Eccomi di nuovo per festeggiare il compleanno del nostro
ventenne Joe!!
Auguroni Joeeeee, ma tanto noi festeggiamo insieme domani!
Questa è una shot che mi è venuta in mente di getto, spero vi
piaccia!!
Ovviamente dedicata al festeggiato!!
OLD
Joe sorrise sognante alle migliaia di ragazzine che si trovavano al suo concerto, rise guardando un paio di queste che tentavano di salire sul palco per abbracciare lui o Nick o Kevin, i mitici Jonas Brothers.
Le ragazzine si stavano
arrampicando, aiutandosi fra di loro.
Joe si voltò verso Kevin,
che guardava la scena divertito e ogni tanto voltava la testa verso il dietro
le quinte, là dove la sua ragazza, la bella Maryl, lo fissava sorridendo.
Nick, seduto su uno sgabello
dietro a un pianoforte in legno bianco, lanciava baci e saluti a tutte le fans,
con un sorriso a trentadue denti.
“E’ ora che lo spettacoli
inizi”, disse Kevin a Joe, il mezzano non si era reso conto che suo fratello
gli si era avvicinato, “forza scendi”.
Il diciannovenne lo guardò
con aria strana.
“Co…cosa?”, domandò,
“perché?”.
Kevin rise.
“Deve iniziare lo spettacolo
e il nostro vocalist deve entrare”, spiegò il ventunenne.
“Kev, sono io il vocalist,
ricordi?”, chiese Joe, stranito.
Il fratello maggiore scoppiò
a ridere.
“Joe tu sei vecchio, non
puoi cantare con noi, avanti, scendi, Frankie deve fare la sua entrata!”,
esclamò il maggiore spingendolo verso i bordi del palco.
Il mezzano non porse
resistenza, totalmente scioccato. Lui vecchio?
In quel momento un bambino
di otto anni fece il suo ingresso sul palco e la folla urlò, in totale estasi.
Joe si fissò a uno specchio
che era comparso magicamente davanti a lui, il vetro gli mandava il riflesso di
un uomo vecchio e rugoso.
Il mezzano si accarezzò il
volto grinzoso e urlò.
Joe Jonas si svegliò con uno scatto, facendo cadere le coperte a terra e si passò una mano fra i capelli sudati.
Era
un sogno, solo un sogno.
Consolatosi
a quel pensiero ricadde fra i cuscini morbidi del suo letto, quasi ridendo, che
sciocco ad aver paura di un sogno del genere, così dissimile dalla realtà.
Voltò
la testa verso la sveglia per controllare l’ora a cui si era svegliato e non
appena i suoi occhi videro quei numerini verdi che brillavano nel buio della
sua camera il sorriso gli si sciolse sul volto.
Sette
e trenta. Agosto. Quindici.
Quindici
Agosto, il suo compleanno.
Joe
si alzò di nuovo e cadde rovinosamente a terra, imprecando. Non poteva essere
il quindici Agosto, c’era un errore, sicuramente.
Il
ventenne arretrò spaventato, osservando con ansia la sveglia che brillava
allegra nel buio, sempre voltato verso quell’oggetto andò a sbattere contro la
porta e cercò la maniglia nel buio.
Quando
la trovò uscì di corsa dalla stanza e si richiuse la porta alle spalle; doveva
esserci un errore, oggi non era il suo compleanno, probabilmente era solo la
sua sveglia che era fusa.
Scese
la scale con passo cauto, timoroso di quello che avrebbe potuto trovare al
piano inferiore e il suo respiro si fece più regolare quando vide che il
salotto di casa sua era vuoto e silenzioso.
Joe
tirò un sospiro di sollievo ed entrò in cucina un po’ più rilassato.
“AUGURI!”,
urlarono otto voci in contemporanea non appena il ragazzo varcò la porta della
stanza, facendolo sussultare.
“Cosa?”,
domandò lui, con una nota di panico nella voce.
Nella
spaziosa cucina di casa Jonas erano ammassati i genitori di Joe, Paul Kevin
Senior e sua moglie Denise, Kevin, Nick e Frankie, i suoi fratelli, e infine
Maryl, Maggie e Lexi, le prime due sue grandi amiche e l’ultima la sua ragazza.
“Auguri,
tesoro!”, gridò quest’ultima raggiungendo il suo fidanzato con due saltelli e
stringendogli le braccia al collo, abbracciandolo stretto.
Joe
non rispose all’abbraccio della ragazza e rimase con le braccia a ciondoloni
lungo i fianchi, ancora sotto shock. Era il suo compleanno.
Lexi
si staccò da lui non appena notò che non ricambiava il suo gesto d’affetto.
“Joe
che c’è?”, domandò lei, mentre il resto della compagnia li scrutava curiosi.
Il
ventenne si guardò in giro, osservando le facce dei suoi amici e parenti, le
pareti della cucina e infine il grosso calendario posto sul muro dietro a Lexi;
bastò un’occhiata a quell’oggetto per farlo cadere nello sconforto. Il quindici
Agosto, allora non era un incubo.
