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Autore: DARKOS    10/07/2020    0 recensioni
Il ritorno della mia storia ambientata in un ipotetico futuro rispetto alla saga principale, dove i vecchi personaggi ormai cresciuti fanno da guida ai nuovi, mie creazioni. Decenni dopo la battaglia finale, un nuovo Ordine del Keyblade è sorto e starà alle nuove generazioni muoversi al suo interno, e sostenerlo contro le nuove minacce che incontreranno.
Già tentata in passato, spero adesso di renderle più giustizia e portarla a compimento.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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23) Punto di Rottura

GranCastello. Kairi percorreva la strada per la sala del Consiglio, meditando su cos’altro potesse dire o fare per alleviare il clima di tensione e sconforto. Incrociò Aqua, che sembrava sostare proprio nella speranza che succedesse qualcosa o incontrasse qualcuno: il suo senso del dovere le impediva di stare con le mani in mano, ma la sua capacità di gestire il malumore altrui non era delle migliori.
“Oh, Kairi. È appena arrivato il rapporto di Ven sulla missione. Non è che puoi…?”
“Ci penserò io, sì.” Disse stancamente la donna. “Spero almeno rechi buone notizie.”
“Ci ha già inviato Gerey sotto custodia e ha risolto la situazione ad Agrabah. Jasmine e Aladdin stanno bene, e per i nostri figli ci sono solo parole di elogio.”
Aqua pronunciò le ultime parole assolutamente in buona fede e pensando di farle piacere, poi un lampo di comprensione le passò sul volto e assunse un’espressione mesta. Effettivamente Kairi non riuscì ad accettare le belle notizie senza soffrirne un poco, ma si limitò a sorridere amabilmente.
“Si direbbe un successo su tutta la linea. Riferirò, direi ne abbiamo tutti bisogno.”
Salutò Aqua, raggiunse la porta e si preparò ad entrare nella sala, che sarebbe risultata certamente semivuota. Riku era peggio di Aqua nel fornire supporto emotivo, sembrava convinto che tutti reagissero al dolore andando in completo isolamento come lui, il sarcasmo di Vanitas non aiutava- anche se a suo onore almeno capiva quando non era il caso ed evitava di parlare, Paperino e Pippo erano troppo di buon cuore per agire con decisione. Terra e Xion si arrabbiavano soltanto, e Topolino per quanto triste poteva suonare iniziava ad avere un’età, quindi a volte le cattive notizie non gli venivano sempre sottoposte per dare a lui un po’ di pace.
Toccava quindi a lei consolare ed essere di sostegno all’uomo sofferente seduto sullo scranno. Conscia del fatto che perfino la sua abilità di leggere i cuori poteva essersi affievolita, annunciò la propria presenza con un colpo di tosse.  
“Ven ha completato la sua missione. Gerey è sotto la nostra supervisione, i Custodi sono relativamente illesi, la città è salva, Kaze ha dato il massimo.”
Sora alzò lievemente il capo, o per meglio dire abbassò le mani che lo serravano. Esalò un sospiro, ma fu il massimo a cui si spinse: Kairi capì che doveva insistere.
“Sora? Nostro figlio rientrerà al castello a breve, e sarà bene mostrargli quanto siamo orgogliosi di lui e del successo che si è guadagnato.”
“Sarà forse lui a non voler festeggiare, una volta data un’occhiata in giro.”
“Ragione di più: non ho alcuna intenzione di crescere un ennesimo paladino che se non va tutto come previsto non riesce a mettere la testa fuori di casa.”
Non va tutto come previsto? Kairi, quel… quell’uomo… era qui! Davanti a me! E io l’ho mandato in missione, affidandogli due reclute tra cui nostra figlia! Ha distrutto i nostri rapporti con un Mondo, ed è solo ciò che abbiamo appena appreso. Potrebbe esserci tanto altro ancora.” Sora seppellì nuovamente il viso tra le mani, ed in mezzo a quel fiume di negatività mormorò l’unico pensiero che lo struggeva sul serio: “Mizu è a pezzi ed è tutta colpa mia.”
Kairi si ricacciò in gola una risposta più amara del dovuto: suo marito era forte, lo sapeva meglio di chiunque altro. Ma aveva anche lui i suoi momenti di debolezza, specie quando si trattava di sofferenze altrui che Sora interpretava come una sua responsabilità, ed era una sensazione che si era solo acuita da quando era stato messo a capo dell’Ordine. Kairi sapeva che non aveva mai chiesto tutta quella responsabilità, per quanto avesse imparato a conviverci e vederne anche i lati positivi come faceva sempre.
Sedendosi sul trono accanto a quello di Sora, disse: “Non puoi dire che è tutta colpa tua. Lo so che ti viene da colpevolizzarti perché sono persone che conoscevi, quindi sotto la tua tutela… ma questo vale anche nell’altro senso. Sapevano esattamente come colpirci e come muoversi senza venire presi. Tutti questi anni, passati nell’ombra a meditare vendetta… ma tu sei diverso. Noi siamo diversi. Se la situazione è questa è anche perché noi non andiamo ad ingannare le persone e farci giustizia a tutti i costi. Siamo migliori di così, e dovremmo trarne conforto nel dolore.” Tacque, poi con un tono più freddo aggiunse: “Certo, dobbiamo anche pensare a come tutelarci e rispondere in maniera appropriata.”
Dal silenzio di Sora intuì che stava combattendo contro gli spettri del passato, e gli diede qualche altro minuto. Rimasero assieme lì, uniti nel silenzio.
“Sono così fortunato ad averti. Anzi, lo siamo tutti.”
“Mh. Dimentichi che ho una certa esperienza con situazioni senza via d’uscita e fallimenti personali. Ma ogni volta che mi buttavano giù, continuavo a rialzarmi. È l’unico modo per andare avanti.”
“Sei indistruttibile.” Sora sorrise, poi permise al senso di colpa di penetrare un’ultima volta. “Mizu si era anche aperta con me prima di partire, almeno un poco. E ora… non so nemmeno cosa starà pensando, di me o di se stessa.”
“Mizumi è forte, e spinta da un grande senso di giustizia. Anche quando tutto era perduto ha impugnato il Keyblade e lottato fino alla fine. Conosco un certo ragazzo che tempo addietro si fece strada con la stessa tenacia, ed è grazie a lui se siamo tutti qui oggi.” Kairi si interruppe, e nonostante volesse essere positiva fece una smorfia. “A tal proposito, converrai con me che è giunta l’ora di un’altra riunione del Consiglio al completo.”
Sora imitò l’espressione della compagna. “Per quanto sia brutto a dirsi, qualcuno a fine giornata potrebbe stare peggio di me.”

Il viaggio di ritorno con la Falcon fu fin troppo breve per i gusti di Lutum, che anche una volta atterrato nell’hangar esitava a staccare le mani dai comandi.
