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Autore: Mahlerlucia    26/07/2020    2 recensioni
[Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru (Run with the wind)]
Lo splendore dell’amicizia, non è la mano tesa, né il sorriso gentile, né la gioia della compagnia: è l’ispirazione spirituale che viene quando scopriamo che qualcuno crede in noi, ed è disposto a fidarsi di noi.
(Ralph Waldo Emerson)
[Haiji x Kakeru]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Novel/Anime/Manga: Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru (Run with the wind)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo
Rating: giallo
Personaggi: Haiji Kiyose, Kakeru Kurahara
Pairing: Haiji x Kakeru
Tipo di coppia: Shonen-ai
Avvertimenti: Missing moment, Lime

 
 

Do you see the top?
 
 

 
Gennaio
 
 
L’intera mattinata trascorsa al pronto soccorso non era stata sufficiente per convincerlo a rimanere a riposo. Haiji si era premurato di preparare il pranzo a tutti i suoi coinquilini, anch’essi stremati dalle imprese sportive incorse nelle due giornate precedenti. A nulla erano valsi i rimproveri altisonanti di Shindo e Yuki, così come le suppliche dei gemelli Jō o le smorfie di King e Nico-senpai. Pur soffrendo vistosamente, Kiyose non avrebbe mai consentito che i suoi amici più cari restassero a stomaco vuoto sino a sera; era il minimo che potesse fare per ringraziarli degli enormi sacrifici che avevano fatto per lui in quegli ultimi sei mesi. Non poteva di certo non ammettere a sé stesso di aver alquanto scombussolato le loro quiete vite da semplici studenti universitari in cerca della strada da percorrere in direzione di un futuro oramai prossimo. Ed essere il loro senpai di ruolo di certo non era bastato a giustificare l’autorità con cui aveva deciso d’imporre una sua tenace volontà su otto persone con ben altre ambizioni ed interessi. Sì, esattamente otto persone. La nona, l’ultima arrivata all’interno del modesto dormitorio Chikuseisou, non poteva di certo essere considerata al pari degli altri in termini di “passione” per quello sport sciagurato a cui lui, invece, aveva dovuto rinunciare sin da tempi non sospetti.

Kakeru era ancor più silenzioso del consueto, intento a mangiare – quasi controvoglia – quel ramen condito con i semi di bambù, esattamente come piaceva a lui. Non ci era voluto poi molto ad Haiji per comprendere e soddisfare questa sua preferenza, senza nemmeno dover scomodarsi nel chiedere maggiori delucidazioni.
Di tanto sollevava la testa, cercando di non far notare a nessuno quanto in realtà fosse preoccupato per le condizioni di salute di quello che ormai, nella sua mente, era diventata la trasposizione umana dell’amore per l’atletica leggera. Quest’ultimo si limitava a far finta di nulla non tanto per non metterlo in imbarazzo di fronte agli occhi dei compagni, ma per non sentirsi ancor più ingombrante ed inetto di quanto le sue condizioni fisiche inevitabilmente imponessero. E a dire il vero, gli occhi di quella matricola dal carattere ribelle e il talento inestimabile puntati unicamente su di lui, non gli dispiacevano affatto. Poteva sembrare un pensiero stupido, a tratti egocentrico, ma la sua presenza lo aveva rasserenato e confortato sin dal primo istante, sin da quella folle corsa in bicicletta fatta unicamente per capire a chi appartenesse quella scia di luce blu che gli era improvvisamente passata accanto a tutta velocità nel corso di una serata come tante altre.

“Ti piace correre?”
Era stata la domanda chiave da cui era cominciato tutto, da cui si erano riaperte antiche ferite accantonare negli anni mediante stratagemmi assurdi o poco congeniali, al punto che era bastato un nonnulla per ritrovare quegli abissi in cui vorticavano entrambi da quando non erano nient’altro che due liceali con la passione per la corsa.
Una domanda retorica che richiedeva ad ogni modo una risposta di conferma; la password d’accesso per condividere un sogno che per Kakeru poteva ancora diventare qualcosa d’incommensurabile, mentre per Haiji si sarebbe potuto trasformare in una nuova prospettiva di vita in previsione delle decisioni future. Nulla era ancora perduto, ma molto c’era ancora da fare per rimettere insieme i cocci che si erano persi per strada tra una delusione e l’altra.
Una domanda dai toni candidi, elementari... nonostante l’esagitazione del momento in cui era stata posta. Il punto di partenza utile per spiccare il volo senza mai staccare i piedi dall’asfalto; il trampolino di lancio verso gli anni a venire conditi da tanto splendido affetto e da una ritrovata fiducia in sé stessi e nelle proprie possibilità.
 
