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Autore: Ireth    13/05/2005    4 recensioni
Legolas e Sarah, un elfo e una ragazza umana... La storia di un amore talmente intenso da sfidare il destino scritto dai Valar... Aspetto commenti!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Legolas, Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 16: L’inizio di una nuova vita

Un giorno che attendeva da mesi, e ora era li… scalpitava per farsi strada verso di lui, il momento era arrivato, lo preparava da tempo, ogni singolo istante era stato programmato, perché non ci sarebbero state repliche, non poteva permettersi errori, tutto doveva andare come lui e Gimli avevano stabilito, se non voleva che tutto svanisse, come una bolla di sapone che scoppia prima di staccarsi dalla cannuccia con cui il bambino la crea.
“E’ finita!”
Gimli lo riscosse dai suoi pensieri, era sulla alla porta-finestra che dava sul terrazzo di Legolas, mentre l’elfo si aggirava pensoso per la propria stanza.
“Eh?”
“La scala è pronta, testa di legno! ti vuoi almeno degnare di guardarla?”
“Scusa…”
L’elfo uscì fuori… in quel tardo pomeriggio si settembre, il sole era basso all’orizzonte, sarebbe tramontato tra poco, ed emanava una luce calda e arancione, che tingeva il giardino di fronte a lui, preannunciando l’autunno, che faceva capolino dopo una calda estate.
L’estate più lunga, più frenetica, più piena della sua lunghissima vita… com’era cambiata la sua vita in neppure un anno! Se qualcuno glielo avesse detto, poco tempo prima, non ci avrebbe creduto…
“Allora?”
Gimli lo tirava per una manica, costringendolo ad ammirare la sua opera, effettivamente fantastica. Il nano aveva scolpito una piccola scalinata, attraverso il gigantesco tronco dell’albero che cresceva addossato al balcone di Legolas.
Quell’albero era sempre stato fonte di grandi preoccupazioni per Elrond, poiché cresceva a dismisura contro il fianco del palazzo, quasi volesse spingere e spingere fino ad abbatterlo. Più volte il sovrano aveva preso in considerazione l’idea di tagliarlo, per far si che non iniziasse a sgretolare le mura, ma poi non ne aveva mai avuto il cuore, era pur sempre un elfo…
Quando, poche settimane prima, Gimli gli aveva chiesto il permesso di scolpire una piccola scala nella parte di tronco che schiacciava il palazzo, non aveva potuto trattenere la sua gioia.
“Almeno la smetterà di spingere come un forsennato!” aveva commentato tra sè.
“Chi?” Gimli, perplesso, sembrava non capire.
“L’albero, no?!”
“L’albero spinge? Che cosa?”
“Ma il palazzo, naturalmente!”
Aragorn e Legolas erano scoppiati a ridere, facendosi andare di traverso il sidro che stavano bevendo nel salottino del sovrano e iniziando a tossire rumorosamente.
Il nano guardava Elrond seriamente, con un po’ di sospetto, probabilmente temendo che lo stesse prendendo in giro…
“Vuoi un disegnino?” aveva chiesto Aragorn sghignazzando, mentre si asciugava le lacrime che gli lambivano gli occhi per ilo troppo ridere.
“Ne faccio a meno! Grazie!” aveva ringhiato l’amico, che non poteva però nascondere una certa soddisfazione, che invece Legolas si preoccupava di celare attentamente.
Quella scala sarebbe servita per Sarah, sia la notte del suo arrivo, per raggiungere la camera di Legolas, sia per il tempo che avrebbe dovuto trascorrere nascosta, fino alla nascita del bimbo.
Era stato Gimli ad avere l’idea.
“Così, visto che di giorno dovrà stare nascosta in camera tua, almeno di notte potrà sgranchirsi le gambe in giardino, tanto le guardie non lo pattugliano più da tempi immemorabili, non succede mai niente qui.”
A Legolas l’albero piaceva molto, a volte, al mattino,gli sembrava che rispetto alla sera prima si fosse avvicinato alla sua finestra, quasi voglioso di entrare nella camera con i suoi rami nodosi. Trovava buffo quel suo essersi totalmente appoggiato al balcone e alle mura del palazzo, quasi volesse fare dispetto ad Elrond, che assumeva un colorito verdognolo ogni primavera, quando l’albero, coperto di gemme, mostrava con tracotanza di essere cresciuto ancora rispetto all’anno precedente.
