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Autore: lipstick_    06/07/2020    0 recensioni
Renée è una dottoressa. Lo ha sempre saputo che avrebbe fatto quel lavoro. Fin da piccola, quando lei le bambole le usava come pazienti e non le faceva giocare come le sue amichette.
Renée sa di essere brava, non permette a nessuno di mettere in dubbio il suo operato.
Ed è per questo che quando incontra Andrea, un ragazzo estremamente bello come estremamente arrogante, non si perde d'animo e risponde per le rime. Non le piace vantarsi, a lei non interessa che gli altri sappiano quanto lei sia brava, ma questo bellissimo ragazzo arriva in un momento caotico e Renée non sa proprio come ma parla senza pensare. Decisamente insolito per la controllata Renée.
__ SAAALVE__ questa è la prima storia che pubblico, non sono una scrittrice e nemmeno una dottoressa, quindi chiedo perdono se alcune cose saranno approssimative.
ci tengo a precisare che personaggi, luoghi e vicende sono del tutto inventati dalla mia testolina.
spero di potervi tenere compagnia e perchè no? spero anche che possa piacervi la mia fantasia.
lipstick_
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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CAPITOLO NONO
 
 
Sono comodissima, non ho mai dormito così bene.
Sorrido, pensando che le mie lenzuola abbiano un profumo meraviglioso. Ma che ammorbidente è questo? Non lo ricordo.
Apro gli occhi, perché io uso lo stesso ammorbidente da quattro anni.
Questa decisamente non è la mia camera, e il braccio intorno alla mia vita non è mio.
Vuoi dormire con me?
Collego tutto con molti minuti di ritardo. Non sono molto reattiva al mattino.
Soprattutto se la sera prima hai bevuto qualche drink di troppo.
So di aver solo dormito, ho i vestiti addosso, e so per certo – istinto – che Andrea non se ne approfitterebbe mai. Può avere decine di donne, perché dovrebbe addirittura approfittarsi di te da ubriaca?
Non lo farebbe, ma questo non mi mette di meno in imbarazzo. Ho dormito solo con il mio ragazzo storico, io davvero non sono abituata a queste situazioni.
Mi giro nel suo abbraccio e lo guardo dormire rilassato. I pensieri mi stanno correndo a velocità inumane da parecchi minuti, quando Andrea apre gli occhi piano piano, scoprendo lentamente quel verde tendente al marrone così bello da non sembrare possibile.
Mi sorride rilassato «Buongiorno» ha la voce impastata dal sonno, e incredibilmente, questo lo rende ancora più bello.
«Ciao» nascondo il più possibile la testa nel cuscino chiudendo gli occhi.
«Stai bene?» sto incredibilmente bene, mugugno.
«Sarebbe un si?» sollevo solo una palpebra. «Si»
Ride spostandomi i capelli dal viso «Sei buffa appena sveglia» buffa? Dovrei offendermi?
Mi alzo di scatto appoggiando la schiena alla testiera del letto, lui resta disteso di fianco, con una mano a sostenere la testa, mi guarda con un sorriso soddisfatto.
«Scusa in che senso buffa?»
«Nel senso che sei incredibilmente imbarazzata per esserti svegliata nello stesso letto di un uomo e cerchi di fare la sostenuta, ma non ti riesce. In più, ieri sera non ti sei struccata e i tuoi capelli sono un disastro perché di notte ti muovi un sacco. Ti ho dovuta abbracciare per farti stare ferma.»
mi ha dovuta abbracciare? Ma che scusa è?
«Non sono cose molto carine da dire»sbuffo. Questo ragazzo è strano, in alcuni momenti è fin troppo dolce, in altri è così da prendere a schiaffi.
«Beh se ti faccio i complimenti poi tu ti imbarazzi e cambi discorso, ho giocato d’anticipo» lo guardo scettica.
«Mi faccio un caffè» mi alzo di fretta per uscire dal radar di occhi belli.
«Caffè? Come mai?» mi giro per fulminarlo con lo sguardo, se si potesse lo avrei già carbonizzato.
«Non ho dormito benissimo, si sta piuttosto scomodi nel tuo “abbraccio”» gne.










