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Autore: MackenziePhoenix94    08/07/2020    0 recensioni
Seguito di: "The Dark Side Of The Moon"
“Vuoi aggrapparti a me?”
“Cosa?”
“Aggrappati a me” ripeté lui, questa volta sottoforma di ordine malcelato; Ginger aveva sempre odiato quel tono di comando che il giovane uomo usava spesso quando parlava, ma a Jen provocò l’effetto opposto e la spinse ad obbedire, benché sentisse improvvisamente le guance calde, in netto contrasto con l’acqua fredda che ancora non era stata scaldata dai raggi del sole: gli passò le braccia attorno al collo e si avvicinò un po’ di più, ma senza stringersi contro il suo corpo, altrimenti il rossore sarebbe diventato impossibile da nascondere “meglio? Adesso ti senti più sicura?”.
La giovane alzò lo sguardo e si rese conto che il viso di Roger era terribilmente vicino, come mai prima d’ora; si rese conto che i suoi occhi azzurri erano molto più chiari di quello che aveva sempre creduto, e si rese anche conto che sul naso e sugli zigomi aveva delle piccolissime lentiggini di cui aveva ignorato l’esistenza fino a quel momento.
Deglutì a vuoto nel vano tentativo di inumidire la gola che, tutto d’un tratto, si era fatta secca ed arida, e ciò non aveva
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il mondo di Keith e Demi, dopo la burrascosa separazione tra Ginger e David, era stato nuovamente capovolto in seguito alla prematura scomparsa della loro madre: ora, con l’arrivo del nuovo anno, i bambini trascorrevano un mese in compagnia di David e Virginia (o solo con la ragazza quando il chitarrista era impegnato in un tour, perché erano entrambi ancora troppo piccoli per affrontare viaggi così lunghi e faticosi) e quello successivo in compagnia di Jennifer e Pamela; per quanto riguardava i periodi di festività, non avevano ancora stipulato una vera e propria scaletta.

Jennifer non era affatto contenta di quel sistema, a differenza di Pamela; anche se si era arresa al fatto che Keith e Demi volevano e dovevano trascorrere parte del loro tempo con David, non accettava che ciò implicasse anche la presenza di Virginia: la ragazza americana con cui Gilmour aveva una storia da quasi due anni, la ragazza americana di cui era sempre più innamorato… La stessa con cui aveva tradito Ginger.

Jennifer non riusciva ad accettare il modo in cui, piano piano, quella completa sconosciuta, che era apparsa dal nulla ed aveva stravolto completamente la vita della sorella maggiore, si stava facendo strada negli affetti dei bambini, soprattutto in Demi, che era il piccolo di casa; poco le importava se quello tra lei ed il chitarrista era vero amore, uno di quelli che s’incontrano una sola volta nella vita e che sono destinati a durare per sempre: non voleva avere nulla a che fare con quella sgualdrina da quattro soldi che non si era fatta scrupoli a mandare all’aria un matrimonio e rovinare un’intera famiglia.

E, proprio a causa di questo, per evitare incidenti imbarazzanti, quando arrivava il momento in cui Keith e Demi dovevano cambiare abitazione, Jennifer e David s’incontravano sempre in un territorio neutrale (che poteva essere un parco, una pizzeria, un negozio di giocattoli o dolciumi a seconda delle preferenze dei bambini) ben lontano dalla casa del giovane a da Virginia.



 
Jen parcheggiò la macchina vicino al marciapiede, scese dalla vettura, entrò nella gelateria e si guardò attorno; non appena vide i suoi due nipotini, la luce dei suoi occhi, sollevò gli occhiali da sole, li sistemò in cima alla testa e rivolse loro un ampio sorriso colmo di felicità.

Demi sgusciò giù dal divanetto imbottito e corse tra le braccia della giovanissima zia; lei lo strinse a sé e respirò il profumo dei suoi soffici capelli biondi e della sua morbida pelle.