Dovevano trovare una scusa plausibile per farsi dare il permesso dal sovrano, ma questo non era stato difficile. Gli avevano detto che la scala doveva servire a loro due, ma soprattutto a Gimli, per i loro continui viavai tra la camera dell’elfo e la casetta del nano.
“Così non disturberemo nessuno!” aveva spiegato il nano quando aveva proposto la sua idea, fingendo di non ricordare che per anni se n’era altamente infischiato di marciare per i corridoi a tutte le ore del giorno e a volte anche della notte, facendo un gran frastuono insieme ai suoi due amici.
Ma appena Elrond aveva inteso che si profilava un intervento sulle manie d’espansione di quell’albero malefico era entrato in una sorta di visibilio, qualunque fosse il motivo, anche far accedere un troll alla camera di Legolas, Gimli poteva fare a quell’albero tutto quello che voleva… E lo aveva fatto.

In poche settimane, con l’aiuto di Legolas, sebbene scarso, perché Gimli non voleva che nessuno mettesse mano alla sua opera, lungo il tronco dell’albero era nata una piccola scaletta, che accedeva direttamente al balcone dell’elfo.
“Notevole!” ammise Legolas mentre tuttavia osservava perplesso alcuni pezzi del parapetto che il nano aveva dovuto abbattere, e che ora giacevano, praticamente ridotti in briciole, a terra.
“E’ inutile che li guardi così!” abbaiò quello. “Andavano tolti, altrimenti come facevo a farla accedere al terrazzo!”
“Perché i pezzi sono così piccoli? E soprattutto perché il bordo di quel che è rimasto del parapetto è così orribilmente rovinato e frastagliato? Hai usato la mazza chiodata, Gimli?”
Gimli sorrise serafico e Legolas temette che ciò equivalesse ad una risposta affermativa.
“Andrà smussato comunque… “ concluse poi “altrimenti ci si graffierà tutte le volte che si passa.”
“Incompetente!” mugugnò Gimli. “Ad ogni modo non credo basterà così poco per far smettere questo albero di premere. Secondo me ci sta ascoltando…” aggiunse poi osservando con fare guardingo la chioma imponente che troneggiava sopra di loro. “Non è che Elrond ha ragione? E se buttasse giù il palazzo?”
Legolas lo guardava confuso.
“Non ti ci mettere anche tu ora!” sbottò poi “E’ solo un albero, non è vivo!” un attimo di silenzio “Cioè, lo è… ma a modo suo, insomma, è un vegetale! Ma perché stiamo facendo questo discorso? Non ha senso che…”
“Splendido!” la voce chiocciante di Elrond proveniente dal giardino li interruppe, Legolas poteva sentire distintamente il sovrano che saliva rapidamente la scaletta, per raggiungerli sul terrazzo.
“Ora la smetterà di spingere un po’ e…”
“Attenzione!”
Legolas non fece in tempo ad avvertirlo, che la tunica di Elrond si impigliò nell’estremità del parapetto ancora da assestare. Dal suono che si udì poi lo strappo doveva essere piuttosto grande.
Calò un attimo di silenzio, in cui Legolas scuoteva la testa, Gimli si osservava le punte dei piedi ed Elrond fissava sconsolato i brandelli del suo abito.
“Allora è finita?” Per una volta, Aragorn non giungeva a sproposito, alleviando un’atmosfera che rischiava di farsi pesante.
“Che è successo al vestito?” chiese l’uomo raccogliendo una striscia di velluto rosso tutta logora e porgendola sogghignante al sovrano.
“Gimli si è dimenticato di smussare il parapetto…” rispose laconico Legolas indicando la sporgenza acuminata.
“Forse è meglio che andiamo a cena.” suggerì Elrond, particolarmente scornato, mentre iniziava a scendere la scaletta, tenendo con entrambe le mani i lembi del suo abito distrutto.
“Complimenti!” bisbigliò l’elfo rivolto a Gimli che emise una serie di borbottii inarticolati, mentre i tre si incamminarono in buon ordine dietro al sovrano.