Mio fratello e la moglie hanno bisogno di un po’ di tranquillità, di staccare, per una serata ogni tanto. Ma con due bambini piccoli non è molto facile, quindi per camuffare il loro bisogno di pace hanno inventato la “serata della zia”. Per farla breve: mi appioppano i bambini per la notte, una volta al mese.
Non è mai stato un problema, amo i miei nipotini con tutta me stessa, ma ora c’è Andrea.
Tendo ad essere un po’ gelosa delle persone della mia vita quando c’è quel ragazzo intorno.
L’altra volta ti è tornato utile.
«Perché il ragazzo con i disegni sulla braccia è ancora qui?» Silvia alza il dito paffutello indicando Andrea.
Ciao amore della zia, come va?
È davvero una bambina meravigliosa, davvero, ma fa fatica ad essere gentile fin da subito – da chi avrà mai preso? - fatta eccezione se la si asseconda.
Come ha fatto Andrea l’altra sera.
Quest’ultimo rotea lo sguardo e atterra su di me «é letteralmente una piccola Renée» poi si rivolge alla bambina «se fai la buona ti faccio giocare alla wii ancora» e riesce a zittirla.
Giacomo sta in silenzio, dietro, sembra arrabbiato.
«Ehi mostro, sei arrabbiato?» lui incrocia le braccia al petto. È decisamente arrabbiato.
Silvia si intromette quando il fratello non parla «è arrabbiato con Giada, una bambina che è con noi all’asilo», «e perché?» questa volta è Andrea ad essere curioso.
«mi ha detto che non vuole essere la mia fidanzata» ammette il diretto interessato con un broncio.
Trattengo a stento una risata, hanno spezzato il cuore al mio piccolo nipotino.
«Aia, amico. Le donne sono complicate» comincio a pensare che il pugno ricevuto da Stefano non sia bastato ad Andrea.
«Oppure sono i maschi che sono stupidi» Silvia mette le manine sui fianchi arrabbiata «ci sono dei bambini all’asilo che non mi fanno giocare a pallone solo perché sono una bambina. Non è giusto» gonfio il petto orgogliosa. Questa bambina ha già capito cose che metà del mondo ancora fatica ad accettare.
«E tu che hai fatto?» attento belloccio, mai sfidare quella bambina.
Silvia alza le manine chiuse a pugno verso Andrea «Ho dato al bambino più cattivo un pugno.»
Mi cadono le braccia lungo i fianchi «Silvia, ne abbiamo già parlato, non puoi fare a botte ogni volta che qualcosa non va come vuoi tu. È sbagliato. Vuoi che la mamma ti metta in punizione di nuovo?»
Lei alza gli occhietti al cielo «no, ma se lo meritava.»
«Scommetto che da piccola pure tu picchiavi la gente» Andrea se la ride, quando poi mi giro per guardarlo con un sorriso glaciale si ferma «No. Non perdevo tempo con dei bambini così trogloditi.»
«Vogliamo fare la pizza?» mi rivolgo direttamente ai bambini, tanto è inutile parlare con quello che dovrebbe averne quasi trenta di anni.
La risposta è positiva, non serve nemmeno chiarirlo.


Ho le mani completamente sporche dell’impasto per la pizza. Lo sapevo, succede ogni volta, “facciamo la pizza” significa che io devo lavorare mentre i due bambini mangiano le guarnizioni.
Hanno quattro anni che ti aspetti?
Andrea è in camera da quando abbiamo cominciato a mettere in disordine la cucina, sono troppo gentile l’ho preparata anche per lui.
«Giacomo, perché non vai a chiamare Andrea? Fra un po’ dovrebbe essere pronto» non se lo fa nemmeno ripetere, corre verso la sua camera.
Silvia mi guarda attentamente, brutto segno «Zia» ecco.
«Dimmi amore» naturale, devi essere naturale.
«Cosa succede quando due bambini stanno assieme?» ma sul serio? Ma perché non lo chiede a sua madre?
«Amore, queste sono cose importanti, dovresti chiederle alla tua mamma. Ma sei ancora piccolina, da grande lo capirai.» vorrei sapere da dove le viene questa domanda.
«Grande tipo te?» Dai dille cosa vorresti fare davvero con Andrea. La grande e controllata Zia Renée vorrebbe fare cose proprio adatte alle orecchie ingenue di una bambina.
«Tipo. Ma non c’è fretta» cresci piano gioia.
«Chi non ha fretta?» ma Gesù! Come fa ad essere così silenzioso?
«La zia ha detto che non devo avere fretta per avere un ragazzo. Devo avere la sua età. Ma è tantissimo tempo» mentre parla si arrampica sulla sedia e una volta seduta allarga anche le braccia enfatizzando sul “tantissimo”.
Scusa? Questo che vorrebbe dire? Ma quanti anni crede che io abbia?
«Si effettivamente tua zia esagera. Io ho avuto la mia prima ragazza a quattordici anni e lei ne aveva tredici» lo dice orgoglioso.
«Zitto! Zitto per carità.» ma che cazzo, vuole mandare una bambina in pasto ai leoni? Pazzo.
I bambini ridono divertiti dalla mia reazione. Come faccio a passare dal volere questo ragazzo sempre vicino a me – tanto da dormirci insieme – al non tollerarlo così forte?
Ho paura di avere almeno sette personalità.
Ho paura che le abbia anche lui.