“Mi mancherà questo gioiello. Chissà quando mai mi ricapiterà.”
“Oh, facile. Basta che alla prossima missione fai sfinire di nuovo il Maestro Ventus.”
“Ehi Kazeshi, ora ti ci metti anche tu? Diamine, speravo che quell’esibizione avesse aumentato il vostro rispetto nei miei confronti… altrimenti che l’ho fatta a fare?”
Risero tutti e tre, galvanizzati dall’ottimo lavoro ed il ritorno alla base. Kazeshi saltò giù dalla nave ed il suo umore migliorò soltanto alla vista di una ragazza dai capelli rossi che saltava su e giù, agitando le braccia nella loro direzione.
“Beh, va riconosciuto che è un gradevole spettacolo. Posso pensare ad accoglienze peggiori.”
“Ehi.”
“Tranquillo, tranquillo, ti ho già detto che ne sono fuori. Ah giusto, non ti ho più dato la mia assistenza al riguardo…” Lutum si chinò rapidamente verso l’orecchio di Kazeshi. “Era stata lei a dirti di migliorare il tuo fendente speciale, no? Raccontale di quanto lavoro ha fatto la tua tecnica, e ricordale che è stata una sua idea. Non risultare troppo ovvio però, o sembrerai un tantino disperato. A nessuna ragazza piacciono i disperati.”
“Grazie mille, Guru dell’Amore.”
“Ehi!” Wanda aveva già rinunciato all’attenderli ed era corsa verso di loro. “Che state bisbigliando? Siete diventati più intimi, o sbaglio? Avrete avuto una missione molto eccitante!”
“Non metterla in questi termini, Wanda, o almeno non urlarli a mezzo hangar,” la redarguì Lutum. “Sembri un filino più agitata del solito, anche la tua missione deve essere stata interessante.”
“No! Una noia. Non abbiamo fatto altro che seguire Deisa mentre raccoglieva delle pagine strappate di un certo libro. A me non è che abbiano detto molto, ma agli Heartless sì da come le difendevano… forse sono avidi lettori?”
“Boh. Mostriamo loro la biblioteca reale e vediamo come reagiscono.”
Kazeshi ritenne che non fosse il caso di mostrare il suo fanatismo per quello che sembrava proprio essere il mitico Libro di Pooh con quei due, e si astenne dalla discussione. A distrarlo dalle farneticazioni di Wanda e Lutum fu l’altro amico che si stava tenendo in disparte, conversando -o forse trascinato in una conversazione- con Ventus.
“Axius!”
“Kazeshi, bentornato. Il Maestro mi diceva che ti sei fatto valere sul campo di battaglia.”
Ventus era perplesso. “Ho detto una cosa del genere?”
“Hai fatto il suo nome parlando dell’Heartless distrutto, posso solo desumere che sia stato merito suo.”
“Ah, mille grazie Ax! Quindi secondo te ho scaldato le poltrone del Sultanato?” si intromise Lutum.
Axius sorrise. “Ne dubito, se tu fossi riuscito a poggiare il fondoschiena su una di quelle poltrone saresti ancora lì a ronfare.”
“Oppure Katsy e Ventus avrebbero dovuto portarsi via l’intera poltrona con lui sopra.”
Il gruppetto condivise il momento di ilarità, ma un Moguri annunciò che Ventus era atteso nella sala del Consiglio. Kazeshi notò che aveva un cipiglio corrucciato mentre si allontanava.
“Chissà perché non hanno chiesto anche di voi due. Noi eravamo assieme a Deisa quando ha fatto rapporto.” Si domandò Wanda.
Lutum fletté le braccia per sgranchirsi un po’. “Probabilmente avranno questioni segretissime da Maestri di cui discutere… lasciate che ve lo dica, ne abbiamo viste di cose in questa missione. Vi racconteremo tutto.”
Kazeshi si guardò attorno. “Sono sicuro anche Mizu vorrà sentire i particolari. Voi l’avete vista?”
Axius scosse il capo. “Subito dopo aver fatto rapporto, ci hanno avvertito che stavate per rientrare e siamo venuti ad accogliervi. Non sappiamo nemmeno se sia tornata.”
“Mh, se non vi spiace vorrei almeno provare a cercarla. Possiamo rimandare la conversazione?”
Wanda gli sorrise. “Assolutamente, Katsy! Veniamo con te.”

Quando Lea entrò in fretta e furia nella sala erano già riuniti tutti gli altri Maestri del Consiglio. Ventus aveva appena finito di ascoltare il punto della situazione e sfregava le mani, pensieroso. Il Maestro dai capelli di fiamma marciò dritto verso il suo trono e senza riuscire a sedersi fissò Sora, gli occhi animati da intense emozioni.
“È vero? Osmer è riapparso?”
Ci fu una consueta pausa generale in cui tutti aspettarono una rispostina salace da parte di Vanitas, il suo famoso “Ve l’avevo detto”, ma il Cavaliere taceva. Sora inspirò, preparandosi a rivivere quegli eventi per la terza volta nello stesso giorno.
“Osmer era Cyde. Se lo è sempre stato o ha ad un certo punto rimpiazzato l’uomo non ci è dato saperlo. Sappiamo solo quello che ha raccontato a Mizumi, e memoria traumatizzata e confusa di lei a parte non è da escludere che le abbia detto anche delle falsità. Ma che fosse veramente lui non sembra essere in discussione, tutto quello che è accaduto rientra nel suo modo di operare.”
Lea serrò i pugni, ma non esplose in qualche accusa o invettiva. Riuscì miracolosamente a sedersi, e portandosi una mano alla tempia chiese sarcastico: “E la Prima Pietra è riuscita a guardare dall’altra parte ogni volta che lui entrava a GranCastello in tutti questi anni?”
Accanto a lui Hokori lo osservava senza dire nulla, forse impressionata dallo stato emotivo del compagno.
Intervenne Riku: “Se Mizumi ha capito bene, parrebbe che Osmer sia diventato un Nessuno.” Una pausa, mentre perfino chi già aveva sentito la storia corrugava la fronte dinnanzi a quella rivelazione. “I Nessuno sono quasi tutti scomparsi assieme a Xemnas, e non abbiamo mai avuto prove che la Pietra reagisca alla loro presenza. Almeno non con Nessuno che non abbiano ricevuto… trattamenti particolari.” Concluse, guardando verso Naminé.
“Che disastro.” fece Xion. Si guadagnò un’occhiataccia da parte di Kairi, ma la liquidò con un gesto stizzito. “Ci eravamo  detti pronti ad affrontare la minaccia, ma non potevamo immaginare avrebbero colpito da così vicino, e abbiamo perso un Mondo per questo. Sarà difficile ora trattare con gli altri, e guadagnarci il rispetto di chi già era diffidente.”
Lea sembrava fisicamente ed emotivamente sfinito. “Mi state dicendo che Osmer e gli altri… che sono ancora in circolazione, e che sono dei Nessuno?”
