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Autore: Juliet8198    02/07/2020    1 recensioni
Vivevano in un sogno meraviglioso. In quel mondo fittizio, i due ragazzi potevano fare quello che volevano ed essere quello che volevano. Potevano toccare le stelle e vivere in fondo al mare. L'unico limite era la loro immaginazione.
Ma i sogni nascondono ciò che temiamo di più. Essi liberano le ombre che cerchiamo di reprimere nella parte più nascosta della nostra psiche.
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-Tutto questo...non è reale.-
-Lo so, ma tu lo sei. Noi lo siamo. Questo mi basta. Questa può essere la nostra realtà.-
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel momento in cui le parole uscirono dalla bocca di Jimin, la foresta che circondava il fiume si aprì su un sentiero battuto misteriosamente illuminato dai raggi del sole. I due ragazzi indugiarono per un attimo sulla possibilità prima di guardarsi reciprocamente negli occhi. Non c'era bisogno di parole. La famigliarità e la confidenza che esisteva fra i loro sguardi era l'unica forma di comunicazione di cui avevano bisogno. Perciò, nel silenzio più totale, la decisione fu presa. 

 

Il sentiero sembrava il corpo di un serpente placidamente steso al sole, che conduceva i due giovani attraverso il mare di verde con curve morbide. Jimin iniziava a chiedersi se fosse la via giusta. Non sembrava che stessero salendo sulle montagne né che scendessero a valle. Il paesaggio non era cambiato neanche di un ramoscello. Il ragazzo aveva quasi la sensazione di camminare su un tapis roulant fermo davanti alla stessa immagine. L'unico segnale del fatto che stavano proseguendo nel percorso erano le continue svolte in una direzione o nell'altra. 

 

Quando i loro occhi incontrarono finalmente un cambiamento, Jimin si ritrovò a contemplare la novità con confusione. Il sentiero si separava in due affluenti, che si disperdevano nella foresta allontanandosi sempre di più l'uno dall'altro. Il dettaglio più curioso però fu la comparsa di due famigliari oggetti, ognuno posto su una diramazione del sentiero. 

 

Jein, con le sopracciglia aggrottate, fu la prima a fare un esitante passo avanti prendendo ad avvicinarsi all'oggetto posto a destra. Una volta giunta davanti ad esso, si chinò e lo afferrò fra le mani. Jimin non poteva vedere la sua espressione in quel momento. Vide solo la schiena della ragazza che si contraeva, irrigandosi come fosse pietra. Quando finalmente la giovane si girò, il ragazzo poté scorgere il mare di emozioni che offuscava i suoi occhi, facendola lentamente affogare.

Jein gli porse la scatola, lasciandola nelle sue mani come fosse un peso insostenibile e si aggrappò disperatamente al suo sguardo. 

 

-Che cosa ci fanno queste qua?- chiese Jimin con tono minacciosamente basso, osservando con circospezione l'oggetto di legno fra le proprie mani. 

 

Il luccichio della targhetta dorata su cui era inciso il nome di Jein lo infastidiva. Con crescente rabbia e irritazione, sollevò leggermente il coperchio e sbirciò il contenuto, sotto gli occhi ansiosi della ragazza. Benché ancora protette dalla luce, le gocce di cristallo nascoste all'interno presero ad illuminarsi con riflessi variopinti, come se fossero meravigliose opere d'arte. Ingoiando la sua inquietudine, Jimin richiuse la scatola e guardò la ragazza. Annuendo debolmente, vide lo sguardo di lei sciogliersi sotto al peso di quelle paure che pensava di avere seppellito dietro di sé. Poi, lui abbassò lo sguardo sulla scatola gemella ancora appoggiata a terra. Con amara codardia, distolse gli occhi da essa. 

 

Non aveva bisogno di aprirla per sapere cosa contenesse. 

 

-Perché sono qui?- chiese di nuovo lui, più a se stesso che alla sua compagna. 

 

Lei, dopo qualche istante in cui cercò di navigare il mare della sua inquietudine, lottando con le onde di smarrimento e terrore che tentavano di spingerla in profondità, rispose. 

 

-Penso che il sogno ci stia suggerendo che abbiamo bisogno di loro. Forse dobbiamo portarle con noi.- 

 

Jimin, a quelle parole, arricciò il naso in un'espressione di disgusto. 

 

"Non ho nessuna intenzione di portarmi dietro la lapide di ciò che ho perso." 

 

Emettendo un sibilo stanco, abbassò la testa fissandosi i piedi. Qualsiasi cosa pensasse, era inutile. Sapeva che Jein aveva ragione. Era la prima volta che il sogno riproponeva loro qualcosa che avevano lasciato negli scenari precedenti. Doveva per forza significare qualcosa. Ciò nonostante, questo non toglieva il fatto che Jimin odiava l'idea di dover tenere tra le mani quel fardello. Quando però sua moglie ebbe ripreso la sua scatola, stringendola e alzando lo sguardo con quella rinnovata forza e cocciuta determinazione che lui aveva sempre ammirato, si decise a fare lo stesso.

