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Autore: FDFlames    12/07/2020    0 recensioni
La Valle Verde era sempre stata un luogo pacifico, abitata da persone umili e semplici - contadini, pastori e mercanti. Ma è proprio la loro ingenuità che il malvagio Lord Vyde intende sfruttare.
Stabilitosi all'estremo ovest, è riuscito ad unire i clan belligeranti sotto l'unico simbolo e nome di Ideev. E ora gli Ideev, come edera su un albero, si arrampicano sulla Valle Verde, soffocando la vita e la libertà.
Aera non intende sottomettersi. Spinta dal suo coraggio, dall'amore per il suo clan, e dal desiderio di giustizia, decide di intraprendere un pericoloso viaggio, che la porterà dritta nella tana del suo nemico. Ed è disposta anche al sacrificio, pur di restituire al suo mondo la libertà.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con
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Capitolo Diciannove

«Aera, svegliati!»
Nel cuore della notte, Reyns la chiamò.
La ragazza stava facendo un sogno strano, troppo sereno, rispetto al solito, e non capì esattamente che cosa stesse accadendo.
«Che cosa? È già mattino?» chiese sbadigliando, assonnata,
«No, ed è proprio per questo che ti ho svegliata.» le rispose il ragazzo, bisbigliando.
«E perché l’hai fatto?» domandò strofinandosi gli occhi, e non capendo affatto il motivo di quella sveglia anticipata; se non era mattino e non c’era nessuna emergenza, perché interrompere il suo sonno?
«Non eri tu che mi avevi detto che ti sarebbe piaciuto vedere le lucciole?»
Aera si alzò a sedere e spalancò gli occhi, incredula, ritrovandosi davanti Reyns che la guardava sorridendo e le porgeva la mano. Si rese conto di essere totalmente incapace di trattenere il sorriso, quando a riservargliene uno fu proprio quel ragazzo.
Se n’era ricordato, anche se la sua non era stata una vera e propria richiesta – aveva semplicemente affermato di non aver mai visto una lucciola in vita sua.
Camminando piano, i due giovani si addentrarono nel bosco; il gatto adottato da Ridd li seguiva miagolando. Quando Aera e Reyns si resero conto che il piccolo felino non aveva intenzione di lasciarli soli, la ragazza si fermò per accarezzarlo.
Reyns si intenerì, davanti a quella scena, e pensò che quel gattino avrebbe dovuto essere orgoglioso di se stesso, perché solo miagolando e mostrando quegli occhioni dolci aveva mosso i tasselli giusti per far breccia nel cuore di Aera, che ora gli stava riservando affetto.
Gli venne spontaneo chiedersi se sarebbero bastati i suoi occhi, per farsi amare. Quelli di Aera, per lui erano stati più che sufficienti, per perdersi.
Probabilmente, tutto ciò che quel micino voleva era un po’ di affetto, e nulla di più; quando i due giovani si voltarono di nuovo per controllare se la bestiola li stava ancora seguendo, era sparito.
Anche se da lontano, si riusciva a scorgere una luce, proveniente da una piccola radura. Aera teneva lo sguardo fisso davanti a sé e la bocca spalancata. La luce si faceva a poco a poco più intensa, ad ogni passo compiuto dai due ragazzi.
Ad un certo punto, la giovane si ferì il piede, per via dei rovi. Si lamentò per il dolore, poi ci rise su, ma Reyns si fermò e se la caricò sulle spalle. Aera non protestò, ma sorrise di nuovo.
Continuando a ridere e scherzare come bambini, i due raggiunsero la radura.
Aera era meravigliata: non aveva mai visto tanta bellezza in vita sua. Il bosco, la notte, le lucciole...
E Reyns.
Il ragazzo la fece scendere dolcemente, e lei, per ringraziarlo, lo abbracciò.
«Te ne sei ricordato!» esclamò, felice, distaccandosi dall’abbraccio quel poco che bastava per guardarlo negli occhi, e leggere in essi la sincerità dei suoi sentimenti.
I piccoli puntini luminosi volarono attorno a loro, e come tanti minuscoli messaggeri alati, rivelarono ad Aera e a Reyns ciò che l’uno provava per l’altra.
Immediatamente fu come se i due giovani si ricordassero e si rendessero conto che quella era una delle loro ultime occasioni per vedersi: il loro piano era un vero e proprio sacrificio, e nonostante il coraggio, entrambi ancora tremavano.