“Davvero ti sorprende?” Vanitas prese finalmente parola. “Che erano in giro lo sapevamo, o almeno io non ho mai creduto alla favola che erano scomparsi per sempre nelle tenebre. Quanto all’essere Nessuno… che dire, non gli sono certo mancati i modelli teorici da seguire. Ennesima conferma a posteriori che a Ren e gli altri abbiamo insegnato troppo.”
“No. Stavolta non c’entra lui, o noi.” La voce di Lea riacquistò vigore, grazie all’ira da tempo sopita. “È Isa. Ne sono certo.”
In quella sala, solo Xion poteva arrivare a comprendere pienamente il dolore che in quel momento Lea stava provando. “Pensi si spingerebbe di nuovo a tanto?” gli chiese, conoscendo già la risposta.
“Che si sia ritrasformato lui stesso oppure no, ha di certo condiviso le informazioni per farlo. Ma lo sapevo da tempo, da quella notte alla Frontiera: I Nessuno saranno tornati solo ora, ma Saix è rinato in quel momento.”
Seguì una pausa, che aveva un significato diverso per ciascuno dei presenti. Quando ritenne che era ora di ripartire con la discussione, Terra si rivolse a Ventus: “Ven, tu sei riuscito a prendere Gerey, giusto? Direi di partire da lì, ovviamente la sua trasgressione non è stata una coincidenza.”
“Concordo. Prima di decidere qualsiasi grande piano d’azione, occorre venire a capo di questa faccenda.” Aggiunse Aqua.
Nuovamente Riku sopraggiunse col suo tono piatto e pragmatico. “Siamo già stati da Gerey. Ho pensato anch’io che fosse l’anello di congiunzione, e non volendo restare con le mani in mano… comunque, controllandolo è risultato abbastanza chiaro che le sue azioni siano state manipolate.”
Kairi non ne era a conoscenza. Forse Riku non era andato a chiudersi in se stesso senza far nulla, dopotutto. “Manipolate? Come Jasmine?”
Naminé annuì: “Riteniamo sia stata la stessa possessione usata su di lei, anche se più forzata. Rispetto all’altro soggetto che abbiamo studiato, non c’è voluto molto per far rinsavire Gerey: probabilmente i Perduti non lo consideravano nemmeno uno di loro.”
“Oppure volevano farcelo scoprire” commentò Vanitas. “Probabilmente entrambe le cose.”
Sora si voltò verso Naminé. “Hai detto che Gerey è rinsavito?”
“Sì. Sembrava assolutamente disgustato quando gli abbiamo raccontato delle sue azioni, e giura di non serbarne ricordo. Collima con altri casi simili, ma potrai giudicarlo tu stesso se vuoi.”
“Almeno non abbiamo perso un valente guerriero. Certo, dovrà rinforzare il suo addestramento contro la corruzione, ma se è stato irretito da Osmer in persona non gliene possiamo fare completamente una colpa.” Concluse Riku.
Considerato che Topolino era stato tenuto fuori dalla riunione almeno fino all’ottenimento di informazioni più precise, Hokori era rimasta l’unica a non aver detto nulla. La Maestra incrociò le braccia, fissò Sora e chiese: “Come sta tua figlia?”
Il Gran Maestro accusò il colpo, ma memore delle parole di Kairi si ripromise di non cedere e rispose: “Mizumi è… in un brutto luogo al momento. Ci siamo passati un po’ tutti, prima o poi. Con lei speravo accadesse più poi che prima.”
“Allora è a quello che devi dare priorità, poi a tutto il resto. Non salverai l’universo attuale se non riesci a tutelare i Custodi futuri.”
Prese parola Terra: “Giustissimo. Il fallimento è un qualcosa con il quale tutti i Custodi devono rapportarsi, ma si può rendere l’esperienza assai meno nociva con il giusto supporto. A Mizumi gioverà avere delle persone che credono in lei.” Il Maestro guardò sia Aqua che Ventus, ed entrambi sorrisero teneramente a quelle parole.
Lea si rivolse a Hokori. “Mostrare supporto e comprensione con i ragazzi? A Wanda sembrerà che siano arrivati Natale e compleanno assieme.”
La Maestra assunse un cipiglio altero, replicando: “Non ho mai maltrattato o trascurato nostra figlia, nonostante quello che si possa pensare. Magari con un approccio più diretto finirà anche il tuo continuo bastonarmi al riguardo.”
Tutti ridacchiarono, portando un clima di serenità che spazzò l’agitazione ed il nervosismo del momento e delle giornate precedenti. Kairi pensò di potersi finalmente rilassare e andare ad abbracciare suo figlio. Entrambi i suoi figli.

Kazeshi richiuse la porta degli alloggi e fece cenno di no ai compagni con la testa. Avevano cercato ovunque: sale di addestramento, giardini, i loro appartamenti, ma di Mizumi non vi era traccia.
“Se non covasse un’antipatia congenita per i pannelli di teletrasporto mi verrebbe da dire che sia salita su uno e sia finalmente riuscita a perdersi.” Fece Axius.
“E se non fosse che al massimo sopporta le altre persone e le folle le danno il mal di testa, oserei dire che stia facendo un giro in città.” Disse Lutum. “Rimarrebbe il bagno, ma per ovvi motivi i nostri mezzi di ricerca si ridurrebbero di tre quarti.”
Guardò Wanda, che prendendolo sul serio rispose: “Io non li vado a controllare tutti i gabinetti della fortezza.”
“Che strano…” mormorò Kazeshi. Chiunque a quel punto avrebbe semplicemente concluso che non era ancora tornata, eppure una brutta sensazione si era impadronita di lui e non lo lasciava andare. Sentiva che doveva trovare sua sorella il prima possibile, ma l’unica opzione rimasta era vedere se il Consiglio avesse terminato la riunione e chiedere direttamente ai suoi genitori. Stava per dirlo agli altri, quando scorse una sagoma attraversare uno dei corridoi: superò i suoi amici e la raggiunse, tirandole un braccio per fermarla.
Se Zane fosse rimasto infastidito dal suo gesto, non lo diede a vedere. Rimase a fissare Kazeshi con uno sguardo che quest’ultimo non riuscì a decifrare.
“Ehi!” fece Lutum, raggiungendoli. “Tu eri in squadra con Mizumi! Zane, se non ricordo male.”
“…sì.”
“Quindi siete tornati! Quando avete fatto rapporto? Nessun Moguri ce l’ha saputo dire.”
“Il rapporto… il rapporto.” Il ragazzo inspirò a fondo, e poterono notare il tremolio nel suo respiro. “Sono venuti a prenderci, e il Gran Maestro ci ha interrogati privatamente stamattina. Non c’è stato rapporto.”
Il suo comportamento apparve strano a tutti, ma Kazeshi per una volta aveva fretta di andare al sodo.
