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Autore: Rota    29/07/2020    1 recensioni
Sentì i muscoli della schiena dolere. Si allontanò dal fascio di luce della lampada sul tavolo, così da avvicinarsi alla grande finestra che poco prima stava ammirando Mika, godendo dei colori della notte.
Si appoggiò al legno dello stipite con una spalla, incrociando le braccia al petto.
Che bella luna. Che belle stelle.
Tracciò le linee di un tatuaggio straordinario tra le costellazioni senza nome, profili di qualcosa che nessun uomo aveva inventato. Magari, nel loro futuro, potevano essere utili.
Fu in quel modo che vide i primi bagliori – gli sembrò fossero delle stelle cadenti. Una, due, tre, dieci, cento.
La prima cadde a terra e colpì una casa. Prima il buio, subito dopo un’esplosione di fulmini incontrollata.
Shu rimase immobile, inorridito ed esterrefatto, finché anche da quella distanza non si riuscirono a sentire le urla agonizzanti dei suoi stessi concittadini.
Quella fu chiamata, da chi sopravvisse, la prima delle Notti della Pioggia di Potere.
E segnò l’inizio di un nuovo mondo per tutti i cittadini di Yumenosaki.

[LeoxShu principalmente; Fantasy/Steampunk/Tatoo!Au; multicapitolo]
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Altri, Leo Tsukinaga, Shu Itsuki
Note: AU, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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*15. Petali – A taluni condanne, a taluni regali*

 


[Melodie di vento e di pioggia: il movimento della tempesta // CherryBlossoms' Ink FanMix
Track 16: Capitolo 15]



 



 
 

 
 
L’uomo guarda verso il basso, allo spalto del Governatore. La tenda rossa è aperta, i suoi ospiti ben in vista: Eichi Tenshouin rimane in quieta attesa del suo turno, attento a ogni singolo gesto si stia compiendo in quella enorme stanza. La sua presenza è oltremodo simbolica, perché sottolinea l’importanza di quel processo. Persino come Non Toccato, Hokuto è assoggettato dalla sua presenza inquisitrice, perché è ancora tutto troppo in bilico sotto i loro piedi. Non sarà possibile procedere come hanno fatto negli ultimi tre anni, né giustificare una pena appena leggera.
Seduto al suo posto c’è anche il Custode dei Sigilli Tori Himemiya, lo sguardo ancora provato dalla terribile notte di due giorni addietro. Ha le mani fasciate e la pelle del viso pallida, i capelli spenti; persino la sua guardia del corpo pare molto più indispettita, costretta in una rigida posa militare.
Il Primo Giudice apre il rito del processo.
-Si legga l’accusa all’imputato Madara Mikejima.
In basso, dalla gabbia di ferro e legno, non parte neppure un fiato. L’uomo alto ascolta in silenzio il Primo Capo del Corpo Speciale Akatsuki che snocciola una a una le accuse che la corte gli rivolge. Hanno nomi fantasiosi, ma rincorrono tutti lo stesso concetto – la possibilità sfiorata di un’ecatombe di massa.
Qualcuno tra il pubblico piange.
Il Primo Giudice procede con il rito.
-Signor Hasumi, esponga nel dettaglio i fatti.
Qualcun altro, dal pubblico, comincia a lanciare insulti quando il Keito parla dei palazzi crollati e delle abitazioni scoperchiate. Altre persone si lasciano prendere da quella foga generalizzata, tanto che alcuni Akatsuki devono intervenire e quietare gli animi.
Madara non fiata. Alza la mano solo per spostarsi un ciuffo di capelli ancora sciolto dalle fiamme di Kuro. Ora che è tornato completamente cosciente, sembra davvero una persona reale.
-Questi sono i fatti?
-Questi sono i fatti.
Il Terzo e il Secondo Giudice continuano le domande di rito, perché il processo proceda senza alcuna interruzione.
-Danni causati?
-Morti?
Hasumi risponde con la solita precisione alle domande poste, senza tralasciare proprio nulla. I fogli che ha riempito in ore di lavoro, quella stessa mattina, contengono i dettagli di ogni singolo danno che Madara ha direttamente o indirettamente causato con la sua folle fuga, a cominciare dallo smembramento della Prigione Bianca e del tentato omicidio di due Shi.
Nessun morto.
A quel punto, Hokuto espone l’unica ipotesi e l’unica tesi che ci possano essere riguardo quanto è accaduto. Un evento scatenante ha permesso al Potere di Madara di manifestarsi completamente, lasciandolo libero e senza controllo. Questo ha portato a ben evidenti conseguenze, che in ogni misura posso essere ritenute più gravi di qualsiasi evento scatenante possa esserci stato.
Eichi Tenshouin lo interrompe, con grazia, suonando un grazioso campanello che zittisce tutta la corte e tutto il pubblico. I Non Toccati rimangono all’ascolto di quanto ha da dire – e tutte le guardie presenti sono sull’attenti. Lui sorride, affabile.