Si ritrovarono a guardarsi negli occhi. Era già capitato, ma in quell’occasione c’era qualcosa di più, forse la consapevolezza che non sarebbe potuto accadere ancora molte volte.
Aera stava per scoppiare a piangere, così si strinse ancora di più a Reyns, come a cercare protezione. Una protezione che il ragazzo fu lieto di offrirle, abbracciandola più forte, tanto che la sua testa ora premeva contro il suo petto, e la ragazza poteva sentire il suo cuore, battere a un ritmo accelerato.
Entrambi pensarono a ciò che stavano lasciando indietro, andando a morire per la libertà della Valle Verde. Quando erano partiti, erano d’accordo sul fatto che non avrebbero rinunciato a molto – non avevano altro che loro stessi. Ora, invece, proprio perché erano tutto ciò che avevano, erano diventati l’uno la cosa più importante per l’altra. Quindi, adesso, morire significava perdere tutto – perdere se stessi, e perdere ciò a cui tenevano di più.
Così Reyns, per consolare Aera, le accarezzò la guancia, e come fosse una marionetta nelle mani del burattinaio, avvicinò le sue labbra a quelle di lei, comandato dal cuore.
Non fu una sorpresa, per nessuno dei due, scoprire che il cuore dell’altro aveva in serbo ben più di un semplice bacio, quella notte.
Era tutto così meraviglioso che Aera pensò di stare ancora sognando, ma messo a confronto, quello che stava facendo prima che Reyns la svegliasse era più simile a un incubo. Forse per la prima volta nella sua vita, la realtà appariva perfetta, e non aveva senso rifugiarsi nel sonno.
***
Quando Reyns e Aera tornarono dalla radura erano ormai un giovane uomo e una giovane donna.
Reyns aveva portato Aera in braccio, e lei si era già addormentata, a metà del tragitto.
La adagiò accanto al fuoco, delicatamente, come fosse fatta di cristallo, e sistemò la sua coperta, sempre con molta cura, soffermandosi poi a guardare quell’espressione tanto serena sul suo volto.
Riuscì a malapena a trattenersi dalla tentazione di sdraiarsi accanto a lei.
Aera era così fragile...
«Reyns,» si sentì chiamare.
Il giovane si voltò nella direzione da cui aveva sentito pronunciare il suo nome; Ridd era in piedi, appoggiato a un albero, a braccia conserte, e lo fissava con occhi assonnati e allo stesso tempo severi. Il suo gatto percorreva un otto, camminando ai suoi piedi, strusciandosi sui suoi pantaloni.
Reyns fulminò con lo sguardo il felino spelacchiato e innocente: il suo musetto furbo gli ricordava fin troppo uno di quei sorrisi falsi che Lord Vyde riservava a coloro che era riuscito a sottomettere, il ghigno di un infantile onnisciente, che si crede al di sopra di chiunque altro e risulta esserlo, solamente perché è riuscito a nascondere tutti gli elementi che dimostrano il contrario.
Camminò incontro all’uomo, non riuscendo ad allontanare completamente l’assurda sensazione che quel gattaccio portasse solo guai, che fosse stato proprio lui a raccontare a Ridd ciò che era appena accaduto nella radura poco distante, e che per questo ora l’Ideev stesse guardando Reyns in quel modo, come un genitore che chiede spiegazioni riguardo a una valutazione negativa in una disciplina in cui il figlio è solito eccellere.
«Ridd, ero io che sarei dovuto stare di guardia, questa notte.» gli ricordò il ragazzo, fingendo di cadere dalle nuvole – ed era lecito venisse naturale a qualcuno con un nome come il suo.
«Infatti vedo che hai svolto molto bene il tuo lavoro...» commentò l’altro, sarcastico, indicando Aera con un cenno del capo.
Reyns abbassò lo sguardo; non gli avrebbe mentito. Non sarebbe servito a nulla.
«Ascoltami, ragazzo,» cominciò Ridd, «Quando qualcuno è di guardia, non è di guardia solo alla principessina, è di guardia anche a tutti noi. Gatto è già stato ucciso, indubbiamente nel modo che hai descritto, cioè durante uno scontro, e si può dire che tra di noi fosse il più abile, in combattimento.» Lo sguardo dell’uomo era di sincera preoccupazione – sentiva che la sua vita era in pericolo. «Reyns, che cosa hai in mente di fare? Eliminarci tutti quanti?»