***

 
Haiji si era seduto sul letto posando del ghiaccio secco sul solito ginocchio dolorante. Fissava la parete che gli stava di fronte con occhi spenti, pronti a chiudersi da un momento all’altro. La stanchezza si stava impossessando di ogni sua facoltà mentale, assieme alla rassegnazione di quella che sarebbe stata la sua carriera sportiva da quel giorno in avanti: finita! Non c’erano più lacrime da versare o scarpe da lanciare in segno di rabbia; tutto quello che poteva fare era accettare il suo destino e porsi nuovi obbiettivi. Ne avrebbe parlato con suo padre, sempre se fosse riuscito a sopravvivere ai suoi rimbrotti per quello che avrebbe rilevato dal nuovo bollettino medico. Difatti, a causa dell’eccessivo stress fisico generale, le condizioni di quella dannata rotula erano notevolmente peggiorate.
Un rumore sordo di nocche impresse contro la porta riuscì a fargli aprire nuovamente gli occhi, distogliendolo dai suoi pensieri oramai aggrovigliati dallo stato di dormiveglia in cui stava cadendo. Constatare che i suoi coinquilini fossero spesso e volentieri così accorti nei suoi confronti lo lusingava e lo turbava allo stesso modo. Lui stesso non era mai stato particolarmente discreto nei loro confronti, ma non trovava necessario farlo sentire propriamente al pari di un infermo ogniqualvolta le sue flebili forze votassero per un momentaneo forfait.

“Ouji-kun, non ho preso nessuno dei tuo preziosi manga, tranquillo!”

Non a caso, a tavola tra una chiacchiera e l’altra, aveva udito il diretto interessato chiedere a Jōji e a Jōta se avessero preso un determinato volume di una delle sue serie shonen predilette. Non ricordava il titolo, ma di sicuro si trattava di un genere che avrebbe tranquillamente potuto entusiasmare entrambi i gemelli.
La porta si aprì appena e una testa leggermente inclinata fece capolino. I capelli erano molto più scuri di quelli di Ouji, così come quei grandi occhi blu oltremare che lo guardavano con fare preoccupato. Haiji sorrise mentre cercava di sollevarsi sui gomiti limitando il più possibili i movimenti delle gambe. I crampi non si erano ancora decisi a lasciarlo sereno almeno per qualche ora.

“Haji-san, scusami se ti ho svegliato. Possiamo parlare anche in un altro momento.”

L’uscio si richiuse molto lentamente, portandosi via quel ragazzo nel quale credeva più che in sé stesso. Un talento puro e cristallino di quelli che s’incontrano raramente e giusto con la collaborazione di un pizzico di fortuna.
Hiji avrebbe voluto alzarsi e raggiungerlo nel corridoio per convincerlo a tornare indietro, per lasciargli intendere che avrebbe ascoltato con piacere tutto quello che aveva da dirgli; lo avrebbe fatto per l’intero pomeriggio... se non per il resto della sua sfortunata vita.

“Kakeru... aspetta! Vieni, non c’è problema... non stavo dormendo!”

Pochi istanti dopo la porta si riaprì, questa volta permettendogli di vederlo interamente. Kurahara faticò a sollevare il viso e a guardarlo dritto negli occhi, quasi si sentisse in soggezione o in colpa nei suoi riguardi. Sapeva bene di non avere alcuna responsabilità su quell’infausto infortunio, ma ogni volta che si trovava di fronte alla realtà dei fatti non poteva fare a meno di sentirsi completamente impotente o, a confronto, un miracolato.
Haiji lo invitò a sedersi al suo fianco, battendo un paio di rapidi colpi sul materasso.
Per quanto si sforzasse di pensare ad altro, gli occhi di Kakeru non riuscivano a non fermarsi su quella vistosa medicazione che ricopriva il punto più debole di quel senpai dal cuore d’oro.