Ogni volta era sempre dura separarsi da Keith e Demi, ed ogni volta che poi si ricongiungevano le sembravano paurosamente cresciuti.

Crescevano a vista d’occhio, mese dopo mese.

“Zia! Zia! Zia!” esclamò il bimbo saltellando; si allontanò di un passo e le mostrò con orgoglio la magliettina nuova che indossava “guarda, zia, ti piace? Me l’ha presa papà. È il suo regalo dagli Sta… Sta… Papà, come si chiama il posto in cui sei stato?”

“Si chiamano Stati Uniti, Demi” rispose David con un sorriso divertito “ma adesso vieni qui a mangiare il tuo gelato, altrimenti finirà col sciogliersi tutto”.

Il bimbo prese per mano Jennifer, accompagnandola al tavolo in cui la stavano aspettando David e Keith, e poi si arrampicò di nuovo sul divanetto rosso, si sedette sulle gambe del padre e le mostrò, ancora più orgoglioso, l’enorme coppa di gelato che una cameriera aveva portato poco prima: il dolce dall’aspetto invitante era decorato con della panna fresca, caramelle gommose, un’abbondante dose di salsa al caramello ed una ciliegia rossa al maraschino.

“Guarda, zia!” esclamò di nuovo Demi, che da quando aveva imparato correttamente a parlare non stava zitto un solo istante “ti piace il mio gelato? Ho preso menta con il cioccolato, poi… Questo è biscotto al cioccolato e questo è… Mashmello

Marshmallow, Demi” lo corresse Gilmour, osservando il figlio con lo stesso sorriso divertito di poco prima “si dice: marshmallow”

Mashellow” provò di nuovo Demi, ottenendo solo un’altra buffa storpiatura che provocò una risata nel chitarrista; David gli passò la mano destra tra i capelli biondo scuro, che gli arrivavano appena sotto il mento, e glieli scompigliò.

“Lasciamo stare per il momento, adesso è meglio che pensi a mangiare il gelato, prima che si sciolga e finisca per debordare insieme alla panna ed alla salsa al caramello, che dici?”.

Il piccolo non se lo fece ripetere una seconda volta: prese il cucchiaio affondato nella panna e nel gelato, e chiuse la bocca attorno ad un enorme boccone, finendo ovviamente col sporcarsi le labbra, le guance e perfino la punta del naso; Jennifer sorrise divertita e poi si voltò a guardare Keith, seduto alla sua sinistra, che non aveva pronunciato ancora una parola e non aveva neppure toccato il suo milkshake al cioccolato.

“E tu, Keith? Non bevi il tuo milkshake? Ti consiglio di sbrigarti a farlo, prima che ci pensi tuo fratello a farlo sparire”

“Glielo lascio volentieri. Io neppure volevo il gelato” rispose in tono secco il bambino, allontanando da sé in modo brusco il bicchiere di vetro e tenendo il viso corrucciato rivolto da tutt’altra parte, in direzione della vetrata; indossava ancora la divisa scolastica nera, rossa e bianca, e l’attenzione della ragazza venne improvvisamente attirata da alcune piccole macchie scarlatte che svettavano sulla camicetta candida.

Le osservò con più attenzione e si rese conto che si trattava di sangue; appoggiò la mano destra sotto il mento di Keith e, dopo qualche tentativo andavo a vuoto, riuscì a costringerlo a girare il viso corrucciato verso di lei: si ritrovò a trattenere il fiato quando, attorno all’occhio sinistro, vide un brutto livido violaceo.

“Keith, santo cielo!” esclamò sconvolta: mai prima d’ora era accaduto nulla di simile! “ma si può sapere che cosa è successo? Cosa hai combinato a scuola?”