-È possibile da ipotizzarsi a questo punto un controllo sulle attività degli Shi. Che la causa scatenante sia irrisoria rispetto alle conseguenze è ben visibile, e sono tuttavia dell’opinione che forse non stiamo facendo ancora abbastanza. Tutti noi. Dovremmo davvero aiutare gli Shi nel loro difficile compito.
Hokuto ha un sussulto che nasconde con difficoltà. Non ricambia lo sguardo preoccupato di Makoto, né cerca di intercettare quello esterrefatto di Subaru. Quel suo silenzio viene colto come un segno di incertezza dalla corte dei Non Toccati e c’è una voce sicura, esigente, che si alza da quegli spalti d’onore.
-Sono d’accordo. Troppa responsabilità è nelle mani di pochi. Saranno anche uomini di Dio dalle sacre mani, ma sono comunque mortali come noi.
Mormorii, un po’ troppi.
Hokuto cerca di riportare l’ordine all’interno del suo processo.
-Non è certo questo il posto dove discutere di tali argomenti. Abbiamo un solo imputato, oggi.
Si morde la lingua, guardando Madara ancora immobile. È caduto nella trappola di Tenshouin, sta facendo egli stesso di Mikejima un capro espiatorio. Quella non è certo la giustizia che vuole.
Il processo continua, ma il Terzo Giudice evita di consultare il Magister. Lo fa al suo posto invece Hasumi Keito, chiedendogli di riportare ancora i dati che aveva esposto circa la probabilità che un Potere come quello di Madara sarebbe potuto scoppiare.
Con riluttanza, Mao Isara gli risponde.
-Ulteriori scoppi, 2,5%. Totale corruzione del qi, 8,46%.
Quindi, tutti i dettagli sono stati presi in esame.
Altra fase del processo, il Secondo Giudice si protende oltre il proprio bancone, verso la gabbia e l’imputato.
-Hai qualche giustificazione a riguardo di quel che è accaduto?
Altri insulti dal pubblico, vola un uomo marcio verso Madara stesso, senza colpirlo.
È difficile da quell’altezza vedere cosa passi per il suo sguardo – nessuno è abbastanza vicino da cogliere che tipo di uomo sia Madara Mikejima, lasciandolo nell’iconica e già preconfezionata definizione di mostro impazzito. È diventato il rappresentante di tutte le paure di Yumenosaki, sia dei Non Toccati sia dei Toccati stessi, e la materializzazione di quanto ogni loro sforzo in realtà sia vano perché non può esserci reale controllo di un Potere libero.
Solo una cosa è certa: ne è fin troppo consapevole. La filosofia legata alla giustizia e al bene si sfalda nella sua terribilmente materiale realtà.
-No, signor Giudice.
Altri fischi, altre urla. Gli Akatsuki intervengono di nuovo.
Hokuto trattiene a stento il proprio tremore. Guarda al palco del Governatore, dritto dove c’è quel ragazzo dai capelli rosa.
-Cosa suggeriscono il Custode dei Sigilli, signor Himemiya, e il Governatore di Yumenosaki, signor Tenshouin?
Reclusione totale per i prossimi tre anni, venti sigilli a ogni arto, uno per il cuore e uno per la schiena. Un’umiliazione per chiunque, forse appena meno peggiore che la pena capitale stessa.
Subaru sospira e abbassa lo sguardo, torturandosi le proprie dita.
Hokuto quindi guarda dall’altra parte della stanza e inizia con le ultime domande di rito.
-C’è nel pubblico qualcuno che ha da dire a riguardo?
La reazione è un’altra serie di insulti sempre più coloriti, ma nulla che possa frenare il processo. Quella rabbia non può aggravare il giudizio, per la pena di morte dovrebbe intervenire in realtà la commissione dei Non Toccati, che tace e rimane compatta sullo spalto d’onore.
Hokuto continua.
-C’è nella commissione qualcuno che ha da dire a riguardo?
Nessuna parola.
Hokuto procede con l’ultima domanda.
-C’è tra gli imputati qualcuno che ha da dire a riguardo?
Ovviamente, neanche a quel punto riceve risposta. Il processo può dirsi quindi concluso.
C’è solo un’ultima cosa da fare.
-Signor Himemiya Tori, voglia procedere con l’assegnazione dei sigilli per il signor Madara Mikejima.
L’interpellato si mette in posa e quindi esegue gli ordini.
Alza il braccio e con la punta di due dita, indice e anulare, disegna nel vuoto caratteri quali legamento, costrizione, limite, annullamento e abolizione. Ognuno dei caratteri si imprime in un foglio di tela dapprima gigante, poi ridotto a una striscia delle dimensioni di una mano.
Una volta terminato, consegna i sigilli a un membro dell’Akatsuki, che li tiene in custodia.
Allora, il Primo Giudice si alza, così anche il Secondo e il Terzo. A seguire, tutto il pubblico e le due corti.
-L’attuale seduta è conclusa. Madara Mikejima verrà confinato nelle Prigioni Segrete per il periodo di mille ottanta giorni a partire da domani.
Viene battuto un suono secco, ripetuto tre volte. È tutto finito.
-Signore e signori, la serenità sia con tutti noi.