Il giovane ebbe un colpo al cuore; sì, il piano era quello, in effetti, ma gli occhi di Ridd lo imploravano di avere pietà. Non era un uomo malvagio, era soltanto un uomo. Un uomo a cui, per giunta, non era rimasto molto a cui aggrapparsi per andare avanti, e al quale Reyns aveva già tolto abbastanza, ma che nonostante il dolore continuava a combattere, sopravviveva, con l’aspetto di un perdente e il cuore di un guerriero.
Di tutto il clan Lokeef, di tutta la Valle Verde, solo Yohana era riuscita a vedere sotto le apparenze, e ad apprezzare davvero Ridd. Ma ora? Dov’era, adesso? Se n’era andata, e la colpa era di Reyns.
E Reyns lo sapeva bene. Fece per andarsene a dormire, ma Ridd lo fermò, prendendolo per il polso. «Reyns,» lo chiamò di nuovo, «Spiegami.» gli ordinò sottovoce. «Confessami ogni dubbio, riferiscimi di ogni pensiero che ti è passato per la mente da quando siamo partiti per questo viaggio.»
Reyns scosse la testa, «Non è come credi.» mentì.
«Ragazzo, cosa è cambiato in te da quando abbiamo intrapreso questo viaggio?» ripeté la domanda Ridd, «Non voglio che sia l’ultimo.»
A quel punto il giovane capì di non avere scelta, sospirò, e spiegò: «È da quando ho cinque anni che serbo rancore per Vyde, da quando ha fatto uccidere mia madre. E sei anni dopo mi ha lasciato anche senza un padre. Io non credo in lui, non sono un Ideev!»
«Ma, Aera...» tentò di interromperlo l’altro,
«Aera non sa niente, ma è stata lei a farmi aprire gli occhi.»
«E non credi che prima o poi lo verrà a sapere? Insomma, che lei è...»
«No, non lo saprà mai. Non vivrà abbastanza per scoprirlo. Tutto ciò che volevo venisse a sapere, ho fatto in modo di farglielo sapere, questa notte.»
«Che la ami? E credi che questo non ti fermerà? Riuscirai a tenerle nascosto tutto quanto? Ad esempio, che non vieni affatto dal clan Lokeef, ma che quello è il clan da cui veniamo io e gli altri.»
«Aera non saprà nulla del passato, né mio, né suo, né vostro, e nemmeno di Yohana. Aera morirà, insieme a me, quando raggiungeremo la fortezza di Vyde!» A quel punto sfoderò il pugnale e lo portò alla gola di Ridd, non perché volesse fargli del male, ma solo per fargli capire che non si sarebbe fermato se si fosse sentito costretto a fargliene.
«Quella dannata foglia di edera rossa diceva la verità, ma non avrei mai pensato che saresti potuto arrivare a tanto. Pensavo che avessi chiuso con la coscienza, dopo la morte di tuo padre.»
«Io non sono mai stato un Ideev! E sarete riconoscenti a me e Aera quando, grazie a noi, la tirannia di Vyde avrà fine.»
«Non fare il mio stesso errore.» lo pregò.
«Non sbaglierò.»
«Ragazzo, chi ti credi di essere, per cambiare questo mondo?» cercò di fargli aprire gli occhi Ridd, abbassando il pugnale di Reyns, e sentendosi sollevato scoprendo che il giovane non opponeva resistenza. «Senti, io non ho esattamente capito che cosa ti sia passato per la testa, non lo voglio nemmeno sapere, e ti assicuro che non tenterò di metterti i bastoni tra le ruote. Ma che mi dici di Venam e Daul?»
«Tu a loro non dirai niente!» gli intimò il ragazzo portando di nuovo la mano al pugnale,
«Va bene, va bene,» acconsentì Ridd, mettendo avanti le mani, «Solo... Se anche loro inizieranno a sospettare qualcosa, non guardare me!»
«E perché dovrebbero sospettare?»
«Perché per quanto le tue doti di bugiardo possano essere invidiabili, tu ami Aera. E non potrai nasconderlo a nessuno. Tanto meno a te stesso.»
«Lo so,» ammise infine il giovane, riponendo il pugnale nel fodero, «Il fatto è che non l’ho mai conosciuto da così vicino, l’amore.»