“Vorrei tanto saperlo anch’io, ma si rifiuta di dirlo” intervenne David, lanciando un’occhiata preoccupata al bambino, che era tornato a fissare il paesaggio ed aveva gli occhi semi nascosti dai folti ricci neri, che non era assolutamente intenzionato a tagliare “quando Virginia è andata a prenderlo a scuola, ha provato in qualunque modo a farlo parlare, ma lui si è rifiutato di rispondere a qualunque domanda. E lo stesso ha fatto con me una volta a casa”

“Perché non sei andato tu a prenderlo a scuola?” domandò subito Jennifer, concentrandosi sulla prima parte della risposta, sentendo improvvisamente il sangue ribollirle nelle vene: era bastato solo nominare Virginia per farle affiorare i nervi “dov’eri? Io avevo capito che saresti andato tu a prendere Keith a scuola”

“Infatti era proprio quello che volevo fare, ma mentre tornavo indietro dall’aeroporto mi sono ritrovato imbottigliato nel traffico e non sono riuscito ad arrivare in tempo. Che cosa avrei dovuto fare?” ribatté Gilmour, sentendosi accusato in giustamente; Demi, nel frattempo, era troppo impegnato a gustarsi la panna, il gelato e le caramelle per prestare veramente attenzione alla discussione che stava nascendo tra i due ex cognati “avrei dovuto lasciare Keith ad aspettarmi sui scalini per ore ed ore? Così, poi, avresti avuto un motivo in più per scagliarti contro di me?”

“Non avresti dovuto lasciare che fosse quella… Quella…”

“Hai ascoltato quello che ti ho appena detto, Jennifer? Mi sono ritrovato imbottigliato nel traffico e non sono riuscito a tornare in tempo, e quindi è andata Virginia”

“Ho ascoltato quello che hai detto, David, ma forse sei tu a non capire come funziona in casi come questo: quando Keith e Demi trascorrono il loro tempo a casa nostra, siamo io e Pamela ad occuparci di loro due e non una persona estranea. Di conseguenza, mi aspetto che accada lo stesso quando sono sotto il tuo affidamento: quando sono da te, devono stare in tua compagnia e devi essere tu ad occuparti di loro, e non una persona che non c’entra assolutamente nulla con loro due. Sono stata abbastanza chiara, adesso?” rispose Jennifer, a denti stretti, dimenticandosi del posto in cui si trovavano e della presenza dei due bambini, lasciandosi completamente andare alla rabbia ed al rancore che provava per la giovane coppia sempre più innamorata.

Non le importava quanto fosse vero e sincero il loro sentimento, lei non riusciva ad accettare quella relazione.

Gilmour socchiuse le labbra per controbattere a tono, ma venne anticipato da Keith.

“Volete smetterla? Basta, siamo in un luogo pubblico, sono stanco di sentire i vostri litigi! State zitti!” esclamò con eccessiva aggressività, rivolgendo ad entrambi uno sguardo cupo, che lasciò Jen perplessa e sconcertata: Keith non era mai stato così scontroso e rude con nessuno, tantomeno nei loro confronti.

Era sempre stato un bambino adorabile, sorridente ed allegro.

Ma negli ultimi quattro mesi…

La discussione venne definitivamente lasciata da parte quando Demi, senza alcun preavviso, scoppiò in un pianto disperato: per colpa dell’eccessiva voracità e golosità, una parte di panna, mischiata al gelato ed al caramello, era finita sulla sua nuova maglietta di Mickey Mouse che solo poche ore prima il padre gli aveva dato, di ritorno dal tour dagli Stati Uniti; David concentrò tutta la propria attenzione sul suo unico figlio, prese una salvietta e provò a pulirgli la maglietta: riuscì a togliere una parte della brodaglia bianca, verde ed arancione, ma rimase comunque una grande macchia ben visibile.

Il chitarrista, con la sua voce profonda e dolce, riuscì a tranquillizzare ben presto Demi e gli asciugò le lacrime con i polpastrelli dei pollici: non era una tragedia così grande, infondo, bastava mettere la maglietta in lavatrice e poi sarebbe tornata pulita come prima. Al prossimo viaggio gliene avrebbe presa un’altra ancora più bella.

