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Autore: MC_Gramma    14/07/2020    0 recensioni
In tre anni gli erano passati tanti corpi sotto gli occhi e tra le mani, nessuno gli era mai interessato al di là della fedele riproduzione su carta eppure, appena l’aveva vista entrare, la domanda era sorta spontanea: «Chi è quella?» tuttavia si era imposto di non darle voce e gli era rimasta incastrata in gola, procurandogli un fastidioso grattino.
Sapeva benissimo che era la sostituta...

Hunter Clarington e Marley Rose si incontrano così: lui studente della succursale di belle arti, lei modella di nudo. Le loro vite si intrecciano, in classe e fuori, ma si congiungeranno in un'unica strada o sarà solo un susseguirsi di incroci?
(Nota sul titolo: equivale al nostro "col senno di poi", 2020 è il modo inglese per dire dieci decimi. Non fatevi trarre in inganno!)
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash, Crack Pairing | Personaggi: Blaine Anderson, Hunter Clarington, Marley Rose, Rachel Berry, Wesley Montgomery | Coppie: Blaine/Rachel
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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A/N: non so voi, io personalmente desidero estrapolare la voce di Nolan in Hello Again perché diventi la mia suoneria... (sul canale YT Funker trovate solo i suoi spezzoni, seguendo il link invece avete il film completo ma dovete masticare un po' di inglese)

 

 

 

I've been waiting for so long
Fighting frustration
You came along
With no explanation
I'm not leaving without you
You are my destination

(Elisa ft Jack Savoretti - Waste your time on me)

 

L’ultimo round non venne disputato perché una distorsione alla caviglia impedì a Spencer Porter di proseguire e l’incontro si concluse in suo favore con una vittoria per abbandono. Hunter uscì dalla modalità combattimento e si avvicinò subito al ragazzino per aiutarlo a scendere dal ring. Sapeva che aveva ventidue anni ma di testa non li dimostrava: rifiutò il suo aiuto perché non lo riteneva responsabile dell’infortunio, come se lo spirito sportivo si misurasse in base al senso di colpa!

“Non siamo più avversari.” gli fece notare.

“Il mio ragazzo non la vedrà così! Potrebbe tirarti un pugno se mi tocchi ancora.”

“Uno più uno meno...”

Il ragazzino sogghignò alla prospettiva e finalmente acconsentì. Nel frattempo, Larissa era già tornata col ghiaccio istantaneo. Se ci fosse stato Blaine non ce ne sarebbe stato bisogno, con un’occhiata avrebbe saputo dire se serviva una visita più approfondita o era sufficiente una fasciatura elastica. Inutile pensarci!

“Eccolo che arriva. Ahi! Mi sa che il pugno me lo becco io...”

Hunter gettò un’occhiata alle proprie spalle e intravide un tipo con gli occhiali, alto quasi quanto lui ma il doppio del suo peso, farsi largo verso di loro.

“Non potevi proprio fare zumba, vero?!”

“Andiamo, Rod, non ricominciare...”

“Oppure boga. Yoga per boni. Ho sentito che va alla grande!” 

“Il primo round era tuo, Rabbit.” si complimentò la Zizes “Sul secondo non mi esprimo! Quanto a te, caro golden...”

Goldeen? No, raga, questa storia vi sta sfuggendo di mano.”

“Non ci avevo pensato! È perfetto.”

“Ma io non voglio il nome di un pokémon!”

“Tranquillo, Spence, ti sta prendendo in giro...” esclamò un altro suo amico.

Accertato che il ragazzino non sarebbe rimasto solo ad amareggiarsi, Hunter poteva andarsene tranquillo. Voltandosi se la ritrovò davanti e Marley Rose, soffiandogli un piccolo “Ciao” addosso, rischiò di mandarlo al tappeto.

“Ciao.”

“Ciao.” ripeté lei “So che l’ho già detto ma… è un po’ strano!”

“Sì, in genere sono io quello vestito.” convenne “Ora so cosa provi.”

“Non esattamente! Mettersi a nudo fa ancora un altro effetto.”

“Prendo nota.”

Lei sorrise in modo furbesco e cretino insieme mentre si toglieva il cappuccio.

“Bella felpa. Giuditta e Oloferne.” 

“Non so… oh, la stampa!”

“Ti sta bene.”

“Ci navigo dentro! E sembra che sotto non ho nulla a parte i collant ma non è così.” sollevò appena il bordo, mostrando una minigonna di jeans e aggiunse “Me l’ha prestata Lauren.”

“Vi conoscete?”

“Eravamo al liceo insieme, noi cinque. Non nella stessa classe, ovviamente! Lauren è la più grande, mentre Spence...”

“Ma quanta gente viene dall’Ohio?!”

“Parecchia! A parte me e Roderick, gli altri sono nati e cresciuti a Lima. Lui è di Chicago ma i suoi si trasferirono durante il suo ultimo anno e finì in classe con me e Alistair. Spence era ancora in seconda. È il più piccino! Ci sentiamo tutti responsabili per lui e… ora dovrei proprio andare a vedere come sta.”