«Il tuo desiderio, per quanto forte, non cambierà il mondo, ragazzo.»
«Io cambierò questo mondo, Ridd,» rispose Reyns, «E so che sarà l’ultima cosa che farò, prima di andarmene. Ma la verità se ne andrà con me.»
***
La mattina seguente, al risveglio, Aera non appariva a Reyns felice come era sembrata durante la notte, e questo non era dovuto solo alla stanchezza.
La giovane si sedette sulla sponda coperta di muschio del ruscello che scorreva attraverso il Bosco di Yede, e si specchiò nell’acqua cristallina; si sentiva diversa, e sapeva che era cambiato anche Reyns, ma non riusciva a capire se fosse qualcosa di positivo o di negativo.
Il fatto era che ora Aera lo vedeva in un modo diverso; era davvero diventato qualcosa di più di un alleato, di più di un amico, ma come si sarebbe comportato, adesso? E come si sarebbe dovuta comportare lei, nei suoi confronti?
Quella notte i due si erano aperti completamente l’uno all’altra, ma senza quel velo di mistero che si era portato dietro fino a un momento prima, Reyns era ancora lo stesso?
Quelli seguenti sarebbero stati i loro ultimi giorni, e Aera li voleva passare insieme al ragazzo che Reyns era sempre stato, quello di cui si era innamorata; non voleva che lui cominciasse ad atteggiarsi in modo diverso proprio a partire da allora, perché avrebbe significato avergli già detto addio quella notte, ma senza rendersene conto. C’era già stato un addio senza parole nella vita di Aera, ed era stato troppo doloroso; non poteva accadere di nuovo.
Commise l’errore di versare una lacrima, che cadde come una goccia di pioggia nel ruscello e si unì alle altre nella corsa verso est. Fu però costretta a spiegarne il motivo a Reyns.
Il ragazzo si sedette accanto a lei e la ascoltò, la abbracciò, anche se con il dubbio che non fosse ciò che Aera voleva in quel momento. Non cercava affetto, ma risposte, e un po’ di comprensione.
Era lui che, ora che aveva sperimentato come ci si sente ad essere amati, non voleva altro.
«Aera, non hai motivo di preoccuparti. Non è cambiato nulla.» cercò di consolarla, «Se lo vuoi sapere, è dal primo momento che ti ho vista che ho capito eravamo fatti l’uno per l’altra, anche da prima che mi dicessi il tuo nome. Dalla reazione che hai avuto quando mi sono avvicinato a te, quella notte, in quella grotta.»
Aera ripensò a quell’episodio, al suo errore nel pensare di essere davanti a Zalcen, e al fatto di aver puntato il pugnale alla gola del ragazzo che ora aveva scoperto di amare più di ogni altra persona al mondo, anche di se stessa.
«Lo so,» rispose, triste, ma non potendo evitare di sorridere, «Ma ora mi hai fatto capire quello che provi per me, so chi sei davvero...»
Nemmeno lei riusciva a spiegarsi come questo potesse essere negativo, ma la faceva sentire come se il Reyns di una volta se ne fosse andato per sempre, insieme alla Aera che lei era prima.
«Oh, tu non sai proprio nulla di me...» sussurrò il giovane, come per rassicurarla, avvicinandosi ancora di più.
«Tu credi?»
Anche Aera gli andò più vicino; forse non sapeva nulla del suo passato, ma lo conosceva abbastanza per capire cosa fosse ciò che voleva in quel preciso momento: voleva lei, voleva un suo bacio, voleva che le loro labbra entrassero in contatto un’altra volta, e voleva che questo durasse il più a lungo possibile.
E Aera fu grata di accontentarlo.
Allora si rese conto che la sua vera preoccupazione non era quella di conoscere Reyns; aveva paura che lui cambiasse, senza di lei, ma questo non poteva succedere, continuando a stare insieme e lavorando per raggiungere lo stesso obiettivo.
E comunque, l’alone di mistero di Reyns era a dir poco indissolubile, come il legame che si era creato tra loro due.
***
Il modo in cui Aera giustificò la sua stanchezza fu alquanto avventato: ogni volta che uno dei tre Ideev le chiedeva se avesse dormito abbastanza o se volesse fermarsi a riposare, rispondeva dicendo di aver avuto un incubo spaventoso. Durante il corso della giornata inserì anche un grande mostro dagli occhi gialli.