Legolas non toccò cibo quella sera, il suo stomaco era come annodato, da quanto si sentiva nervoso per la situazione incombente. Non che qualcuno se ne accorse… Non era decisamente un vaso delle Danaidi a tavola, mangiava con appetito pari a quello di un passerotto. In compenso Gimli si abbuffò a dismisura, evidentemente il lavoro l’aveva reso famelico, e si preoccupò di svuotare anche il piatto dell’elfo.
“Sembra che hai dei chiodi sulla sedia!” bofonchiò poi rivolto all’amico.
“Eh?” Legolas sussultò a causa dell’interruzione del debole filo dei suoi pensieri, aveva i nervi a fior di pelle.
“Se continui così si accorgeranno tutti che non vedi l’ora di andartene! Prima fra tutti Arwen, e a quel punto saranno dolori…” continuò Gimli sottovoce.
“E cosa dovrei fare, secondo te?” sbotto l’elfo in un sussurro pur sempre impercettibile.
“Cerca di sorridere e di spiccicare almeno qualche parola di cortesia, devi aver pazienza ancora per un’oretta.”
Legolas mascherò appena un gesto di stizza con la testa, ma non fu abbastanza veloce da mascherarsi agli occhi di tutti… due occhi azzurri e contornati da piccole rughe lo stavano fissando e avevano capito tutto. Legolas avvertì un colpetto sul suo stinco, sotto al tavolo, un tocco piuttosto legnoso…
Sollevò gli occhi e si ritrovò a fissare quelli di Gandalf… lo invitavano alla calma, con movimenti quasi impercettibili.
C’era qualcosa di straordinario nello stregone… Non si erano quasi più parlati da quella sera… Eppure lo sapeva, sapeva che quella era la notte in cui Sarah avrebbe attraversato il passaggio. Non era come Galadriel, lei sapeva leggere le menti, lui invece era in grado di leggere la realtà del mondo, leggeva la vita.
Meditava tra se, con gli occhi bassi, ripassando i programmi per la notte, non voleva sbagliare nulla, tutto doveva essere perfetto, pensava a Sarah, pensava ai giorni che li aspettavano.
Mancavano quattro giorni all’equinozio, non aveva voluto ridursi all’ultimo giorno, poteva essere troppo rischioso, ma al contempo non era prudente anticipare troppo. Quando Sarah sarebbe stata scoperta sarebbero stati guai seri, in ogni caso, lo sapeva bene, ma se Sarah fosse stata scoperta prima della chiusura del passaggio sarebbe stata rispedita indietro in un batter di ciglia, poi vi sarebbe stata la sua punizione, la più appropriata per un elfo traditore. Non vi era ipotesi più nera di quella e lui la temeva, per quello aveva aspettato, aspettato il più a lungo possibile; vi erano tre notti tra l’arrivo di Sarah e la chiusura del passaggio ed erano le più rischiose, in seguito non vi sarebbe più stato modo di rimandare la ragazza sulla Terra, e quello per lui era un primo sollievo.
Fu riscosso dalle parole di Gandalf, che si era alzato in piedi.
“Ho in programma una ricerca nella foresta, per questa notte…”
Elrond lo guardò incuriosito.
Gandalf scosse il bastone, come per tranquillizzare il sovrano…
“Alcune erbe e fiori che sbocciano di notte, le mie solite pozioni… Credo di aver bisogno di aiuto, posso prendere Gimli e Legolas e Aragorn?”
“No non puoi!” Arwen pareva agitata.
“Prego?” Gandalf sorrideva.
“Aragorn ha altri programmi questa notte, diglielo?”
Il ramingo annuì ridacchiando e arrossendo leggermente.
“In questo caso non voglio intromettermi!” cinguettò lo Stregone alzandosi da tavola e sorridendo sotto i baffi. “Andiamo?” domandò poi impaziente rivolto agli altri due.
Gimli capitombolò giù dalla sua sedia leggermente rialzata, mentre Legolas si alzò con talmente tanta foga da ribaltarla.
“Vi sentite bene voi due?” domandò Elrond leggermente accigliato.