“Joe!”,
lo chiamò Lexi, scotendolo.
Il
ragazzo si riprese e la guardò negli occhi, nei suoi grossi occhi color
muschio.
“Sono
vecchio”, commentò il ventenne, per poi voltarsi e tornare di corsa nella sua
camera.
Sono vecchio, sono vecchio,
sono vecchio!, urlò nella sua testa il mezzano mentre si richiudeva la porta alle
spalle.
Il
mezzano crollò sul suo letto e si mise le mani sul volto, disperato.
Non
poteva crederci, così quel fatidico giorno era arrivato, quel fatidico,
maledetto, sfottuto giorno, aveva compiuto vent’anni. Era vecchio.
“Joseph
Adam apri subito questa porta!”, tuonò Lexi al di fuori dalla camera del suo
ragazzo. “Parliamone!”.
Joe
voltò la testa verso la soglia e scosse la testa.
“Non
c’è niente di cui parlare!”, urlò lui. “Non si può cambiare il tempo, ho
compiuto vent’anni, ora sono vecchio!”.
Il
mezzano udì numerosi sbuffi dietro la porta.
“Stai
insinuando che io sia vecchia?”, chiese Maryl, irritata, picchiettando con le
nocche delle mani sulla superficie in legno della porta.
“Esatto!”,
ribattè Joe.
“Ma
come ti permetti?!”, strillò la ragazza bionda. “E se io sono vecchia, Kevin
cos’è?”.
“E’
decrepito!”, ululò il ventenne, preso dallo sconforto.
Il
ventunenne, sentendosi chiamato in causa, arrossì all’offesa del fratello, ma
non ribattè.
“Avanti
Joe, tu non sei vecchio”, disse Maggie, con voce timida, “Fidel Castro è
vecchio, ma tu sei nel fiore degli anni”.
Il
vent’enne non rispose alle parole dell’amica e continuò a fissare il pavimento,
coprendosi con la coperta che gli era scivolata a terra.
“Tesoro
mio, tu non puoi essere vecchio”, lo rassicurò Denise, “io ho il doppio dei
tuoi anni e non mi sento ancora invecchiare, perché dovresti farlo tu, che sei
giovane e bello?”.
Joe
rimase zitto e immobile, tirando su con il naso, lei non era vecchia perché era
sua madre, e una madre non può essere vecchia fino ai sessant’anni, ma lui, che
era una cantante di fama mondiale, invecchiava molto più velocemente. Chi
l’avrebbe voluto, ora, che aveva ben vent’anni da portarsi sulle spalle?
“Sono
vecchio”, ripetè di nuovo Joe.
“Oh,
no ti prego, un’altra volta no!”, supplicò Nick, con uno sbuffo. “Ci risiamo”.
Lexi
lo guardò con aria strana, la testa leggermente inclinata.
“A
cosa?”, domandò.
“Alla
crisi di mezza mezza età”, spiegò il sedicenne, “è accaduto lo stesso due anni
fa con Kevin”.
Il
maggiore arrossì.
“Nick…”,
iniziò con rimproverò.
“Ehi,
è la pura verità, eri tu che dicevi che eri vecchio, senza speranze, che la tua
morte era vicina…”, elencò il minore.
“Uh,
si mi ricordò!”, annuì Frankie scotendo i capelli castani. “Kevin sembrava
scemo!”.
Maryl
sorrise e si voltò verso il suo ragazzo.
“Davvero?”,
chiese.
“No!”,
disse il ventunenne, mentendo. “E ora vogliamo occuparci di quella povera anima
pia di nostro fratello?”, chiese a Nick.
Quest’ultimo
annuì.
“Come
avete fatto a far uscire Kevin da questa cosiddetta crisi di mezza mezza età?”,
domandò Lexi.
“L’abbiamo
chiamato quando era pronta la torta”, spiegò il reverendo Jonas, “è schizzato
fuori dalla sua camera in un lampo!”.
La
rossa annuì, concentrata.
“Ma
a Joe non piacciono le torte”, notò Maggie.
“Ed
è per questo che dico sia pazzo”, disse Kevin.
“Kev!”.
“Che
c’è?”.
“La
piantate di litigare? Sono in piena crisi e voi diiscutete su quello schifo di
dolci*”, urlò il mezzano, sempre più disperato.
Maryl
si massaggiava il mento, la fronte corrugata in tante piccole rughe di
concentrazione.
Maggie
e Lexi la osservavano con attenzione ma fecero bene a non interromperla, la
conoscevano bene la loro sorellina, stava pensando e non bisognava disturbarla
quando pensava.
“Ci
sono!”, esclamò infine la bionda ventenne, mentre i suoi occhi dorati si
illuminavano. “Super Mario!”.