Le cedette il passo e andò dritto negli spogliatoi. Per un solo irrazionale momento aveva creduto che fosse lì per lui, dimenticando che non c’era stata occasione di parlare del fight club della Dalton o del fatto che avesse ripreso ad allenarsi e perché.

Ripercorse la loro breve conversazione, parola per parola, analizzando il suo tono di voce, le espressioni sul suo viso, i movimenti delle mani che spuntavano dalle maniche troppo lunghe. Niente lasciava supporre che ce l’avesse con lui per aver picchiato il suo amico. Dopotutto era un incontro organizzato, nulla di personale. Allora cos’era quella paura? Sperò che l’acqua la portasse via insieme alla stanchezza e al sudore. 

Dopo la doccia era più rilassato, forse perché sapeva che non l’avrebbe rivista fino alla lezione di lunedì. Tuttavia, uscendo nel parcheggio, la trovò lì insieme a Lauren Zizes. 

“Sicura di non volere uno strappo?”

“Morirei di freddo.”

“Ti beccherai un raffreddore anche così, sai?!”

“Una volta a casa prenderò il rimedio della nonna e starò benone.” 

“Se ci arrivi...”

“Che carogna!”

“Che permalosa!”

Andarono avanti a insultarsi per un po’, sfatando il mito sulle ragazze tutte nomignoli affettuosi e pugnalate alle spalle, finché la Zizes la salutò con un “Ti adoro, stronzetta!” e partì sulla sua vespa sfidando tutte le leggi di gravità.

“Ciao di nuovo.” canticchiò.

Lei non parve sorpresa di vederlo.

“Prendi la blue line? Per il ritorno speravo di scroccare un passaggio ad Alistair ma non mi andava di passare il sabato sera in pronto soccorso perché Spence ha le caviglie deboli.”

Hunter si scrollò di dosso l’ultimo briciolo di paura. 

“Peccato che l’altro mio coinquilino sia fuoricittà.”

“Non dirmelo! Ha la macchina?”

“E sta finendo il tirocinio in ospedale.”

“Sul serio?!”

“Fa anche kickboxing.”

“Al solito, i partiti migliori sono già presi...”

“Non l’hai ancora incontrato.”

“E tu non hai risposto alla mia domanda. Prendi la blue line o no?”

Erano vicini alla stazione di Greyhound, conosceva gli orari dell’autobus a memoria ed era la via più veloce per raggiungere Armour Square.

“Certo, poi cambio sulla red. Tu?”

“Anch’io però in direzione Lake View.”

Lo sorprese scoprire che abitava in una zona così centrale. Rose gli spiegò che all’inizio era orientata verso periferie con affitti più abbordabili, come Avalon Park, ma suo cugino l’aveva liberamente costretta a cambiare idea. 

“E con ragione!” commentò lui “Entra ed esce dalla classifica dei 25 quartieri più violenti di Chicago.”

“Non credo sia tanto diverso da Bushwick” ribatté lei.

Gli parlò in maniera più approfondita di questo Cary Agos, del loro pranzo a inizio settimana e del suo più recente agguato che le aveva sconvolto i piani, arrivò persino a rivangare il periodo in cui aveva avuto una cotta per lui.
“Si fece una risata e io mi sentii talmente mortificata”
Lo sembrava ancora e Hunter non sapeva cosa dire, lei però non era tanto in cerca di consigli quanto di qualcuno disposto ad ascoltare. In questo era bravo! 

La ascoltò rievocare altri episodi della sua infanzia: confronto a suo cugino e a sua nonna, sua madre era una presenza piuttosto evanescente.

“Ha cresciuto i figli degli altri per mantenere me.”

“E tuo padre?”

“Mai visto. Che mi dici dei tuoi?”

“La loro ultima visita risale a tre anni fa.”

“E tu non vai a trovarli?” 

Non aveva il sapore di un rimprovero, era soltanto curiosa.

“La Cina non mi ispira granché…”

Si aspettava gli chiedesse se gli mancavano o in quale parte si trovassero ma non lo fece, sembrava persa nei suoi pensieri così proseguirono in silenzio fino al binario.

“Qual è il rimedio della nonna?” le domandò, mentre salivano a bordo.

“Succo di limone e miele.” rispose distrattamente “È un ricostituente naturale.”

Rimasero nuovamente in silenzio. Lui si era incantato sulla mano di lei, agganciata al palo centrale, proprio come lui, e nel tempo di un battito di ciglia si trovò davanti gli occhi di lei. Adesso teneva il viso premuto sul dorso della mano, a poca distanza dalla sua, tanto che se avesse sollevato l’indice probabilmente sarebbe stato in grado di sfiorarle il mento.

“Parlami di Giuditta e Oloferne.”

Quella richiesta tanto simile a una preghiera lo disincantò e Hunter iniziò a parlare del quadro diventato di recente icona della rivincita femminista sul patriarcato.