“Ascolta, abbiamo cercato ovunque ma non siamo riusciti a trovare mia sorella. È chiaro che c’è davvero qualcosa che non va. Ti prego, dimmi cosa è successo e se sai dov’è Mizumi.”
Zane non si fece pregare. “D’accordo. Mi hanno detto dov’è Mizumi, ma anche di lasciarla in pace per il momento… ma penso che meriti di sapere com’è andata.” Esitò un momento, guardando Wanda e gli altri, ma Kazeshi intervenne: “Se posso sentirlo io, possono sentirlo anche loro.”
Raccontò loro tutto, dall’inizio della missione fino alle tremende verità emerse alla fine, che aveva sentito Mizumi stessa riferire ai suoi genitori ore prima. Quando ebbe terminato, Kazeshi non sapeva cosa dire. Axius sembrava a corto di parole quanto lui, e Lutum si era portato una mano alla bocca forse per nascondere la sua espressione sconvolta. Wanda aveva tirato fuori lo sguardo duro della madre e sembrava assorta in pensieri profondi.
“Abbiamo trovato un Moguri e contattato GranCastello. Come ho detto, ci sono venuti a prendere e il Gran Maestro ci ha detto di non dire nulla per il momento. Ma non penso terrebbe il segreto con te, e hai diritto di sapere. Quanto a dove si trova tua sorella-“
Kazeshi lo interruppe. “Lo so. So dov’è ora.” Si voltò verso gli altri e disse: “So che si era detto di andare tutti assieme, ma-“
“Kaze, ma ti pare? Vai, e ricordati solo di dirle che ha tutto il nostro sostegno. E se dovessero convocarci per il resoconto sulla nostra missione, ti coprirò le spalle. Mi prenderò chiaramente il merito di tutte le strategie come compenso, ovvio.” Lutum gli tirò un pugno sul braccio per tirarlo su.
Il ragazzo annuì riconoscente, ed imboccò il corridoio che l’avrebbe portato più vicino a sua sorella.

[Le Isole del Destino, otto anni prima]
Kazeshi sperava sinceramente che la mamma non l’avrebbe messo in castigo. Sapeva che gli aveva detto di restare a casa, ma sapeva anche di essere l’unico che poteva trovarla. E poi lì in città non succedeva mai niente di pericoloso, erano tutti buoni e gentili. Aprì pian piano la porta di casa e controllò che le luci degli adulti fossero ancora alla spiaggia.
Mizumi aveva picchiato tre altri bambini (ricavandone lei stessa un livido sotto lo zigomo, evento raro), che non condividevano però il suo codice d’onore ed erano andati a dirlo in lacrime ai loro genitori, che di conseguenza avevano bussato alla loro porta poco dopo. Quella volta la mamma si era arrabbiata sul serio con Mizu, aveva alzato la voce e parlato di punizioni, ma Mizu non aveva pianto né detto nulla. E altrettanto silenziosamente doveva aver lasciato la loro cameretta dopo cena, portando la mamma e gli altri adulti a cercarla.
Kazeshi prese la via centrale verso la piazza. Poteva sembrare logico andare alla spiaggia o addirittura all’isola visto che era dove loro e gli altri bambini passavano il tempo, ma lui sapeva che proprio per quel motivo Mizu non sarebbe mai andata nel primo luogo dove l’avrebbero cercata: rifletté anche che a volte gli adulti sembravano convinti che i bambini fossero completamente scemi.
Giù alla piazza c’era il Municipio. Il Nonno Sindaco era in carica fin da quando la mamma era piccola e non era il loro vero nonno, ma loro lo trattavano con lo stesso affetto e lui ricambiava amorevolmente. Era quindi abituato a raggiungere il suo ufficio per fargli visita, e fu proprio lì che la trovò. Mizumi sedeva per terra in un angolo, le ginocchia rannicchiate. Ebbe un leggero sussulto quando Kazeshi aprì la porta, ma poi si ricompose.
“Tana.”
“Bravo.” Solito scambio di battute. Aveva iniziato a dirgli “bravo” ogni volta che lui la trovava, il che accadeva spesso. Non le aveva mai chiesto il motivo, forse era il suo modo di fargli dei complimenti: o forse sperava che fosse così, perché a lui a faceva piacere.
“Mamma e gli altri ti stanno cercando.”
“…”
“Saranno molto arrabbiati poi” insistette Kazeshi.
“Non mi importa. Sono già in castigo, no? Torna a casa o ci finirai anche tu.”
Gli diceva sempre di lasciarla e tornare indietro e aveva senso, ma Kazeshi era sempre rimasto. Meditò su cos’altro dirle.
“Non penso dovresti fare queste cose a mamma. Mi sa che è più triste che arrabbiata quando fai così.”
“È colpa loro. Stupidi spioni.”
“Tu li hai picchiati.”
“Loro hanno detto che papà è un bugiardo. E mi hanno chiamata mostro quando gli ho detto di smetterla. E si sono messi in tre contro una bambina.”
Kazeshi aggrottò le sopracciglia e la guardò strano. “Ma li hai riempiti di botte, quindi sull’ultima cosa non avevano tutti i torti.”
Mizumi rise, e dopo un po’ rise anche lui. Poi le tese la mano.
“Ora andiamo da mamma, d’accordo?”
Lei annuì e gli permise di aiutarla a rialzarsi.

Kazeshi svoltò l’angolo verso l’entrata della camera disciplinare e non fu sorpreso di vedere sua madre ad attenderlo.
“Ormai hai imparato, eh?”
Kairi sorrise mestamente. “Che tu ci creda o meno, i cuori dei bambini sono molto difficili da leggere e localizzare. Se avessi potuto tracciarvi così anche all'epoca mi sarei risparmiata un sacco di grattacapi.”    
“Sei… ci avete…”
“Le abbiamo parlato? Certo, subito dopo il rapporto sulla missione. È andata come ti puoi immaginare.”
Madre e figlio rimasero in silenzio per qualche secondo, meditando su tutto ciò che era successo nelle ultime ore. Ripensando con mente lucida al racconto di Zane, Kazeshi si rese conto solo in quel momento che c’erano molti elementi paradossali e dei quali era profondamente ignorante in ciò che era successo a Mizumi, e si chiese anche se parlarle fosse un compito adatto a lui.
“Un bel casino.” Disse ad alta voce.
“…già.” Rispose Kairi, sebbene dal tono sembrava anche lei immersa nei propri pensieri. “Allora, pensi di voler entrare?”
Il ragazzo inspirò a fondo prima di rispondere. “Sì. Avevi ragione, sai? Negli ultimi tempi mi sono apparse chiare molte più cose. Sono sicuro lo stesso vale per Mizu, ha solo bisogno che qualcuno la aiuti a vederla in questo modo.”