 
 
Compare sul ciglio della porta come uno spettro, senza annunciarsi. Leo lo gratifica con un gran sorriso, mentre la sua mano insiste nel tentativo di allacciare quella dannata cintura attorno ai fianchi.
-Ritsu! È strano vederti attivo mentre è ancora giorno!
Il giovane uomo dai capelli neri non coglie la provocazione, rimane appoggiato allo stipite di legno e lo guarda trafficare con i suoi vestiti da viandante, senza trattenere un sorrisetto.
-Non c’è il nostro Comandante, sono rimasto l’unico di guarda a questo posto.
Manifesta uno sbadiglio.
-Che stanchezza. Voglio andare a dormire…
Leo vince sull’indumento, allacciando al fianco tutti i suoi borselli. Ha già raccolto i propri due stracci nel fagotto, non gli rimane altro che recuperare il mantello e poi è pronto. Ha entrambi i suoi flauti – anche quello che gli è stato confiscato una settimana prima perché, dal momento che la sentenza attuale annulla ogni altro processo, glielo hanno potuto restituire.
Guarda l’altro, rimanendo con le spalle rivolte alla finestra aperta. La sua ombra si allunga fino a raggiungere lui, poi si immerge nella penombra indefinita. Gli occhi rossi di Ritsu brillano quando gli risponde.
-Sembra che tu stia abbastanza bene, dopotutto.
-Non mi è stato permesso di usare il mio Potere, quella notte. Sono rimasto per tutta la durata di quella follia.
Leo viene rassicurato dalle sue parole. C’è sempre del buono se Ritsu Sakuma non è obbligato a usare il proprio Potere, così come tutti gli altri Knights: significa che non c’è stato un opponente tale da obbligare anche loro a misure drastiche. Ritsu ha un secondo sbadiglio.
-Che immensa stanchezza…
Gli sorride, per un attimo è incerto se muovere un passo verso di lui.
-Suoh e Naru?
-Entrambi a casa con i loro amorevoli consorti. Sono in convalescenza, i fortunati.
-Ah, Tsukasa ha fatto pace con Himemiya, quindi! E Mao come sta?
-Un po’ preoccupato, un po’ troppo occupato. Niente di diverso dal solito.
Leo ride in maniera sguaiata e Ritsu sorride al suo gesto.
Non c’è bisogno di dire altro, in effetti, perché sanno entrambi cosa quello significhi.
Il Knights incrocia le braccia al petto, sistemando meglio la spalla contro il legno.
-Tu, invece. Leader… Stai ancora scappando.
Leo spalanca gli occhi verdi puntando il proprio dito contro di lui.
-Non è la parola giusta! Sono stato esiliato, Ritsu! Eseguo solo gli ordini.
-Con solerzia incredibile. Ma almeno questa volta è una bella giornata.
-Sì! Niente più pioggia! Sembra quasi una beffa!
L’uomo si gira verso la finestra e vi si arrampica sopra, sforzo notevole dato la sua bassa statura.
Comincia ad agitare le braccia verso le nuvole, gridando ad alta voce.
Ben sotto, nel campo di allenamento delle giovani reclute, qualcuno alza lo sguardo esterrefatto, e qualche uccello indispettito alza il volo veloce.
-Avanti, cielo! Metti qualche nuvola! Fa almeno finta di essere triste!
Ovviamente, non riceve risposta.
Si ritira sbuffando, contraendo il viso in un’espressione così drammaticamente delusa.
-Ah, non c’è gusto! Me ne dovrò andare via con l’impressione che il mondo sia contento di questo!
-Magari è di buon auspicio. Fra tre anni, quando tornerai, ci sarà ancora bel tempo.
-Sei di buon umore anche tu, oggi?
-Non particolarmente, in realtà. Infatti, neanche sono parole mie.
Poi Leo rimane confuso da un suo gesto, perché Ritsu si muove dall’ombra e gli va incontro. Recupera da una tasca della sua divisa un piccolo pezzo di legno tatuato, con un foro e i segni di una rottura forzata, violenta.
L’ultimo pezzo del suo flauto.
Ritsu gli prende la mano e glielo appoggia sul palmo.
-Tieni, ti restituisce questo. Dice di averlo conservato per tutto questo tempo, in attesa del tuo ritorno.
Leo fissa quel piccolo oggetto per diversi secondi di silenzio, stranito. L’immagine di Izumi Sena che si pente, forse, e conserva quella cosa in suo ricordo, aggrappandosi al significato di tutto ciò che rappresenta, gli fa male e gli fa bene al tempo stesso.
Gli sfugge un piccolo sorriso ed è solo a quel punto che Ritsu lo punzecchia ancora.
-Lo Shi Itsuki sa almeno di avere dei concorrenti?
Alza lo sguardo a lui. I loro sguardi mutano per qualche secondo, gettano entrambi la loro maschera.
-Sai, Ritsu. Dovresti imparare a esporti più spesso, a dire quello che pensi realmente senza la malizia e la provocazione.
-Me lo dici proprio tu? Quando smetterai di ridere, allora avremo un discorso serio, e alla pari.