La pizza è stata spazzata via in pochissimo tempo. Almeno è piaciuta.
Dopo numerosi capricci riesco a mettere a letto i due mostri, promettendo di fare la pizza anche la prossima volta.
Torno nella mia camera e mi butto esausta sul letto. Le capisco le serate in cui mio fratello vuole stare da solo con la moglie. Quei bambini sono una gioia meravigliosa ma sono anche due, e piccoli, e cosa più inquietante: sembrano la fotocopia più giovane di me e mio fratello. Il che, non è del tutto così meraviglioso, noi due da piccoli abbiamo fatto veri e proprio disastri: dal giocare semplicemente con il fango a portare il fango nella sala prove di mamma – di cui non è bene ricordare l’attacco di panico nel vederci tutti pieni di fango vicino ai suoi meravigliosi abiti.
E potrei andare avanti per ore a raccontare ogni marachella fatta con quel pazzo di Guido, l’unico bambino che mi ha capito fino a che non è arrivata Ludo, ma sono troppo stanca e prendo sonno senza nemmeno mettermi sotto le coperte.


Mi svegliano delle risate. Le conosco, queste sono risate “da zuccheri”. Non so cosa sia successo, ma sono già arrabbiata. Guardo l’ora sulla sveglia: 22.00, ho messo a letto i gemelli meno di un’ora fa. Mi alzo per andare in cucina e giuro - giuro davvero – che alla vista di Andrea, seduto su uno sgabello del bancone con i bambini seduti davanti a lui proprio sul ripiano con in mano una lattina di coca-cola a testa, mi fa uscire il fumo dalle orecchie.
E non è per fare la bacchettona, ma sono i figli di mio fratello, e se lui decide di non dare da bere bevande zuccherate ai suoi figli – soprattutto se contengono caffeina e sono le dieci di sera!- è una sua sacrosanta decisione da rispettare. Porca miseria! Perché non mi ha svegliata?
«Cosa state facendo?!» sto sbraitando, non mi piace quando succede, e onestamente penso di averlo fatto un paio di volte in tutta la mia vita. Fino a che non ho ritrovato Andrea.
I bambini sobbalzano spaventati e nascondono le lattine dietro la schiena. Furbi, ma non abbastanza.
Andrea si gira verso di me «I mostriciattoli si sono svegliati e avevano sete» fa spallucce.
Mostriciattoli? Alza le spalle come se fosse normale dare della caffeina a dei bambini che non riescono a dormire?!
Ma poi come ci bada lui a suo nipote?
«E gli dai della coca-cola?!» penso che le vene del mio collo siano sul punto di schizzare fuori, ma non ho finito «e solo io li chiamo mostri!» sono infantile, ma io ho cominciato a chiamarli così quando da neonati il loro pianto sembrava quello dei mostri dei cartoni. È una cosa personale. Io sono la loro zia. Lui non è niente per loro.
Ti stai agitando troppo, non ha fatto niente di male.
«Renée, mi hanno chiesto un sorso di coca-cola, non succede niente se per una volta la bevono» allora non capisce.
«I loro genitori non vogliono! Non sono figli tuoi, non decidi tu.» stai nel tuo fottutissimo posto.
«Se è per questo nemmeno tu» lo sussurra, ma io lo sento comunque «volevo dire: sei la zia» aggiusta il tiro dopo la mia occhiataccia.
«Silvia, Giacomo, in camera » comandante, loro tentennano lamentandosi «Ho detto in camera!».
Ottimo, ora alzo la voce anche con i bambini.
«Sei un’irresponsabile del cazzo, lo sai?» lo accuso appena i gemelli non sono più a portata d’orecchio «perchè non mi hai svegliata?» lui sgrana gli occhi e mi guarda per una manciata di secondi sconvolto.
«Io non volevo disturbarti, sembravi così stanca, non ti volevo svegliare»
Alzo le braccia al cielo. È impossibile, non voglio sprecare più fiato.
«Vaffanculo Andrea, mi dovevi svegliare. Te lo ripeto ancora: stai nel tuo.»
Sto esagerando lo so. Ma ultimamente ho una marcia gelosia che mi logora da dentro.
Non lo lascio ribattere, torno nella stanza dove ci sono i bambini.
Sono troppo svegli. Come minimo mi ci vorrà un’ora per farli riaddormentare.