“Si… si…” balbettò l’elfo rimettendo la sedia al suo posto e avviandosi a testa bassa e passo rapido verso la porta, dove Gandalf li aspettava, seguito a ruota da Gimli che sbattè con violenza l’uscio dietro di se, come d’altra parte era solito fare.
“Ma che hanno quei due?” era stato Elladan a parlare, l’altro figlio di Elrond.
“Io l’ho sempre detto che Legolas si comporta in modo strano, è sicuramente pazzo!” questo invece era il fratello, Elròhir.
Elrond sollevò gli occhi al cielo.
“Siete mancati per un po’ da palazzo e la mia pace era assoluta! Vedete di controllarvi o sarò costretto a rispedirvi subito da qualche parte, lontano da qui, dove non turberete il mio benessere! Ad ogni modo sono stufo di tutte questi pettegolezzi su Legolas, parlate con vostra sorella, ultimamente è molto interessata alla faccenda… E forse ecco il motivo perché Legolas sembra sull’orlo di una crisi isterica: è semplicemente seccato da tutti voi!”
Abbandonò la stanza, ma sotto sotto sorrideva e questo non sfuggì ai suoi figli… Era ben lieto di riaverli a casa, mancavano da molto, essendosi dovuti occupare di faccende di corte, nei limiti estremi dei regni abitati. Erano rumorosi, amanti degli scherzi più idioti e tremendamente maldestri, tanto che a volte quando partivano non poteva fare a meno di tiare un sospiro di sollievo… Ma dopo pochi giorni gli mancavano tremendamente e non vedeva l’ora di risentirli correre per i corridoi strillando e rovesciando tutto ciò che incontravano sul loro passaggio. Ora la sua famiglia era al completo, insieme a tutti i suoi più cari amici… Si, era particolarmente soddisfatto.

Due paia di occhi famelici si voltarono verso Arwen.
“Ebbene?”
“Ebbene nulla! Non ho tempo da perdere con voi, miei cari poppanti! Io e Aragorn abbiamo da fare. Detto questo uscì dalla stanza trascinandosi dietro il marito che fece l’occhiolino ai due fratelli prima di sparire per i corridoi.
“Se ne sono andati tutti…”
“E’ una domanda o un’affermazione?”
“Tu che dici? A parte noi la stanza è vuota?”
“Io sono stanco… andiamocene a dormire.”
“Speravo in una notte folle fratello mio...”
“Non stasera, ho la schiena a pezzi per il troppo cavalcare, trattieni i tuoi propositi… Ci rifaremo nei prossimi giorni.”
“Però passiamo di fronte alla camera di nostra sorella, picchiamo forte la porta e poi ce ne andiamo… Ad Aragorn verrà sicuramente un infarto!”
“Mi sembra un’ottima idea!”
Si allontanarono sghignazzando rumorosamente e sbattendo la porta con ancor più vigore di Gimli, un quadro appeso al muro cadde rovinosamente a terra, insieme a svariate briciole dell’intonaco.

“Io non ho alcuna intenzione di passare la notte nella foresta brucando erbacce!” sbraitò Gimli.
“Zitto!” Gandalf lo colpì leggermente sulla zucca, con il capo nodoso del suo bastone.
“Non ho certo bisogno di voi per la mia raccolta, ma so che avevate fretta di andarvene.”
“Oh…” Gimli pareva incominciare a capire.
“Comunque non dovevi chiedere anche ad Aragorn!” continuò imperterrito il nano. “E se avesse accettato?”
“Vuoi tacere, per favore?” supplicò Legolas. “Mi stai facendo venire un gran mal di testa!”
“Se tu osservassi con più attenzione, Gimli, ti saresti accorto che Arwen aveva ben altri programmi per la serata, non gli avrebbe mai permesso di unirsi a noi. Se non gliel’ avessi chiesto si sarebbero insospettiti tutti!” spiegò Gandalf lapidario.
Per la gioia di Legolas, camminarono in silenzio fino al limitare della foresta, dopodiché Gandalf si fermò.
“Ora vi lascio proseguire, non avete bisogno di me… Fate attenzione alle guardie, mi raccomando! Gimli?”