-Nutri del rancore nei miei confronti?
-Non particolarmente, Leader. Ma era molto più divertente quando c’eri tu. Almeno non ero obbligato ad allearmi alla spada ogni santo giorno.
Leo fa scappare uno sbuffo ben sonoro.
-Ah, Izumi è davvero fissato con quella roba! Non c’è nessuno più bravo di lui, a Yumenosaki! È davvero un Maestro! Ma dove hai detto che è andato, a proposito?
-Non l’ho detto. È andato a litigare con i Non Toccati. Sai, è il suo compito di Comandante dei Knights, avere a che fare con quegli inutili esseri terrorizzati.
Ritsu sospira, abbassa lo sguardo e poi chiude gli occhi.
-Spero solo non li prenda a ceffoni di nuovo.
Leo ride, rompendo quell’aria di tensione.
Si ferma a considerare i suoi lineamenti del viso, le sue fattezze silenziose.
Ha così tante domande nuove da fargli, eppure sa bene che quello non è il momento delle confessioni. Sarebbe crudele da parte sua rubare quel tempo a Ritsu, che si ritroverebbe incapace di rispondergli in maniera adeguata. Allora trattiene quello per sé e dona a lui una domanda e un sorriso.
-Hai un foglio?
Ritsu non risponde, indica soltanto la scrivania della piccola stanza.
L’uomo dai capelli lunghi recupera dal cassetto qualche foglio e una penna, un piccolo calamaio con l’inchiostro. Comincia a scrivere velocemente, scarabocchia qualcosa – la sua scrittura secca e veloce riempie ben presto il foglio bianco di uno spartito improvvisato con le righe sghembe, ma note salde e stabili.
Ritsu si avvicina durante il processo creativo e arriva al suo fianco giusto in tempo per vedere la parola “fine” al termine della terza facciata.
-Ecco, qui. La mia musica. Se trovate un altro musicista come me, potrebbe esservi utile! Ho impiegato degli anni a comporla! È preziosissima! Parla di un viaggiatore che trova la strada per tornare a casa!
Leo la consegna nelle mani incerte del Knights, lento a capire il significato di un simile tesoro.
Ma quando la consapevolezza si fa strada nello sguardo di lui, Leo può irrompere con l’ennesima risata.
Persino Ritsu a quel punto sorride, dolce.
-Ora che farai?
-Beh, andrò da un Mastro Strumentista! Metterò a posto il mio Shakuhachi, così che possa suonare come una volta! E poi-
Sospensione, distensione.
Leo guarda fuori dalla finestra, perché incapace di sostenere il suo sguardo mentre si espone.
-Forse tornerò alla mia terra, ancora una volta.
Ritsu si fa un poco più duro alle sue orecchie, nel ripetere qualcosa che ha già sentito.
-La tua terra è qui, a Yumenosaki.
Lui, come tutti gli altri Knights, ha vissuto lo strascico che la fama di Leo Tsukinaga ha portato al loro corpo, onere e onore. Eppure lui, come pochissimi altri in quella caserma, ha potuto vivere gli intensi giorni di massima gloria di Leo Tsukinaga e il suo affetto per la persona, non il Knights, è sincero e profondo.
Lo dice nella posa del corpo, lo dice nello sguardo.
Leo torna a guardarlo e a sorridergli.
-Sai, mi sono sempre considerato uno straniero, in questa città. Ma era una cosa che pensavo io costantemente, per giustificare la mia rabbia e il mio senso di colpa.
Un sospiro.
-I Knights, Itsuki, anche Kagehira… voi siete la mia casa, la mia espiazione.
L’uomo dai capelli neri rimane in silenzio. Così, Leo recupera le poche cose che ha disperse sul letto, il proprio mantello e il cappello di Mama, che dovrà portare con sé.
Lascia un ultimo sorriso nella stanza.
-Grazie di tutto, Ritsu.
Il Knights lo guarda dritto in faccia finché può, con gli occhi lucidi di qualche emozione taciuta davvero a lungo. Abbassa quindi lo sguardo ed esce dalla stanza, per accompagnarlo all’esterno dove lo aspetta la guardia che lo scorterà fino alle mura della città.

 
Opera-senza-titolo-11
Art by JUJI
 

Nell’atrio, trova ad attenderlo un Akatsuki piuttosto massiccio, spalle larghe e dritte. Quello si mette in posa e saluta Ritsu Sakuma, si mette in posa di nuovo e procede verso l’uscita, assicurandosi che Leo lo segui.
L’uomo basso sghignazza a ogni suo passo, piuttosto divertito dalla scena. È divertito anche dagli sguardi con cui i pochi presenti li inseguono, fino a che non spariscono oltre l’ingresso del Palazzo dei Knights.
Lì, ad attenderli, c’è qualcun altro.
L’Akatsuki riconosce subito la figura dello Shi e lo saluta con un certo rispetto. Questo permette a Shu di avvicinarsi e parlare alla guardia con sicurezza, forte del prestigio che gli dona la sua posizione.
-Accompagnerò anche io il signor Tsukinaga alle mura. Le chiedo la gentilezza di lasciarci un poco di intimità.