“Scusami.”

Haiji aggrottò la fronte in segno d’incredulità al cospetto di quella continua apologia non necessaria. Abbassò a sua volta il capo per risollevarlo giusto un attimo dopo, sfoggiando un sorriso malinconico pronto a difendere a spada tratta le emozioni che fluttuavano all’interno di quei pochi metri quadrati. Posò una mano sulla sua spalla, invitandolo a ravvivare il suo tono umorale, oltre che a guardarlo. D’altronde, l’impossibilità di correre a livello agonistico sarebbe stato un problema soltanto suo. Kakeru avrebbe continuato a brillare di fronte a tutti i suoi attuali e futuri avversari, Fujioka e Sakaki compresi. Era quello che desideravano entrambi ed era fuori discussione che ne fossero reciprocamente a conoscenza.

“Kakeru Kurahara, tu sei esattamente quello che io avrei voluto essere. Corri e vivi il tuo sogno anche per me.”
Queste erano state le parole che quella stessa mattina il giovane Kiyose era riuscito a proferirgli non appena era uscito dallo studio del medico di turno in pronto soccorso. Aveva ancora gli occhi gonfi e arrossati di chi si era asciugato in fretta e furia quelle calde lacrime che non avrebbe mai voluto mostrare alle persone a lui più care; non riteneva corretto che soffrissero per qualcosa che, in fondo, non li riguardava. Non poteva permettersi in alcun modo di inficiare le loro vite pregne di speranze e importanti mete da raggiungere.

“Ne abbiamo già parlato, Kakeru. Non c’è nulla di cui tu debba scusarti. Se non fosse stato per te-”

“Se non fosse stato per me forse non avresti mai corso l’Hakone ekiden e il tuo ginocchio non ne avrebbe risentito in questo modo. Avrei potuto comunque fare qualcosa per farti cambiare idea e invece...”

“Come ho detto una volta a Tazaki-sensei, avrei provato comunque dolore. Certo, sarebbe stato tutt’altro tipo di dolore, ma è lo stesso che mi trascino dai tempi del liceo. Avevo un unico desiderio prima di smettere definitivamente e... è successo. È successo soprattutto grazie a voi... grazie a te!”

Kakeru si lasciò andare ad uno scatto d’ira battendo i pugni sulle cosce. Avvicinò il viso a quello del compagno e lo fissò in quelle sue grandi iridi color nocciola, sentendosi ancora una volta colpevole di non essere stato in grado di esprimere appieno quello che gli stava esplodendo dentro. Mosse più volte le labbra nel tentativo di dire qualcosa, qualunque cosa in grado di sbrogliare la matassa di paura, rabbia, risentimento e affetto che si era incespicata all’interno del suo cuore.
Fallì nel suo intento, finendo per poggiare la fronte alla sua spalla; pur di non dover più perdersi nel suo sguardo remissivo, pur di non dover ammettere di non poter più fare a meno di lui.

“Haiji-san, sei stato tu a volere tutto questo.”

“Sì, ma senza di voi non ce l’avrei mai fatta.”

Cominciò a muovere le sue esili dita tra i folti capelli corvini del più giovane, nel vano tentativo di rincuorarlo. Avvertiva i suoi singulti repressi, così come le lacrime che iniziavano a bagnare la maglia che indossava. Socchiuse gli occhi e gli sfiorò la tempia con le labbra umide, in un gesto impulsivo quanto voluto.

“Io voglio correre ancora al tuo fianco. Con te... solo con te!”

Kakeru ebbe la forza e il coraggio di mostrargli le sue debolezze, i suoi sentimenti, la sua anima. Tutti elementi che anche presi singolarmente, avrebbero sconvolto i pensieri del buon Haiji come poche altre cose al mondo.
Chinandosi appena su di lui, lasciò che le loro fronti si scontrassero per gioco, chiarendo una volta per tutta quanto il loro legame fosse andato oltre il semplice rapporto che comunemente esiste tra un senpai e il suo kōhai intenti a perseguire gli stessi obbiettivi.