“Si tratta della riproduzione di un quadro di Artemisia Gentileschi. Suo padre Orazio era amico del Caravaggio, fu influenzato dal suo stile e di conseguenza lo trasmise a lei. Molti li mettono a confronto per questo e perché lui aveva già dipinto l’episodio. Quasi avesse voluto mostrargli che aspetto hanno dei veri schizzi di sangue!”

“Tu quale preferisci?”

“È impossibile scegliere, sono due facce della stessa medaglia.” provò a spiegare “Caravaggio racconta la storia dal punto di vista maschile, perché è l’unico che conosce! Il comandante persiano, stremato da una lunga giornata e dalla notte di passione con una bellezza straniera, cade in un sonno tanto profondo da non sentire il freddo della lama e quando finalmente si sveglia il suo destino è ormai segnato. La fanciulla artefice del brutale assassinio appare distaccata, come se non si rendesse davvero conto di quello che sta facendo ed è esattamente il tipo di raffigurazione che piaceva tanto al clero: l’eroina ridotta a mero strumento nella mani del Signore! La vecchia ancella al suo fianco non si scompone semplicemente perché ne ha viste di tutti i colori, attende semplicemente che la giovane finisca il lavoro per mettere la testa nel sacco.” 

Aspettò che annuisse, per essere sicuro di non averla persa durante la lunga descrizione. Forse sarebbe stato più semplice mostrarle l’immagine dal cellulare ma Rose, di nuovo, non deluse le sue aspettative.

“Artemisia però offre il suo punto di vista. Quello di una donna. Come può una fanciulla contrastare un uomo fisicamente più forte anzi, un guerriero? La stanchezza può giocare a suo favore ma sicuramente non basta per farlo rimanere passivo durante un attentato alla sua vita. Il discorso cambia se sono in due! L’eroina e la fedele ancella, unite, riescono a sconfiggere il crudele nemico. Molto più coinvolgente, non credi?”

Rose si limitò a fissarlo, i leggeri scossoni non sembravano infastidirla o destabilizzarla. 

“Viene da chiedersi cosa avrebbero potuto fare.” si schiarì la voce, strozzata per la lunga pausa “Loro due. Insieme.” 

Hunter stava per rispondere che era impossibile per innumerevoli ragioni: la Gentileschi, come molte fanciulle dell’epoca, viveva segregata in casa e se anche il padre avesse invitato Caravaggio difficilmente questo avrebbe prestato attenzione a una bambina. Perché bisognava tener conto della differenza d’età! Lei era in fasce quando lui si trasferì nella capitale, era già un uomo e lasciò la città che lei aveva all’incirca …  

“Magari sarebbero stati felici!” concluse lei, tirandosi su.

Non ci aveva mai pensato! Non solo era stato a un passo dal ricevere il perdono ma, forse, aveva sfiorato la possibilità di vivere una relazione vera e completa con una donna altrettanto fervente e talentuosa. Le loro strade non si erano mai realmente incrociate e non ve ne fu più occasione: lui morì un anno prima che lei, poco più che fanciulla, subisse violenza da un altro pittore.

Questa volta toccò a lui schiarirsi la voce: “Dovremmo scendere.”

“No, mancano ancora due fermate.”

“La red line si può prendere anche da qui.”

“Allora scendi o allungherai inutilmente… Devi prendere una decisione!” lo canzonò e scoppiò in una delle sue fragorose risate nel vedere che le porte si stavano già chiudendo “Così veloce sul ring e così lento nella vita!”

“Di nuovo, sono due facce della stessa medaglia.”

Le spiegò che l'estrema riservatezza o la distanza nei rapporti, persino quelli più stretti, erano alla base dell’educazione orientale ed essendovi cresciuto in mezzo ne era stato inevitabilmente influenzato. 

Ormai era abituato a procedere per gradi fino a immergersi lentamente nelle cose; diversamente i più correvano, bruciavano le tappe e finivano col cadere dentro cose più grandi di loro, annaspando per restare a galla o almeno, era la sensazione che aveva avuto approcciandosi alla cultura occidentale. Per questo aveva faticato a integrarsi. 

In tutto questo la lotta lo aveva aiutato a bruciare le distanze ed essere meno trattenuto riguardo le proprie emozioni, per esempio incanalando la rabbia e trasformandola in carburante invece di comprimerla col rischio di esplodere alla prima scintilla. 

“Quindi… mi chiami Rose per tenere le distanze.”

“No, è una forma di rispetto. Non siamo abbastanza in confidenza perché usi il tuo nome.”

“Mi hai visto nuda, più in confidenza di così!”

“Vedere è un conto, entrare in contatto è un altro.”

Lei ebbe uno scatto e per un attimo si formò una piccola ruga tra le sue sopracciglia ma nei suoi occhi non trovò traccia di quell’assurda aria sfidante.

Ora dovremmo proprio scendere.” concluse.

  
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