L’uomo alto gli rivolge uno sguardo confuso, perché la richiesta è molto insolita. Shu si schiarisce la voce, si sistema i lembi del cappotto elegante.
-Se lei resta a qualche metro di distanza, può comunque monitorare la situazione.
Lo sguardo di lui rimane pieno di dubbi – Leo lo può vedere quando si volta nella sua direzione. Ma a quanto pare, la risposta ai suoi quesiti interiori è negativa: permette a Leo di superarlo.
Fianco a fianco, i due si incamminano per la via, diretti alle mura della città di Yumenosaki.
-Non ti vedo molto stupito.
-Mi immaginavo saresti venuto, questa volta! A dirmi addio! Perché tu sei una persona estremamente romantica, Itsuki!
-Non sono venuto qui per dirti addio.
Leo inizia a ridere in maniera sguaiata, facendo ballare i pendagli appesi alla sua cintura.
Shu si chiude nel proprio cappotto bianco; a ogni passo, picchietta la punta del proprio bastone contro i sassi grandi della carreggiata, schiacciando il tacco dei propri stivali. Benché abbia il capo coperto dal suo cappello, la luce gli dà comunque fastidio.
La prima domanda che Leo gli rivolge è priva di tensione.
-Stai un po’ meglio?
-Fortuna ha voluto che non avessi niente di grave alla schiena. Ho battuto la testa, ma per quella serve solo tempo.
-Le tue mani?
Lo Shi solleva la mano destra, priva di guanto, per mostrare quell’unico e compatto tatuaggio. Basta qualche secondo perché l’altro lo veda e lui non sia costretto a dare qualche chiarimento ulteriore.
-La tempesta pare davvero passata, Tsukinaga. Dobbiamo solo far partire la ricostruzione dalle macerie e arrenderci al fatto che ci siamo ancora tutti.
-Questo significa vivere, dopotutto. E voi tutti avete già dimostrato di riuscire a farcela.
Sorride e poi saltella, piuttosto allegro.
-Ah, Shu! Mi mancherai!
L’uomo dai capelli rosa non risponde, benché Leo veda le sue guance colorarsi un poco. Di felicità, di imbarazzo, di non sa esattamente che cosa, ma gli piace lo stesso.
Lo Shi gli rivolge anche un’occhiata abbastanza infastidita.
-Guarda, sei tutto spettinato. Aspetta-
Lo prende per una spalla e lo blocca sul posto, obbligandolo a fermarsi.
Con il bastone tenuto sotto il braccio, comincia a sistemargli i capelli lunghi in un vago tentativo di domare la sua chioma ribelle. Per aiutarsi, estrae da una tasca del cappotto un nastro blu e bianco, con il quale lega i suoi capelli in una coda bassa, messa di lato.
Si allontana solo quando è davvero soddisfatto del proprio lavoro.
-Ecco, così è meglio.
A Leo brillano gli occhi – si tocca con la punta delle dita il nastro nuovo.
-Lo hai fatto tu?
-L’ho comprato. Non ho avuto molto tempo per fare questo genere di cose, ultimamente.
Riprendono a camminare verso le mura.
La strada è ancora vuota, reca i segni della battaglia finita da poco. Cenere e bruciato dove le strutture erano di legno, crateri al posto di muri e pareti, giardinetti arsi e fontane prosciugate.
Tuttavia, c’è il vociare allegro di alcuni bambini che giocano a palla.
Leo si stufa ben presto di sentire soltanto il picchiettio del suo bastone da passeggio.
-Come sta Kagehira?
-Dovrà rimanere a casa per un po’, a badare a sua moglie. Non sei l’unico che ha subito le conseguenze dello scoppio di Mikejima. Gli sarà impedito di venire allo Studio Shi Valkyrie per qualche tempo.
Prima che Leo si permetta di sentirsi vagamente in colpa, o anche solo pensi di dire qualcosa di stupido, Shu sospira e aggiunge una propria considerazione.
-Ma è meglio così. Anche perché non ci sarà molto lavoro da fare, da qui in poi. La stagione dell’inchiostro è finita.
A quel punto, Leo non può davvero commentare se non con un sorriso.
Riesce persino a essere un poco felice, stranamente, e a dimostrargli quel genere di apprensione che possono provare soltanto gli intimi.
-Nulla ti vieta di andare tu a trovarli, qualche volta. Così non sarai sempre solo!
-Devo rimettermi in sesto.
-Appunto! Pensa a me che non sono riuscito neanche a trovare Ruka!
-Per quello non preoccuparti. La saluto io, anche per te. Vado a trovare lei e la signora Kiryuu ogni mese, al cimitero.
Un sorriso davvero caldo si apre sulle labbra di Leo.
-Sei sempre molto premuroso.
Ma l’uomo più basso comprende che qualcosa non quadri quando l’altro abbassa lo sguardo. Sospetta che Shu stia evitando il contatto visivo unicamente per non far insospettire troppo la guardia dietro di loro – che, nonostante sia discreta, è anche abbastanza vicino da poter intervenire in qualsiasi momento.