La
famiglia Jonas, escluso Joe, inclinarono la testa, i volti sorpresi, mentre le
espressioni di Maggie e Lexi si fecero subito allegre.
“Ma
certo!”, esclamò la rossa, mentre la mora sorrideva.
Kevin
cinse le spalle della sua ragazza delicatamente.
“Mio
fratello è in crisi e tu vuoi giocare ai videogiochi?”, domandò, ma il suo non
era un rimprovero, più che altro una domanda per accertarsi della salute
mentale della sua ragazza.
Lei
rise, con la sua solita risata cristallina.
“Ma
no, sciocchino, sto parlando del nostro vicino, il signor Mario!”, lo corresse
lei, allegra.
“O
anche detto Super Mario!”, disse Maggie.
Joe,
che fino a quel momento aveva ascoltato la conversazione in silenzio, tornò a
mugugnare sulla sua età, su quanto fosse vecchio.
“Probabilmente
mentre mi guarderò allo specchio troverò dei capelli bianchi!”, si lamentò.
“E
cose centra il vostro vicino?”, domandò Frankie, innocente.
Maryl
gli diede un bacio sulla testa.
“Il
signor Mario e suo fratello Luigi hanno centodue anni e sono entrambi belli
pimpanti e, guarda caso, sono dei vostri fans!”, escalmò la bionda allegra. “Se
loro, che sono davvero vecchi non
riescono a far capire a Joe che lui non è anziano non so come farglielo
capire!”.
Così,
un’ora dopo, la quale comprese l’ennesima crisi isterica di Joe, le sorelle
Campbell, le quali erano andate a prendere il signor Mario a casa sua,
tornarono accompagnate da un vecchietto senza denti, tutto rughe, seduto su una
sedia a rotelle.
“Gioventù
bruciata!” commentò non appena varcò la soglia di casa Jonas. “Dov’è quello
sciagurato di Joseph, il ventenne vecchio?”, domandò sorridendo sotto baffi.
La
famiglia Jonas al completo lo aiutò a salire le scale, nonostante le lamentele
del signor Mario.
“Sono
capace di andare anche da solo, sapete?”, chiese, acido.
C’è
una strana legge che impedisce ai vecchietti di essere simpatici, tutti gli
esseri umani che superano gli ottant’anni iniziano ad inacidirsi, fino a
diventare dei veri rompiscatole.
Joe,
che nel frattempo era stato costretto ad aprire la porta di camera sua sotto
minaccia di Lexi, aspettava il suo ospite appoggiato con una spalla allo
stipite della porta.
“Allora
sei tu il vecchio, eh?”, domandò Mario arrivando davanti a Joe e fermandosi.
“Senti, tu, guardami”.
Il
ventenne lo fissò inespressivo.
“E?”,
chiese.
“Io
ho centodue anni, tu quanti ne hai, scusa?”, chiese il signor Mario,
fissandolo, serio.
“Venti”,
snocciolò il ragazzo.
“Ecco!
Appunto! Io dovrei essere vecchio, tizio! Tu hai vent’anni, come osi pensare di essere vecchio?”, chiese
il vecchio.
Il
mezzano abbassò gli occhi, colpevole.
“Per
la verità io…”, iniziò.
“Niente
scuse, tizio! Io ho fatto la guerra, la seconda guerra mondiale l’ho fatta io!
Tu cosa hai combinato nella vita oltre a cantare? Niente! Quindi, tizio, cerca
un po’ di abbassare la cresta e di goderti la vita, chiaro tizio?”, domandò
Mario.
Joe
lo guardò con gli occhi grandi e le guance arrossate per l’imbarazzo.
“Allora?”.
“Si,
signor Mario”, sussurrò Joe.
“Sono
Super Mario, per te, tizio!”, gridò l’uomo e fece per allontanarsi dal
ventenne. “Ah, e fra parentesi adoro le
canzoni tue e dei tuoi fratelli, Tonight è
meravigliosa!”.
Il
mezzano sorrise, allegro.
“Bè,
grazie, Super Mario!”, esclamò.
“Figurati,
tizio, e guarda che hai un capello bianco, lì, proprio sulla frangia”, commentò
il vecchio andandosene.
La
famiglia Jonas e le sorelle Campbell, che fino a quel momento avevano osservato
la scena rilassandosi minuto dopo minuto, di irrigidirono sul posto e voltarono
la testa verso Joe, il quale colorito si era fatto cinereo.
“Nooooooo!”,
urlarono.
Fine
*per
la verità credo che Joe ami i dolci, ma il mio cervellino non funziona molto
bene alle due di notte passate, quindi scusate!
HAPPY BIRTHDAY, JOE!!
Lo so, è una cavolata, ma è un piccolo pensiero per il più pazzo
dei Jonas!
I Jonas Brothers non mi appartengono (bugia, bugia, bugia, bugia!!!!) e questa storia non è stata scritta a fini di lucro.
Le sorelle Campbell sono una mia creazione e mi appartengono in
quanto tale.