avrebbe potuto pensarci con tutta calma. Con tutta la calma ed il tempo di questo mondo, anche se non era affatto male portarsi un po' avanti coi propri progetti. E mettersi a fantasticare un minimo, ogni tanto.

Doveva comunque sincerarsi di potergli riservare la fine adatta, perfetta per simile incapace.

Dolorosa ed umiliante al punto giusto. La fine più dolorosa ed umiliante che si sarebbe potuta anche solo immaginare.

Era il giusto e sacrosanto destino riservato agli sconfitti. Ed a coloro che si dimostravano indegni.

Non si meritavano altro. Non si meritava altro, quello.

Al diavolo. Ora basta, però.

Si disse che non era più tempo, almeno per ora.

Basta, basta continuare a pensare ossessivamente a quel pezzo di imbecille.

Meglio, ma molto meglio, concentrarsi sul radioso futuro che lo attendeva.

Il futuro gloroso di un MAESTRO.

Si. E adesso, per celebrare l'avvenire, ci voleva proprio una bella corsa a trecento miglia orarie.

A rotta di collo e a perdifiato.

Sentire il vento tra i capelli avrebbe spazzato via tutte le brutte sensazioni. E le nebbie rosse che aleggiavano nella sua mente, che ultimamente vedeva sempre più spesso. E all'interno delle quali riusciva a scorgere solo del sangue da versare, e le crudeltà più efferate da compiere.

E poi c'erano le voci.

Bisbigli. Sussurri. Appena percettibili. Che gli suggerivano di trucidare, uccidere, fare a pezzi.

Voci che gli martellavano le tempie senza sosta, facendogliele pulsare.

Erano...inebrianti, però. E faceva sempre più fatica a resistere, e a non dargli retta.

Faticava sempre di più, a resistere.

Avvinghiò entrambe le mani alle estremità dei manubri ed alzò di slancio la gamba sinistra per scavalcare la sella del mezzo e sedervici sopra. Ma proprio quando fu sul punto di mettersi a cavalcioni con un bel balzo, qualcosa di inaspettato lo costrinse ad interrompere bruscamente la propria manovra.

Aveva percepito qualcosa.

Già. Era proprio così. Persino un cervello tarato e bacato quale era il suo non aveva potuto fare a meno di accorgersene. Era...

Si trattava di un'ondata di energia a dir poco spaventosa. Di una portata e di una potenza assolutamente inaudite. E proveniva...

Proveniva dal palazzo. Dal palazzo dove vivevano.

Alzò lo sguardo, voltandosi d'istinto nella direzione in cui era avvenuta quella sorta di autentica esplosione di forza spirituale. E la vide.

Vide l'antico tempio al centro della struttura. Con l'aria tutt'intorno che friggeva, come se qualcuno avesse posto l'intero luogo sopra ad un braciere o ad una grossa quanto rovente graticola.

Era come se stesse emanando un'aura. Che da immobile e completamente invisibile aveva preso di colpo ad agitarsi e a divampare, rabbiosa. Arrivando al punto di farsi scorgere persino ad un occhio nudo e non allenato, da totali profani in materia.

Aveva fatto giusto in tempo a girarsi. Poi le gambe gli si fecero di gelatina e crollò rovinosamente all'indietro, terminando seduto e con le sole braccia a fargli da sostegno. Tremanti e piegate ad angolo retto all'altezza dei gomiti, come fisionomia naturale prevedeva.

Una grossa macchia scura gli si formò all'istante tra le gambe, completamente aperte ed anch'esse piegate, anche se ad un angolo lievemente maggiore.

La chiazza gli era comparsa all'altezza dell'inguine, inzuppandogli i pantaloni, mentre la sua faccia aveva con temporaneamente assunto un'espressione stravolta dal terrore. Terrore puro.

Subito dopo ai suoi occhi il monastero si ammantò di una luce bianca ed intensa. Sembrava provenire dall'interno stesso dell'edificio, dal suo cuore.

Dava l'impressione che le sue fondamenta racchiudessero il più splendente tra i corpi celesti.

Jagger non ci crdeva. Non riusciva a crederci, di assistere ad un simile spettacolo.

Ma che diavolo stava succedendo, là dentro?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti, rieccomi qua!!

Come ve la passate? Spero bene.

Diciamo, come ho già annunciato la volta scorsa, che il peggio sembra essere alle spalle.

Ma non va affatto abbassata la guardia.

Ma veniamo al nuovo episodio.

Allora? Che ne dite? Sorpresi?

Abbiamo lasciato Kenshiro e Ryuken per soffermarci su di un altro personaggio.

Ken non sarà l'unico ad essere coinvolto, in questa storia.

Ci sarà spazio anche per altri, tra cui i suoi fratelli.

E direi di incominciare dal più controverso dell'allegra famigliola.

Su Jagger se ne sono dette di ogni.

Senza dubbio é il più scarso, ed é totalmente instabile dal punto di vista mentale.

Ma...uno spin – off come JAGI – IL FIORE MALVAGIO, realizzato da quel pazzoide di Shinichi Hiromoto (solo l'autore di quella FOLLIA ORGANIZZATA col nome di FORTIFIED SCHOOL, che ho letto ormai anni fa, poteva decidere di cimentarsi on un simile personaggio)...ha dimostrato che persino uno psicopatico simile può avere qualcosa da dire.

Senza contare che di tutti gli spin – off realizzati in quel periodo, é forse quello che mi é piaciuto di più.

Avrete senz'altro assistito ad un leggero cambio di tono.

Diciamo che ritengo di cavarmela abbastanza bene, nel tratteggiare i maniaci.

Sono curioso di sapere che ne pensate.

Bene, ed ora tiriamo un po' le somme.

Ho intenzione di pubblicare ancora un capitolo, per la fine del prossimo mese.

Ho deciso, insieme alla mia famiglia, di concederci una vacanza. Pur prendendo tutte le cautele necessarie e del caso.

D'altra parte...credo di aver bisogno di staccare un po'.

Prima di chiudere, passiamo al consueto angolo dei ringraziamenti.

Un grazie di cuore a Kuumo no Juuza, Devilangel476, vento di luce e innominetuo per le recensioni all'ultimo capitolo.

E non potendo farlo dall'altra parte (visto che é conclusa...) ringrazio Devilangel476, Plando e innominetuo per le recensioni (entusiaste, aggiungo!) al racconto RE SENZA CORONA(VIRUS).

Direi che é tutto. Ci risentiamo tra un mesetto!

 

Alla prossima, e...

 

See ya!!

 

 

 

 

Roberto

 

 

   
 
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