Lo Shi guarda dietro di sé con la coda dell’occhio; ma poi si libera di una domanda pesante.
-Tsukinaga, a cosa hai pensato quando hai suonato per Mikejima?
Colto alla sprovvista, semplicemente sperava che Shu evitasse l’argomento. Ride di se stesso per aver pensato una cosa del genere: Shu non ha mai mostrato pietà per nessuno, men che mai proprio lui.
Fa finta di non aver capito, sulle prime.
-Cosa dovrei aver pensato?
-Non lo so, te lo sto chiedendo ora.
Ride per metà, perché qualsiasi verso gli muore in gola e gli rimane impiantato nel petto.
L’uomo dai capelli rosa continua ad assillarlo, senza mollare la presa su di lui.
-Il protocollo in certe situazioni prevede l’abbattimento del Toccato in delirio, lo so bene. Kiryuu era lì per ucciderlo, ma tu no. Tu non hai neanche provato a essere offensivo.
Stringe le dita attorno all’impugnatura del suo bastone, scoccandogli un’occhiata di tralice, quasi accusatoria.
La sua voce non è pragmatica come al solito, Leo può percepire una leggera sfumatura di preoccupazione, celata a malapena. Shu usa tante, troppe parole.
-E non credo che questo possa essere giustificato solo perché è tuo amico. Tu eri un Knights, quella notte. Tutte le volte che hai suonato con quel flauto lo sei stato. Eri pronto a morire e a combattere, non c’è stata alcuna esitazione in te. Eppure, non lo hai attaccato.
Leo alza le spalle, cercando ancora di evadere la cosa.
-A nessuno piace uccidere, Itsuki.
Ma, se ne rende conto, le sue parole sono prive di significato. In quel modo, non può certo soddisfare l’apprensione di Shu, che non esita neanche un istante a mostrare il proprio risentimento.
A Leo non serve guardare indietro per decidere cosa dire. Innanzitutto, ride.
-Ho pensato a una cosa. Cioè, non ho pensato! Ho realizzato una cosa, è stata come una fitta violenta nella mia testa!
-E cosa hai realizzato?
-Ho realizzato che avrei dovuto uccidere il mio migliore amico per colpa di un protocollo e di una legge che non erano stati né formulati né decisi dai Toccati.
Leo pone un silenzio grave, perché Shu possa davvero realizzare cosa ha appena detto. Lo Shi impiega solo qualche istante per il processo e il suo viso si colora di un rosa intenso, il suo sguardo si fa straordinariamente profondo.
C’è una vena di paura, ora, così come c’è calma in quello di Leo.
-Tu sei pazzo.
-Ogni nostra legge è decisa unicamente per limitare i Toccati e mortificarne il Potere. Pensaci, Shu. La nostra intera esistenza si basa sul fatto che veniamo considerati pericolosi, e potenzialmente degli assassini.
-E te ne accorgi solo ora? Tutta la filosofia degli Shi si rifà all’equilibrio tra le parti.
-Non è certo equilibrio quello che i Non Toccati vedono in noi. Voi Shi siete-
Sorride, e guarda direttamente quel viso che ha sempre ritenuto così bello.
-Troppo puri, forse.
Shu fa un gesto strano con il bastone, picchia un povero sasso ai bordi del largo marciapiede che stanno attraversando; quello rotola, rotola, rotola in avanti. La guardia dietro di loro fissa quei piccoli balzi per diversi secondi, lascia che il vento gli faccia ballare i bordi chiari della sua divisa.
Shu torna a sistemarsi il cappello sul capo, cercando di fare attenzione perché non prema troppo sulla parte che più gli fa male.
-Da quando la tua idea di giustizia ha iniziato a vacillare in questo modo? Tu sei un Knights, un guardiano dell’ordine.
-Non ha senso per me un ordine che sacrifica una parte della popolazione e ne esalta un’altra.
Leo sospira, per raccogliere tutti i pensieri che è riuscito a formulare in quelle ore di isolamento, dopo la notte del caos. Razionalizzare i suoi sentimenti è stato l’atto di liberazione più amorevole che abbia potuto fare nei propri confronti.
Pronuncia quelle parole con nuova forza e una nuova fede.
-Sono diventato Knights perché pensavo di integrarmi nella società, e così è stato. Pensavo addirittura di essere utile, alla società. Probabilmente, hanno accettato me come Comandante dei Knights per lo stesso motivo. Perché la stravaganza si combatte con l’accondiscendenza e io mi sarei dimostrato un perfetto, grato soldato.
Alza lo sguardo all’orizzonte e le palpebre vengono colpite dai raggi caldi del sole.
La Cittadella su quella collina dolce sembra risplendere, intatta, isolata, incolume.
Sulla sua fronte si formano alcune piccole rughe, nel contorno degli occhi grandi.
-Ogni organismo di controllo dei Toccati fa riferimento ai Non Toccati, d’altronde. Non è così? Anche l’Imposizione dei Registri l’hanno approvata loro, d’altronde, come ogni altro decreto del nostro caro Governatore Tenshouin. Voi siete i primi a subire questa enorme ipocrisia.