“Mmhh.” “Parla a voce molto bassa, mi raccomando, alla notte il silenzio è assoluto, per cui non devi farti sentire.”
Un grugnito di assenso.
“Legolas…”
“Dimmi…”
“Sono sicuro che hai programmato tutto nel migliore dei modi, per cui non temere, non è stanotte che ci saranno problemi…” aggiunse poi con una leggera amarezza. Legolas sospirò, sapeva bene cosa intendeva lo Stregone con quelle parole.
“Lei come sta?” aggiunse poi picchiettando leggermente il bastone a terra.
“Abbastanza bene, considerando la sua situazione…Ma si affatica molto per nulla. Ha un pancione grandissimo e la schiena le fa sempre male.”
“Ho capito, cercate di non farla stancare troppo, meglio che ci mettiate un po’ più di tempo, ma lasciatela riposare se ne ha bisogno. Io vi aspetterò sul tuo terrazzo, così quando arriverete potrò darle un’occhiata… saremo tutti più tranquilli… Andate ora!”
Gimli si scomparve tra le fronde, molto emozionato per quell’avventura, Legolas rimase per un attimo fermo, con la testa leggermente reclinata, fissando Gandalf.
“Che c’è?” chiese dolcemente lo stregone.
L’elfo gli si avvicinò incerto, poi gli gettò le braccia al collo; ciò sorprese Gandalf, ma solo per un attimo, perché ricambiò subito l’abbraccio con calore.
“Muoio di paura.” Mormorò Legolas. “Cerco di mostrarmi forte per Sarah, ma non sono mai stato così spaventato in tutta la mia vita.”
“Non sei solo… Io e Gimli siamo dalla tua parte e anche quando tutti i nodi verranno al pettine non sarai solo, vedrai che anche Elrond farà di tutto per te. Noi ti aiuteremo Legolas… Non piangere.” aggiunse poi dolcemente, vedendo una lacrima scorrergli lungo la guancia e posandogli una mano sul capo.
“Hannon le.” bisbigliò Legolas, poi scomparve nella foresta, raggiungendo Gimli che lo aspettava poco più avanti.

Sarah aspettava con Martina, sapeva che quella era la notte della sua partenza, tutto era pronto.
Si erano già dette addio, avevano pianto, avevano ricordato insieme tutti i bei momenti trascorsi.
Ora non vi era più tempo per le lacrime.
“Sei sicura di voler fare così?” chiese Martina accennando al biglietto scritto da Sarah e lasciato in bella mostra sulla scrivania.
“Si, se mi crederanno morta nessuno mi cercherà e sarà più semplice anche per te, ti faranno meno domande. Se pensassero che sono scappata autorizzerebbero le ricerche e per te sarebbe un tormento, sei la mia migliore amica e ti farebbero troppe pressioni. Per i mie genitori non sarà piacevole, ma si rassegneranno più in fretta.”
“Ma cercheranno il corpo e non lo troveranno. Non credi che qualcuno s’insospettirà?”
“Cosa fa da queste parti una persona che vuole uccidersi?”
Martina capì.
“La rupe di Capewhite…”
“Esatto… Uno strapiombo infinito, poi rocce appuntite e infine correnti fortissime. Non si salva nulla di quel che cade laggiù… Semplicemente rinunceranno a trovare il corpo e questa storia finirà presto.
Nessuno si stupirà del mio suicidio, qui pensano tutti che io sia pazza, e forse lo sono davvero… Ad ogni modo sarà una vicenda senza strascichi.”
“Va bene…”
“Solo una cosa ti chiedo: porta il mio segreto nella tomba, perché nulla di quello che è realmente successo si dovrà mai sapere.”
“Non c’è bisogno di chiedere… Sai bene che lo farò…”
Si abbracciarono e poi aspettarono Legolas in silenzio, tenendosi per mano.

L’elfo apparve in silenzio e baciò Sarah sulla fronte, salutando l’amica con un cenno della testa.
“Sei pronta?” mormorò poi.
Sarah annuì. Lui le porse un fagotto con dei vestiti.
“Mettiti questi” proseguì dolcemente. “Non puoi portare i tuoi vestiti nel mio mondo, darebbero troppo nell’occhio se disgraziatamente qualcuno dovesse vederci.