 

Una volta preso l'oggetto fra le mani, il ragazzo lasciò che i suoi occhi indugiassero per qualche istante sul suo nome scritto sul coperchio di legno, prima di allontanarli per riportarli su Jein. Lei, con il sopracciglio sollevato e le labbra corrucciate, contemplava qualcosa di fronte a sé. 

 

-Che direzione prendiamo?- 

 

 

I due ragazzi si ritrovarono fermi nel bel mezzo del bivio a contemplare le due strade identiche, saltellando con lo sguardo da un'opzione all'altra. Dopo istanti di meditabondo silenzio, Jein si schiarì nervosamente la gola. 

 

-Le nostre scatole erano poste una a destra e una a sinistra. Forse vuol dire che dobbiamo dividerci.-

 

-Non se ne parla.- 

 

La testa della ragazza scattò di lato verso il giovane, il cui tono aveva replicato in modo rapido e risoluto alla sua proposta. 

 

-Se il sogno ci sta...-

 

-Non mi interessa cosa ci sta suggerendo il sogno.- 

 

Dopo aver interrotto le sue parole, Jimin finalmente staccò gli occhi dal bivio e li agganciò a quelli di Jein. 

 

-Io non ti lascio per nessuna ragione al mondo.- affermò con irremovibile risolutezza, avvicinandosi impercettibilmente a lei. 

 

-Se dobbiamo compiere questo viaggio, dobbiamo farlo insieme.- 

 

Ormai ad un soffio dal viso della ragazza, il giovane sussurrò le sue ultime parole, le quali conservavano un tono talmente imperioso da risultare ancora più ferme di quelle pronunciate a voce alta. Jein, con gli occhi intrappolati in quelli di suo marito, non poté fare altro che annuire. 

 

Mentre lui la prendeva per mano e si dirigeva verso la diramazione di destra, quella dove era appoggiata in precedenza la scatola di lei, la ragazza si ritrovò a pensare a quanto fosse bizzarra la loro relazione. Era vero che lei era la persona più pratica e lui la più affettuosa. Lei aveva un carattere forte, a volte crudamente distaccato. Lui era affettuoso, gentile e premuroso. Ma era il capo. Quando era ora di prendere una decisione, riusciva a dimostrare un'autorità che la lasciava spiazzata e anche, per qualche motivo, buffamente imbarazzata. Jein aveva imparato ad ammirare quel lato di Jimin ancora prima di intraprendere quel viaggio. Lo rispettava già da quando erano viaggiatori di quell'avventura che era la loro vita insieme, come una famiglia. 

 

 

Jein aveva tenuto per tutto il tempo lo sguardo appoggiato sulla mano intrecciata alla propria, che la conduceva sul sentiero. Quando, infine, il corpo davanti a lei si fermò, alzò gli occhi. 

 

In mezzo alla radura, spuntava una porta che non sembrava essere attaccata ad alcuna parete. Era semplicemente posta lì, come un totem solitario circondato da sconosciuti. Sopra di essa, in caratteri chiari ma eleganti, svettava una scritta che fece spalancare le palpebre della ragazza. 

 

Magic shop

 

Non appena i due ragazzi si furono avvicinati, notarono il cartello incorniciato da arabeschi appeso sulla superficie di legno. Dopo aver ingoiato un groppo di tensione, Jein prese a leggere ciò che vi era scritto sopra. 

 

-Benvenuti nel Magic shop! Volete liberarvi di un ricordo negativo che vi assilla? Siete in cerca di un'emozione positiva da aggiungere alla vostra collezione? Il Magic shop fa per voi!

Compro/vendo qualsiasi tipo di ricordo, incubo, sogno o paura! 

Non si accettano resi.-

 

Una volta terminato di leggere, la ragazza guardò Jimin, che teneva lo sguardo sulla scritta con circospezione. Facendo schioccare la lingua sul palato nel tentativo di alleggerire l'atmosfera, la giovane sollevò le spalle. 

 

-Beh, credo che siamo nel posto giusto.- affermò, abbassando lo sguardo sulla scatola che ancora teneva in mano. 

 

Dopo un attimo di esitazione, le labbra di Jimin si stesero in una smorfia di incertezza e la sua mano, sciogliendosi da quella di Jein, afferrò il pomello dorato della porta. 

 

Il loro ingresso nel negozio fu annunciato da un allegro campanello, che tintinnò attirando l'attenzione sui nuovi ospiti. L'interno era raffinatamente arredato con poltrone in pelle, tappeti persiani e quadri dal sapore europeo. La giovane abbracciò con lo sguardo lo spazio ampio costellato di librerie, teche di vetro recanti oggetti ornati di targhette e porte. Tante porte dai colori diversi. In particolare, si ritrovò a studiare curiosamente una porta dal colore blu come la notte. 

Sentendo lo spazio di fianco a sé vuoto, distolse lo sguardo e notò che il suo compagno si era avvicinato al bancone dove avrebbe dovuto essere il negoziante. Non appena lo ebbe raggiunto, il giovane poggiò esitante la mano sul campanello esposto in bella vista davanti a loro. 