Jennifer osservò in silenzio padre e figlio, e pensò per l’ennesima volta che si assomigliavano moltissimo.

Un po’ come Keith con Syd.

“Forza bambini” disse infine la ragazza, inforcando di nuovo gli occhiali da sole “adesso dobbiamo proprio andare: nonna vi aspetta, è ansiosa di vedervi!”.



 
Gli occhi di Pamela iniziarono a brillare alla vista dei suoi due adorati nipotini, e sulle sue labbra apparve un sorriso che ormai Jennifer le vedeva fare di rado.

Troppo di rado.

“Nonna!” Demi uscì dalla macchina e corse ad abbracciare la nonna materna, proprio come poco prima aveva fatto con la zia, stringendola con tutta la forza che aveva nel suo corpicino ancora piccolo e paffuto; Pamela rise, si chinò per abbracciare di rimando il nipotino più piccolo e gli scostò i lunghi capelli dal viso, per poterlo osservare con più attenzione, per vedere i cambiamenti che aveva subìto nell’arco di un altro mese trascorso lontano da lei: si ritrovò a fissare una versione in miniatura dell’ex genero.

Anche Demi, come Keith, si sarebbe ritrovato circondato da ragazzine adoranti a partire dal periodo dell’adolescenza.

“Santo cielo, Demi, ma quanto sei cresciuto in un mese! Ma sei tu? Siamo proprio sicuri che sei tu e che non ti hanno scambiato con un altro bambino?”

“Nonna, certo che sono io! Sono Demi!” esclamò il piccolo, spalancando gli occhi azzurri in un’espressione sorpresa che accentuò ancora di più la sua somiglianza con il padre “ohh, nonna, mi sei mancata tantissimo, lo sai? Ma davvero tanto, tanto, tanto, tanto, anche se ogni giorno ci siamo sentiti per telefono! Nonna, nonna, guarda, guarda cosa mi ha preso papà! L’ha presa negli Stati Muniti, sai? Sono tanto, tanto, tanto lontani da qui. Sai, nonna, che Virginia viene da lì? E sai che cosa mi ha detto? Mi ha detto che quando qui è giorno, là è notte! Ci credi? Ci credi, nonna? Però è vero, nonna! Se il sole è qui, come fa ad essere anche lì?”

“La maglietta che papà ti ha regalato è davvero molto bella, Demi, ma… E questa? Cos’è questa?” chiese la donna, con un sorriso divertito, indicando la macchia che spiccava sul tessuto bianco e sulla stampa di Mickey Mouse; il piccolo abbassò lo sguardo e sul visetto paffuto apparve un’espressione corrucciata: la stessa che assumeva inconsciamente David ogni volta che non trovava la giusta concentrazione per registrare un nuovo pezzo.

Sì, Demi aveva preso tutto dal ramo della famiglia paterna.

Ancora un paio d’anni, e poi la stampa avrebbe iniziato a stargli appresso, come già accadeva con Keith, senza lasciargli un solo attimo di respiro; e per quale motivo, poi? Semplicemente perché assomigliava fin troppo a suo padre.

“Ohh, quella… Quella non fa parte della maglietta, nonna… Mi sono sbrodolato con il gelato. Papà ha portato me e Keith a mangiare il gelato. Allora… Keith ha preso il frappé al cioccolato, ma io non avevo voglia di bere il frappé e quindi ho preso una coppa di gelato. Era una coppa di gelato grandissima, nonna, grande così!” esclamò il piccolo, allargando le braccia, mentre Jennifer e Keith arrivavano dal vialetto con le valige, per descriverle la grandezza della ormai famigerata coppa “ho preso: menta e cioccolato, biscotto al cioccolato e mashellow… Papà mi ha detto che non si dice così, però non ricordo bene come si pronuncia! E poi c’erano la panna, il caramello e tante caramelle gommose e colorate!”