«Simboleggia il fatto che hai paura di qualcosa, di perdere il controllo della situazione,» le spiegò Daul.
La giovane non riuscì a trattenere un sorriso, scoprendo che inconsciamente aveva dato forma alle sue preoccupazioni, senza aver mai sognato davvero quel mostro, «Ma stai tranquilla. Non c’è nulla da temere, specialmente se sarà di nuovo Reyns a fare la guardia.» Daul si voltò per cercare l’approvazione del ragazzo, che camminava dietro a lui e Aera e chiudeva la fila.
Questi rispose con un cenno del capo che sarebbe stato disposto a perdere un’altra notte di sonno.
Aera rallentò per affiancarsi a lui, e domandargli: «Tu non soffri per la mancanza di sonno?»
«Certo che sì, ma devo dare l’impressione di qualcuno pronto a fare il turno di guardia ancora qualche volta, no?» Il tono della sua risposta era quello che aveva avuto fino al giorno prima, ma dal suo sguardo Aera capiva che c’era qualcosa di più, ora.
In un certo senso, però, le piaceva questa nuova complicità che si era venuta a creare tra loro due, anche se aveva un retrogusto strano.
Cercò comunque di trovare qualche ragione in più per accettarla con un sorriso: se avesse potuto scegliere tra il dormire e rischiare un vero e proprio incubo o passare di nuovo la notte con Reyns, la scelta era scontata, nonostante ogni nuova emozione, ogni nuova gioia, significasse aggiungere un macigno al doloroso addio alla fine del loro viaggio per la libertà della Valle Verde. Ma ne valeva la pena, e si sarebbe pentita di non aver vissuto appieno i piccoli momenti felici di quei suoi ultimi tristi giorni, piuttosto che di aver evitato insieme gioie e dolori.
Ma che senso ha non iniziare per paura della fine? Che senso ha non salutare per paura di dover dire addio? Che senso ha non amare per paura di lasciarsi?
«Ah, senti,» cominciò a dire lui, «Presto ci troveremo davanti a un bivio, e Venam mi ha detto che possiamo scegliere se deviare per un villaggio e fermarci in una locanda, questa notte, o continuare verso ovest e dormire nella foresta, per risparmiare tempo, anche se, alzandoci di quota molto rapidamente, farà molto più freddo. Tu che cosa preferiresti fare?»
Aera rifletté, prima egoisticamente: in entrambi i casi, nulla avrebbe impedito a Reyns di portare calore e compagnia sotto le sue coperte.
Pensando in grande, però, non riteneva giusto togliere un solo giorno di libertà alla Valle Verde, anche se significava togliere un giorno di vita a se stessa e a Reyns.
Amava di più Reyns o la Valle Verde? Non era la stessa cosa. Reyns era un abitante della Valle Verde, e pensò che avrebbe capito.
Ma non poteva usare queste parole per comunicare la sua decisione. Fu allora che le venne in mente che in realtà c’era un altro motivo per cui sarebbe stato meglio non deviare per il paese.
«Quei due Ideev potrebbero essere già ad aspettarci al villaggio, se è vero che stanno cercando me. Se una scelta come questa si presentasse ad una principessa, credo che questa sceglierebbe di dormire nel caldo letto di una locanda, piuttosto che nella foresta buia e fredda. Rimaniamo su questo sentiero.»
«Potrebbe anche non essere così,» cercò di convincerla Reyns, «Dopotutto sanno che stiamo andando da Vyde. Potrebbero avere in mente di aspettarci direttamente alla fortezza. Se sono tornati indietro al villaggio di Reekir, potrebbero aver preso dei cavalli, e in quel caso a loro basterebbe poco più di un giorno per raggiungere il Lago Rosso.»
Era un vero dilemma, per Aera; da una parte avrebbe preferito scontrarsi con Vyde quel giorno stesso, e farla finita, ma dall’altro lato avrebbe voluto continuare a vagare per la Valle Verde in compagnia di Reyns e degli altri Ideev.
Alla fine scelsero di seguire la via più veloce, anche se in fondo al cuore di Aera c’era una voce che le urlava che non era giusto. Ma che cosa era giusto? Che cosa si può dire giusto, quando si è innamorati?

 
   
 
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