“D’accordo. Ah, prima che me ne dimentichi. Tuo padre sta chiamando Lutum a rapporto, immaginavamo entrambi che tu non ci saresti stato, e quindi si unisce a me nel darti questo.”
La Maestra corse ad abbracciare il figlio, stringendolo teneramente a sé. “Congratulazioni per il tuo successo, figliolo.”
Kazeshi ricambiò l’abbraccio, prendendolo sia come un complimento personale che come sostegno da passare anche a Mizumi. Guardò la madre un’ultima volta, poi aprì le porte della camera.
Dentro era tutto buio, come se non ci fosse nessuno, e sapeva che era proprio la sensazione che lei voleva dare. Non provò nemmeno a cercarla con lo sguardo sugli scranni dei giudici, e mentre gli occhi si abituavano all’oscurità procedette verso la pedana degli imputati, dove la vide: stessa posa, ginocchia rannicchiate e braccia conserte, acquattata con la schiena addosso al banco.
“Tana.”
“…bravo.”
Un filo di voce, che impensierì Kazeshi molto più della pausa. Anche quando colpevole di qualcosa o dopo un fallimento, Mizumi non perdeva mai quella sua sfacciataggine e durezza d’animo che denotavano la sua innata forza interiore. In quel momento era davvero fragile.
“Come mai sei qui?”
“Tu scegli sempre dei posti che rispecchiano l’autorità quando senti di aver sbagliato. Per coincidenza si tratta anche di luoghi che di solito non frequenti, quindi diminuisci le probabilità che qualcuno ti trovi.“
Lei rise, ma non una delle sue risate piene e allegre, solo un flebile risolino sarcastico. “No, no. Mi chiedevo perché sei qui a perdere tempo, invece di godere del tuo successo.”
“Mizu, dai” fece Kazeshi, addolorato. “Lo sai che non è vero. Dici così solo perché vuoi crederci.”
“Non so più che cosa voglio. Ultimamente mi sembra che tutto ciò che voglio o è sbagliato nel principio, oppure produrrà risvolti catastrofici.”
“Non potevi prevedere-“
“Sì, lo so! LO SO!” Mizumi scattò in piedi, e si mise letteralmente a urlare dalla frustrazione. “So che non potevo prevedere un Maestro traditore diventare uno stramaledettissimo Nessuno, non potevo sconfiggerlo in combattimento, e dovrei trarre conforto dal fatto che anche papà e gli altri sono stati ingannati! Ma non posso. Ogni volta che succede un imprevisto, sorge una minaccia, ogni volta che c’è… qualcosa, io ne esco sempre peggio. Tu, Wanda e gli altri fate sempre un po’ di più, avete quel barlume, quel singolo pensiero o movimento al momento giusto.”
“È normale vederla così, Mizu, succede a tutti. Ci si colpevolizza, e gli altri appaiono migliori di quanto in realtà siano.”
“Oh, ma per piacere, Kaze. Non mi parlare anche tu come se fossi soltanto una ragazzina in cerca di rassicurazioni.” Dato che la pedana su cui si trovavano non permetteva loro di muoversi agevolmente, Mizumi scese e camminò per la sala buia.
“Wanda è stata la migliore durante l’esame, e la prima a comandare una squadra. Axius arriva ai concetti più profondi come se già li conoscesse. Lutum ha sistemato l’Heartless durante la nostra prima missione. E non vedo l’ora di sapere quali prodezze hai dimostrato nel tuo ultimo incarico.”
Non era stato possibile per Mizumi ricevere notizie sull’esito delle altre missioni, quindi stava procedendo per puro intuito. Era incredibilmente precisa in quello, ma Kazeshi sapeva che non era il tipo di lode che cercava.
“Dimmi: tra il farmi beccare non una, ma ben due volte mentre sto infrangendo le regole, non riuscire ad affrontare gli Heartless, rispondere continuamente male ai superiori ed ottenere probabilmente il più clamoroso fallimento nella storia dell’Ordine, qual è stato il mio momento di gloria? Dove mi sono distinta, ripagando tutti gli sforzi fatti e le aspettative nei miei confronti? Dove? Dimmelo!”
Kaze ascoltò tutta la sfuriata serafico. Sua sorella era frapposta fra lui e i sedili dei giudici, ed il modo in cui allargava le braccia creava una strana dicotomia: poteva sembrare sia una colpevole che si stesse arrendendo alla propria condanna, sia un emissario che stava giudicando lui sulla pedana. Considerato quanto erano legati l’uno all’altra, trovò la cosa alquanto interessante.
Ma non si arrabbiò con Mizumi, né alzò la voce; non si mise a cercare una possibile occasione in cui lei si fosse distinta, e non iniziò ad elencarle le sue qualità o i difetti degli altri. Non era ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Senza dire nulla si avvicinò a lei e la abbracciò forte, cercando di imitare i loro genitori e di infondere in quel gesto il medesimo amore e accettazione. E Mizumi si lasciò andare e scoppiò a piangere.
“Dev’essere stato terribile. Mi dispiace tantissimo che la tua missione sia andata a finire così. Dispiace a tutti noi.”
Attraverso il contatto poteva sentire il corpo di Mizumi venire scosso dai singhiozzi. “Erano… così tanti… all’inizio pensavo di doverli combattere, di dover fare loro del male. Poi… lui è apparso… e ha rovinato tutto. Sentivo le urla degli uomini che si spegnevano, e l’Heartless che ruggiva, e poi lui che mi diceva tutte quelle cose. Io… Io mi fidavo…”
“Lo so. Lo immagino. È stato un fallimento, e lo dobbiamo accettare. Ma l’importante è che ora tu non crolli. Adesso si piange, ma verrà il tempo di tornare ad essere felici… e di migliorare.”
Kazeshi la prese per le spalle e la guardò negli occhi. Pur essendo spesso la voce della ragione nel duo, mai era stato così deciso e assertivo. “Che dici, andiamo fuori da qui? Respirare aria fresca ti farà bene, e prima o poi dovrai affrontare gli altri.”
Mizumi si asciugò gli occhi e tirò su col naso. “Sì. D’accordo. Dobbiamo anche celebrare la tua missione, e in famiglia condividiamo tutto, no? Sto bene ora, è tutto apposto.”
Ma lui sapeva che non era tutto apposto, e che quella volta non si sarebbe risolto tutto con la loro madre in lacrime che dopo averli rimproverati gli avrebbe portato due coppe di gelato, dicendo che valeva la pena festeggiare anche solo che fossero ancora tutti sani e salvi. Guardando la schiena di sua sorella mentre uscivano Kazeshi sapeva che qualcosa si era spezzato, e serrando i pugni in un inusuale accesso d’ira giurò silenziosamente che il responsabile non l’avrebbe passata liscia.

Il corridoio oscuro eruppe sul percorso malandato, Oscurità concretizzata rispetto a quella presente nell’atmosfera. Osmer ne uscì fuori, imprecò sottovoce e si affannò a mettersi il mantello. Troppo tempo passato nella Luce gli aveva fatto dimenticare di prendere le giuste precauzioni una volta tornato negli abissi oscuri.