Lei sorrise e si recò in bagno per cambiarsi, lasciandolo solo con Martina.
La ragazza non aveva un bell’aspetto, le occhiaie indicavano che aveva pianto ed era chiaramente triste per la partenza dell’amica.
“Abbi cura di lei.. “balbettò poi con voce rotta. “Io so che lei è felice così, ma mi sembra impossibile il non poterla più vedere, lei è la mia migliore amica e anche se sono tanto felice per lei, questo è il momento più brutto della mia vita.”
L’elfo l’abbracciò e le asciugò le lacrime.
“Grazie di tutto Martina… Di aver mantenuto questo segreto, di averla aiutata e di esserle stata vicino, di non aver tentato di fermarla, di aver protetto me e mio figlio. Ti prometto che sarà felice e che non rimpiangerà la sua vita passata.”
Lei annuì e sorrise, rimasero in silenzio e poco dopo Sarah rientrò.
“Dove sono le tue cose?” chiese poi Legolas dolcemente. Sarah gli porse una piccola borsa, contenenti pochi oggetti, solo ricordi, quasi tutti di Martina: fotografie, tutti i regali ricevuti dall’amica e una lettera che le aveva dato pochi giorni prima; alcuni disegni e i propri diari; qualche gioiello; la pipa di suo nonno e la piccola croce irlandese di legno, che aveva portato al collo fino alla sua morte, per poi lasciarla alla nipote. Non le serviva nient’altro…”
“La gatta?” chiese Martina.
“La portiamo con noi.” Rispose Legolas, sollevando Phoebe e posandola delicatamente in una bisaccia che aveva portato con se. L’animale rimase tranquillo… quasi capisse. “Gimli aspetta dall’altra parte del passaggio, gli porto queste cose e poi torno a prenderti.”
Disparve nella luce per far ritorno dopo pochi istanti.
“Aspetto fuori…” disse titubante, “dovrete salutarvi…”
“L’abbiamo già fatto” rispose Martina “Va, Sarah… Sono sicura che sarai felice. Insieme a Legolas e a vostro figlio troverai quello che ti mancava in questo mondo.”
Si abbracciarono ancora una volta, ma Martina non pianse più, sapeva che quella era la cosa più giusta. Furono le lacrime di Sarah a bagnare le sue guancie.
“Io ci sarò sempre, Martina… Anche se tu non mi vedrai, io potrò osservarti nelle pietre veggenti. Grazie di tutto.”
“Lo so…” disse Martina. “Addio” bisbigliò poi sorridendo.
“Addio”
Guardò Legolas negli occhi e si capirono senza parlare. Lui l’avrebbe protetta e questo a Martina bastava. La ragazza uscì silenziosamente dalla stanza e poi da quella casa… preferiva non essere presente al momento del passaggio.

“Sei pronta?”
“Si… porami via?”
“Resta stretta a me e non aver paura, quando arriveremo dall’altra parte l’impatto sarà un po’ violento, cerca di proteggere la pancia e resta aggrappata a me, dovrei attutire la caduta, comunque finiremo sulla sabbia…” un attimo di silenzio, era pallida.
“Hai paura, amore?”
“Un pochino…” rispose lei sorridendo.
“Sei davvero sicura di voler abbandonare tutto?”
“Abbandonerei tutto se dovessi rimanere qui, ora la mia vita siete tu e il bambino.”
L’elfo la baciò sulla bocca e poi l’abbracciò stretta.
“Andiamo… chiudi gli occhi…”
La luce li inghiottì...Sparirono e la notte ridiscese scura sulla casa di Sarah.

Gimli attendeva sospettoso, con una mano posata sul manico dell’ascia, mentre con l’altra accarezzava la gatta nella bisaccia che teneva al collo; vide il passaggio di luce aprirsi a poco o poco, dopodiché Legolas e Sarah gli caddero addosso.
“Per tutti i draghi!”
“Non una sola parola!” lo ammonì Legolas mentre aiutava Sarah, pallida come un cencio, a rialzarsi da terra.
“Tutto bene?” le chiese poi continuando a sostenerla con un braccio.