Sono quasi al traguardo e suona il campanello. Ma scherziamo?
Comincio a pensare che sia una tortura fatta personalmente per la sottoscritta.
Mi alzo per andare ad aprire la porta ma due furie si precipitano prima di me.
«Nonnii!» nonni? Mi blocco in mezzo al corridoio. Pietrificata. Cosa ci fanno qui? Ora? Sono le undici passate.
Mi volto verso il divano dove un non meno pietrificato Andrea mi fissa allibito.
Mia madre entra in casa guardandomi quasi risentita, dietro di lei mio papà le fissa la nuca esasperato roteando gli occhi.
«Mamma? È successo qualcosa?» perché di solito almeno avvisa prima.
«Perchè non me l’hai detto tu?» sono confusa, ma chiaramente non ha terminato «pensavi forse che io non avrei acconsentito?» ma?
«Mamma, perdonami. Io non so proprio di cosa tu stia parlando» alzo le mani gente.
«Silvia me l’ha detto! Doveva dirmelo la mia nipotina e non mia figlia? Perché non mi vuoi rendere partecipe della tua vita?» fermi tutti.
«Silvia ti ha detto cosa, esattamente?» guardo la protagonista e lei evita il mio sguardo.
«Che tu e Andrea state insieme!» ma brutta stronza di una bambina. Quella è il diavolo. È trecento volte peggio di me da piccola.
Ti ho fatta nascere letteralmente con le mie mani, e tu mi ripaghi così?
Vedo rosso. Mia madre comincia a inveire parole tipo “perchè mai devo essere l’ultima a sapere le cose”, “Andrea è un bravissimo ragazzo” ecc ecc… ma io la blocco, ora basta.
«Zitta!» niente oggi è la serata esatta per dare sfogo alla mia gola.
Mia madre mi guarda scioccata. Non la pensiamo esattamente allo stesso modo su molte cose, ma mai, ripeto: mai, mi sono permessa di zittirla.
«Prima di tutto: sul serio credi ad una bambina di quattro anni che ne combina una in più del diavolo? Dando tutto per vero poi? Secondo: per quale assurdo motivo non mi hai chiamato? Perché dai sempre per scontato che la colpa sia mia? Avresti dovuto chiamare prima di presentarti a casa mia ed accusarmi di cose palesemente inventate! E terzo» poso lo sguardo su quella bellissima, amatissima ma anche stronzissima di mia nipote «Silvia, come ti sei permessa? Sei stata maleducata e lo sai benissimo che non si dicono bugie. Come hai fatto a chiamare la nonna? E soprattutto perchè?»
Non alza lo sguardo, ma sa benissimo che finché non parlerà, io resterò qui ad aspettare una spiegazione.
«scusa zia» scusa? Ma come cazz
Rido, una risata strozzata dall’esasperazione. Mi ci voleva pure la nipote che si mettesse a decidere per me. Assurdo.
«scusa? Ti dispiace? Sai cosa? Dovrai chiedere scusa anche ai tuoi genitori, per aver preso in giro Andrea per farvi dare la coca-cola, pensi che io non l’abbia capito? So che sei più sveglia di quanto creda chiunque, e ti dovrai scusare con loro anche per aver preso in giro i nonni. Vai a prendere il tuo zainetto. Niente più serate della zia fino a che non avrai chiesto scusa a tutti per bene.»
alza la testolina di scatto verso di me. Ha gli occhi pieni di lacrime.
Si, mi sento in colpa. Ho urlato addosso ad una bambina di quattro anni per aver fatto degli stupidi scherzi, ma ha messo in mezzo mia madre. Sono più che nervosa.
«No! Mi dispiace zia scusa! Ho chiamato la nonna con il tuo cellulare, so usarlo, guardo sempre la mamma mentre lo usa» tira su con il naso «io non volevo fare la cattiva. Ma la mamma dice che prima di sposare il papà, ci litigava sempre. E io e Giacomo prima vi abbiamo sentito litigare. Io pensavo...» piange. Mio dio ho fatto piangere una bambina, mia nipote. Sono io il mostro.
Sospiro mettendomi in ginocchio davanti a lei, per essere alla sua altezza, circa.
«Silvia. Mi dispiace di aver urlato, ma perché non hai chiesto a me prima di andare a dire queste cose alla nonna? Non mi piacciono le bugie, lo sai.»
«lo so. Scusa, ma Andrea ha detto che gli piacevi, e che sei tu che ti comporti da cattiva con lui. Scusa scusa, non lo faccio più, promesso. Ma posso restare qui?» ha gli occhietti che luccicano speranzosi.
Annuisco.
Si, ho sentito la parte in cui Silvia parla di Andrea, come ho sentito il sussulto di mia mamma dietro le mie spalle. Ma penso che non sia questo il momento esatto per parlarne.
Una volta rassicurati, i miei tornano a casa e i gemelli vanno a letto senza fiatare.
«Renée» ecco appunto. Andrea è stato sempre zitto da quando è iniziata la discussione. Non potevo sul serio pensare che stesse zitto anche una volta rimasti da soli.
«Non ora. Scusa ma non ora» e devo avere una faccia stravolta dalla stanchezza perché mi guarda bene in viso e poi annuisce.
«’notte» biascico.
Mi ferma per un braccio e mi bacia la fronte «Buonanotte».
  
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