“Ma tu correrai sempre con me. Sarò sempre con te, ti spronerò e ti seguirò in capo al mondo. Non importa se non potrò fisicamente essere al tuo fianco, perché io non mi perderò nemmeno una gara a cui parteciperai, promesso! E indipendentemente da me, ci saranno i ragazzi e le nuove matricole e-”

Kurahara lo zittì ponendogli con delicatezza una mano sulle labbra, per poi farla sparire repentinamente. Annullò quei pochi centimetri che ancora separavano le loro bocche e lo baciò non senza una certa titubanza.
Quello che in un primo momento sembrava essere un semplice bacio a stampo venne accolto ed approfondito dallo stesso Haiji nel momento esatto in cui dischiuse le labbra afferrando il suo viso con entrambe le mani. Una lacrima rotolò sino al mento, intrufolandosi in quel contatto perfetto e drammatico, intenso e spaventoso al pari della decisione di prendere strade che solamente sulla carta sarebbero potute risultare diverse.

“Era questo che volevi dirmi, Kakeru?”

La matricola si limitò ad annuire un’unica volta, con un torpore che non gli era mai appartenuto prima di allora. Esistevano ancora molteplici lati della personalità di quel ragazzo che Haiji avrebbe voluto scoprire; ma di una cosa era sempre stato assolutamente sicuro: era la persona più vera che avesse mai conosciuto.

“Sono contento.”

L’abbraccio che seguì quel commento fece dimenticare ad entrambi ogni difficoltà, ogni dolore e persino ogni ostacolo incontrato in precedenza.
La sacca del ghiaccio cadde sul pavimento, ma nessuno dei due ci fece caso.
 
 
 
… Tomorrow is another day
And you won't have to hide away
You'll be a man, boy!
But for now it's time to run, it's time to run!










 

 Angolo dell’autrice


Ringrazio anticipatamente tutti coloro che passeranno a leggere e a recensire questa piccola one-shot! :)

Primissimo esperimento in questo fandom che merita pienamente di esistere anche qui su EFP.
Haiji e Kakeru sono i due protagonisti principali della novel ‘Kaze ga Tsuyoku Fuiteiru’ (‘Run with the Wind’ in inglese) che io ho scoperto solamente tramite l’anime, edito da oltre un anno e mezzo. Ovviamente, consiglio caldamente a tutti di guardarlo, specie se amate gli spokon e i rapporti d’amicizia sinceri! **

Questa breve one-shot è un missing moment relativo a quello che potrebbe essere successo a seguito dell’Hakone ekiden, ovvero una delle più importanti staffette in cui gareggiano tutti i club di atletica leggera delle migliori università del Giappone. Nello specifico, ho provato ad immaginare quello che potevano essersi detti Haiji e Kakeru dopo le visite di controllo a cui si è dovuto per forza di cose sottoporre il maggiore tra i due a causa dei problemi al ginocchio. E considerando che da quello che si è visto nel corso del time-skip dell’ultimo episodio Haiji pareva zoppicare vistosamente, il referto medico per lui non deve essere stato esattamente rincuorante.
Poi dovete considerare che io li ho shippati sin dal primissimo episodio (ritengo impossibile non riuscirci!)... e di conseguenza ho “allegato” il resto. Spero di non aver azzardato troppo, ma proprio per evitare questo, ho volutamente deciso di non spingermi oltre il rating giallo. :)

Il testo è scritto in terza persona e al tempo passato.
Il titolo riprende la domanda che Haiji pone all’intera squadra al termine dell’Hakone ekiden per sottolineare ancora una volta l’importanza dell’obbiettivo raggiunto insieme (n.d.r. Hakone è una cittadina di montagna nei pressi del monte Fuji).
Al termine della narrazione ho riportato il ritornello della celebre canzone di Woodkid “Run boy run”.

A presto,

Mahlerlucia
 


 
   
 
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