“O forse parte di me rimpiange ancora la mia vecchia armatura.”
Vedendo il lato positivo come suo solito, si rallegrò di essersene accorto da solo invece di venire ammonito dalle risate bercianti dei suoi compari. Sulla via verso il ritrovo notò i vari figuri che pattugliavano i dintorni e come alcuni non fossero palesemente esseri viventi ma non si fece troppe domande, gli avrebbero sicuramente raccontato tutto al suo ingresso.
Ogni volta che apriva una delle porte a GranCastello veniva accolto da risate e toni allegri, il tutto circondato dalla radiosità e magnificenza del posto, impressionante senza mai cadere nell’ostentazione di opulenza. Invece i due pesanti battenti di pietra scandirono il suo rientro in una sala debolmente illuminata da fuochi bluastri, con solo una decina scarsa di individui tetri che a stento proferivano parola. Sorrise, non sapendo se fosse più inquietante che quella era la sua organizzazione o che la sola vista di quel tugurio lo appagasse molto di più.
“Una festa per me, signori? Non dovevate!”
Non una risata, né un verso di sfida: quelli che avrebbero voluto provocarlo si ricordavano bene di cosa era capace. Si chiese se Gashur avesse ancora la cicatrice.
Una forma melliflua si adagiò meglio posando le gambe sul tavolo, e perfino in quelle tenebre e col cappuccio si intravedevano le iridi così chiare da risultare praticamente bianche.
“E torna il figliol prodigo… almeno hai messo il mantello. Sarebbe stato triste, tutti quegli anni passati sotto copertura per poi diventare un ammasso di Oscurità incoerente a due passi dalla porta.”
“Nelka, le tue parole mi feriscono. Hai davvero una così bassa stima di me?” “Razza di…” In condizioni ideali Osmer era sempre in grado di accorgersi degli occhi inopportuni di Nelka, ma dovette riconoscere che era decisamente fuori allenamento.
“Allora non mi sbagliavo, sei proprio tu Osmer. Sei cambiato.”
“Aburnas! Ti piace il mio aspetto? Naturalmente ho dovuto… reinventarmi un poco.” Si voltò verso l’ennesimo incappucciato. “Mi sono ispirato a te per la cicatrice, Gashur! L’ho sempre considerata una sorta di memento che ci univa, ma mi pare di aver capito che permettere ad altri guerrieri di sfregiarti sia diventato un tuo hobby.”
Gashur emise un verso che esprimeva chiaramente la sua voglia di regalargli qualche altro “memento”, ma o per via delle ferite o perché sapeva sarebbe stato un azzardo, si trattene.
Nelka riprese a parlare: “Se non sbaglio sei anche un Nessuno adesso, no? Dovremmo cambiarti nome. Qualcosa come Morxes o Semrox, forse?”
Parlava con apparente noncuranza, ma senza provare a nascondere la totale freddezza ed il disinteresse verso la persona alla quale si riferiva. Osmer ricordava di come queste sue qualità le avessero dato problemi anche all’interno dell’Ordine, sebbene qualcuno ne fosse stato addirittura attratto.
“Una manica di pervertiti. Chissà cosa ne ha fatto Nelka di loro.” “Per carità! Non ritengo di dover cambiare nome, ne possiedo già troppi. E, sempre senza offesa, non sono mai stato troppo entusiasta di quella… particolare nomenclatura.”
Fece la sua comparsa il famoso ghigno animalesco di Isa, o appunto Saix. “Riconosco che come pratica non è invecchiata benissimo, ma personalmente non ho potuto distaccarmene. È il mio vezzo, lo ammetto.”
“Ora basta.”
Osmer sorrise di nuovo. Eccolo lì, il caro vecchio Ren, impaziente come al solito. La lama accuratamente plasmata da Saix per lacerare il cuore del vecchio Ordine. Non gli era mai piaciuto, eppure sentendolo parlare scoprì di aver sentito perfino la sua di mancanza.
Ren proseguì: “Quando ci siamo suddivisi i compiti proprio qui in questa stanza tu, Osmer, te ne andasti dicendo che avevi molto da sperimentare e verificare, assicurando che sarebbe stato tutto per il bene della nostra causa. E solo di recente vengo a sapere che ti sei tramutato in Nessuno, che sei tornato all’Ordine e che hai anche agito contro di loro senza consultarci! Direi che hai sperimentato abbastanza, e ora esigo delle risposte.”
Perfino uno come Ren non avrebbe potuto trattare un suo pari con tanta sfacciataggine, ma a Osmer non sfuggì che aveva formulato il tutto in maniera assai astuta, ponendogli davanti una scelta: condividere le sue informazioni o tacere. Se avesse optato per il silenzio di fronte a quel gruppo di rinnegati che percepivano la segretezza dell’Ordine come un affronto avrebbe perso tutta la loro già instabile fiducia, e non sarebbe passato troppo tempo prima di ritrovarsi un Keyblade piantato nella schiena. Riconobbe suo malgrado che Ren aveva imparato a ben direzionare la sua arroganza, ma era un’evenienza che aveva messo in conto.
“Naturalmente, lungi da me voler tenere altri segreti: inizierei a confondermi tra cosa dovrei celare a voi e cosa all’Ordine. Rimediatemi una sedia e prometto che soddisferò tutte le tue curiosità.”

“Cominciamo da ciò che farebbe prendere a questa discussione una brutta piega nel caso la risposta non sia quella giusta,” riprese Ren dopo che anche Osmer si fu seduto. “Ovvero la tua decisione di iniziare una sorta di ribellione contro l’Ordine nei Caraibi.”
“Non solo nei Caraibi. Ho provveduto a mettere non poche pulci nelle orecchie di varie organizzazioni in giro per il cosmo, ottenendo un notevole successo col nuovo sovrano delle Terre d’Oltremare.” Osmer non riuscì a celare la sua soddisfazione ripensando a quegli eventi. “Avevo anche organizzato un intrigante rito di sepoltura per la gloriosa Agrabah, ma hanno mandato Ventus quindi immagino siano riusciti a sventare quel piano. Pazienza.”
“Proprio un bel progettino, il tuo! Tutta roba che se scoperta avrebbe mandato a monte i nostri piani!” Gashur batté rabbiosamente un pugno sul bracciolo semidistrutto del suo sedile.
“Con chi pensi di parlare? Ovviamente mi sono mosso solo dopo aver avuto la più assoluta certezza che nessuno sospettasse niente e che non fosse possibile far risalire nulla di tutto quanto a me.”
Ren non batté ciglio. “In ogni caso non hai pienamente risposto alla mia domanda sul perché fare tutto questo, e che risultati pensi possa aver ottenuto che ci agevoleranno in futuro.”