Shu continua a guardarlo, rimanendo in silenzio a lungo. Quelle parole lo stanno scuotendo in maniera più profonda di quanto non sia disposto ad ammettere, perché intuisce quale sia la loro origine. Benché non sia così tanto arrogante da dirsi la causa prima di ogni azione di Leo, il fatto che l’uomo abbia così insistito sulla condizione di tutti gli Shi gli pone dei seri interrogativi.
È attratto dalla sua sensibilità, allo stesso tempo ne teme le conseguenze. Vorrebbe zittirlo e farlo parlare per sempre. C’è così poco tempo, per tutto quello.
Sbotta con un certo fastidio.
-Tu andresti d’accordo con Subaru Akehoshi. Ho sentito dire che anche lui apprezza molto discorsi così pericolosi e bizzarri.
Leo torna a guardarlo, quindi Shu si permette di ammonirlo con una certa forza.
-Cerca di stare lontano dai pericoli, quando sarai via da qui. Non voglio rimanere vedovo in giovane età.
L’uomo più basso gli sorride sincero. Saltella anche, si deve tenere il cappello in testa prima che il vento lo porti via. Cambia argomento, cercando di alleggerire un poco quell’ultimo dialogo tra di loro.
-Ho invece io una domanda per te, Shi Itsuki! Una cosa che mi sono sempre chiesto, e a cui non ho mai avuto risposta! Perché tu sei pure bello misterioso…
-Non farla tanto lunga, Tsukinaga.
-Perché proprio il ciliegio?
Shu sospira, il ticchettio dei suoi stivali cambia il ritmo quando il pavimento della strada diventa sterrato morbido, malleabile.
-Te lo dissi. Ogni cosa ha il proprio significato. Per esempio, la rosa, che è il simbolo dei Valkyrie, se messa nell’inchiostro ha incredibili proprietà rigenerative. Mentre il ciliegio…
-Fragile!
Lo guarda male, Leo ride.
-È il simbolo della resilienza alla vita.
Un singolo istante di incertezza.
Leo ride ancora – maschera non troppo bene il tumulto del proprio cuore.
Poi corre appena in avanti e guarda Shu direttamente negli occhi.
-Ti porterò qualcosa!
-No, grazie. Ho già abbastanza oggetti. Non voglio nulla di materiale, a parte te. Completo e intero.
Si vedono quindi le mura, davanti a loro.
C’è davvero poca gente, solo un paio di guardie in divisa e nulla di più. Oltre, la strada continua a essere illuminata dal sole.
Leo si accorge che Shu si è fermato, come anche la guardia rossa e bianca dietro di loro.
Con un piede in avanti e uno indietro, Leo rivolge il proprio fianco all’entrata delle mura cittadine, e per qualche istante rimane sospeso in una finta indecisione.
-Sai, penso di essere troppo pesante. Non va bene essere troppo carichi, quando si viaggia a lungo!
-Che vai farnetic-
L’uomo basso non gli dà il tempo di finire la sua sentenza.
Si toglie dalla cintura un sacchettino abbastanza pesante e quasi glielo butta addosso – Shu fa cadere a terra il proprio bastone, borbotta un mezzo insulto e recupera l’oggetto, prima di aprire il sacchetto. Leo ride dell’espressione quasi sconvolta che fa quando si accorge che è pieno di monete d’oro e altri piccoli gioielli: il bottino che ha accumulato in quei tre anni di viaggi.
-Tsukinaga…
-Hai appena detto che non vuoi nessun oggetto, mi dispiace! Ma penso di aver rotto qualcosa alla funivia, quando ci sono andato con Naru! Questo è per ricompensare qualcosa!
Poi aggiunge, ancora più allegro.
-Ah, e anche per chiederti scusa per aver messo nei pasticci Kagehira! Due volte!
-Questo devi dirlo a lui, non a me.
-Diglielo tu per me!
Ma Shu chiude di nuovo il sacchetto e glielo porge con decisione, con uno sguardo piuttosto irritato.
-Non credo di poter accettare.
Leo smette di ridere e saltellare, smette quasi di respirare.
Si fa più fragile e più calmo, come il confessante davanti al sacerdote. Lo Shi è colui che maneggia il potere sacro, dopotutto, ed è quindi lecito donargli la propria anima nuda.
-Shu, non lo sto facendo per te, o perché mi sento in colpa. Lo faccio solo per me! Perché in questo modo, quando tornerò di nuovo a Yumenosaki, lo Studio Shi Valkyrie non avrà più debiti con nessuno, e tu potrai venire con me! Ti verrò a prendere, partiremo per andare via!
Sorride, apre le braccia: indica la porta di mattonelle e cemento incastrata nelle mura. E anche tutto ciò a cui apre.
-Il mondo è un posto bellissimo!
A quel punto, Shu non può aggiungere più nulla.
Seppur con una certa riluttanza, ritira la propria mano e pone il sacchetto nella tasca del proprio cappotto, che quasi si sforma al suo peso. Mostra un’espressione non troppo contenta e Leo ne ride ad alta voce.
Non ride più quando Shu gli si avvicina, all’improvviso.