“Mamma mia, deve essere stata una coppa veramente enorme! Sarai pieno! Scommetto che nel tuo pancino non c’è spazio per i biscotti alle gocce di cioccolato che ho preparato apposta per te e per Keith”

“Biscotti alle gocce di cioccolato?” gli occhi di Demi si illuminarono: non si sentiva affatto pieno, anche se aveva appena finito di mangiare una enorme coppa di gelato “beh… Se si tratta dei biscotti al cioccolato, allora forse posso fare un piccolo sacrificio per assaggiarne uno”

“Allora corri in cucina che li ho appena sfornati e sono ancora caldi!”.

Il bambino, senza perdere un solo istante di tempo, corse subito dentro casa, seguendo il profumo delizioso dei dolcetti che proveniva dalla cucina.

Pamela rise ancora una volta divertita e poi rivolse uno sguardo carico d’amore al suo nipotino più grande, Keith; l’espressione serena della donna, però, cambiò non appena vide il viso corrucciato del bambino ed il brutto livido che aveva attorno all’occhio sinistro.

“Keith! Mio dio!” esclamò, subito, allarmata, portandosi le mani alle guance “che ti è successo? Come ti sei procurato quell’occhio nero?”.

“Non ho voglia di parlarne” borbottò il bambino, entrando in casa senza salutare la nonna materna a cui era tanto affezionato e senza degnarla neppure di uno sguardo; quello strano comportamento non fece altro che allarmare ulteriormente Pamela, che rientrò in casa immediatamente per esigere altre spiegazioni, seguita da Jennifer che aveva con sé le valige dei due bambini.

“Keith, aspetta, ma dove stai andando con così tanta fretta? Keith?”

“Vado in camera mia”

“Ma, tesoro, ho preparato apposta i biscotti per l’arrivo tuo e di Demi! Sono quelli con le gocce di cioccolato, i vostri preferiti! Non vuoi assaggiarne neppure uno? Dai, Keith” tentò di persuaderlo la donna “vieni in cucina a mangiare un biscotto ed a bere un bicchiere di latte, sono sicura che poi ti sentirai meglio e vorrai raccontare a me, a Jennifer ed a Demi come ti sei procurato quel brutto occhio nero”

“Ho detto che vado in camera mia, lasciatemi in pace! Non ho voglia di mangiare quei biscotti!”

“Ehi! Chi ti ha insegnato a ribattere in questo modo?” Jennifer appoggiò le valige sul pavimento ed incrociò le braccia sotto il seno, rivolgendo un’espressione seria e sconcertata al bambino che si trovava già a metà scala e che le dava le spalle “ehi, signorino! Sto parlando a te, lo sai? Guardami quando ti parlo e non rispondere più in quel modo, hai capito? Hai capito quello che ti ho detto, Keith?”

“Tu non sei mia madre, quindi non hai il diritto di ordinarmi un bel nulla!” gridò lui, voltandosi di scatto e guardando Jennifer con un’espressione così dura che la ferì molto di più delle parole che aveva pronunciato; Keith le voltò di nuovo le spalle e sparì nella propria camera da letto salendo in fretta gli ultimi scalini e sbattendo con forza la porta.

Nel silenzio più assoluto, entrambe sentirono lo scatto della chiave all’interno della serratura: quello era il modo di Keith per rimarcare il concetto che aveva espresso con quell’urlo carico di rabbia e rancore; voleva restare completamente da solo e non voleva sentirsi dire cosa doveva o non doveva fare, perché l’unica persona ad avere quel diritto era sua madre.

E sua madre non c’era più da quattro mesi.