“Beh, vedi Ren, per quanto io adori -e dico sul serio- questo luogo cupo e deprimente, ho pensato che esistevano modi più proficui di far passare il tempo che scrutare le tenebre infinite e vedere quanto ci volesse a Shika per fratturarsi un osso a furia di ballare. Tu avevi il tuo compito di radunare nuove cavie, che hai continuato a svolgere con successo, e io ho pensato di alleggerirti il numero di pericoli a cui prestare attenzione divergendo gli occhi dell’Ordine verso rivoltosi, signorotti diffidenti assetati di potere, e ogni altra sorta di magagna che potessi generare nei Mondi.”
“Come se quegli stolti potessero anche solo intaccare minimamente i Custodi.” Sbuffò Ren incredulo.
“Non sai quanto ti sbagli. Ho sentito i continui sospiri di Aqua dopo varie riunioni, ho visto qualche scatto d’ira dovuto alle tensioni diplomatiche, e ho potuto percepire i dubbi su come affrontare questa nuova minaccia. Quelli che affrontiamo sono persone, non semidei, ed infliggere danno psicologico è efficace quanto accumulare potere.”
“E hai deciso tutto quanto da solo perché…”
“Ero pronto a prendermi tutta la colpa in caso di fallimento, quindi meno contatti avevo con voi meglio era per tutti. E in seguito si sono aggiunte altre ragioni… converrete con me che tra il buco nell’acqua di quell’adepto che hai mandato e la batosta presa da Gashur ad opera di Vanitas non vi siete esattamente dimostrati degni di fiducia.”
Finalmente anche l’assalto di Ren iniziò a dare segni di cedimento, e un silenzio carico di nervosismo seguì le parole di Osmer. Dopo un po’ intervenne Saix.
“Avendo appurato le tue motivazioni, mi interesserebbe sapere della tua conversione in Nessuno. Malgrado tu non lo stia dicendo apertamente per qualche motivo, ho già detto agli altri che mi hai mandato alcuni rapporti contenenti parte dei tuoi scopi e dove mi rassicuravi della riuscita dei tuoi piani, che mi hanno convinto a non ostacolarti. Immagino strapparti il cuore facesse parte di queste contromisure che dicevi di aver preso.”
“Esatto. Non c’è bisogno che dica a nessuno di voi che prima di poter anche solo pensare di infiltrarsi a GranCastello occorre affrontare il problema della vigilanza del Gran Maestro e della Pietra della Luce, che rivelerebbe intenzioni malintenzionate all’istante. Ma se fosse una misura preventiva contro l’Oscurità, come potrebbe Vanitas girare liberamente? Se si trattasse di percepire la ‘malvagità’ come concetto, a che pro tenere udienze? Basterebbe far sfilare il popolino davanti alla Pietra e a Sora, e individuare così immediatamente i malfattori. No, ci sono delle regole in gioco, e io dovevo scoprirle.
“Dopo varie prove indirette e tanto rimuginare, ho realizzato che la Pietra passa giudizio sulla volontà delle persone, mentre Sora ne legge il cuore. La quasi totalità degli esseri viventi hanno sia Luce che Oscurità nel loro cuore, quindi quel sasso magico non può semplicemente bloccare chi ha un cuore oscuro, a meno che quell’Oscurità non si manifesti in modo violento.”
Discorsi di questo genere affascinavano infinitamente Sanguinis. “E quindi la Pietra valuta le intenzioni, che sono codificate nella volontà dell’individuo. E visto che si possono avere intenti diversi di volta in volta, sono necessarie le udienze. Desumo quindi che diventare Nessuno aiuti a non farsi identificare?”
Osmer approfittò dell’assist. “Indovinato! Mi sono ispirato molto a Naminé, e a come potesse scivolare nei cuori altrui con la facilità che la contraddistingue. I Nessuno sono diventati la mia principale fonte di studio, e ho appreso di come un entità fatta interamente di volontà mandi in tilt la Pietra. D’altronde, si è sempre studiato che i Nessuno non dovrebbero esistere e vanno contro natura… non c’è di che stupirsi se la Pietra non fosse preparata ad essi.
“Anticipo la prossima domanda: e Sora? Già, in qualche modo il Consiglio deve aver compreso che la Pietra da sola non è un giudice perfetto, e il Gran Maestro serve proprio ad ovviare alcune di queste pecche. Ad esempio, se si controllasse il cuore altrui usando l’Oscurità sarebbe possibile mascherare l’ostilità dell’individuo, ma chiaramente Sora percepisce questo tipo di sotterfugi come l’aria che respira. Ma nuovamente i Nessuno si sono dimostrati formidabili. Essi possono generare una sorta di cuore di rimpiazzo, che risulta essere una replica abbastanza convincente da fregare persino lui… oppure sono solo io che sono molto in gamba.”
Saix parlò di nuovo: “Sono esterrefatto, non dal tuo piano ma dalla scarsa preparazione dell’Ordine nel far fronte a questo tipo di evenienza. Sono ancora più incapaci e inadatti a governare di quanto pensassi: parrebbe quasi che non abbiano affrontato la precedente minaccia dei Nessuno, a vederli così.”
Osmer aveva parlato a lungo senza venire attaccato, e stava già iniziando a rallegrarsi del miracolo quando Ren dimostrò di non avere ancora gettato la spugna.
“Non me la bevo. Non mi convince.” Disse.
“Oh? C’è qualcosa nel mio racconto che non ti torna?” rispose Osmer, preparandosi mentalmente allo scontro.
“Qualcosa? Nulla torna! Tutta la tua storia si basa su ragionamenti di semantica che sfiorano il ridicolo, calcoli basati su falle logiche che miracolosamente nessuno ha mai notato e continue inadempienze da parte dell’Ordine! Sembra andare tutto troppo bene, considerando che dopo la nostra ultima sortita ci siamo ritrovati a vagare nell’Oscurità e racimolare le forze, mentre tu sei tornato direttamente al quartier generale facendola sotto il naso a tutti! Parli di Sora e dei Maestri come di una massa di stolti, ma dà più l’impressione che… che…”
“Che siamo noi un branco di falliti per esserci fatti sconfiggere da quegli stolti.” completò Nelka, rimanendo però impassibile.
Ren annuì, tremando di indignazione, poi riprese: “Chi ci dice che tu non sia stato scoperto immediatamente, e riprogrammato per credere di aver avuto successo mentre invece sei ora qui per spiarci e condurci in una trappola? A pensarci bene, sembri davvero aver preso gusto nel trattare con i vari Maestri, riferendoti a loro con familiarità! Puah!” e così dicendo spuntò per terra, ai piedi di Osmer.
Questi ascoltò la sfuriata del compagno con espressione neutra, ma chiunque conoscesse il suo carattere sapeva che dentro ribolliva di rabbia. Quando parlò, il tono della sua voce era sardonico, ma con un’evidente nota di malcelato furore.