“Credo di si…” mormorò la ragazza mentre si guardava incontro spaesata.
“Lui è Gimli…” continuò Legolas più sollevato.
“Ciao Gimli…” disse Sarah sorridendo. “So che in questi mesi hai fatto molto per Legolas e anche per me. Te ne sono grata.” Lo baciò sulla guancia, provocando un immediato stato di rossore sul viso del nano che visibilmente imbarazzato bofonchiò qualcosa e poi si avviò verso la foresta.
Sarah guardò Legolas, in cerca di spiegazioni.
“E’ molto timido…” bisbigliò l’elfo sorridendo.
La ragazza sorrise a sua volta, incamminandosi insieme a Legolas che gli parlava sottovoce.
“La strada non è delle più semplici… dobbiamo tagliare per il bosco perché il sentiero è sorvegliato. Se per caso ti sembra di essere troppo stanca basta che tu lo dica, ci fermiamo subito in modo da lasciarti riposare. Gandalf dice che è importante che non ti affatichi troppo.”
Sarah annuì e si avventurò titubante tra i rami intricati del bosco, sempre sostenuta dall’elfo.

Ci misero quasi due ore per raggiungere il balcone di Legolas.
Si erano dovuti fermare tre volte perché Sarah non ce la faceva più e sembrava che i rami non volessero lasciarli passare, fatto che aveva causato diverse imprecazioni da parte del nano. Il bambino scalciava come un forsennato e c’era stato un momento in cui Legolas aveva seriamente temuto che Sarah stesse per sentirsi male sul serio e svenire in mezzo al bosco; non gli parve vero quando raggiunsero l’imboccatura della scaletta.
“L’ultimo sforzo, amore… Siamo arrivati. Fai con calma… Gimli, spostati di li e aiutala!”
Sarah salì con fatica la piccola scala tortuosa, ma arrivata in cima ebbe un sussulto e quasi scivolò giù, una mano uscita dall’oscurità si era tesa, nel più assoluto silenzio, come per aiutarla a salire, spaventandola a morte.
“E’ Gandalf, non aver paura… E’ qui per aiutarci.” La voce di Legolas vicino al suo orecchio la rassicurò. Afferrò quella mano e si lasciò sostenere da quella figura incappucciata, perse ogni cognizione si sentì sprofondare.
Riaprì gli occhi dopo poco. Era stesa sul letto e qualcuno gli teneva il polso, ascoltandole le pulsazioni, mentre Legolas le inumidiva il volto con un panno bagnato.
“Legolas…”
“Ssssh… Tranquilla, va tutto bene, sei solo svenuta. Abbiamo camminato tanto amore.”
“Mi sembra che vada tutto bene.” La voce proveniva da sotto il cappuccio e la ragazza si voltò verso la figura, che si stava scoprendo il volto, e che le aveva lasciato il polso, adagiandole con delicatezza il braccio sul letto. La prima cosa che Sarah vide furono i due occhietti azzurri e acquosi dello stregone, poi l’intero suo viso fu invaso dalla luce e lei potè osservarlo.
“E’ come se ti conoscessi…” lo apostrofò poi sorridendo.
“Lo so…” ammiccò Gandalf. “Tolkien è sempre stato molto preciso nelle sue descrizioni…”
Dopodiché si sedette sul letto accanto a Sarah.
“Vorrei controllare il bambino, se non ti dispiace… Legolas mi ha detto che fin’ora hai fatto tutto da sola.”
La ragazza annuì e lasciò che lo stregone slacciasse alcuni bottoni della tunica che indossava, ne bastarono tre, sotto il seno e poi sentì la sua mano che toccava lievemente il suo ventre.
“Ti fa male?” chiese mentre premeva leggermente.
La ragazza scosse la testa e lasciò che continuasse a tastarla.
“Da come scalcia direi che sta benissimo” sentenziò Gandalf sorridendo e riallacciandole scrupolosamente la tunica. “Sarà sicuramente molto vivace.”
In quel momento rientrò Gimli, dalla finestra che dava sul balcone.
“Ho fatto un giro intorno al palazzo e anche per i corridoi… E’ tutto tranquillo, nessuno ci ha sentiti.”
