Serie TV > La casa di carta
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Autore: AliceGerini    09/07/2020    0 recensioni
L’amore è un’arma molto potente.
Ma anche l’odio non scherza.
C’era una persona che il Professore non aveva previsto. E se non l’aveva prevista lui, come avremmo potuto farlo noi?
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Berlino, Il professore, Nuovo personaggio, Palermo, Tokyo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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BANCA DI SPAGNA, PRESENTE

 
Soffoco i colpi di tosse mentre strisciando mi allontano dall’esplosione, in testa un solo pensiero: Rio e Denver sono morti.
Perché è impossibile sopravvivere ad un colpo simile.
I passi pesanti e frettolosi di Gandìa alle mie spalle suggeriscono che se la sia data a gambe, bastardo, con tutta questa polvere non capisco dove si sia diretto e nonostante conosca la mappa a memoria sarebbe un azzardo troppo grosso muoversi alla cieca basandomi solo sul rumore dei suoi piedi.
Sarebbe come combattere dentro ad un pesante banco di nebbia con risultato di una morte certa.
Aspetto che torni più o meno tutto alla normalità, mentre cammino verso il luogo dell’esplosione cerco di fare attenzione a dove metto i piedi, avere un detrito sotto la pianta del piede non è il massimo.
Denver e Rio sono a terra, il primo mezzo cosciente l’altro completamente svenuto, forse la bomba sganciata da Gandìa non era così potente. O forse sono stati fortunati.
È da Rio che vado senza aspettare un secondo di più, gli sento il battito cardiaco sotto al collo e tiro un sospiro di sollievo nel sentirlo ancora vivo.
Mi giro verso Denver…
Per ritrovarmi davanti Gandìa.
Cazzo…Da dove è saltato fuori?
Che abbia usato tutto questo macello per creare confusione e non essersi mosso veramente di un centimetro?
Mi sollevo lentamente con le mani in alto, ho ancora il mitra di Nairobi allacciato alla schiena ma sono sicura che se provassi a prenderlo mi crivellerebbe di colpi.
«Farne fuori tre in così poco tempo non è male come record.» ringhia il capo della sicurezza mentre mi squadra da capo a piedi.
Il suo indice è fermo sul grilletto della pistola, non la regge con precisione, forse slogarsi il polso per liberarsi dalle manette deve avergli fatto più male del previsto, c’è una minima probabilità che i suoi colpi non vadano a segno.
«Tuttavia sono un gentiluomo.» mi sorride tagliente, sia avvicina quasi con fare sinuoso, come un cacciatore che gioca con la preda tanto ambita e finalmente catturata: «Vuoi dire un’ultima parola?»
Chiudo gli occhi lentamente, faccio un respiro profondo, sposto il peso del corpo sulla gamba sinistra mentre pronuncio quella che dovrebbe essere la mia ultima parola: «Balliamo.»
Spalano gli occhi.
E da preda mi trasformo in cacciatrice.
   
 
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