La ragazza si coprì la bocca con la mano destra e scosse la testa; Pamela le passò il braccio sinistro attorno alle spalle e le mormorò qualche parola all’orecchio destro per tranquillizzarla, convincendola ad andare in cucina ad assaggiare i biscotti su cui Demi si era già lanciato all’attacco, come lo dimostravano la bocca sporca di cioccolato ed il mucchietto di briciole apparso sopra la tavola.

“Nonna, questi biscotti sono spaziali!” commentò in tono entusiasta; per fortuna, il piccolo era talmente assorbito dallo spuntino a sorpresa da non aver sentito le parole del fratello maggiore “sei la cuoca più brava del mondo, lo sai?”

“Grazie, tesoro mio” rispose Pamela, tornando a sorridere, posando un bacio sulla testa di Demi e prendendo una salvietta per pulirgli la bocca “ma è meglio se il resto dei biscotti li lasci per la colazione di domani mattina, altrimenti rischi di trascorrere la notte in bianco a causa del mal di pancia, non credi? Perché non vai fuori in giardino a giocare un po’, visto che è una bellissima giornata di primavera? Ma resta qui davanti, dove posso vederti, d’accordo?”

“Sì!” esclamò Demi, alzando le piccole braccia, entusiasta; Pamela lo aiutò a scendere dalla sedia su cui si era arrampicato da solo ed il bambino corse in giardino: con ogni probabilità sarebbe rientrato ricoperto di terra dalla testa ai piedi, con le ginocchia sbucciate e pronto per entrare nella vasca da bagno prima della cena.

Jennifer si lasciò cadere su una sedia con un sospiro e si coprì gli occhi con la mano destra; non degnò i biscotti alle gocce di cioccolato, di cui era sempre stata ghiotta, neppure di uno sguardo, perché aveva lo stomaco completamente chiuso a causa della discussione avuta con David e, soprattutto, a causa dei preoccupanti comportamenti di Keith.

“Che cosa devo fare con lui, mommi? Che cosa dobbiamo fare? Ormai non so più come comportarmi con lui! Io cerco di essere comprensiva e di portare pazienza, ma lui…” la giovane emise un profondo sospiro “lo hai visto anche tu”

“Cerca di portare ancora pazienza, Jen” rispose Pam, riempiendo un bicchiere di latte “se per noi è dura, per Keith lo è il doppio. Demi, grazie al cielo, è ancora piccolino e l’ha vissuta in modo diverso, ma Keith era già abbastanza grande per rendersi perfettamente conto di quello che stava accadendo, e per un bambino di sei anni è terribilmente doloroso e difficile rielaborare un lutto… Soprattutto quando si tratta di rielaborare il lutto per la perdita della propria madre”.

Jen emise un secondo sospiro e serrò le palpebre per un istante.

“E l’occhio nero?” chiese, poi, riaprendoli “come lo spieghi l’occhio nero? Perché non vuole dirci cosa è successo? Credi che abbia picchiato un suo compagno di classe? Credi che abbia iniziato a sfogare il dolore in questo modo?”

“Non scendiamo a conclusioni affrettate, Jennifer, lo sai come sono fatti i bambini… A volte capitano cose simili per un litigio un po’ troppo acceso. Lasciamo a Keith il tempo di sbollire la rabbia da solo e poi vedrai che sarà lui stesso a raccontarci che cosa è successo, d’accordo? Ma sono sicura che non ci sarà nulla di cui preoccuparsi”

Mommi, ne sei proprio sicura? Non pensi che…” la giovane si bloccò  e si morse il labbro inferiore, indecisa se continuare o meno la frase “non pensi che forse dovremo iniziare a prendere in considerazione l’idea che Keith… Insomma… Che inizi a parlare con una persona esperta, che lo aiuti con… Con quello che sta passando in questo momento?”.

Pamela smise di disporre i biscotti sopra un vassoio e guardò la figlia adottiva negli occhi; Jennifer, per un momento, lesse nei suoi occhi il dubbio e l’incertezza misti ad una profonda preoccupazione: anche lei era stata sfiorata dallo stesso pensiero, ma non lo aveva mai confessato.

