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Autore: Sapphire_Raven    18/07/2020    1 recensioni
Tema di letteratura che si è misteriosamente (o forse non tanto) trasformato in una fanfiction, ovvero: come sarebbe la seconda Cantica dal punto di vista della nostra guida preferita?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dante Alighieri, Virgilio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io e Dante ci rimettiamo in cammino e, dopo poco, ci viene incontro l’angelo della misericordia, che ci indica la via da seguire e cancella la seconda P dalla fronte del mio protetto. Dante mi chiede dei chiarimenti riguardanti l’origine dell’invidia e io cerco di spiegargli che i beni terreni, essendo limitati, finiscono per essere posseduti da pochi e l’invidia nasce dal fatto che si vorrebbero più ricchezze di quelle che si hanno. Al contrario, i beni celesti e l’amore di Dio si moltiplicano quanto più sono condivisi. So che probabilmente la mia spiegazione non sarà sufficiente per lui, ma per saperne di più dovrà parlarne a Beatrice. Mi spiace di non potergli essere più utile di così, ma come pagano ho una conoscenza limitata delle verità cristiane.

Improvvisamente Dante rallenta il passo e, guardandolo, vedo che ha lo sguardo perso nel vuoto. Quando torna in sé, gli domando cos’abbia e lui mi racconta di aver avuto delle visioni di esempi di mansuetudine. Questo perché siamo passati alla terza Cornice, quella degli iracondi, e la mansuetudine è la virtù contraria a questo peccato. Poco a poco vediamo comparire attorno a noi un denso fumo nero. È questa la pena degli iracondi: come in vita sono stati accecati dalla rabbia, così ora sono immersi nel fumo che impedisce loro di vedere. Mi avvicino a Dante e gli faccio appoggiare la mano sulla mia spalla per non rischiare di allontanarmi troppo da lui e, lentamente, avanziamo in mezzo al fumo. La voce di un’anima ci fa sobbalzare entrambi. Dice di chiamarsi Marco Lombardo e si offre di guidarci fino alla fine di questa Cornice. Con lui, Dante parla dell’origine della corruzione nel mondo e la individua nella mancata separazione tra il potere imperiale e quello del Papa. Oltre a questo, riflettono anche sul libero arbitrio e su come, nonostante la maggior parte di coloro che sono in Terra attribuisca tutto quello che accade alla volontà divina, l’uomo sia chiamato a scegliere autonomamente tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Nel mentre, io ripenso ai miei compagni del Limbo, in particolare al mio amico Orazio. Se solo fossimo nati qualche anno più tardi, avremmo avuto la possibilità di salire il monte per purificarci dai nostri peccati, e credo che lui avrebbe passato molto tempo in questa Cornice. In fondo, lui stesso si era definito “incline all’ira”, ma allo stesso tempo “facile al perdono”. Ci sono però molte persone che, a differenza sua, oltre ad adirarsi facilmente, serbano rancore. Sarebbe veramente impossibile elencarle tutte, perciò mi limito ad un esempio legato ancora una volta al mondo dello sport: di qui passerà un atleta piuttosto noto agli italiani, un calciatore famoso per essere spesso coinvolto in episodi controversi, come litigi e risse, dentro e fuori dal campo. Alla fine della sua vita, si pentirà del suo comportamento, e ciò gli permetterà di accedere al Purgatorio.

Una volta usciti dalla nube di fumo che ci aveva avvolto per tutto questo tempo, ci accorgiamo che il sole sta tramontando e che presto dovremo fermarci. Proseguiamo il cammino fino ad arrivare dall’angelo della mansuetudine, che in un battito d’ali fa sparire la terza P. Ora si è fatto buio e siamo costretti ad interrompere la salita. Ne approfitto per parlare a Dante dell’ordinamento morale del Purgatorio: ognuno dei peccati che si scontano qui ha origine dall’amore, ma quest’amore può essere sbagliato perché troppo forte, troppo debole o diretto a un oggetto indegno. Le Cornici che abbiamo già attraversato sono quelle in cui viene punito l’amore verso il male, mentre quelle successive riguardano l’eccessivo amore verso il bene. La Cornice in cui ci troviamo ora, al contrario, punisce coloro che hanno provato scarso amore verso il bene, ossia gli accidiosi. Costoro sono gli unici penitenti a non fermarsi durante la notte ed espiano la loro colpa correndo e gridando esempi di accidia punita.

Ormai è notte fonda e Dante decide di dormire per recuperare le forze dopo un’estenuante giornata di cammino. Io, intanto, guardo gli accidiosi correre lungo la Cornice e penso al peccato che ha fatto sì che venissero puniti in questo modo. “Accidia” non significa solo indifferenza o disinteresse, ma corrisponde anche al non voler compiere il bene, per pigrizia, o perché ciò non procurerebbe alcun vantaggio personale, e perciò si preferisce ignorare le difficoltà anziché affrontarle. Una delle problematiche ricorrenti della storia sarà senza dubbio la guerra, ma nonostante gli innumerevoli esempi di Paesi devastati dalla violenza, molti capi politici si comporteranno come se nulla fosse. Non mi riferisco ai grandi conflitti mondiali, ma alle guerre che verranno ignorate dagli altri Stati, come ad esempio quelle presenti in molti Paesi africani e nel vicino Oriente, perché ritenute lontane dalla propria realtà quotidiana. Accidiosi sono coloro che, oggi come tra settecento anni, decideranno di non fare nulla per aiutare i Paesi in difficoltà nonostante abbiano la possibilità di farlo.

Assorto com’ero nelle mie riflessioni, quasi non mi accorgo che il sole è già alto. Dante dorme ancora, devo svegliarlo e riprendere al più presto il viaggio. Lo chiamo una, due, tre volte e, finalmente, apre gli occhi. Chissà per quale motivo, pare piuttosto scosso, ma non possiamo perdere altro tempo, perciò ci mettiamo subito in cammino. Raggiungiamo l’angelo della sollecitudine, che provvede a cancellare la quarta P dalla fronte di Dante.
   
 
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