“Stai pur certo che non ho dimenticato le vecchie vicende, Ren. Ricordo benissimo la Frontiera, così come Sora ed il resto del Consiglio far arrivare la loro furia devastatrice su ogni cosa si trovasse a tiro: la Luce era abbagliante, e spaventosa. Persi tutto quel giorno, quindi non osare mai più insinuare che li tratto in modo amichevole.
“Sei tu quello che mi impensierisce da questo punto di vista, in realtà. Vedi Ren, non riesco a fare a meno di pensare che la tua rabbia di fronte allo scoprire che il nostro nemico è pieno di difetti sia oltremodo ingiustificata e sospetta. Ti dico come la penso: secondo me sei tu che non vuoi ammettere che i Maestri sono umani e vulnerabili, perché in fondo ancora li reputi gli eroi coi quali desideravi misurarti e confrontarti. Ti riempi tanto la bocca di vendetta, ma per come la vedo io a te piace crogiolarti nell’eterno dolore di aver perso contro un nemico imbattibile.”

Aveva esagerato, ma non gli interessava. L’approccio paterno e permissivo di Saix chiaramente non aveva funzionato del tutto: qualcuno doveva dare una svegliata a quel damerino viziato. Ren in un attimo sfoderò il Keyblade e gli sarebbe immediatamente saltato addosso, se non fossero intervenuti Aburnas e Gashur a fermarlo.
“COME OSI? Razza di vigliacco! Ti ridurrò a brandelli se provi a ripeterlo!”
“Dannazione, Ren! Calmati!” Gashur doveva tenersi un fianco dolorante con un braccio, il che rendeva difficile contenere l’impeto del Maestro del Keyblade infuriato. Saix non diceva una parola.
“Se sei ancora in grado di ascoltare, Ren,” proseguì Osmer, “sappi che non tutto è andato a gonfie vele, e non parlo solo di Agrabah. Avevo intenzione di presentarmi a voi con un gran bel trofeo, nientepopodimeno che il sangue del Gran Maestro, ma la ragazza si è rivelata una seccatura che non valeva sprecare troppe energie per tenerla buona nel tragitto fino a qui.”
“La ragazza?” Nelka finalmente guardò i presenti, come se fino a quel momento non avesse nemmeno avuto sentore che ci fossero altre persone intente a urlare e provare ad infilzarsi a vicenda.
“Oh Nelka, l’adoreresti, credimi. È capace quel tanto che basta a renderla spavalda, ma incredibilmente goffa e desiderosa di attenzioni come un cucciolo abbandonato sul ciglio della strada. Schiacciarle lo spirito è stato-“
“Ahhhhhhhhhhhh!”
Un grido rauco fece voltare tutti i presenti verso il portone per assistere ad un evento più unico che raro: Shika aveva abbandonato il suo posto e li aveva raggiunti. Fissava Osmer in tralice, puntandogli contro un lungo dito scheletrico.
Con una velocità che nessuno gli avrebbe attribuito, fu accanto ad Osmer in pochi attimi ed iniziò a tastarlo ovunque.
“Ah! Ahhhh! La Chiave! La Chiave! Il tuo cuore vuoto sa, il tuo corpo ricorda! Sei entrato in contatto con la Chiave!”
La sorpresa fu tale che Ren smise immediatamente di lottare e lasciò svanire il Keyblade, scoccando uno sguardo eloquente a Saix. Quest’ultimo interpellò Osmer: “Non serve io ti illustri l’ovvia domanda, vero?”
Il Nessuno si strinse nelle spalle, per quanto glielo permettesse il vecchio avviluppato attorno al suo torace. “Sono stato anni a GranCastello e in giro per vari Mondi. O Shika ci fornisce informazioni più precise, o non posso restringere il campo.”
“L’ultimo incontro è recente, parecchio recente.” Disse Shika. “E non è successo tante volte. L’impronta della Chiave aleggia su di te, ma è sfocata.”
Sapendo di avere gli sguardi di tutti fissi sulla nuca, Osmer considerò le possibilità, ma la risposta gli sembrava scontata. “Beh, ho ricevuto la mia ultima missione da Sora direttamente. Non è esattamente un evento giornaliero, anche contando tutto il periodo della mia infiltrazione sarà capitato una manciata di volte. Ma non è che questo ci dica nulla di nuovo.”
“Esatto, era già facilmente intuibile che la Chiave fosse o Sora stesso, o un qualcosa in suo possesso” fece Saix. “Ma possiamo comunque ottenere dei risultati da ciò. Ora Shika dovrebbe avere informazioni più precise riguardo la data fatidica in cui muoverci.”
Il vecchio Cercatore si staccò da Osmer e bevette un lungo sorso dalla sua borraccia. Intrecciò le dita e meditò, per un lasso di tempo che tutti trovarono abbastanza snervante dopo i progressi appena compiuti.
Quando infine parlò, tutta la foga con cui era arrivato svanì, facendogli ritornare la sua aria completamente folle ma a modo suo imperturbabile.
“Il tempo di nascondersi è finito. Radunate le forze, organizzate gli squadroni, studiate i piani: usciremo dopo la decima volta che il flusso mi avrà parlato, a partire da ora.”
Saix effettuò la conversione per i suoi compagni: “La decima volta che il flusso avrà parlato equivale ad un lasso di tempo che noi troveremmo relativamente breve, ma che per il Regno della Luce risulterà essere molto più dilatato. Si parla di anni, e non solo un paio.”
“Cosa? E come facciamo? Ci sono troppe incognite!” Ren si voltò verso Shika, ma il vecchio era già quasi al portone.
“Pensateci voi. Devo tornare dal flusso,” fu l’ultima cosa che disse.
“È quello che è. A me va bene, i bestioni più grossi potrebbero scalpitare se li teniamo incatenati troppo a lungo.” Sentenziò Aburnas.
“Anni. Aumento di potere dei nostri avversari, o forse deperimento. Toccherà valutare le varie situazioni, e che molto probabilmente il caos lasciato da Osmer verrà smaltito nel frattempo.” Disse Nelka in tono piatto.
Osmer si grattò il naso, fingendo di sentirsi in colpa. “Che dire, io ci ho provato. Ma vi porto un altro dono: Nessunificazione! È facile e i vantaggi sono garantiti! Chi è interessato mi faccia sapere…”
“Ren.” La voce di Saix, nel mentre i vari incappucciati si mobilitavano, era solo per lui. “L’obiettivo è in vista. Devi dimenticare il passato ed imparare a non farti sviare dalle emozioni. Ho un addestramento specifico da farti seguire, nel poco tempo che ci resta.”
Ren annuì, seppellendo la furia residua sotto una coltre di fredda determinazione. “D’accordo.”
I Custodi rinnegati ed i loro alleati, la progenie oscura, si ritirarono nuovamente nelle tenebre.
   
 
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