 

Nel momento in cui il trillo breve ma limpido si diffuse nell'aria, una figura emerse da dietro il bancone. I due ragazzi saltarono all'indietro, fissando il giovane che era improvvisamente spuntato davanti ai loro occhi e che li fissava con un largo sorriso che gli socchiudeva le palpebre. Jein, superato lo stupore, si fermò a fissare inebetita il negoziante, avvolto in una camicia che ne ingentiliva la bella figura e i cui capelli biondi ne contornavano il viso, rendendolo ancora più seducente di quanto già non fosse. Ma, sopratutto, ne studiò i lineamenti, perfettamente identici a quelli di suo marito. 

 

-Salve, benvenuti nel Magic shop.- 

 

Anche la voce era la stessa. Frusciava nell'aria con quella giocosità e quella musicalità che solo Jimin possedeva. Il ragazzo, infatti, fissava la persona davanti a sé con confusione e un pizzico di disagio. 

 

-È uno scherzo?- furono le prime parole che disse. 

 

Il ragazzo dalla parte opposta del bancone emise una breve risata che distese le sue labbra carnose e passò lo sguardo su tutta la lunghezza del suo simile. 

 

-Assolutamente no.- replicò semplicemente incrociando le braccia. 

 

Poi, fece rimbalzare lo sguardo fra Jimin e la giovane, prima di soffermarsi sulla seconda e rivolgerle uno sguardo misteriosamente intenso. 

 

-Ma non vi aspettavo insieme.- disse piegando leggermente il capo. 

 

Jein si sentiva in trappola. Erano secoli che quegli occhi, quegli occhi che conosceva così bene, non la facevano sentire così vulnerabile. La giovane era intrappolata in essi, come se l'avessero ammaliata con un qualche incantesimo che non riusciva a spezzare. 

 

Fortunatamente, suo marito si pose davanti a lei, rompendo il contatto visivo che le stava prosciugando le energie. 

 

-Che cosa intendi?- chiese lui, socchiudendo le palpebre in una silenziosa minaccia. 

 

Il negoziante non sembrò irritato dall'interruzione e rivolse invece al ragazzo un sorriso divertito. 

 

-Vedi, c'erano due sentieri per un motivo.- replicò, prima di allontanarsi dalla coppia e avvicinarsi alla porta da cui erano da poco entrati. 

 

-Questa era la porta da cui doveva entrare Jein da sola.- disse. 

 

-E questa è quella da cui saresti dovuto entrare tu.- aggiunse, indicando una porta gemella posta accanto alla prima, che era passata inosservata ai due ragazzi. 

 

-Per quale motivo? Perché dovevamo arrivare da due porte diverse?- chiese allora Jimin, mantenendosi distante con circospezione. 

 

Il ragazzo dai capelli biondi scivolò verso di loro facendo ondeggiare il corpo in maniera sensuale, prima di porsi nuovamente dietro il bancone e poggiare il viso sulla mano.  

 

-Il viaggio che vi attende non è facile. Vedrete cose che vorreste tenere lontane dai vostri stessi occhi... dubito che vogliate mostrarle a qualcun altro. Dovrete mettere in mostra la parte più debole di voi. Quella che vorreste... uccidere.- 

sussurrò, sibilando come un serpente che attanaglia la preda. 

 

Jein, sentendo quelle parole, abbassò lo sguardo. Era pronta? Era pronta a mostrare ad un'altra persona la sua interezza? 

 

Mordendosi le labbra, sentì il suo cuore dividersi nell'incertezza. Amava Jimin. Ma aveva paura. Sapeva che aveva cacciato negli abissi della sua coscienza tanta oscurità e non credeva di essere pronta a lasciarla libera, sopratutto davanti a lui. 

 

Poi, sentì il tocco rassicurante di una carezza sul braccio. 

 

-Hai detto che sono parte della tua anima. Che tu sei dentro di me ed io dentro di te. Perciò non ha importanza che cosa ci aspetta. Siamo uniti. Se il viaggio che ci attende è così tremendo, tanto più avremo bisogno l'uno dell'altra per superarlo.- disse dolcemente Jimin al suo orecchio. 

 

Jein chiuse gli occhi. Affrontare le proprie paure da sola o con la persona che amava? 

 

Con un sospiro, sollevò le palpebre e abbandonò il peso delle sue insicurezze alle sue spalle. Quando guardò nuovamente il ragazzo, lui capì. 

 

Il negoziante, che aveva assistito allo scambio con assorta curiosità, emise un breve mormorio. 

 

-Molto bene, allora. Se le cose stanno così...- 

 

Allungando le mani verso i ragazzi, si riaprì in un sorriso sbarazzino. 

 

-Presentatemi la merce.- 

 

 

IT'S VERY CALDO 

Giuro che sto morendo. Potrei uccidere dal caldo che sto patendo. Non ho neanche voglia di scrivere uno spazio autrice decente, perdonatemi. 

 

   
 
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