Entrambe, segretamente, nutrivano una profonda preoccupazione nei confronti di Keith perché temevano che il brutto colpo subìto ed il repentino cambio di carattere avvenuto nel giro di pochi mesi potessero sfociare in qualcosa di ancora più preoccupante, che lo avrebbe fatto assomigliare ancora di più al padre.

Entrambe temevano che le conseguenze della perdita prematura della madre potessero far depositare ed in seguito germogliare il seme della stessa follia sbocciata in Syd anni prima; o, peggio ancora, magari in un prossimo futuro, con l’arrivo del periodo turbolento dell’adolescenza, avrebbero potuto spingerlo ad intraprendere la strada sbagliata che lo avrebbe trascinato sempre più in basso, sempre più in basso…

Fino ad assomigliare ancora di più a suo padre.

Qualunque fosse il suo futuro, Keith sembrava essere già predestinato ad ripercorrere le stesse orme di Syd.

Né Jennifer né Pamela, dopo la scomparsa prematura di Ginger, riuscivano a scrollarsi dalle spalle quella orribile sensazione che si faceva sempre più oppressiva giorno dopo giorno.

Pam, tuttavia, anziché accennare alle paure che la tenevano sveglia durante la notte (insieme al dolore che non si era fatto meno intenso, nonostante fossero trascorsi quattro mesi), liquidò la faccenda agitando la mano destra e pronunciò alcune parole nel vano tentativo di tranquillizzare sé stessa e l’unica figlia che le era rimasta.

“No, sono sicura che non ci sarà bisogno di scendere a soluzioni così drastiche con lui. Ti stai preoccupando in modo eccessivo per nulla, Jennifer. Keith ha solo bisogno di altro tempo per riprendersi e noi non possiamo fare altro che stargli vicino ed avere pazienza: quando si sentirà pronto a venire da noi ed a sfogarsi, allora lo farà di sua spontanea volontà. Forzarlo non serve a nulla”.

La ragazza annuì in silenzio e poi fece un mezzo sorriso, scuotendo la testa, dandosi mentalmente della stupida per essersi preoccupata così tanto inutilmente.

Mommi aveva perfettamente ragione, come sempre del resto: Keith era un bambino dolcissimo e buonissimo che non aveva mai dato nessun problema, e che ora stava affrontando un orribile periodo; loro due non potevano fare altro che supportarlo, confortarlo ed attendere pazientemente che fosse lui a fare il primo passo verso di loro.
E quando avrebbe fatto il primo passo, tutto il resto sarebbe stato una strada in discesa.

“Hai ragione” mormorò poi, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro “mi sto preoccupando per niente… Dobbiamo portare pazienza ed il resto verrà da sé”

“Nonna! Nonna! Nonna!” esclamò Demi, rientrando in quel momento dal giardino, lasciando dietro di sé una lunga scia di impronte di fango; proprio come Pamela aveva immaginato, era sporco, aveva le ginocchia sbucciate ed era pronto per essere infilato dentro la vasca da bagno “nonna! Nonna! Nonna!”

“Cosa c’è, tesoro?” chiese Pamela, voltandosi verso il nipotino più piccolo, ritornando a sorridere; sorvolò sulle condizioni disastrose in cui versava il bambino, preferendo concentrarsi sulle mani che teneva nascoste dietro la schiena “cos’hai lì?”

“Una piccola sorpresa per te!”

“Ohh, per me? E di che cosa si tratta?”

“Ecco qua!” esclamò di nuovo Demi, mostrando con espressione trionfante il piccolo mazzo di fiori che aveva strappato da uno dei vasi accuditi amorevolmente dalla donna “li ho raccolti apposta per te, nonna! Per ringraziarti dei biscotti spettacolari che hai preparato!”.
   
 
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