“Bene!” anche Gandalf mostrò un certo sollievo. Ora ce ne andremo tutti a dormire. Mi raccomando,” disse poi chinandosi verso Sarah, “riposo assoluto, fino a quando il bimbo non sarà nato, resta a letto per un paio di giorni, poi riprendi pure a muoverti, ma senza esagerare. Io torno domani a vedere come stai.” Le carezzò il viso e fece per andarsene ma la ragazza lo trattenne afferrandogli la mano e costringendolo a fissare i suoi occhi verdi.
“Grazie…” mormorò.
Lo Stregone si chinò e le parlò piano, così che solo lei potesse udirlo:
“Grazie a te per quello che hai fatto a Legolas. E’ rinato…”
Si avvicinò alla finestra e uscì, afferrando Gimli per la collottola con gran naturalezza e trascinandoselo dietro, dato che il nano sembrava ancora sovraeccitato per l’intensa serata, e poi quei due avevano di certo bisogno di stare soli.
Depositò con Gimli ai piedi dell’albero e poi si accese la pipa.
“Ehi… Piano! Un po’ di delicatezza!” abbaiò quello massaggiandosi il collo indolenzito. A volte proprio non riusciva a capirlo quello Stregone.
“E ora?” gli domandò poi.
“In che senso scusa?” Gandalf aspirava grandi boccate di fumo azzurrognolo e puzzolente, emettendo poi piccole nuvolette.
“Che facciamo ora?” Gimli pareva seccato.
“Io ho voglia di pane e marmellata, di lamponi possibilmente…” sentenziò Gandalf meditabondo.
Il nano sorrise sotto i baffi, non era poi una cattiva idea.
“Beh… direi che si può fare…” borbottò allegramente.
Prese Gandalf sotto braccio, per quanto la sua altezza poteva consentirglielo, e insieme si incamminarono canticchiando verso la casa del nano.

Sarah si sentiva un po’ meglio e si guardava intorno incuriosita dalla stanza di Legolas, che ora era anche la sua. Lui si era cambiato, ora indossava solo dei pantaloni leggeri e stava spegnendo un po’ di candele, creando una certa penombra.
“Vuoi mangiare qualcosa?” chiese osservando la pila di dolci lasciati da Gimli.
“No…” rispose Sarah sorridendo. “Ora ho solo bisogno di riposare… e anche tu.”
“Già…”
L’elfo spense tutte le candele tranne una e si sedette sul letto.
“Vuoi che la lascio accesa? Domandò accennando alla candela?”
“No… spegnila… Tanto c’è la luna che fa luce e poi ci sei tu, non ho paura.”
Legolas spense la candela e si sdraiò accanto a lei, coprendo entrambi con una coperta leggera, perché ancora i primi fredi non erano arrivate.
L’abbracciò e lasciò che lei poggiasse la testa sul suo petto.
“La nostra nuova vita…” bisbigliò Sarah più a se stessa che al suo compagno.
“La nostra nuova bellissima vita, amore mio…”
“Sai Legolas, in certi momenti ho avuto paura. Ho temuto di non farcela, di non poter compiere questo grande salto. Ma ora che sono qui, insieme a te e al nostro bambino, tutto ha un senso, tutto mi appare chiaro; è come se una lunga e intricata matassa si fosse tutto d’un tratto dipanata di fronte ai miei occhi. Ora so che ho fatto la scelta migliore che potessi fare. Ho la vita che ho sempre desiderato.”
“Per me non c’è cosa più bella del sentirti dire questo. Hai scelto di seguirmi e sapere che ciò non ti crea rimpianti e quello che più desidero. Sicuramente verranno momenti difficili, perché tu non potrai rimanere nascosta per sempre, ma io sarò sempre qui, accanto a te. Non permetterò mai, a nessuno, di dividerci, ne di farci del male. Io sarò sempre qui.”
“E io con te.”

E i Valar osservarono tutto, dal loro regno incantato e misterioso. Nemmeno ora sarebbero intervenuti, non era quello il loro compito. Nella pazienza delle attese sta la vera saggezza.
E in quella notte le due stelle misteriose divennero più luminose, senza però svelare il loro segreto.
Tutto a suo tempo.
  
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