-Posso darti anche io qualcosa, allora?
-Certamente!
Si abbassa il cappello con una mano, nel gesto è abbastanza abile da nascondere il proprio sguardo.
Così, Leo viene davvero colto alla sprovvista quando Shu si china su di lui e lo bacia delicatamente.
Di fronte a tutti – al di là di ogni vergogna e di ogni pudore, al di là di ogni concetto di decenza, perché lui vale di più che qualsiasi morale astratta.
Non riesce neppure a guardarlo negli occhi quando si separa dalle sue labbra.
-Portalo con te. Me lo restituirai fra tre anni.
Ma neanche Leo riesce a rispondergli, sente caldo sulle guance e sugli zigomi.
Fa uno strano verso e non articola delle vere e proprie parole. Si schiaccia il cappello sul capo dai lunghi capelli, si volta e quindi corre via.
Appena prima di superare la porta delle mura, si volta e agita il braccio, con un sorriso stampato sul volto.
E anche Shu sorride. Anche Shu, quella volta, sorride.

















Note Autrice: Aggiornamento! Questa volta non del lunedì ma perché sono stata in vacanza qualche giorno, al mare! E sinceramente non ho avuto neanche 5 minuti di tempo per aprire il pc pardon me...
Sono un bel po' emozionata per sto capitolo perché è l'ultimo propriamente detto - il prossimo sarà l'epilogo e poi sarà tutto finito gngngngngngn contate che volevo pubblicarlo entro un paio di giorni QUINDI COME DIRE.
Chiedo di nuovo ufficialmente scusa a Madara per tutte le pene che gli ho fatto passare. Lo ritengo un personaggio grigio, molto grigio, ma insomma sono stata cattiva con lui povero. In sta fic ha un valore simbolico più che altro, penso sia stato piuttosto chiaro in questo capitolo, che non è altro che una vittima di un sistema che evidentemente ha qualche falla. L'eccezione, in ogni sistema, è la falla, ma è anche comprensibile come cosa a livello mentale tipo. Eichi e i Trickstars continueranno la loro battaglia per il Bene Superiore nei prequel, promesso; penso che i Trickstars abbiano un ruolo particolare in tutto questo e mi piacerebbe molto svilupparlo, così come anche tutti gli altri Non Toccati.
Torna Ritsu! Torna Ritsu che stuzzica NUOVAMENTE Leo. Penso di averlo già detto, ma mi avevano fatto notare come tutti i pg di questa fic siano particolarmente inclini a gettare il proprio risentimento su quel povero disgraziato LOL scusa Leo non lo faccio apposta giuro, mi piace vedervi soffrire (.) Comunque, Ritsu compare anche in questa scena e penso chiuda, in un certo senso, il legame tra i Knights e Leo stesso, concludendo con tutto quello che c'era da dire - nè più nè meno. Credo fermamente che siano una Unit, qualcosa in genere, capace di grande coesione e grande forza, con un'armonia e una coerenza interna che può essere sfruttata in moltissimi campi e che rende speciali gli uni agli altri. Leo che dona la propria musica a Ritsu è stato qualcosa che mi ha fatto bene al cuore perdonatemi gngngngngngngn
L'ultima scena è la più speciale di tutte, in assoluto. Senza rancori, senza tensione, solo con un velo di sincera tristezza. Shu e Leo sono entrambi esposti alla controparte e i loro veri sentimenti riemergono, una volta per tutte, proprio sulla fine di questo ciclo. Shu è sempre stato apprensivo nei suoi confronti, ma mai in maniera così sincera; Leo è stato sempre innamorato di Shu, ma non è mai riuscito a esprimerlo in maniera tanto diretta. Se per tutta la fic hanno tentato di riavvicinarsi, attratti da un legame che non è mai andato davvero distrutto, qui finalmente si incontrano: sotto le mura prima dell'esilio, con quel bacio che conclude ogni cosa.
I discorsi di Leo sono penso la chiave di lettura di buona parte delle sue azioni, specialmente negli ultimi capitoli. Ho sempre pensato che questo personaggio avesse ideali con una forza tale da essere devastante e da non poter avere sconti di nessun tipo, in nessun campo. Immaginarlo in un contesto come quello che ho creato io non poteva certo diminuire questa passione, dovevo solo trovare il modo di esprimerla al meglio. Non può certo esserci una giustizia a questo mondo che si basi sul sacrificio di una minoranza, giusto?
La canzone che ho associato a questo capitolo si rifà completamente a quest'ultima scena LeoShu. La trovo di una dolcezza incredibile, è la colonna sonora di uno dei miei cartoni d'infanzia preferiti, e ha un significato estremamente romantico. In vista dell'esilio di Leo, penso sia abbastanza esplicativa!
La fanart invece è stata fatta dalle manine super della Juji, che invito davvero a visitare perché ha fatto certe cosine che WOW
Concludo per ora. Ci vediamo fra qualche giorno all'epilogo e il discorsone di chiusura (.) Grazie di aver letto, baciozzi a tutti (L)
   
 
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